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CAPITOLO DICIOTTESIMO - parte 2

-Prego, si accomodi- disse il medico, indicandole una delle poltroncine poste davanti alla scrivania. -Cosa voleva dirmi?-.
Asya sospirò, e puntò lo sguardo sulla scatolina di penne poggiata davanti a lei. -Lei ha...contattato il medico che ha in cura Tim, per il suo disturbo...Giusto?-.
-Beh, sì. È stato lui a comunicarci quali farmaci assumesse...Ma perché me lo chiede?-. Il dottore sistemò gli occhiali che erano scesi sul suo naso.
La ragazza emise un sospiro e strinse le mandibole. -Le ha detto anche altro?-.
-Non capisco che cosa vuole dire...-.
-Da quanto tempo Tim soffre di schizofrenia?-. Non voleva neanche dirla quella parola, ma se non l'avesse fatto non avrebbe ottenuto le risposte che cercava.
-Beh, Mi spiace ma queste sono informazioni personali, non posso..-.
-La prego- lo interruppe lei alzando leggermente la voce -Ho bisogno di saperlo-.
-Perché?- chiese ancora il medico aggrottando la fronte.
-La prego...-.
Nella stanza calò il silenzio. Asya aveva la testa abbassata e gli occhi fissi sul pavimento, mentre il medico aveva intrecciato le braccia sulla scrivania e la guardava con aria dispiaciuta. Ci pensò un pò, ma infine rispose alla domanda.
-Timothy Wright soffre di schizofrenia da sempre, o quasi. È stato preso in cura in un centro d'igiene mentale all'età di sette anni. La malattia gli è stata diagnosticata ad undici anni-.
Asya sentì il cuore mancarle un colpo. Non si aspettava una risposta del genere, e questo la aveva spiazzata. Il dottore stava dicendo che Tim conviveva da sempre con quella roba.
-Non posso dirle altro, ho già parlato anche troppo- concluse.
La ragazza si alzò in piedi e si avviò verso la porta senza dire nulla. Giunta sul ciglio, però, si voltò indietro e volse ancora una volta lo sguardo al dottore. -Non me ne sono mai accorta...-. La sua voce tremava.
-I medicinali che prende sono forti antipsicotici. Riducono i sintomi fino ad annullarli quasi del tutto-.
Asya annuì semplicemente, ed uscì. Che cosa avrebbe dovuto dire? Non faceva che sbagliare, sbagliare tutto quanto.
Soltanto adesso si rendeva conto di quanto quel ragazzo avesse sofferto in vita sua, eppure non aveva mai detto niente. Non si era mai lamentato, non aveva mai chiesto aiuto.
Attraversò il corridoio ove le infermiere facevano avanti e indietro a passo svelto, e tornò nella camera di Tim. Voleva soltanto chiedergli scusa, e stargli vicino più che poteva.
Ma non appena il suo sguardo si puntò sul letto, il sangue le si ghiacciò nelle vene: era vuoto.
Il letto era vuoto, e le coperte sollevate ed adagiate di lato.
Il tubo della flebo pendeva a terra, e l'ago era sporco di sangue. La stanza era avvolta nel silenzio più totale.
Tim si era svegliato ed era andato via?
Come era possibile?
Asya corse indietro, tornando sui suoi passi, e si precipitò di nuovo nell'ufficio del dottore.
-Tim non c'è più!- gridò.
-Si calmi. Cosa intende dire?-.
-Se n'è andato! Si è svegliato, si è staccato le flebo ed è andato via!-.
-Non è possibile. Con i sedativi che gli abbiamo dato non può essersi già svegliato. Tantomeno può essersi alzato in quelle condizioni-.
A quel punto Asya iniziò a tremare. Era confusa, e terrorizzata. -Venga a vedere se non ci crede!- gridò.
Quando il medico raggiunse la stanza e vide il letto vuoto, rimase spiazzato. -Non è possibile- continuava a dire.
-Perché nessuno l'ha visto!? Dovevate fermarlo!- gridò ancora Asya.
-Si calmi. Non può essere andato lontano. Informo subito le infermiere-.

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