Marvelinx
Dopo il disagio di Bruce alle Marvelpiadi, vi racconteremo che cosa succede quando si ripensa all'infanzia con una mente disagiata, utilizzando una bella fiaba. Attenzione: tutto quello scritto di seguito è tratto da una storia vera, pieno di disagio e degrado, se siete sani di mente, fatevi un favore e non leggete.
[Ideata e scritta da fangirlingxevrything ]
[Winx AU][Italian AU][Trasformazioni secsose con presenza di peto-rali e vestiti di scena brillantinosi poco adatti a cervelli sani][Disagioh]
C'era una volta, in un universo lontano lontano, un gruppo di ragazzi secsosi. Erano molto amici, così tanto che vivevano tutti nella stessa stanza. Nessuno sa come abbiano fatto a dividere una stanza per sei persone, un procione e un cane, fatto sta che ci sono riusciti.
Il giorno di cui vi racconteremo avrà come protagonista uno di loro, che stava impazzendo per la ricerca di un oggetto a lui molto prezioso.
«Va bene, chi ha preso il mio shampoo?» chiese il misterioso individuo di cui tra poco riveleremo il nome. Gli altri, impegnati a raccontare di come il professor Strano si era messo insieme alla sua fidanzata Clea, smisero quello che stavano facendo e lo guardarono.
Uno di loro si alzò in piedi. «Antonio, dubiti per caso di uno di noi?» chiese un ragazzo biondo e possente di fronte a lui. Indossava una maglietta blu con al centro una stella bianca, un paio di jeans e un paio di calzini con i motivi della bandiera americana.
Antonio li guardò tutti, uno per uno, e poi incrociò le braccia. «Potreste aver notato la splendida qualità di quello shampoo.» fece notare a tutti, serio. «Dopotutto, viene dal mio pianeta natale. Solaria è ben conosciuta per i nostri prodotti di bellezza e, soprattutto, gli shampoo.» disse, mettendo il broncio. «I miei shampoo.» sottolineò lui, squadrando tutti.
«Piantala, Antonio, ti prego.» disse Bruce, l'unico con un nome intraducibile in italiano che si sentiva, per questa ragione, il più estraneo del gruppo. Era, nonostante tutto, il più paziente di tutti loro e aveva un'ossessione per le piante tale che si era guadagnato il soprannome di Floro. Era anche uno dei pochi che sopportavano Antonio che, con un carattere simile, si faceva nemici piuttosto in fretta.
«Floro ha ragione.» disse un ragazzo dai capelli color miele, senza voltarsi verso di lui. «Antonio, se vuoi ti do' le mie cassette, ti aiuteranno a rilassarti.» offrì. Tony lo squadrò e alzò una mano come per mandarlo a quel paese.
«Pietro, ti prego.» sbuffò lui, roteando gli occhi scocciato. «Sai benissimo che la mia e la tua musica sono due cose completamente diverse.» puntualizzò lui, marcando tutta la frase. Il ragazzo si abbassò le cuffie fino a quel momento posizionate sul capo, e si girò di scatto, con espressione offesa.
«Ero sarcastico!» gridò, alzando le braccia al cielo e con gli occhi sgranati. «Ovvio che non ti darò mai le mie cassette, sono mie! Solo io posso toccarle.» puntualizzò, stringendo a sé i suoi lettori musicali. Loro erano il suo vero amore, come diceva spesso con tutte le ragazze che incontrava.
Poi parlò un ragazzo dalla pelle scura. «Potresti venire a fare ginnastica ritmica con me. Ti sfogherai.» propose lui, muovendo le orecchie da gatto nere e rosa robotiche che aveva sul capo. Erano un regalo di Antonio e Vittorio, amici di scienza.
«No gattino, non ci tengo.» rispose velocemente lui, evitando il discorso. «E poi sai come la pensa Furia sugli sport non autorizzati di secondo pomeriggio.» aggiunse, roteando gli occhi e sospirando dalla rottura di scatole che gli stava procurando quel discorso.
«Beh, io ci ho provato, Desolato.» si arrese T'Challo. Guardò poi Stefano negli occhi. «Pensaci tu, Granata.» disse alzandosi dal letto e sparendo nella stanza di fianco con i suoi altri amici Samuele Figlio di Wil e Giacomo Rhodo.
«Ci devo sempre pensare io?» gridò lui all'amico che se n'era appena andato. «Perché non Vittorio?» chiese scocciato. Era sempre lui che doveva rimediare ai danni dell'amico, non ne poteva più. Doveva farlo ragionare, rimediare ai suoi pasticci e cercare di restare in quella scuola. Diamine, era troppo povero per andare in un'altra scuola.
«Vittorio è un robot.» rispose Floro, il quale era già zitto da un po' di tempo. «Sai bene che non può far qualcosa del genere con Antonio.» gli fece notare lui, preoccupato. Stefano non capiva davvero come faceva a preoccuparsi per quel cretino, lui non ci riusciva. E si era preoccupato che la scuola franasse ogni notte. Si preoccupa di tutto lui. Eppure, non riesce a preoccuparsi di Antonio. «È sclerato.» aggiunse il riccio, roteando gli occhi.
«E Razzo?» chiese ancora Stefano, speranzoso di poter dare quel compito ad altri. Odiava davvero consolare il compagno. «Che fine ha fatto quel procione ingrato?» chiese, guardandosi intorno. Non lo vedeva, e si stava preoccupando per lui.
«È andato fuori a pisciare con Thoro.» disse Pietro mentre stava ascoltando la sua amata musica degli anni settanta. Stefano lo guardò come se volesse ucciderlo. Sa quanto è paranoico, diamine! Potrebbe accadere qualsiasi cosa a quel povero piccolo procione armato con un mitra e un cane-Dio dei fulmini... Effettivamente, sapeva difendersi. Non gli sarebbe successo nulla.
In tutto questo trambusto, Antonio era riuscito a indagare sulla scena del crimine, e aveva trovato un capello marrone sul lavandino. Ritornò dagli amici contentissimo. «Ragazzi! So chi è stato!» gridò, tutto emozionato e felice di aver risolto il caso.
«Perché tu sai a chi appartiene quel capello.» disse sarcastico Stefano, roteando gli occhi e facendo un piccolo sbuffo con la voce. Non sopportava le ovvietà che tirava fuori Antonio in quei momenti.
Lui, per tutta risposta, si mise il capello in bocca e lo ritirò fuori poco dopo, assaggiando la propria bocca. «Direi che è...» pensò ad alta voce, ignorando completamente le facce schifate degli altri nella stanza. «Sì!» si esaltò, sorridente. «Barnesso, brutto pezzo di merda, sto arrivando!» gridò, con tono rabbioso ed emozionato allo stesso tempo.
«Fai seriamente schifo.» commentò Pietro, l'unico capace di parlare dopo quello che aveva fatto Antonio. Tutti gli altri erano a bocca aperta a fissarlo con la lingua fuori e gli occhi sgranati dell'orrore. Ma non sarebbero restati così a lungo.
«Bando alle ciance!» gridò Antonio, facendoli alzare tutti. «Trasformazione Marvherinx!»
Al grido del moro, tutti i presenti vennero circondati da luci di vari colori dell'arcobaleno e ne uscirono con vestiti sgargianti e pieni di brillantini, che ricoprivano gambe, bacino, braccia e alcuni punti del volto. Indossavano scarpe dagli stessi motivi, ed erano spuntate ali dalla schiena. Una scena del genere, che a noi piace chiamare "Peto-rali show", può causare seri problemi alla vista, per questo motivo state attenti a quello che immaginate.
Intanto, i Marvillainx (?), si assaporavano un bel piatto di marshmellow rosa, il cibo preferito del preside Thanosso. Nessuno ne poteva più di quel piatto, ma non c'era altro da mangiare nei dintorni, perciò erano costretti a farlo. Giacomino, l'ultimo arrivato nella stanza, fu il primo ad appoggiare il piatto sul tavolo di fronte a loro e mostrare uno strano prodotto ai compagni.
«Giacomino, cos'è quello?» chiese Wankalli, il capellone calvo che aveva seguito ogni movimento del compagno. «Dove hai preso una cosa simile?» domandò nuovamente, curioso come non mai. «Non ne ho mai visto una cosa del genere.» ci tenne a precisare. Voi lettori dovete sapere che tale individuo non aveva mai visto shampoo perché è sempre stato in quest'edificio situato in un luogo remoto. Infatti, il preside Thanosso aveva vietato l'uso di codesta sostanza.
«Ovvio, non ne hai mai usato uno.» disse il terzo individuo, Loko. Codesta persona aveva lunghi capelli neri e ricci, pieni di gel che non si lavava mai. Nemmeno lui poteva lavarsi perché suo padre Odino non lo voleva a casa a causa della sua continua ossessione nel voler prendere e uccidere un cane di nome Thoro. «Giacomino, sono curioso. Dove hai preso uno shampoo?» chiese lui, curioso come Wankalli. «Thanosso li ha vietati da quando ha messo piede qui. E lui è qui da 246892 anni.» ricordò lui, guardando lo shampoo ossessivamente.
Quel gran genio di Giacomino, però, non ci fece caso. «Sono una spia.» disse semplicemente. Loko e Wankalli lo guardarono confusi. Il moro allora sospirò e spiegò tutto. «Mi sono intrufolato nella scuola di Furia e l'ho preso.» disse, mostrando bene l'oggetto ai compagni. «Direttamente da Solaria. Ed è gratis.» aggiunse, con un sorrisetto.
«Giacomino, sei un genio.» disse tranquillamente Loko, facendo finta di non notare i capelli ramati del compagno perfettamente pettinati e puliti. «Adesso andrò a farmi una doccia in santa pace.» affermò, cercando di prendere lo shampoo dalle mani dell'amico. Lui saltò indietro e strinse a sé il piccolo tesoro che aveva rubato.
«Eh, no!» gridò Giacomino, tenedoselo stretto al petto. «L'ho preso io, io ci faccio la doccia per primo!» esclamò lui, guardando Loko con sguardo di sfida, sguardo che l'altro ricambiò.
«E io?» chiese il povero Wankalli che nessuno calcolava. Quasi mi dispiace per questa povera creatura. No, aspetta, non mi dispiace, è vero.
«Stai zitto, ti prego.» dissero i due all'unisono, per poi ritornare a guardarsi molto intensamente negli occhi. Wankalli pensava che si fossero incantati, e ne ebbe la conferma quando Loko scosse la testa e distolse lo sguardo.
«Dammelo!» gridò lui, cercando di prendere il tanto prezioso oggetto dalle mani di Giacomino. L'altro, però, aveva ottimi riflessi e schivò l'attacco improvviso del compagno. Voleva proteggerlo, il suo amato tesoro di shampoo che aveva rubato ad Antonio Desolato.
Lasciò che Loko cadessi a terra e lo squadrò. «Non credo. L'ho rubato io, l'ho portato io qui, io ci faccio la doccia per primo.» disse con sicurezza, guardando Loko che si rialzava senza un'espressione precisa e gli occhi sgranati. Teneva lo shampoo vicino a lui, che toccava il suo corpo e il vestito di pelle nero.
Quando Loko si rialzò e guardò negli occhi Giacomino, si sentì un'esplosione alle loro spalle. «Guarda chi abbiamo qui.» disse Antonio nel suo vestito brillantinato rosso e giallo, puntando contro di loro il palmo della mano. Con lui erano presenti anche Stefano, T'Challo, Floro, Vittorio e Pietro, tutti nei loro vestiti pieni di brillantini e colori sgargianti. «Quello è il mio shampoo.» disse Antonio, indicando l'oggetto tra le mani di Giacomino. «E ora me lo ridate.»
Giacomino gli puntò la pistola contro. «Non contarci, Desolato.» affermò, serio. Stefano però, che aveva sicuramente riflessi più veloci di Antonio, gli scagliò il suo scudo arcobalenato in viso, destabilizzando il suo equilibrio. Il moro, però, si massaggiò semplicemente il naso e tenne dietro di sé il tesoro.
«Giacomino, dammi lo shampoo.» ordinò Stefano, che non voleva far del male all'amico. «Non voglio combatterti.» disse, stando sempre sulla difensiva, con lo scudo davanti a sé.
Giacomino gli urlò contro. «Zitto, Stefanino! Io devo prendermi cura dei miei capelli, non sono come i tuoi, perfetti a partire dalla mattina!» si ribellò al biondo lui che, come ogni essere umano, doveva pettinarsi e lavarsi i capelli la mattina. Mica come Stefano che era perfetto dalla nascita.
Pietro, da dietro di loro, sbuffò. «Non voglio sapere perché vi conoscete, ma finiamola qua.» disse convinto. Collegò le sue cassette a una cassa abbastanza potente da stordire un Furia, e questo è tanto. «Potere della vecchia musica che nessuno ascolta più!» gridò, accendendo le casse.
I loro avversari si piegarono in due e si tapparono le orecchie. Mentre Giacomino si piegava, Stefano si lo colpì con lo scudo e lo fece svenire. Riuscì a prendere lo shampoo, e lo lanciò verso Antonio. Intanto, Vittorio aveva messo fuori combattimento Loko, e T'Challo aveva fatto lo stesso con Wankillo.
«E Pietro ha salvato la giornata ancora una volta!» gridò Pietro dopo aver staccato le casse dalle cassette. Cominciò poi a ballare per celebrare la vittoria. «Grande me!»
«Shampoo, amore mio!» disse estasiato Antonio, abbracciando lo shampoo e cominciando a baciarlo. «Vieni qui, tesorino di papà! Non ti lascerò più, fino alla fine dei tuoi giorni!» gridò lui, guadagnandosi guardi schifato da tutti, persino da Vittorio che, essendo un robot, non poteva, scientificamente parlando, essere schifato.
«Andiamo,» ordinò Stefano guardandosi intorno, «se Thanosso ci trova qui, sentiremo Furia urlare da qua.» disse, avanzando con la sua tutina attilata e sgargiante verso i compagni. Gli altri si guardarono confusi.
«Ma siamo a 36 km dalla scuola.» disse Floro, che evidentemente non capiva la gravità della situazione. Non sapeva ancora che Furia era davvero una furia quando si arrabbiava.
«Il raggio d'azione delle sue grida è di 59 chilometri.» informò Vittorio, stupendo tutti a parte Stefano. Lui aveva già sperimentata la furia del preside della scuola quando aveva preso in prestito le sue pistole senza dirglielo. Non dimenticherà mai quella seduta nel suo ufficio.
«Andiamocene.» confermarono tutti insieme, lasciando i tre avversari lì, con un buco nel muro della loro stanza.
Così, i Marvherinx non vennero sgridati da Furia, i Marvillainx vennero esiliati da Thanosso e Razzo riuscì a pisciare in pace.
Io ve l'avevo detto che era disagiato, eh.
PS: Per chi non l'avesse capito, Vittorio è Visione, visto che di nome fa "Victor Shade".
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