Capitolo uno - Un mondo nuovo per entrambi.
Jessica POV
5 ORE PRIMA DELL'ARRESTO
"Oi ma' non m'hai svegliata?" Urlai mentre dal corridoio mi dirigevo verso il bagno.
"Forza Jes che vuoi, io sto pensando ai tuoi fratelli, mo agg' pensa' pur a te? Nun si chiù na piccrè!!" Rispose mia madre con uno dei due gemellini tra le braccia.
"Vabbè io vado a faticà, ci vediamo per le 16 massimo!" Baciai Kevin e Jonathan, i miei fratellini, abbracciai mamma ed uscì di casa correndo verso lavoro.
Lavoravo come gelataia vicino casa, amo quel lavoro, lo amavo un po' meno quando i ragazzi del clan Conte venivano a chiedere il pizzo, speravo sempre solo di non essere in turno quando passavano.
Prima di aprire la gelateria avevo tutto il tempo di far colazione e fare una camminata al parco.
Ho sempre amato passeggiare e stare all'aria aperta.
Camminavo tranquillamente in un parco vicino via Toledo, la gelateria sta a soli 10 minuti a piedi da lì, e all'orario d'apertura mancava ancora un'ora.
"Jessica! Jessica Miraverde! Uè e fermat n'attim!" Sentì una voce conosciuta alle mie spalle, era uno dei conte; a sentire il rumore dei motorini doveva essere tutto il gruppetto.
Mi fermai e mi voltai. Come pensavo, erano loro.
"Salve Conte. Posso esservi d'aiuto in qualche maniera?" Sfoderai uno dei sorrisi più falsi che potessi fare.
"Picc're tu ci sei sempre d'aiuto." Manco sapevo come si chiamava questo e nemmeno mi interessava, se volevano il pizzo ora dovevano perlomeno aspettare almeno che aprissi la gelateria.
Riflettendoci era troppo presto per il pizzo.
"Mi fa piacere, andrei un po' di fretta, devo sbrigare delle cose e devo andare ad aprire il negozio. Quindi se mi dite come posso aiutarvi magari vedo cosa posso fare."
Spensero i motori, questo significava che c'erano problemi in vista, volevano sicuramente solo alzare il pizzo.
"Ti accompagno volentieri a fare le tue commissioni principe' però tu prima mi devi ascoltare, in gelateria oggi staremo lì con te, passerà una guardia, e tu gli dirai che io lavoro lì con te da almeno una settimana." Questo si voleva mettere a fare il gelataio, un gran salto di qualità, da camorrista.
"E certo, tu si tutto scem, non so nemmeno come ti chiami e non è cosa tua fare i gelati, ja non mi fat perd' tiemp." Non so con quale coraggio l'ho detto, mia madre dopo la perdita di mio padre mi ha insegnato che a questa gente non bisogna dare confidenza.
Scesero tutti dai mezzi e si accerchiarono verso il ragazzo che parlava prima.
"Devi portare rispetto ragazzina! Iss è Edoardo Conte." Urlò uno dei ragazzi dietro.
"Guagliuncell' vir ca iss è important!" Quest'ultimo si avvicinò a me e mi spinse per una spalla.
"Ue Marià le maniere! Le ragazze non si toccano su, liev sti man. Hai ragione non mi sono presentato, Edoardo, Edoardo Conte, piacere mio!" Edoardo scese dal motorino e venne verso di me.
"Scusa Mariano per le maniere, è un po' rozzo, e poi s'addoman pcchè nun ten femmne"
"Devi parlare con il proprietario Edoardo. Io lì vado a lavorare e niente più, con voi non vorrei avere niente a che fare." Mi girai per andarmene ma venni bloccata dalla sua mano.
"Senti, il proprietario l'ho già avvisato, sal 'ngopp che t' port a fa chill che devi fare e poi andiamo ad aprire sta gelateria"
"Preferisco farmela a piedi, ti ringrazio." Cercai di andarmene ma mi si parò davanti lo scemo di prima, Mariano.
"Non capisci eh, fai come ti dice e basta." Questa volta Mariano mi aveva lasciato intravedere la pistola che sporgeva dai pantaloni.
"Non ho il casco... non possiamo vederci direttamente alla gelateria?" Questa non è gente che volevo attorno a me, mi mettono a disagio, mi spaventano, sono camorristi, malagente dice mia madre, non conta l'età, questi hanno commesso reati gravi nella vita.
"Tranquilla principè, per il casco c'agg pensat ij. Andiamo forza, uagliù ci vremm a pranzo. Ja andiamo pccrè." Lui salì in sella e mi fece cenno di seguirlo; mi avvicinai titubante, afferrai il casco e salì dietro di lui.
Non mi piaceva andare in scooter dietro, guidarlo si, ma essere passeggera no, propio per niente.
"Conte vai piano, per favore." Faceva finta di ascoltarmi, non mi rispondeva.
"Edoardo davvero, vai piano, mi raccomando, mi fa paura stare dietro."
"Tu non ti preoccupare. Dove devi andare prima dell'apertura eh nenné?" Questo mi affibbiava nomignoli e nemmeno mi conosceva.
"Niente di importante, andiamo in gelateria, devi imparare a fare i gelati e se vuoi che questa farsa regga è meglio che andiamo adesso."
"Ja pccrè si tropp' seria." Mise in moto e partì.
Ci provai pure a tenermi alle maniglie posteriori ma mi spaventava, correva.
"Edoardo rallenta, che cado così veloce, dai."
Continuava a non rispondere ed un'altra curva veloce passava.
"Edoà! Ja mo bast'!! Teng paura!"
Dovetti aggrapparmi a lui, avevo troppa paura di cadere.
Lui poggiò una mano sulla mia gamba, potevo davvero svenire, guidava con una mano sola, la volta buona che morivo in un incidente era questa.
Appena arrivammo scesi di getto dal motorino.
"Ma che sei pazzo? Ma si scem? Ma come sei messo, vedi che io ho davvero paura, me ne frega che sei uno dei Conte, io non centro nulla, perché prendertela con me eh?!"
Avevo le lacrime dal nervoso.
"Adesso entriamo e lavoriamo, fammi passare sta giornata in fretta. Non ti dico niente perché sei una femmina, ma non tirare troppo la corda."
Ma questo sul serio faceva?
"Io non sto tirando nessuna corda, io avevo paura davvero mentre guidavi! Scemo, sei solo uno stupido, non gira tutto attorno a te, io ero terrorizzata mentre prendevi quelle curve così veloce!" Mi scese qualche lacrima mentre lo dicevo e forse avevo urlato un po' più del dovuto.
"Ja vien' ca. Fa nient, tutt' passa pccrè." Mi aveva abbracciato, come se tenesse un cuore.
"Forza entra che ti prepari per il turno di oggi." Entrammo dentro e lui mi seguì. Nessuno dei due parlò d'altro al di fuori della gelateria e di cosa avrebbe dovuto fare quel giorno.
"Capito? Fai le palle con questo, è semplice no? Forza vieni in spogliatoio che ti dò la divisa." Mi voltai ma qualcosa di freddo mi arrivò addosso. Mi aveva lanciato del gelato?!
"Ma che fai? Cazzo! Adesso non ho il cambio e tra dieci minuti apriamo!" Il camice doveva metterlo lui ed io non avevo nemmeno una maglia di cambio.
"Dai non ti preoccupare, mo a pulizziam!" Mi scostai dalla sua mano che si avvicinava.
"Fa niente, devi fare tu bella figura davanti le guardie oggi, non io. Forza vai a cambiarti e metti il camice ed il grembiule."
Lui non so per quale strano cenno divino ma finalmente senza dire nulla mi diede retta e si infilò nello spogliatoio.
"Oi pccrè! Vieni n'attimo."
Mancavano pochi minuti all'apertura, che voleva ancora.
Mi recai sul retro, nello spogliatoio.
Stava a petto nudo, aveva un tatuaggio stupendo sul petto; non potevo però stare lì a guardarlo.
"Tieni, mettiti la mia maglia, è pulita, l'avevo messa appena stamattina, con quella macchia di gelato non puoi stare lì con me."
Non avevo altra scelta non potevo fare altrimenti.
"Cosa dovrei dirti grazie? La maglia me l'hai poi sporcata tu in fin dei conti."
"Ma siemp' accusì seria sii? Ja cambiati e apriamo."
Non mi importava molto di quello che diceva. Afferrai la sua maglia e mi voltai per cambiarmi.
Di certo non mi vergognavo a cambiarmi davanti ad altra gente, ma lui mi metteva a disagio.
"Vedi comm sti bell pccrè con la maglia mia. Ja andiamo forza."
Mi scoccò un bacio sulla guancia e si mise dietro il bancone.
"Ma come farà a reggere la storia, nessuno dei clienti ti conosce."
"Tranquilla per sta cosa ci pensano i cumpagn miei. Apriamo?"
Mi avviai alla serranda ed aprì. Erano le 10 per le 16 avrei finito il turno e questa storia sarebbe finita in fretta.
Erano entrati i primi clienti, io mi appostai in cassa, lui a fare i gelati dietro il bancone e io lo vedevo in super difficoltà.
"Ja Jess m'agg dà na mano." Sembrava un bambino che faceva i capricci.
"Lo voglio cioccolato e nocciola. Forza ma quanto ci stai?!"
"Dai vieni, facciamolo assieme." Mi ci avvicinai, mi faceva quasi pena.
Era bravo a farsi rispettare da tutta Caserta ma non riusciva a fare un cono.
Girai dietro il bancone, gli tolsi la paletta dalle mani e mi misi davanti a lui.
"Allora tesoro bello? Dicevi cioccolato e nocciola, giusto? E che ne dici se ci aggiungiamo in omaggio della granella di nocciola ed un buon cioccolatino?" Sorrisi alla bambina davanti a me che annuiva felice.
Iniziai a immergere la paletta nella nocciola ma subito sentì una presenza poco gradita dietro di me.
Mi aveva afferrato la mano ed il suo petto aderiva alla mia schiena.
"Facciamolo assieme pccrè, magari da qua al controllo delle guardie imparo no?"
Non dissi niente, anzi tremavo anche un po' forse ad averlo così vicino, avevo un po' paura di lui.
Finito di fare il cono alla bambina mi scollai subito da lui.
"Lievt a mienz'! Non mi piace che gente che non conosco mi si accolli così, non te la prendere Conte."
"Principè chiamami Edoardo, e comunque meglio che ti abitui ad avermi affianco, per un po' devo sta' in sta gelateria io."
Ma cosa cazzo diceva, il controllo veniva oggi, perché doveva rimanere per un po'.
La giornata andò avanti ed io lavorai in maniera piuttosto silenziosa, nemmeno cantai come era mio solito fare.
All'arrivo delle guardie lui ormai era autonomo dietro il bancone, non faceva bei gelati ma almeno lo sapeva mettere sul cono.
Quando le guardie entrarono non negai che mi spaventai, se non avessi saputo reggere il gioco? Che avrei fatto? Mi avrebbero accusata di falsa testimonianza?
"Salve Marescià mi siete venuti a trovare?"
"Edoardo preparaci du gelat forza, facc vré che hai imparato ja."
La verifica delle guardie andò bene, mi fecero qualche domanda ma con me furono molto vaghi fortunatamente.
Appena se ne andarono mi aspettavo che lui se ne andasse invece rimaneva lì.
"Non vai? Il controllo l'hai passato, tra due ore finisco il turno, vai pure."
"Principe' te l'ho detto non sono qui solo per le guardie, sto aspettando che passi qualcun altro, tu statti tranquilla. Parliamo un po'. Che fai fuori da qui?"
"Niente di che, il solito che fanno tutti i ragazzi della mia età."
Non so nemmeno perché gli risposi.
"Appena finiamo qui ti porto a fa qualcosa di diverso."
"Non c'è bi-"
Venni interrotta dall'ingresso di un paio di ragazzi, non li conoscevo.
"Jessica vien acca, rimanm arret'" Edoardo mi tirò dietro di se.
"Conte come stai, adesso fatichi onestamente? O vieni qui a farti sta bella guagliona?"
"Ragazzi come posso aiutarvi? Qui io sto a faticà o' vero."
"Vulimm sapè a ro sta a roba nostra. M'hann dit ca ta si pigliat tu."
Edoardo mi strinse il braccio e mi tirò verso la sua schiena mentre i ragazzi avanzavano all'interno della gelateria.
"Parlamm for, ja cammina Vinciè." Lui ed uno di quei ragazzi rimasero fuori dalla gelateria a parlare, io dentro con gli altri due.
"E tu appartieni a Conte?"
"Io non appartengo a nessuno, lavoro solamente qui." Uno dei due ragazzi stava facendo il giro del bancone, venendo verso di me.
"Tu qua non ti puoi avvicinare, devi stare fuori dal bancone."
"Voglio solo parlare, na bell' guaglion come a te non sta con nisciun? Ti proteggo io se vuoi."
Mentre parlava e si avvicinava allungava una mano verso il mio fianco.
"Sto bene così, mo devi allontanarti davvero!"
"Ja ca pariamm nu poc."
Questo si era avvicinato un po' troppo e non sapevo cosa fare, era troppo più imponente rispetto a me. Stava iniziando a toccarmi e a lasciarmi baci addosso.
"O' lassm! Edoardo! Conte! Aiutami edoá! Mi devi lasciare pezzo di merda!!"
"Ma che cazz stai facenn? Levaci le mani di dosso. Vincenzo chiamati i tuoi che qui faccio un macello!"
Edoardo è accorso subito appena l'ho chiamato ma Vincenzo e l'altro ragazzo lo trattenevano.
"Edoà lascialo divertì."
"Vi dovete sta fermi, lei non appartiene a me, non mi fate nessun torto, è na povera ragazza di sto quartiere su!"
Intanto quel maiale dello scugnizzo di Vincenzo mi stava levando la maglia di Edoardo di dosso.
"Edoà aiutami, Edoardo!!!"
Ma lui non poteva fare niente, veniva schiacciato a terra da Vincenzo e dall'altro scugnizzo. Le porte della gelateria stavano chiuse, non avevo vie di scampo.
"V'accir a tutti quanti, non ve la perdono questa." Anche Edoardo urlava, i suoi occhi sprizzavano rabbia.
"Ja basta così Cuco! Noi ce ne andiamo Conte, ma questo è solo un avviso per la prossima volta."
Questi lasciarono Edoardo che subito si rialzò e venne verso di me correndo.
Io ero per terra, senza maglia, dietro al bancone che piangevo.
"Jessica non succederà più una cosa del genere, non piangere, è colpa mia pccrè. Non li dovevo far venire qui, non con te presente, era ovvio. Ti hanno visto con la mia maglia chissà che idee di son fatti. Tu vestiti e vai a casa, il negozio lo chiudiamo fa niente, parlo io col proprietario, metto a posto sta situazione."
"No, io da sola non rimango. Edoardo, io non ci torno a casa, vengo con te, sistemi sta cosa e così io poi posso stare tranquilla."
"Va bene aspettiamo i compagni miei e andiamo a sistemare tutto. Ven accá pccrè." Mi si avvicinò, mi aiutò a rimettere la maglia e mi abbracciò.
"Ue nenné andrà tutto bene."
Lo speravo, davvero, non volevo vedere più nessuno di loro.
I ragazzi del clan Conte arrivarono, io salì in sella dietro Edoardo.
"Pccrè tieniti stretta a me, adesso si corre davvero. Andiamo guagliù!!"
Partimmo ed io mi strinsi davvero a lui, avevo paura, quasi più paura di cosa fosse successo una volta arrivati che di lui che correva in scooter.
Io non guardavo nemmeno la strada, avevo il viso poggiato sulla sua schiena, gli occhi chiusi, con qualche lacrima che ancora mi solcava le guance.
Sentì il motorino spegnersi.
"Uè pccrè siamo arrivati, scendi pure. O' non ti voglio vedere più piangere. Ci stong ij, non ti faranno più niente."
Mi guardava negli occhi cercando di rassicurarmi.
"Pur prima stev cu me, e guard come è andata."
Mi abbracciò, forte come non mai.
"Quei brutti 5 minuti che ti hanno fatto passare, gliene faccio passare il doppio te lo giuro. Dammi la mano e andiamo."
Gli afferrai la mano, non so perché lo feci ma mi sentivo sicura.
Andammo verso il gruppetto che prima era passato in gelateria.
"Vincenzino! Crè ora non mi saluti?!" Mariano e gli altri scugnizzi di Edoardo bloccavano Vincenzo e i suoi due amici.
"Mammà non ve lo ha insegnato che le guaglione non si toccano?!" Edoardo sferrò un pugno a Vincenzo.
"Non ti permettere mai più a fa' na cosa del genere, mo iss è una dei nostri, le dovete portà rispetto!" Continuò ad aggredire Vincenzo!
In lontananza sentimmo le sirene arrivare, i ragazzi di Edoardo e quelli di Vincenzo si diedero alla fuga, ma Edoardo rimaneva lì ad aggredire Vincenzo.
Corsi verso di lui e cercai di tirarmelo via ma erano tentativi vani i miei.
Le guardie arrivarono e ci separarono tutti e tre.
"Reputati morta! A lui lo arrestano e io e te ci vediamo qua fuori ciùciù!"
Era vero, chi mi avrebbe protetto, la gente di Edoardo? E la mia famiglia?
"Edoardo! In che casino mi hai messo?! Come faccio io!"
Edoardo mi lanciò la pistola.
"Posi quell'arma signorina, non faccia sciocchezze!"
La guardia dietro di me puntava l'arma contro di me.
"Ci devi sparà Je, è l'unica cosa mo, se lui vive io da dentro non posso difenderti, ma se tu ci spari diventi una dei Conte! E tu, la tua famiglia e chiunque conti per te, ma non lo poss accirer ij!"
Chiusi gli occhi e sparai! Ero ufficialmente fottuta.
Gettai l'arma a terra e mi lasciai trascinare via dalle guardie.
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