This City Sleep in Flames
Questa è solo una traduzione, la storia originale è di Ashida
La copertina mi è stata gentilmente inviata dalla carissima Miri BadJackson, che mi ha anche aiutato nella revisione
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Yuuri sapeva che non sarebbe dovuto essere lì, non adesso, sicuramente non da solo, separato dai suoi uomini nell'hotel, a ben dieci isolati da dove sarebbe dovuto rimanere per i prossimi giorni, in un posto che non era affatto sicuro per qualcuno come lui, e di sicuro non sarebbe dovuto essere pieno di quella ancor più pericolosa speranza di poter trovare qualcuno con il quale trascorrere la notte.
L'incontro dove era atteso non era in programma fino a pochi giorni prima, e certamente non era previsto che sarebbe stato in un piccolo bar in un'insignificante ed ignorata zona di San Pietroburgo, dove i turisti non avevano mai nemmeno pensato di avventurarsi, per non parlare di osare andarci. Non era previsto che ciò accadesse davanti ad un liquore forte, in un angolo discreto di un bar affollato da russi la cui percezione del volume e dello spazio personale era ben diversa dalla sua.
Eppure eccolo lì, impegnato stupidamente a giocherellare col ghiaccio sottile mentre si scioglieva, come al solito. Ciò lo faceva sentire nauseato, affetto da quella sensazione alla quale non sapeva dare un nome, perché quello era il quadro completo della sua vita a pezzi, con quel tassello del puzzle assente al quale non poteva smettere di pensare, al punto che il resto del suddetto puzzle non aveva nemmeno più una fottuta rilevanza.
Così si sedette al bancone su uno sgabello che traballava di meno e bevette; era una tipica ammucchiata russa alla quale Yuuri non si sarebbe mai abituato nemmeno dopo cento volte, erano tutti felici e rumorosi, rudi e fin troppo entusiasti mentre bevevano, l'aria era viziata da quel solito fumo che non aveva pregiudizi quando si trattava di dare tregua, aveva quell'abilità di annebbiare le inibizioni e i giudizi della gente, rimaneva fermo lì e incombeva in attesa di poter insidiare i suoi tentacoli di fumo nella prossima vittima che aveva alzato un po' troppi bicchieri.
C'era un gruppo di uomini finemente vestiti nell'angolo del bar che sembravano stare bere tranquillamente qualcosa dopo il lavoro, le loro semplici giacche nere non sembravano fatte su misura, le loro cravatte non erano abbastanza serici e le loro scarpe non erano così pulite - uomini d'affari, niente di più. Nessuno tra loro era lì per lui.
C'erano alcune borse sul tavolo accanto a loro, dove vi erano degli uomini vestiti in maniera casual con i bottoni delle camicie e dei pantaloni mezzi aperti e delle donne dai capelli disordinati e con dei jeans troppo stretti, di ogni età, senza curarsi di nessuno, tutti intenti a bere in grande quantità dai loro bicchieri con l'inebriante speranza di impietosire qualcuno per ottenere un passaggio a casa. Quindi, non c'era nessuno neanche lì.
La maggior fonte di quel brusio proveniva da un gruppo di uomini di mezza età, determinati a bere fino al collaso. Uno con delle macchie permanenti di grasso sulle sue mani callose, che non avrebbe mai potuto nascondere quello che faceva per vivere, il secondo, vestito con un completo e una cravatta di bassa fattura, stava già sulla via dell'intossicazione alcoolica accasciato sul piano del tavolo, un altro, con una t-shirt stretta e troppi muscoli perché Yuuri potesse definirli naturali, fissava gli altri uomini nella stanza in continuazione come se avesse qualcosa da provare ma non sapesse bene cosa. Quella era una solita serata tra vecchi amici, pensò Yuuri, e non avrebbe trovato alcuna compagnia in nessuno di loro.
C'era un gruppo di donne di mezza età, tutte avvolte nella stessa uniforme d'ufficio, che parlottavano tra loro mentre condividevano una bottiglia di vino rosso che stava finendo con una velocità sorprendente, una coppietta, che sarebbe dovuta andare a cercarsi una stanza, che probabilmente si stava sussurrando smielatamente di cose vuote come il matrimonio, l'invecchiare insieme, e di tutto ciò che gli amanti normali potevano fare con la loro vita insieme, c'erano le classiche persone che si scolavano la loro birra preferita in un angolo tranquillo, quelli i cui occhi raccontavano una storia che Yuuri avrebbe potuto trovare abbastanza interessante da ascoltare un giorno, se non fosse stato per quel suo puzzle che era molto più interessato a finire.
Tutto sommato, erano persone di cui Yuuri non doveva preoccuparsi, persone che poteva gestire se fosse stato necessario. Ma il gruppo seduto direttamente dietro di lui, quello più grande, formato da uomini con vestiti chiaramente fatti su misura, con orologi ridicoli e costosi al polso che brillavano sotto i polsini della camicia abbinati alle grandi pietre d'onice e i diamanti sulle loro dita, quelli che si atteggiavano come se possedessero il locale, perché era veramente loro, quelli con la Beretta carica alle loro cinture, fregandosi di chi li guardava, perché il loro gruppo possedeva molto più di quel piccolo bar in un angolo dimenticato di San Pietroburgo. Non se ne fregava nemmeno di loro, Yuuri conosceva quel tipo di gente per fin troppa esperienza, potevano essere un problema se qualcuno che era entrato nel loro occhio non se ne andava in fretta, e sentiva il peso dei loro sguardi troppo fiduciosi sulla sua schiena: sarebbe stata solo una questione di tempo prima che uno di loro venisse a provocarlo, se Yuuri avesse potuto scommettere con qualcuno, l'avrebbe fatto. Tuttavia, rimase in attesa.
La nuvola di fumo si addensava mentre i bicchieri vuoti davanti a lui erano dei compagni fedeli, la confusione saliva e scendeva, e Yuuri si chiese in quale categoria di persone lo avevano messo quando l'avevano visto. Non che fosse importante, Yuuri poteva essere chiunque lì, ed era meglio per tutti che rimanessero nelle proprie assunzioni ingenue, l'inammissibile ammirazione per il suo abito, che era semplice come potrebbe essere un tessuto in bianco e nero, ma più costoso di qualsiasi capo d'abbigliamento in quella stanza, la curiosità prestata ai suoi capelli tirati all'indietro e al suo viso calmo, la silenziosa osservazione del modo in cui sedeva in solitudine con il suo socio alcoolico. Molto meglio lasciare che le persone facessero supposizioni, concluse Yuuri.
Prima di quanto Yuuri pensasse, uno degli uomini del tavolo dietro spostò lo sgabello accanto a lui con uno stridio odioso delle gambe della sedia sul pavimento di legno, spingendola verso di lui e sedendosi con l'ovvio tentativo di far strofinare le loro cosce da sotto il bancone. Ci siamo, pensò Yuuri.
Per i comuni canoni di bellezza, sarebbe stato considerato attraente, i capelli biondi ossigenati scalati con dei sottili capelli bruni sotto, le sopracciglia spesse e una leggera barbetta sulla sua forte mascella, portava la sicurezza meglio di quanto portava il suo completo, il luccichio nei suoi occhi color nocciola diceva che era arrivato al limite.
"Sembra che tu abbia bisogno di un po' di compagnia", si avvicinò con saluto troppo caloroso, mentre un bicchiere di quello che aveva bevuto tutta la notte venne spinto sul bancone per portarlo davanti a lui, la mano dello sconosciuto indugiava sul bancone solo ad un paio di centimetri da quella di Yuuri, audace e con un tocco di arroganza.
Tutto quello che Yuuri poteva fare era sospirare, stringere il suo bicchiere e respirare prima di rilassarsi di nuovo, riusciva a sentire l'intera combriccola dietro di lui guardare come andava al loro amico espansivo, che pensava di ottenere un'avventura di una notte. "Grazie", ribattè Yuuri, prima di continuare a bere dal proprio bicchiere.
Era quasi divertente guardare l'uomo rivalutare il suo modo di approcciarsi, le sue sopracciglia curvate dalla perplessità, prima di ridere, avvicinandosi un po' di più. "Non vuoi sprecare il tuo drink? Mi sembra giusto."
Yuuri rispose alla domanda con una scrollata di spalle. "Direi di sì."
L'uomo lo scrutò un'altra volta, i suoi occhi esaminarono il corpo snello di Yuuri senza alcun pudore di cercare di nasconderlo, e dato Yuuri non era così bravo a giocare a quel gioco, la danza sarebbe finita in fretta. "Cosa ti porta a San Pietroburgo, allora...?". Era una domanda aperta che, Yuuri capì, voleva essere completata dal suo nome, che sicuramente non avrebbe fornito.
Yuuri fece un'altra volta spallucce, avvolto nel suo vestito costoso, affondando nella sua armatura di tessuto che aveva spinto il suo accompagnatore a tirare ad indovinare. "Scommetto che tu abbia già capito che sono qui per affari". Si ritrovò, a suo malgrado, a ridere di se stesso, perché era lì veramente per affari, e odiava che fosse sempre il business a portarlo lì.
Era veramente il momento sbagliato, o sospettosamente un buon momento da parte dello sconosciuto, perché Yuuri stava già finendo il suo drink e, ovviamente, l'aria si riempì di tensione mentre ordinava un altro drink invece di bere quello che gli era stato offerto.
Nel tavolo dietro cadde il silenzio, mentre l'uomo accanto a lui si avvicinò ancora, la sua fiducia chiaramente scalfita da quell'imprevisto. "È scortese sprecare qualcosa che ti è stato offerto", gli sussurrò nella conchiglia dell'orecchio, che fece venire a Yuuri la voglia di schiaffare la testa dell'uomo contro il bancone.
Le cose stavano precipitando molto più velocemente di quanto avesse calcolato, il barista li guardava nervosamente, e poteva sentire le sedie degli amici di Mr. Sicurezza allontanarsi dal tavolo. Non stanotte, quindi. Con un sorriso di scuse privo di qualsiasi dispiacere, Yuuri spinse via la bevanda, "Tutte tue, allora".
Ovviamente Yuuri non avrebbe mai accettato una bevanda che non aveva visto preparare con i propri occhi, poteva sembrare vulnerabile, ma non era così dannatamente stupido.
Quello sembrò essere un chiaro indizio che Yuuri poteva essere una vera e propria minaccia, invece di una mite preda entrata nella tana del leone. L'uomo si alzò dallo sgabello, incombendo dietro Yuuri. "Adesso è chiaro, sei qui per un buo-
"Chris, siediti e lascia in pace il ragazzo".
Solo allora Yuuri notò quanto fosse realmente silenzioso attorno a loro, quanto questo Chris fosse diventato rigido al suono della voce morbida dietro di loro, e così Yuuri si voltò, trovando esattamente colui che stava cercando.
"Capo, è sospetto-"
"Siediti". Il tono piatto non lasciava spazio a discussioni, nessuno spazio a domande, solo un pazzo avrebbe messo in discussione un comando pieno di autorità come quello. Yuuri rabbrividì.
Nonostante tutto l'equilibrio professionale e la calma di Yuuri, il suo respiro lo tradì bloccandogli la gola, la sua pelle strofinava sotto il suo completo come se volesse liberarsi dai confini di quella facciata di stoffa, il nuovo arrivato si limitò a sorridergli, sedendosi sullo sgabello vuoto, avvicinandosi al bancone. "Porti guai nel mio bar, non è vero?", lo sfidò ad alta voce il nuovo arrivato dai capelli argentei, che riuscivano a brillare anche attraverso la nuvola di fumo, provocandolo senza alcuna reale minaccia. Yuuri avrebbe dovuto ridere, voleva ridere, voleva strappargli via quella stupida giacca e la cravatta, lasciando che l'uomo dagli occhi del colore dell'oceano scoprisse ciò che aveva sotto i vestiti, ma tutto ciò che Yuuri fece fu scuotere la testa e ordinare un altro drink.
"Beh, hai ragione, quindi". L'uomo prese il drink, assicurandosi che fosse stato preparato davanti ai suoi occhi, che il barista gli porse nel momento in cui si era seduto.
Ciò sembrò calmare gli animi degli uomini al tavolo dietro di loro, che ricominciarono a parlottare tra di loro, più tranquilli e ad orecchie tese ad ascoltare tutto ciò che potevano.
"Sei un tipo sveglio", esclamò il nuovo arrivato con il suo accento strascicato, mentre guardava le numerose bottiglie conservate negli scaffali dietro il bar. Da quell'angolazione Yuuri poteva vedere la sua mascella scolpita, le sue lunghe sopracciglia argentate e la delicata curva delle labbra, poteva vedere i suoi capelli scalati appena tagliati e la soffice peluria della nuca, il bavero aderiva perfettamente intorno al lungo collo, la giacca avvolgeva superbamente le spalle muscolose e il petto, un vestito altrettanto semplice ma altrettanto costoso come il suo. Il vero potere non ha mai avuto bisogno di ostentazioni, concluse Yuuri.
"Sei tu quello sveglio", non poté fare a meno di contestare l'altro, e, per quanto terribile fosse, era vero. Sarebbe sempre stato vero.
Ciò scatenò una risatina tranquilla e soddisfatta, non arrogante, ma piena di quel carisma che Yuuri trovava più inebriante dell'alcool che aveva bevuto. "So di esserlo."
Così, sedettero lì a bere, e la notte li assorbiva mentre condividevano i loro drink nel loro proprio piccolo spazio che la gente subconsciamente aveva loro concesso. Con ogni minuto che passava, il completo in cui prima Yuuri aveva trovato conforto era diventato pesante, quei piccoli strati di tessuto sfregavano sulla sua pelle, il silenzio tra di loro era intimo, quella cosa privata tra di loro era in mostra dove tutti potevano vederla. Non poteva sopportarlo.
"Vic-" sussurrò.
"Niente nomi, troppi occhi addosso". La smorfia infastidita di Victor lo interruppe, il dolore di non poter sentire il proprio nome pronunciato dalle labbra di Yuuri dopo non averlo udito per così tanto tempo era visibile, con le sopracciglia corrugate e la mascella serrata per la frustrazione.
Tutto l'autocontrollo duramente conquistato, la forza interiore faticosamente guadagnata quasi abbandonò Yuuri quando Victor si chinò giusto di qualche centimetro per far scivolare qualcosa nella tasca della sua giacca, uno sguardo fugace di quel puzzle completo che Yuuri non avrebbe mai ottenuto. "Stanza 104 al mio hotel a due isolati da qui, ci vediamo presto".
Era sempre così, andarsene era la parte peggiore. Aveva aspettato così fottutamente tanto solo per vederlo, ma quella fu l'unica volta che non fu costretto a guardare la sua schiena allontanarsi, perché Victor lo fece per lui, per tutto il percorso di Yuuri fino alla porta. Chris guardò con soddisfatto disgusto come Yuuri era appena stato liquidato dal loro capo, gli altri uomini non si sforzarono di nascondere il loro sguardo bramoso mentre osservavano il grazioso portamento di Yuuri verso l'uscita.
Era già mezzanotte passata, ma quando Yuuri incontrò lo sguardo tagliente di Victor appena prima di oltrepassare la porta per andarsene, sapeva che la notte era appena iniziata. Quegli occhi erano su di lui e solo lui, proprio come aveva sempre voluto.
La camminata per percorrere i due isolati di distanza dall'hotel che Victor aveva indicato fu lunga nonostante il suo passo costante sul marciapiede vuoto, i lampioni erano dritti come sentinelle che vegliavano sulla sua passeggiata, i guidatori e i tassisti passavano con un sibilo di pneumatici a distanza di pochi minuti, ma a parte questo, Yuuri era solo. Senza la forza trascinante degli occhi di Victor sulla sua schiena, Yuuri sentiva che forse avrebbe dovuto mollare tutto ciò e tornarsene invece nella propria camera, quello sarebbe sempre stato comunque il risultato finale, non importa quello che sarebbe successo tra di loro. Trascorrere del tempo con Victor non faceva altro che ritardare sempre la realtà delle sue responsabilità, la cappa che pesava sulle sue spalle, e la cruda realtà della sua vera identità. Era fottutamente comico, perché qualcuno con tanto denaro e potere come lui non poteva avere una cosa così semplice?
Era perché c'erano persone più potenti, più influenti e stupidamente più ricche di lui, e i segreti erano i migliori mezzi di contrattazione per le persone che giocavano a quel gioco.
Così finì comunque nella stanza 104, perché il valore di una giornata con Victor per Yuuri aveva una valenza alla quale non sapeva dare un nome, una tregua momentanea dalla ricerca di quel pezzo di puzzle che mancava sempre, una fine a quella sensazione di costante disagio nelle sue viscere che urlava che tutto era sbagliato, quando niente lo era effettivamente.
Gettò la chiave elettronica sul tavolo della hall della suite, togliendosi le scarpe di pelle italiana, e scoprì il potere d'osservazione di Victor quando si trattava di Yuuri; aveva scelto una stanza che lo fece sentire di essere entrato in un mondo diverso dal suo; un luogo dove le loro identità non avevano peso.
Le pareti dipinte di bianco risaltavano le cornici dorate e soffitti ornati da dipinti, il tappeto era soffice ed elegante sotto i suoi piedi, con dei tappeti Keshan con motivi floreali e colori vivaci, le tende di velluto arrivavano fino a terra ed erano chiuse, i mobili erano satinati e adornati da gambe in legno arricciato e cuscini eccessivamente gonfi con estremità dorate.
Una suite adatta ad un re di un'altra epoca, Victor era davvero ridicolo, a volte.
La camera da letto era uguale: un letto adatto a quattro persone con copriletto damascato, circa cinquantasette cuscini di diverse forme e dimensioni, lampade dorate sul comodino, il bagno aveva un'enorme vasca in rame con i piedi ad artiglio piazzata proprio nel bel mezzo del pavimento in piastrelle di marmo, le teste della doccia in angolo erano rivolte verso la stanza con solo un pannello di vetro a contenere gli schizzi. La cucina della suite era piena di tutto quello che Yuuri avrebbe potuto desiderare: il suo pocky preferito, che doveva essere fatto venire dal Giappone, del sakè e un servito di tazze per berlo, sushi e gelato al tè verde, tutto quello che avevano mangiato insieme prima di allora, che, con suo rammarico, non era molto.
Tipico di Victor, pensava a tutto.
Yuuri non aveva idea di per quanto Victor sarebbe stato trattenuto, o se avesse dovuto risolvere con i suoi uomini dopo quel potenziale tafferuglio. Forse avrebbe dovuto affrontarli, in fondo, per salvare entrambi.
Finì per aspettare da solo nell'inquietante silenzio del sontuoso salotto con i piedi alzati, sedendosi sulla sedia a sdraio mentre si avventava sui bottoni della giacca per levarsi di dosso quello stupido aggeggio. Il completo, in realtà, era comodo come può esserlo un completo, ben cucito, dal tessuto non troppo pesante nè troppo leggero, non troppo stretto sulle spalle o sotto le ascelle, con abbastanza spazio da nasconderci dentro qualcosa quando ne aveva bisogno, cioè ogni giorno della sua vita. La sua era una calma forzata, perché se non fosse rimasto calmo, sarebbe diventato un relitto camminante che indugiava davanti alla porta, disperato nell'unico desiderio di vedere la persona che avrebbe attraversato quella porta da un momento all'altro. Alla fine si concentrò ancora di più a giocare con i bottoni, incerto se togliersi immediatamente quel peso dalle spalle o lasciarlo lì in modo che Victor potesse farlo al posto suo.
Non sapeva se fosse passato un minuto o un'ora quando sentì lo scatto dell'apertura della porta della suite, prontamente chiusa con la forzatura di un lucchetto supplementare e di un catenaccio. Anche Victor era molto prudente.
Andava sempre in quel modo, quel tentativo disperato di incontrarsi clandestinamente. Yuuri rimase al suo posto sul divano, beandosi della vista di Victor che si rivelava ai suoi occhi entrando dalla piccola hall. Aveva già tolto le scarpe e sciolto la cravatta, adesso stava combattendo con i gemelli della giacca. Probabilmente quella era la sua routine quotidiana, che magari non era per niente significante o speciale per Victor, ma Yuuri poteva vederla solo due, forse tre volte l'anno se era fortunato. Non si sarebbe mai stancato di lui.
"Bentornato", sospirò Yuuri, trovando impossibile trattenere il sorriso, o di fermarsi dall'alzarsi dal divano e andare da Victor, che era rimasto fermo sul posto; bloccato dalla meraviglia mentre realizzava che Yuuri era veramente lì davanti a lui.
"Yuuri...", mormorò, e non era giusto che la prima cosa che Victor era riuscito a dire era il suo nome, con un tono che faceva pensare che l'avesse sempre sulle labbra, che si fosse esercitato in segreto per pronunciarlo perfettamente, che non avesse aspettato altro che dirlo per tutto quel tempo.
"Hai detto niente nomi", lo provocò Yuuri, ad una vicinanza agonizzante, petto contro petto, fianchi contro fianchi, e, per quanto familiare fosse con Victor, ancora non poteva fare a meno di essere timido.
"Adesso è tutto apposto", provocò a sua volta Victor, mentre stringeva a sè Yuuri, affondando il naso tra i suoi capelli e solleticando il cuoio capelluto con il suo caldo respiro e una risatina. "Scusa di averti fatto aspettare, sono davvero dispiaciuto."
"Dovresti esserlo", borbottò Yuuri contro il completo di Victor, mentre si rilassava per la prima volta quella notte. Le braccia muscolose lo strinsero più forte, avvicinandolo di più, e Yuuri sarebbe stato felice di rimanere in quel modo fino al momento in cui se ne sarebbe dovuto andare.
"Sai che lo sono". La voce di Victor si spezzò, si ruppe, perché non si stava solo riferendo al fatto di averlo fatto aspettare una mezz'oretta circa, o chissà quanti cazzo di minuti, era per un'altra faccenda che Yuuri odiava di tutta quella pagliacciata.
Quel traballare sull'orlo del loro patetico dolore era il loro punto di partenza, di ricominciare e cercare di dare l'un l'altro una parvenza di normalità, la più elettrizzante, testosteronica e carica versione della normalità che potevano gestire, comunque.
Era così che andava sempre, avrebbe aiutato Victor a togliersi la giacca, gettandola sul bracciolo più vicino, o sul tavolo, anche sul pavimento, perché togliergli la giacca era niente rispetto ad aiutarlo a mettere via le pistole nelle fondine nascoste sotto di essa. Yuuri si sarebbe incantato per qualche istante mentre lo spogliava, quella camicia pulita e inamidata con le bretelle in pelle nera che andavano sotto le ascelle e si incrociavano sulla schiena, le due glock automatiche, nascoste nelle loro fondine, e il modo in cui Victor se ne stava lì, come se non ci fossero, come se il quadro in carne ed ossa di Victor Nikiforov - un giovane leader di una delle più antiche famiglie mafiose in Russia - fosse completo solo con un paio di armi addosso. Lui era il pericolo personificato, era distaccato e spietato, giocoso e senza pietà. Era anche il rischio e la ricompensa di Yuuri, e forse era per quello che continuava a ritardare l'inevitabile per così stupidamente tanto, perché la ricompensa superava infinitamente il rischio.
"Sono sorpreso che tu non abbia ancora tolto la tua", commentò Victor mentre ricambiava il favore. Le mani attente sfilarono la giacca dalle braccia, i tocchi incerti che indugiarono come il cuore che batteva nel suo petto quando le dita sottili di Victor si posarono sulla coppia di Colts automatiche nelle fondine di Yuuri.
"Io... non ci ho pensato", mentì Yuuri con ironia. Lasciarlo fare a Victor era stranamente importante per lui, a nessun altro era permesso di toccare le sue armi, mai, quindi sentiva che, se Victor lo faceva, forse si sarebbe potuto illudere, ingannare la sua mente spingendosi a pensare che, nonostante tutto, non fossero necessarie, quando la verità era che ne aveva bisogno ancora di più con Victor, specialmente con Victor.
Victor si limitò a ridere, i suoi occhi brillavano, colmi di consapevolezza. "Se lo dici tu". Tolse le pistole dalla fondina, posandole insieme alle sue sul bancone della cucina della suite, sciogliendo le fibbie di Yuri una per una e sfilandogli le bretelle da sopra la testa.
"Meglio, ora?", chiese Victor, una volta finito, e stava davvero meglio, il senso di pericolo e caos stava svanendo, in quel modo sembravano entrambi due persone normali.
"Meglio", confermò Yuuri.
Tutti avrebbero pensato che, dopo essersi visti così sporadicamente nel corso della loro tresca, avrebbero cominciato a baciarsi freneticamente ed a scopare con urgenza senza mai staccarsi, il tipico cliché del fare sesso per tutta la notte fino all'alba quando due persone sono state separate per tanto tempo, troppo tempo nel loro caso, ma tra loro c'era sempre quella costante misurazione per permettersi di conoscersi ogni volta.
Victor ammiccava con i suoi stupidi bellissimi occhi, conducendo Yuuri nella camera da letto dove si sarebbero seduti sulle ancora fresche lenzuola e essere solamente persone normali in presenza dell'altro, niente faide, niente pistole, e nessuna regola che diceva di doversi odiarsi incondizionatamente. Victor si sarebbe seduto contro la testiera di quel grande letto matrimoniale e Yuuri si sarebbe appoggiato sul suo petto, fissando il soffitto mentre parlavano di inutili chiacchere che, per Yuuri, valevano più del denaro.
Victor prenderebbe le sue mani, giocando con le sue dita mentre gli chiedeva come era andata la giornata, come era andato il volo dal Giappone, se aveva mangiato come si deve, se aveva dormito abbastanza. Parlarono di un film che avevano entrambi visto anche se non insieme, di come avessero amato e odiato le stesse parti e facendo stupide promesse vuote di come avrebbero visto il prossimo insieme, quando sapevano benissimo entrambi che ciò era impossibile.
Quello era ciò che Yuuri voleva, voleva quella normalità. Quel Victor con il quale non doveva nascondersi, il Victor la cui risata fanciullesca scuoteva la sua coscienza, scuoteva la sua determinazione e il suo giudizio e gli faceva pensare per un momento che forse buttare tutto al diavolo per quello non sarebbe la cosa più stupida che potrebbe mai fare nella sua vita. Quel Victor che era un uomo e non quella nota figura della malavita destinata a essere solo qualcuno che avrebbe dovuto incontrare sempre per complicate negoziazioni dove una mossa sbagliata poteva mandare tutto a puttane. Yuuri odiava il suo ruolo in tutto ciò, il fatto di essere così fottutamente bravo nella sua parte nel suo proprio fottuto puzzle con quello stupido pezzo mancante.
Quindi caddero in quel malinconico silenzio perché nessuno dei due sapeva veramente di cosa parlare, perchè se avessero parlato di tutto ciò di cui avrebbero dovuto discutere, dei loro sentimenti ed emozioni e tutto ciò che rendeva quello che provavano reale, e non solo ciò che tutti vedevano da fuori guardandoli, poi sarebbe stato troppo difficile continuare ad andarsene. Era già dura così com'era.
Yuuri si convinse ad essere inflessibile una volta presa la sua decisione, fermo nei suoi ideali e irremovibile nella sua determinazione, e questo perché era tremendamente bravo nel suo lavoro, nell'esistere nel mondo in cui viveva, ma niente di ciò era fottutamente applicabile quando si trattava di Victor Nikiforov.
"Victor...", disse verso nessuna direzione in particolare, lasciando che il suono del suo nome pronunciato dalle sue labbra riempisse la stanza scarsamente illuminata.
"Mh?". Victor lo strinse così fottutamente forte, come se non sapesse come lasciarlo, come se l'unica cosa che voleva fosse continuare a stringerlo.
"Io non posso più farlo". Nemmeno Yuuri sapeva cosa intendesse con 'farlo', se quegli incontri segreti, quel fingere, o quella tresca che lui e Victor avevano che, eventualmente, li avrebbe uccisi entrambi.
Dietro di lui, quel caldo petto che cullava la sua schiena si fermò improvvisamente, il caos e le limitazioni che usavano traballare tra di loro quando loro erano solo sconosciuti in fazioni opposte che raggiungevano il picco a livelli pericolosi, e improvvisamente Yuuri era appoggiato su di lui con la schiena. Victor lo guardò con un'espressione che Yuuri non voleva più vedere: angoscia e tormento, e si odiò, perchè Victor era al meglio quando un sorriso gli illuminava il volto.
"Cosa vuoi da me, Yuuri?", il tremolio nella voce di Victor era vetro sulla sua pelle, brace lungo la sua gola.
"Niente". Tutto ciò che Yuuri aveva detto erano solo mezza verità, perchè non c'era niente che Victor potesse dargli a parte tutto se stesso, quello era tutto per lui. Oh, Yuuri sapeva di essere egoista abbastanza da prendere Victor dal mondo, ma era qualcosa che non avrebbe mai chiesto.
"Basta che tu mi dica una parola, Yuuri, e lo farò, scapperò se vorrai, rinuncerò a tutto se ce ne sarà bisogno, combatterò se dovrò, devi solo dirmelo e non dire più una cosa del genere". Non era giusto da parte di Victor supplicarlo con le esatte parole che Yuuri avrebbe voluto sentire, di pronunciarle contro la sua nuca con tutta la convinzione di un uomo che farebbe di tutto per lui, era il calore del suo battito e fuoco nel suo sangue, come se quello fosse ciò che faceva veramente battere il suo cuore.
Chiunque altro l'avrebbe vista come una fottuta follia, chiunque altro, ma non Victor. Il Victor che conosceva e ammirava da lontano da quando era un ragazzino, guidandolo attraverso quell'impossibile divario fatto da tradimenti e omicidi, se avesse eventualmente scelto attraversarlo. Beh, era troppo tardi adesso, Victor lo aveva trovato e ora non erano più nomi da affibbiare ad un volto.
"Non posso fregarti, vero?", sospirò Yuuri, mentre notava il sorrisetto che increspava sul volto di Victor, perché sapeva che l'avrebbe fatto, continuare a vivere la sua vita con una persona che stava rapidamente diventando qualcuno di cui non voleva fare a meno.
Victor era più forte di lui, abbastanza forte da venirgli incontro in quel modo, abbastanza forte da dire 'bruciamo il mondo', era abbastanza forte da sopportare l'onere, tutto ciò che serviva era che Yuuri lo dicesse. Lì ed adesso, e Yuuri pensò davvero di poterlo fare.
"Davvero non puoi", lo provocò Victor, con occhi dolci e colmi di tutto ciò che non avevano mai detto. "Sii il mio fidanzato, Yuuri, solo per stasera. So che lo desideri". Victor sospirò, ingabbiandolo, in attesa come se non sapesse la risposta, come se non fosse successo tante volte prima. Yuuri non voleva altro che essere il fidanzato di Victor Nikiforov, voleva che quel mondo del cazzo sapesse che Victor era suo e di nessun altro, fino al punto in cui la cupidigia l'avrebbe inghiottito quasi interamente.
"Ok", mormorò Yuuri. Guardare il sorriso di pura gioia infantile illuminare il volto di Victor ne valeva sempre la pena, come i suoi occhi brillavano anche quando Yuuri pensava che non potessero scintillare più di quanto già facevano, la perfezione dei suoi denti bianchi e la sfumatura di rosa delle sue guance che compariva ogni volta che Victor si emozionava. Nemmeno Victor poteva ingannarlo.
"I fidanzati si baciano, sai", arrivò il suggerimento sensuale, mentre gli occhi di Victor viaggiavano verso il limite della ragione.
"Lo fanno?", disse Yuuri, fingendo, "Non saprei, non ho mai avuto un ragazzo prima".
Il singulto offeso di Victor fece ridere Yuuri prima che potesse trattenersi. "Tu, piccolo sfacciato... io sono sempre il tuo ragazzo, ricorda". Il maledetto Victor Nikiforov increspò le labbra in un vero e proprio broncio, arrossendo di più, scatenando ancora la risata di Yuuri. Era una sensazione così dannatamente bella, fondere la propria pelle con quella di Victor, togliendo la maschera e lasciare respirare il loro vero io.
Arrivati al quel punto, non c'era alcun punto di ritorno, non sarebbe tornato nella sua stanza come aveva pensato prima, non sarebbe tornato indietro nel tempo per non incontrare Victor in quel luogo privato lontano da occhi sospetti e orecchie che origliavano, non indietro alla normalità e al controllo che provava prima che Victor entrasse nella sua vita. "Mostrami come si baciano i fidanzati, allora". Non era una domanda.
"Come desideri". Ancora una volta Yuuri poteva solo dilettarsi nella soddisfazione quando gli occhi di Victor erano solo per lui mentre il suo fidanzato di una notte riempiva la distanza tra di loro e lo baciò, finalmente.
Fu allora che le cose si fecero sempre più frenetiche, precipitose e fin troppo passionali per due persone della loro età, perché la bocca di Victor era sulla sua, succhiandogli la lingua e stringendogli il labbro inferiore, il suono dei loro baci bagnati riempiva la stanza, sporco, forte nel pesante silenzio. Le dita vellutate di Victor passarono ai bottoni della sua camicia, sganciandoli uno per uno fino a quando non l'aprì, lasciando baci di fuoco su e giù per la sua pelle con lo scopo di compensare tutto quel tempo perso.
Quei baci tornarono sulla sua gola, percorrendo la sua vena pulsante arrivando dietro l'orecchio. "Toglitela". Victor tirò la camicia mentre sussurrava contro la pelle di Yuuri, "Voglio vederti".
Yuuri era solo a metà strada con i bottoni di Victor, e ciò non era affatto giusto perché non aveva ancora visto il corpo di Victor, i suoi muscoli dovuti al suo duro lavoro e potere nonostante la sua corporatura agile, la cicatrice che aveva sulla sua anca da quando avevano avuto una vera e propria incomprensione e Yuuri gli aveva lanciato un coltello addosso, ma non poteva mai dire no quando il tono di Victor era in quel modo basso, quando era pieno di silenti promesse e di ceneri fumanti che stavano solo aspettando di incendiare tutto.
Così si alzò, già mezzo duro, lasciando che Victor gli togliesse il suo ultimo strato, e la sua camicia bianca fu gettata da qualche parte al di là del letto, e solo adesso cominciava a ritornare cosciente. Voleva seppellirsi in quei numerosi cuscini e scappare, perché il modo in cui Victor lo guardava ora era di tale adorazione e riverenza che sembrava che non avesse mai visto niente di così bello nella sua vita. Yuuri non riusciva mai a pensare a se stesso in quel modo, non era una buona persona, era altrettanto sciagurato e temuto come Victor a modo suo, e i tradizionali tatuaggi giapponesi che scendevano dai muscoli definiti delle spalle giù fino ai suoi polsi spiegavano esattamente il perché.
Fujin sul braccio destro, il terrificante dio del vento, e Raijin, lo spaventoso dio dei fulmini e dei tuoni, su quello sinistro, entrambi in una cornice di peonie rosse e motivi grigi d'acqua vorticosa che coprivano ogni centimetro della sua pelle. Mentre Victor lo voltava, spingendolo sul materasso, baciava la pelle tra le spalle, con un tocco così adorante che lo fece sussultare; c'era un enorme drago rosso serpeggiante che passava dalla cima delle cosce alla base del collo, e il tutto era evidenziato da altre peonie e i disegni d'acqua e di rocce che non lasciavano alcun pezzo di pelle scoperto. Era vero quello che Yuuri aveva detto prima, il vero potere non aveva mai bisogno di ostentazione, ed eccolo lì, sempre nascosto sotto i suoi numerosi strati fatti di completi e maschere.
Il figlio segreto di una delle famiglie mafiose più potenti in Giappone, i riti di passaggio incisi sulla sua pelle, l'abilità con la quale erano stati realizzati era notevole, l'arte perfetta nella rappresentazione di una lotta eterna per la supremazia e l'orgoglio della famiglia. Il lavoro di Yuuri consisteva nello svolgere i compiti sporchi, ripulire i casini combinati dagli altri, negoziare e mercanteggiare, far pensare alle persone che quel giovane uomo con gli occhiali che indossava durante i negoziati, con i capelli disordinati e il completo semplice fosse mite e facilmente manipolabile, quando non era affatto il semplice subalterno che le persone pensavano che fosse.
Erano solo tatuaggi per Victor, nient'altro, non un simbolo di status o condizione, fu così che lui vide la purezza in essi, aveva ipotizzato Yuuri. Non che a Yuuri non piacessero, era solo che quell'inchiostro era così pesante a volte, qualcosa che non poteva semplicemente scrollarsi di dosso come una giacca.
"Diventano più stupendi ogni volta che li vedo", mormorò Victor contro la sua pelle mentre riempiva di baci la sua schiena ricoperta di inchiostro, dalla cima delle spalle, dalla testa del drago, poi sempre più giù per le scaglie fino al bordo dei suoi pantaloni, dove il resto della creatura scompariva sotto la cintura. Per Yuuri era sempre un fottuto sollievo sentirlo dire da Victor, aveva bisogno di quella rassicurazione, perché era sempre così facile essere odiato dalla gente a causa dell'arte sul suo corpo, era orgoglioso di quei tatuaggi nonostante tutto, e il fatto che a Victor piacessero lo riempiva ancora di più d'orgoglio.
Quello era sempre il momento in cui Yuuri gettava tutto al vento, quando lasciava la follia prendere la sua determinazione calcolatrice e lasciandosi andare nella propria tempesta per trovare l'ultimo pezzo del suo puzzle. Presto fu a cavalcioni sui fianchi di Victor, con le mani sul suo petto finalmente nudo, baciandolo per tutto ciò che valeva, cioè una discreta quantità. Victor si sarebbe fatto sfuggire un gemito al peso di Yuuri sul suo membro ancora costretto che stava spingendo contro il suo interno coscia, avrebbe armeggiato con la sua cintura, con i tintinnii metallici della fibbia e il respiro caldo contro le sue labbra, e Yuuri sapeva che sarebbe tutto finito troppo presto.
"Ho bisogno di una doccia." Yuuri avrebbe detto, infine, ed era sempre solo una copertura per far capire che doveva prepararsi a dovere in quanto era passato così tanto tempo, e Victor non si sarebbe staccato per un secondo, quindi avrebbero gettato il resto dei vestiti nell'enorme bagno con le sue piastrelle in marmo e la vasca di rame, e avrebbero iniziato a baciarsi sotto il flusso scottante della doccia.
La soda e vellutata pelle di Victor contro la sua lo faceva impazzire, la frizione che aveva tanto bramato mentre si strusciavano l'uno contro l'altro era contenuta dall'acqua che fluiva, ed era un bene, perché Yuuri sarebbe venuto troppo presto e voleva che ciò durasse il più possibile, la sensazione che fosse la prima volta ogni volta che si incontravano.
"Girati". Victor stava ansimando ora, le sue pupille enormi e nere come gli abissi più profondi. Finì con l'essere spinto contro la parete fredda della doccia, con Victor, inginocchiato dietro di lui, che faceva scorrere i denti sulla pelle delle natiche di Yuuri e pizzicano le cosce con una voglia sfrenata.
"Cazzo, Victor, sbrigati" - 'toccami come si deve, prendimi, lascia i tuoi propri segni sulla mia pelle', era questo ciò che Yuuri voleva davvero dire, urlare, ma Victor sapeva già tutto, l'aveva sempre saputo.
Il ringhio primitivo che risuonò nella gola di Victor echeggiava nei suoi pensieri, e in poco tempo Victor fece in modo che Yuuri piagnucolasse con il viso premuto impotentemente contro il muro, le mani salde che tenevano le natiche separate, e la sua lingua calda che succhiava la sua entrata fremente, che ormai chiedeva molto di più.
Victor lo preparò, diligentemente passo dopo passo, con dolorosa lentezza. Yuuri pensava di conoscere già la follia, di sapere come era perdere la coerenza e la capacità pensare, perché aveva visto, fatto in modo di vedere, altre persone perdersi nella droga e nella paura, dolore e disperazione più volte di quanto potesse contare, ma Victor aveva quel suo modo di mostrargli che cosa fosse veramente. Lo succhiava, lo leccava e lo penetrava con la lingua fino quando Yuuri non chiedeva di più. Sentiva il torace di Victor contro la schiena, il suo cuore battere contro la sua pelle, pesanti mormorii nel suo orecchio che parlavano di tutto ciò di cui non dovrebbero parlare, e un dito tentatore che entrava ed usciva dal suo sedere, torcendosi e sparendo fino alla nocca, giocando con il suo punto debole con tocchi leggeri che lo portavano all'insanità mentale.
"Se qualcun altro ti dovesse vedere così, lo farò fuori", Victor sottolineò, aggiungendo un altro dito, e la sua impazienza cominciava a farsi vedere. Yuuri poteva sentire la sua ingordigia, il suo bisogno egoistico di averlo tutto per sè. Se qualcun altro avesse parlato a Yuuri in quella maniera, gli avrebbe tagliato la gola, e questo era reciproco. Se Victor avesse guardato qualcun altro in quel modo, Yuuri probabilmente avrebbe bruciato il mondo insieme a tutti i suoi abitanti.
Non importava che fossero ancora gocciolanti e bagnati, coperti di bolle e di intenzioni egoiste, erano entrambi pronti dove dovevano esserlo, a Victor non importava di certo mentre lo riportava in camera da letto, spingendolo e asciugandolo con le lenzuola, non si preoccupava mentre faceva contorcere Yuuri con due, poi tre dita tra le sue natiche e i denti sulla sua pelle. Tutto ciò che Yuuri poteva fare era intrecciare le dita tra i capelli umidi di Victor e ruotare i fianchi contro le dita dentro di lui, curvate languidamente contro il punto che lo avrebbe fatto a pezzi interiormente.
"Scopami e basta, Victor", balbettò infine mentre tirava Victor su di sè per far incontrare le loro labbra, per allineare i loro petti muscolosi e i loro inguini.
"Pensavo che non l'avresti mai chiesto", ridacchiò Victor contro la sua bocca. Yuuri avrebbe voluto dargli uno scappellotto dietro l'orecchio per averlo costretto ad implorare come sempre, ma tutto ciò a cui pensava era la punta del membro pulsante di Victor contro la sua apertura, scivolando attraverso l'anello di muscoli entrando centimetro dopo centimetro finchè Victor non tremò sopra di lui, penetrandolo in profondità e gemendo grazie al calore che lo circondava.
"Cazzo, Yuuri", bisbigliò Victor, respirando sempre più velocemente e la sua mano perennemente sulla coscia di Yuuri, tenendola ben stretta. Portò la sua gamba più in alto, posizionando il retro delle sue cosce tatuate contro il proprio stomaco, con i polpacci di Yuuri sulle sue spalle e i suoi piedi in aria, ruotando i suoi fianchi e spingendosi ancora più a fondo.
Era una fortuna che fossero entrambi così flessibili, perché Victor aveva praticamente piegato Yuuri a metà, abbassandosi per baciare via l'ultimo autocontrollo rimastogli. Tutto ciò di cui Yuuri aveva bisogno erano le labbra di Victor che catturavano i suoi gemiti, il suo corpo teso che spingeva i fianchi con forti frustate, entrando in lui ancora ed ancora. Voleva sentire quella posizione dolorosamente piacevole mentre il pene di Victor lo strofinava internamente e la punta accarezzava il suo punto debole, mandando fitte su per la spina dorsale.
Poteva sentirsi esortare Victor, più veloce, più a fondo, di più, ma non riusciva a controllare le parole che uscivano dalla sua bocca tra i loro baci famelici e i respiri spezzati. Ciò nonostante, Victor gli diede tutto, tutto ciò che Yuuri non riusciva a chiedere, gli diede dolci paroline su cose che aveva sempre voluto sentire, ancora più promesse che avrebbe fatto di tutto per lui, anche rubare le stelle a regalargli il sole.
Non era affatto una di quelle scene clichè da film di Hollywood, avrebbero trascorso la maggior parte della notte ad essere umani l'uno con l'altro, ma il sole stava ancora cercando di mettersi in mezzo al loro tempo insieme, risplendendo attraverso i bordi delle tende in velluto mentre l'alba si avvicinava, con altri baci disperati, altre implacabili spinte di fianchi, Victor aveva fatto Yuuri a pezzi mentre colpiva il punto che gli aveva fatto vedere le stelle, più brillanti del sole che cercava di far luce sui loro segreti. Resistette, stringendosi intorno al grosso pene di Victor dentro di sè e non mollò finchè non sentì il suo calore perdersi dentro di lui, quei forti fianchi sussultarono, il suo corpo tremava, e Victor cantilenò il suo nome mentre veniva con spinte di piacere.
La ripresa da quel delirio era sempre piena di baci troppo morbidi e di cuori che battevano all'impazzata, erano ancora umidi da quella loro dannata doccia, avrebbero avuto bisogno di un'altra ora, la fronte imperlata di sudore e le guance arrossate dal piacere si sfioravano. Era imbarazzante e dolce, come succedeva alle coppie normali. Victor si limitò a sospirare soddisfatto, lasciando che quel suono vibrasse profondamente nel petto del partner, e, senza alcun altro dubbio, Yuuri sapeva che aveva fatto bene a venire quella notte, dopo tutto.
"Rimani per colazione?", borbottò Victor, baciando i bicipiti tatuati di Yuuri.
"Sì". Gli uomini di Yuuri potevano aspettarlo ancora un po', aveva ancora un giorno prima del suo incontro.
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Giocarono al loro gioco della normalità per quella mattina, Yuuri senza la maglietta, la sua pelle colorata libera di respirare, sempre, sempre guardato dagli occhi impenetrabili di Victor. Le loro armi rimasero nel bancone della cucina, dimenticate in quel momento intimo tra loro, con le tende ancore chiuse così che il loro segreto non potesse scappare. Si fecero del caffè, chiedendo se l'altro preferisse il latte o lo zucchero, mangiarono bacon e uova per colazione e parlarono di tutto tranne che del lavoro, finsero di fare programmi per il weekend, anche se quel weekend non sarebbe mai arrivato per loro.
Finirono per aiutarsi a rivestirsi in un assoluto silenzio che parlava ad un volume maggiore di qualsiasi altra parola. Victor strinse le fibbie delle fondine di Yuuri con le sue pratiche dita, infilando le sue armi di nuovo al loro posto, lo aiutò ad indossare la sua giacca, braccio per braccio, guardando la persona che aveva conosciuto quella notte svanire davanti ai suoi occhi.
Tutto ciò senza alcuna domanda, la parte che strappava interiormente a brandelli Yuuri ogni volta. Si strapparono un ultimo bacio davanti alla porta, scambiandosi un affettuoso sorriso con gli occhi che mentivano e dicevano 'resta'.
"Ci vediamo presto, Yuuri". Victor pronunciò il suo nome per l'ultima volta finché non si sarebbero incontrati ancora in segreto, come se fosse un regalo che avrebbe tenuto sempre vicino al suo cuore, ed era veramente la cosa peggiore, lasciare Victor ancora.
"Sì, ci vediamo, Victor". Era l'unica volta che non aveva dovuto vedere la sua schiena allontanarsi, perché il peso dei glaciali occhi blu di Victor sulla sua schiena era abbastanza per lui, e tutto questo finché la porta non si chiuse dietro di lui e rimase solo con la propria silenziosa camminata lungo il corridoio verso l'ascensore, attraverso la quieta hall dell'hotel e il tragitto di ritorno verso l'albergo dove sarebbe dovuto stare con i suoi uomini tutta la notte.
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Il giorno seguente, Yuuri era esattamente dove doveva essere, in un discreto magazzino dove avrebbe avuto luogo il suo incontro in un angolo tranquillo del molo dove nemmeno i russi avrebbero mai osato avventurarsi a meno che avessero un desiderio di morte. Aveva una manciata di uomini al suo fianco e le sue armi cariche sotto la giacca, anche se sapeva che non ne avrebbe avuto affatto bisogno.
Fuori, i rumori delle attività portuali risuonavano intorno all'edificio, l'incessante allarme dei carrelli elevatori in retromarcia, persone che urlavano in russo, che Yuuri stava cercando di imparare in segreto. All'interno del magazzino c'erano stipati dei container adibiti alla spedizione, ricoperti di ruggine, graffiati e ammaccati dai molti viaggi oltreoceano. Si profilavano fin dove le cateni dei bracci appesi sopra di loro in un silenzio guardingo.
Ancora una volta, Yuuri stava aspettando, aspettando che arrivasse il gruppo di persone dalle quali era stato mandato a negoziare perché loro avevano qualcosa - armi, come al solito - che il suo clan voleva, e i suoi superiori sapevano che se c'era qualcuno che poteva farcela, quello era Yuuri, anche se venivano da un clan con il quale erano in conflitto fin da prima che Yuuri nascesse.
Yuuri era contento di essere stato mandato, in quanto gli dava una scusa per vedere lui, Victor Nikiforov, che stava entrando attraverso la porta scorrevole con il sole di mezzogiorno che filtrava dietro di lui e la manciata di uomini che lo accompagnavano. Oggi indossava un perfetto trench nero sopra il suo impeccabile completo, avvicinandosi con una camminata fluida, le mani in tasca e una fredda maschera sul volto che non permetteva a niente di scalfirlo. I suoi occhi erano, però, sempre fissi su di lui, proprio dove dovevano essere, ed era davvero una cazzo di fortuna che entrambi fossero così bravi a quel gioco, perchè la loro mascherata sarebbe stata davvero scoperta lì se le persone avessero capito veramente il silenzio intimo che aleggiava tra i due.
I passi di Victor si bloccarono di fronte a lui, e Yuuri sperava di poter fermare il suo cuore dal battere così fottutamente forte, nel caso che qualcuno lo sentisse.
"Arriviamo al punto, Katsuki", biascicò Victor, freddo e impassibile, pieno di minacce e intimidazioni che Yuuri avrebbe preso seriamente se non avesse visto il sorrisetto che aveva increspato, per un secondo, le labbra di Victor.
Non c'erano punte cerimonie, i russi erano rudi e bruschi e non c'era bisogno di formalità, saluti ed offerte inutili, quindi Yuuri tirò fuori l'offerta ben piegata dalla tasca della giacca, ridacchiando tra sé e sé quando Victor rimase perfettamente immobile mentre i suoi uomini scattavano indietro al pensiero che Yuuri potesse estrarre un'arma.
Si alzò misuratamente e lentamente per ritrovarsi di fronte a Victor, con i loro uomini che li guardavano, porgendogli il foglio di carta piegato in silenzio, cercando di non lasciar strusciare il suo completo contro la pelle di Victor, così vicino.
"Non riesci nemmeno a dire ciò che vuoi ad alta voce?", contestò Victor, in modo che tutti lo sentissero. Yuuri sentiva il coltello girare nella piaga, dove faceva più male, e poteva vedere il tumulto negli occhi di Victor mentre immaginavano di sfiorarsi attraverso la carta. "Non è nemmeno vicino a ciò che voglio". Improvvisamente, Yuuri non riusciva più a registrare i suoni esterni intorno al magazzino, non riusciva a comprendere la divisione che era costretto a vedere in quel momento, tutto ciò che poteva vedere era la convinzione sincera di Victor vacillare come un fuoco consumatore.
"Cosa vuoi, allora?". Yuuri sapeva che non sarebbe dovuto essere lì, sapeva che non sarebbe dovuto andare, perché tutto ciò che voleva fare, come avrebbe sempre voluto, era annegare nelle profondità dei suoi occhi.
"Tu sai quello che voglio, Yuuri". Victor lasciò il suo segreto sfuggire dalle sue labbra, pronunciando il suo nome come solo un amante può farlo, in modo che chiunque nell'edificio potesse sentire, e Yuuri poteva sentire le fiamme iniziare a ruggire mentre gli occhi di Victor lo trattenevano.
"Dì solo una parola", arrivò quel sussurro mentre Victor si avvicinava, Yuuri era consapevole delle pistole puntate e pronte dietro di loro, degli uomini confusi e mettendo in discussione la lealtà. Ecco Victor che offriva, e Yuuri era troppo egoista per dire di no.
"Ok". Yuuri sorrise mentre quel gioco di mascherata arrivava alla sua fine. Quello che sarebbe successo adesso, non lo sapeva: probabilmente sarebbe morto, la sua famiglia l'avrebbe inseguito e cercato di piantargli un coltello nella schiena o un proiettile in mezzo agli occhi, ma niente di ciò importava, perché insieme avrebbero combattuto, e il resto del mondo sarebbe finalmente bruciato.
Spazio della traduttrice
Ebbene sì, dopo una fatica immensa, ecco a voi il primo capitolo! Sono così felice di poter tradurre questa chicca, e spero che il mio lavoro sia di vostro gradimento.
Questa storia mi è stata in precedenza segnalata tante volte, e leggendola mi sono subito innamorata di questa AU. Spero solo di non metterci un secolo per tradurre il secondo capitolo, che fortunatamente è leggermente più corto. Leggermente però.
Spero davvero di essere riuscita a trasmettere bene i concetti dall'originale, cosa non sempre esattamente facile. Mando un bacione a tutti voi che avete letto, e un abbraccio speciale a chi mi ha aiutato in questa impresa. <3
Alla prossima!
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