CAPITOLO SESTO - parte 1
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Asya camminava affianco a Tim, con la testa bassa e gli occhi puntati sulla terra che lentamente scorreva sotto ai suoi piedi. Ogni tanto lanciava una rapida occhiata al ragazzo, per assicurarsi che fosse ancora lì. Tim aveva una strana espressione in volto, ed il sangue sulla sua testa si era seccato sui capelli.
Il bosco era silenzioso, si udiva solo lo scricchiolio delle foglie secche al loro passaggio.
Asya cercava di camminare più vicino possibile a lui, in modo tale che sarebbe stata pronta ad impedirgli di sbattere la testa, se fosse caduto ancora.
Non riusciva a togliersi dalla testa quella scena. Ancora non capiva cosa fosse successo di preciso, e sapeva bene di non poterlo chiedere a lui; ma la sua preoccupazione, adesso, era che sarebbe accaduto ancora.
Non poteva sapere se fosse possibile o meno, ma si sentiva in dovere di fare qualcosa per impedirlo.
Giunti a pochi mentri dal locale, oltre la strada di periferia che lo separava dal resto delle costruzioni, Timothy si bloccò di colpo.
-Non voglio avvicinarmi oltre- disse con espressione neutra.
La ragazza lo guardò ed annuì lievemente. -Ho capito...-. Lanciò un'occhiata alle vetrate sporche del ristorante, poi all'insegna, ormai decisamente datata, su cui vi era la scritta sbiadita "Cantina".
-Sei sicuro di..-.
-Sì- la interruppe lui.
-Tim, io non voglio farmi i tuoi affari ma...- sollevò le spalle ed infilò le mani in tasca -So che molto probabilmente non hai un altro posto dove andare e...-.
-Lo troverò-.
-Si ma...non credo sia una buona scelta rinunciare a questo lavoro. Non sarà così facile trovare qualcun'altro che offre vitto e alloggio...-.
-Asya- disse infine Tim alzando leggermente la voce -Non preoccuparti per me, ok?-.
La ragazza annuì debolmente, mentre lui già si era voltato di schiena.
-Aspetta- gli disse, un po timorosa di farlo arrabbiare.
-Che c'è ancora?- sbuffò lui, effettivamente irritato da quella conversazione
-Dentro hai tutta la tua roba..-.
Tacque per diversi secondi, con lo sguardo perso chissà dove -Non entro. Te l'ho detto- rispose poi.
Lei allargò un poccolo sorriso. -Posso prenderla io se vuoi..-.
Tim voltò il capo verso di lei, annuendo. -Mi faresti un favore-.
-Bastava chiederlo- ridacchiò lei, divertita. -Aspettami quì-.
Asya si avvicinò a passo svelto alla porta del locale, ed entrò senza esitazione. Per fortuna sulla sua strada non trovò né il capo né Sam, e così raggiunse la camera senza alcuna complicazione. Trovò vuota anch'essa, così si diresse subito infondo, al letto di Tim.
C'era una maglietta nera poggiata sulle coperte aggrovigliate, un orologio sopra al comodino ed un borsone a terra accanto al letto. Afferrò la maglia e l'orologio ed aprì la borsa per infilarli dentro, ma ciò che vide la lasciò perplessa: all'interno, c'erano circa sei scatole di pasticche.
Aggrottò la fronte e ne afferrò una, poi la girò tra le mani per leggere l'etichetta. Lesse diverse parole che non capì, poi finalmente vide che sotto al nome del farmaco vi era scritto Antipsicotico. Non era chiaro quale fosse esattamente l'utilità di quelle pasticche, o almeno non ad Asya; tuttavia, il fatto che ne avesse con sé così tante era preoccupate.
La ragazza assunse un'espressione triste, mentre riponeva gli oggetti nel borsone. Piegò la maglietta che aveva recuperato dal letto e la avvicinò al viso, riempiendo le narici dell'odore che emanava; ma se ne vergognò subito dopo e di affrettò a rinchiudere il borsone per poi caricarlo in spalla.
Tornò fuori ed attraversò la strada, oltre alla quale Tim la aspettava seduto su un muretto.
-Ecco qua- disse poggiando la borsa a terra -Spero di aver preso tutto-.
-Si...hemm...ti ringrazio- rispose lui senza neanche verificare. Si chinò ed afferrò la cinghia del borsone.
-Tim- esclamò Asya, palesemente impacciata e imbarazzata ma mossa da una tristezza inevitabile. -Io non voglio che..-.
-Timothy!-. Un grido proveniente da non molto lontano interruppe Asya. Era la voce del capo.
L'uomo stava attraversando la strada a passo svelto, borbottando qualcosa. Quando giunse a pochi metri da loro, disse: -Per l'amor del cielo, dove credi di andare?-.
Il ragazzo non rispose, ma si caricò il borsone in spalla.
-Ascolta ragazzo- disse ancora l'uomo -Tu hai un debito con me, già non ti ricordi più?-.
-Fanculo il tuo debito- sbottò Tim.
-No, non devi fare così. Ascolta-.
Asya spalacò gli occhi ed aggrottò la fronte -Capo non..-.
-Zitta, tu non c'entri. Sono qui per appianare le cose, Tim. Okay?- sbraitò ancora l'uomo.
-Definisci "appianare"- disse lui freddo.
-Ho bisogno di te, almeno per i prossimi tre giorni. Poi cercherò un nuovo cameriere- spiegò.
Il ragazzo non rispose, ma abbassò lo sguardo.
-Verrai pagato- aggiunse Berto.
-Solo per tre giorni?- ripetè il ragazzo.
-Esattamente. Ho un casino di prenotazioni e con due camerieri non ce la faccio... Ho parlato anche con Sam, riguardo a ciò che è successo, e...-.
-E?-.
Berto emise un pesante sospiro. -Vedete di non creare trambusto, almeno per questi tre giorni-.
Tim sbuffò, e rimase fermo in piedi per diversi secondi.
Tornare in quel posto era l'ultima cosa che avrebbe voluto fare, ma al momento la situazione era decisamente a suo favore, dato che non aveva altro posto in cui andare.
Dopo aver pensato a lungo, annuì con un breve cenno della testa.
-Solo per tre giorni- borbottì, incamminandosi verso la porta del ristorante.
Asya, in quel momento, non poté che sorridere.
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