Aspettando New York
La mattina dopo
<<Ok. Ho un piccolissimo problema da risolvere. Come cazzo faccio ad andare a New York se devo essere a scuola? E com faccio a non far notare la mia assenza?>> urlai a Miki, cercando di esporgli nel modo più calmo possibile il problema.
<<Allora, intanto ti calmi. Poi, per risolvere il tuo problema basta che ti moltiplichi, no? Da quel che ho capito adesso sei una specie di fonte di energia o una cosa simile, quindi fa come Naruto e moltiplicati. Semplice no?>>
<<La fai facile tu! E dimmi di grazia, come dovrei fare? È un anime! Come cazzo faccio a copiare quella tecnica?>> gli chiesi sull'orlo dell'esasperazione.
<<Non saprei. Credo che dovrai arrivarci da sola.>>
<<Wow, sei proprio d'aiuto. E ti definisci un genio tu?>>
<<Ho già i miei problemi da risolvere, non posso pensare anche ai tuoi! E comunque non so niente dei tuoi poteri perciò non posso fare più di molto.>>
Sospirai, notando l'ovvietà della sua affermazione. <<È vero, scusa. È che sono così stressata! Vabbè, troverò il modo di moltiplicarmi. Tanto non ho niente da fare... Allora esco, a dopo.>>
Michele non mi rispose, troppo impegnato a studiare. Poveretto, appena finite le superiori non si era preso neanche un attimo di pausa con lo studio. Vuole entrare all'università e fra qualche giorno terrà i test di ammissione, è palese che si concentri così tanto su dei libri di medicina.
"Come potrei disturbarlo in un momento così delicato? *risata malvagia interiore* Quando imparerò ad usare i miei poteri subirà la mia vendetta"
Mi incamminai verso il solito posto, ma scegliendo di usare le gambe anziché la bici per fare una corsetta e sciogliere un po' la tensione accumulata.
Non ero ancora arrivata e stavo già ansimando per lo sforzo, decisamente non ero molto in forma, e aggiungendo il fattore pigrizia il risultato era uno straccio imbevuto di sudore che si trascinava sul ciglio della strada lungo i restanti 700 metri da percorrere.
Era dai tempi della scuola media che non correvo. Io di costituzione ero magra, perciò non avevo mai sentito il bisogno di fare attività fisica per smaltire i chili di troppo.
Dopo una ventina di minuti trascorsi camminando sotto il sole cocente, arrivai alla foresta infestata dalle solite fastidiosissime zanzare; mi immersi nella boscaglia e mi sedetti su una roccia per riprendere fiato e godermi qualche minuto in quella zona ombrosa.
Non avevo certo dimenticato il motivo della mia corsa, e approfittai del fatto che stavo riposando per spremermi le meningi per farmi venire un'idea su come moltiplicarmi.
Poi mi venne l'illuminazione: Michele aveva accennato alla tecnica della moltiplicazione del corpo del manga 'Naruto', e pensandoci bene non era affatto un pessimo paragone data la mia situazione: la mia energia era praticamente la stessa cosa del chakra, perciò era valida l'idea di usare lo stesso procedimento del manga.
Mi alzai in piedi e cominciai a concentrare l'energia in tutto il corpo, mantenendola più stabile che potevo; non mi soffermai sull'energia di una singola Gemma, ma su tutte esse contemporaneamente come se fossero un'unica entità, ed effettivamente era così. Io ero l'unica entità che possedeva l'energia delle Gemme, e non potevo pensare ad esse una alla volta, ma come una cosa sola che mi scorreva dentro in un flusso continuo di energia, che mi alimentava e mi donava dei poteri straordinari.
"Io sono le Gemme e le Gemme sono me"
Così facendo venni avvolta da un'aura di colore lilla, probabilmente derivante dall'energia messa insieme di tutte le Gemme, e mi concentrai per far arrivare quell'energia in ogni cellula del mio corpo, fino a sentirla parte di me e a percepirla come me medesima, la mia essenza e il mio stesso essere.
Dopodiché spinsi fuori quell'energia concentrandola in un punto e visualizzando me stessa: i capelli, gli occhi, i pensieri e le emozioni che mi contraddistinguevano. Pian piano l'energia prese forma e colore, creando dapprima una struttura umana e poi assumendo i miei tratti fisico, diventando identica a me.
<<Ce l'ho fatta!>> esclamai entusiasta del mio successo e avvicinandomi alla mia copia.
<<Ben fatto capo>> mi rispose la mia gemella e scambiandomi uno sguardo complice.
<<Proprio come in Naruto. Una perfetta copia dell'originale.>>
<<Diciamocelo, siamo mitiche.>>
<<Puoi dirlo forte! Successo al primo tentativo! Le migliori del mondo, signori e signori, solo per voi in esclusiva!>> dissi scherzando con la mia copia.
<<E siamo anche le più modeste a quanto pare!>>, e dopo questo scoppiammo entrambe a ridere.
<<Ma sparisci come in Naruto se vieni colpita violentemente?>> domandai titubante alla mia copia.
<<Non saprei, forse sì forse no. In fondo non ti sei moltiplicata come lui, attraverso i segni con le mani; piuttosto assomigliava alla tecnica dello sdoppiamento del secondo Tsuchikage. Solo il tempo ci darà la risposta.>> concluse la mia copia.
<<E già. Dai, andiamo a casa>> e feci cenno alla mia gemella di seguirmi prevedendola di qualche passo, anche se la strada la conosceva benissimo visto che aveva i miei stessi ricordi.
Tornate a casa ci dirigemmo in camera di Miki per mostrargli i nostri risultati.
"Fortuna che la mamma e il papi non ci sono altrimenti chissà come avrebbero reagito a vedere due me. Probabilmente sarebbero impazziti!", pensai mentre entrammo di soppiatto nella sua camera, e per una volta in tutta la mia vita sembrava che non si fosse accorto della nostra presenza.
Il mio clone mi seguì, ci posizionammo dietro a Michele e lo travolgemmo col nostro entusiasmo.
<<Ta-da!>> urlammo in coro io e la mia copia, facendo sobbalzare mio fratello dalla sedia.
<<Aaaaaah! Ma sei scema?>> esplose lui, ma appena notò che eravamo in due la sua espressione cambiò: passo dallo stato di incazzato a quello di pura sorpresa, come poche volte lo avevo mai visto, e la cosa mi piacque moltissimo.
<<Ce l'hai fatta!>>
<<Ne dubitavi? Comunque, domani inizia la scuola, il piano è questo: il mio clone resta qui mentre io andrò a New York, sperando che Thor arrivi entro domani.>>
Un attimo dopo sentimmo il campanello suonare e il mio clone andò ad aprire la porta. La sentimmo tornare dove ci trovavamo io e Miki di corsa.
<<Sembra che non dovrai aspettare più.>>
Capii subito cosa intendesse con quell'affermazione e tutti e tre ci dirigemmo al salotto dove, chi seduto sui divani e chi in piedi, si trovavano gli Avengers, al cui appello mancavano il dottor Banner (alias Hulk) e Barton, (cioè Hawkeye).
<<Hai fatto in fretta.>> dissi rivolgendomi a Thor. Ero davvero emozionata della loro visita di gruppo, ma continuavo a ripetermi a mente il motivo della loro venuta: aiutarmi e addestrarmi.
<<Ehm, Raperonzolo, qui non vivevano solo due adolescenti? Perché sai, vedo un ragazzo e due ragazze identiche.>> commento Stark piuttosto confuso.
<<Ah, io sono solo il suo clone>> rispose la mia gemella indicandomi, <<e ho tipo mezz'ora di vita.>> concluse la spiegazione.
<<Impressionante.>> disse Visione, che indossava un maglioncino leggero blu con sotto una camicia bianca e dei pantaloni marroni molto eleganti -un po' strano da vedere devo ammettere, ma stava molto bene-, anche se osservando la sua faccia non sembrava stupito più di molto -in fondo è un androide sintetizzato in laboratorio, di sicuro fatica ancora a provare emozioni come gli esseri umani.
<<Un clone? E a che serve?>> chiese la Vedova Nera un po' preoccupata.
<<A sostituirmi a scuola mentre io sono a New York con voi, ovviamente.>>
<<Non dovresti usare le Gemme per scopi futili come questo! Non sono un giocattolo con cui trastullarsi, ma->>
<<Sì sì, i pilastri dell'universo, il potere assoluto eccetera eccetera...>> sbottai contro Thor interrompendolo, <<e cercare di nascondere i miei poteri non è futile e nemmeno una perdita di tempo. Secondo te come avrei dovuto fare con la scuola e con i miei genitori?>>
Poi Miki, che fino ad ora era rimasto in disparte, si intromise nella conversazione: <<Ma come fai a parlare così bene in inglese?!>> mi chiese quasi come se fosse stato geloso della mia improvvisa bravura.
Non sapendo bene cosa rispondergli, gli dissi l'unica cosa che mi venne in mente, anche perché neanche io capivo come era possibile che parlassi in modo così fluente, come se lo parlassi da sempre.
<<In realtà non mi rendo nemmeno conto di parlare in inglese>> "Come cappero faccio a saperlo, testa di rapa!" dissi fra me e me.
<<Affascinante. Il tuo cervello si adatta per comprendere ogni linguaggio e comunicare attraverso esso in tutti i modi possibili.>> commentò Visione lasciando gli altri Avengers a bocca aperta, stupiti per il curioso funzionamento dei miei poteri.
<<Sei pronta?>> mi chiese Capitan America dopo essersi ripreso dallo stupore, scatenandomi un lieve fremito alla vista dei suoi meravigliosi occhi celesti, che trasmettevano dolcezza e al tempo stesso serietà.
<<Si>> fu l'unica cosa che riuscii a rispondergli, incantata com'ero ad osservare la sua divisa.
<<Allora possiamo andare.>>
<<Per curiosità dove avete parcheggiato l'Avenjet? Non c'è molto spazio qui per atterrare>> chiesi interessata a sapere dove lo avevano messo, perché sicuramente erano arrivati con quello dato che l'Italia è dall'altro lato del mondo rispetto alla loro base.
<<E chi dice che lo abbiamo parcheggiato?>> disse sarcastico Stark.
Presi velocemente il cellulare e gli auricolari che tenevo sopra un mobile posto nel corridoio che collegava il salotto alla cucina e alla porta d'ingresso. Poi uscimmo in giardino, dove con mia grande sorpresa notai il mezzo sospeso a circa 30 metri da terra, sopra il piccolo giardino che decorava il terreno anteriore alla mia casa.
Delle funi penzolanti davanti a noi mi fecero intendere che saremmo saliti a bordo con esse. Avevo un po' di paura per via dell'altezza (di certo stare a mezz'aria non è esattamente la cosa che tutti vorrebbero fare), ma ero curiosa di conoscere la sensazione che si provava volando -o quasi-, volevo sentire l'adrenalina in circolo e l'eccitazione salire, ero pronta per questa piccola impresa.
Alla fine delle funi si trovava un gancio e una cintura, li misi entrambi e venni tirata su molto velocemente, tanto che mi spaventai un bel po' e desiderai toccare terra immediatamente, maledicendomi per il mio desiderio di voler provare qualcosa di elettrizzante.
Appoggiai i piedi sul bordo del jet ed entrai; era più spazioso di quel che credevo. Nello stesso momento salirono anche gli Avengers, che chiusero il portone da cui eravamo entrati per evitare di cadere.
Poi percorremmo il corridoio sulla destra e arrivammo nella zona anteriore del jet, dove c'erano i sedili e i comandi per avviare il jet.
Ad aspettarci trovammo Clint Barton, seduto su uno dei sedili intento a lucidare il suo arco.
<<Oh, siete già tornati! Tu devi essere Ilaria, giusto?>> mi rispose leggermente in imbarazzo, cosa probabilmente determinata dalla sua poca attenzione nei nostri confronti (infatti non si era accorto che eravamo saliti a bordo).
<<Si, è un piacere conoscerti, Hawkeye!>> dissi cercando di contenere l'emozione.
<<Sai chi sono?>> mi chiese evidentemente sorpreso.
<<Si, più o meno, non dovrei?>>
<<No no, non intendevo quello! È che sono sorpreso, tutto qui. Visto Stark, non sei l'unico che la gente conosce degli Avengers!>>
<<Continua a crederci Barton, migliora l'autostima credere i se stessi, lo sapevi?>> gli rispose il miliardario sarcasticamente.
Stark si sedette nel posto di guida e partimmo; durante i primi minuti di volo ci presentammo come si deve, visto che prima non lo avevamo fatto, anche se io li conoscevo già tutti.
I sedili erano davvero molto comodi, fatti in pelle, di colore avorio. Davano un tocco di classe all'Avenjet, rendendolo più invitante e meno stile 'aereo da guerra'.
Si prospettava essere un viaggio lungo, così ne approfittai per ascoltare un po' di musica.
Non volevo sembrare un'asociale, ma non potevo farne a meno: ogni volta c'è viaggiavo sentivo il bisogno di un sottofondo musicale durante il tragitto, che fossi in macchina, a piedi o, come in questo caso, su un aereo. Ogni cosa mi sembrava più bella con il giusto accompagnamento, così cercai una canzone adatta al momento.
"If i ruled the world, BTR. Credo possa andare".
Almeno le mie canzoni non avevano subito cambiamenti, come invece lo erano state le serie TV e i film, altrimenti sarei impazzita; la musica era l'unica cosa che mi faceva sentire normale in questo nuovo assurdo mondo, mi faceva stare bene. Le canzoni erano il modo con cui mi liberavo delle brutte emozioni e delle sensazioni negative: quando ero arrabbiata ascoltavo musica rock, se ero felice non potevo fare a meno di ascoltare una qualche hit estiva. Pensandoci mi tornano in mente tutti quei meravigliosi film della Marvel, che adesso non esistono più. Un vero dispiacere per me. Ma tutte le cose belle finiscono prima o poi, e sono certa che presto anche io perderò i miei poteri e tornerò ad essere una ragazza qualunque confusa con la massa.
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