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30. La mia ombra

16 Dicembre 1970, Vezza D'Alba (Langhe), Piemonte.

Le è piaciuto. Vincere le è piaciuto al punto tale da non riuscire a smettere di sorridere.

Se solo qualcuno chiedesse in questo momento a Valeria quale sapore avesse la vittoria direbbe "l'addio". Il dire "addio" a qualcuno per ottenere la ricompensa che si merita. Eppure, ogni volta che incrocia lo sguardo di suo marito, non può fare a meno di sentirsi un poco imbarazzata dal modo con cui l'ha ottenuta. Solo per un attimo, però, perché l'imbarazzo ogni volta viene sostituito da un sorriso impertinente che lascia ben intravedere quale sia stata la parte più divertente dell'intera storia.

In risposta, ogni volta, intravedeva lo stesso sguardo anche in Diego che distrattamente, ma sempre più spesso, sembrava camminarle vicino o di fronte la scrivania, quasi chiedesse di essere al centro dei suoi pensieri. E riusciva ad esserlo, senza alcuna difficoltà.

È trovando una Valeria sorridente che Silvia arriva a recuperare il proprio posto alla sua scrivania. Abbandona la borsa a peso morto, facendola piombare sul tavolo allo stesso modo con cui l'aveva fatto in presenza di Sofia, eppure il suono non risulta abbastanza forte da destare Valeria dal suo momentaneo torpore. Nemmeno un colpo di tosse o la chiusura violenta di un catalogo di vecchi prodotti venduti dalla compagnia.

Silvia alza gli occhi al cielo, battendo forte tra di loro le mani, nell'unico modo che conosce per ottenere attenzione all'interno dell'ufficio. Si tratta di una tradizione ereditata da Pietro Grimaldi, uomo solito passeggiare tra i suoi impiegati per scoprire tra di loro qualche mela marcia da smascherare con quel suono di richiamo all'ordine, per cui è diventato negli anni una sorta di campanello d'allarme usato da vertici come Sofia Grimaldi, Mattia Grimaldi e certe volte persino da Maurizio. Diego non aveva mai osato, detestava quell'imposizione patetica.

Ad ogni modo, Valeria salta sulla sedia, voltando la testa sconvolta, il che è un gran bel risultato per la sua amica già sommersa di problemi.

«Sei tornata» le dice Valeria, del tutto sorpresa dal suo arrivo.

«Felice che tu l'abbia notato.»

«La situazione con Claudio?»

«Non è sistemata, se è quello che ti stai chiedendo. Voglio ancora del tempo per me, da passare da sola o con i bambini, secondo quanto abbiamo stabilito. Speravamo di dover fingere che andasse tutto bene ma ormai sono già grandi e svegli, hanno capito da soli. Tu perché stavi sorridendo?»

Pronta a riferire una buona notizia, Valeria si arma di buon umore, rivolgendosi all'amica. «Sono riuscita a convincere Diego a licenziare Isabella, ormai è fuori.»

«Per la seconda volta» commenta con allegria l'altra, iniziando a disfare la sua borsa e accomodandosi alla scrivania. «Sicura che non sia per quello che le ho detto io? L'ho messa bene bene in riga.»

«So che vi siete parlate, me lo ha detto, lo abbiamo fatto anche noi.»

«Per cui si è presa la doppia ramanzina» commenta Silvia, sgranando gli occhi e sollevando le sopracciglia, sorpresa dalla più buona delle novità.

«Per così dire.»

«Chissà quanto sarà stato utile. Hai detto a Diego che non la volevi nemmeno nei futuri ritrovi di famiglia? Altrimenti Sofia ci mette un solo attimo a fartela piombare lì.»

Per la verità non l'aveva fatto. Era tanto arrabbiata con Isabella e così concentrata a far capitolare Diego da non averglielo affatto chiesto, mentre lui era riuscito a chiarire bene il suo punto di vista per Antonio. Non voleva, per il futuro, "niente di niente". Troppo astuto, nel cavarsela così. Forse non era così coinvolto come Valeria aveva creduto che fosse. Lo pensa in un attimo di sconforto, ragionando su come possa essere apparsa patetica ai suoi occhi. Insomma, credeva di vincere ed invece aveva finito per incassare! Si era trattato di un pareggio quando avrebbe dovuto essere una vittoria schiacciante per lei. Non è più sicura di aver agito per il meglio e il non rispondere a Silvia lo rende evidente.

«Capito. Se puoi rimediare rimedia, ora che i termini del vostro accordo sono ancora freschi, altrimenti, parola di una vecchia sposata, tuo marito finirà per rigirare le tue parole a suo favore, togliendoti tutto il potere.»

«Dici che dovrei farlo?»

«Dico che "anche in fretta".»

«D'accordo, vado.»

«Ah, Valeria» la blocca l'amica, mentre è intenta a sollevarsi dalla sua postazione. «Un'ultima cosa. Non so come se la sta passando Claudio ma da quando ho visto Edo, che mi ha riferito certe sue mancanze, non credo molto bene. Non lo dico per superbia, anche io sto male, per cui vorrei che anche lui potesse avere del tempo da passare da solo con sé stesso, se solo fosse possibile.»

«Ti tengo i bambini quando vuoi, Silvia.»

«Grazie, Vale.»

«Ma spero che tutto passi presto» le dice, sollevandosi del tutto e compiendo un giro attorno alla scrivania.

«Ora che Isabella se ne è andata?» Commenta ironica Silvia, stringendosi nelle spalle. «Vorrei che non fosse ancora tanto presente, a gravare sulle nostre vite.»

«Sì, vorrei lo stesso» sussurra Valeria, venendo distratta dall'arrivo sfuggevole di suo marito in un angolo della scena.

«Avanti, vai.»

Non se lo fa ripetere da Silvia due volte, avviandosi verso lui che, a testa bassa, sembra camminare da una scrivania degli impiegati all'altra, consultando i fogli che gli vengono rivolti. Emma, alle sue spalle, tenta di tenere il passo ma viene congedata poco prima dell'arrivo della moglie sulla scena.

«Posso parlarti?» Domanda a lui quest'ultima, iniziando a camminargli dietro al suo stesso passo, proprio come stava tentando di fare la segretaria poco prima. Diego volta la testa appena, mostrando un mezzo sorriso, prima di tornare a leggere distrattamente le proprie carte e continuare la sua marcia estenuante.

«Hai da chiedermi qualcosa? Se è così vorrei che tu lo facessi come l'ultima volta. Mi è piaciuto molto il tuo metodo.»

Sapeva che avrebbe utilizzato la prima occasione per tirare fuori l'argomento, ma non si aspettava tanto presto. Valeria arrossisce da capo a piedi.

«Puoi parlare più piano?»

Trattandosi di una prima richiesta, Diego decide di concedergliela senza ulteriori proposte, ma non si esenta dal voltarsi verso di lei cominciando a camminare all'indietro, stringendo ancora i fogli in mano.

«Tu non chiudi a chiave la porta, io non sussurro. Così stanno le cose.»

Le mostra un sorriso smagliante, tanto bello da farla tremare. Rimane folgorata da quella dentatura perfetta, dalla curva agli angoli della bocca, dalla brillantezza dei suoi occhi, dalla camicia bianca arrotolata sui gomiti, da riuscire in tutto l'ufficio a vedere solo lui, ancora di più non appena si volta e le mostra la schiena scolpita. Le occorrono dei lunghi attimi per poter valutare la bellezza di quel corpo attraverso la trasparenza del tessuto, impiegandoci tanto tempo da non accorgersi di stare seguendo il marito dentro uno degli ascensori.

Le porte si chiudono, richiamate da un bottone premuto da Diego una volta all'interno. Ed è così che, una volta sigillati dalle porte, le mani di suo marito arrivano a posarsi vicino al suo viso mentre lei è costretta con la schiena alla parte, così che il corpo di lui possa inclinarsi in avanti quanto basta a far toccare, quasi, la punta dei loro nasi.

«Sì, Valeria? Cosa volevi chiedere?»

Le manca il fiato. Con la coda dell'occhio riesce a vedere a malapena i fogli che lui continua a stringere in una mano, premuta contro l'ascensore, mentre invece le risultano ben definiti i muscoli in tensione dei suoi avambracci, censurati dalla camicia all'altezza dei gomiti.

Non sa con che coraggio tornare a parlare ma si impone di averlo, solo per non dimostrare al marito di averla già svuotata di tutto il suo potere.

«Isabella.»

«Sì?» Sussurra lui, abbassando gli occhi sulle labbra di Valeria. Le occorre tempo, ma avrebbe solo bisogno di spazio.

«Non voglio nemmeno che partecipi alle cene di famiglia.»

«È una cosa che controlla mia madre.»

«Allora controlla tu tua madre.»

«Avessi la capacità di controllare le donne che voglio» se la ride lui, inclinando la testa così da permettere alla punta dei loro nasi di strusciare, prima che il respiro di lui si infranga sulla sua gota, tramortendola con quel vento freddo sulla sua pelle accaldata.

«Diego» lo incita, tentando di usare palesemente il modo intimidatorio avanzato da lui al picnic con i bambini per ottenere ciò che desidera. Capendolo, Diego è sempre più divertito ma non cede alla rinuncia. Solleva la testa, in modo da fissarla dritto negli occhi.

«Sì?»

«Dico sul serio.»

«Allora è una richiesta?»

La parola le si blocca in gola. Esce con difficoltà. «Sì.»

«Sei peggiorata molto nel modo di avanzarle, lasciatelo dire.»

«Che cosa vuoi per lasciarti convincere?»

«Me lo stai chiedendo davvero? Carta bianca?» Domanda lui, sconvolto ed improvvisamente concentrato sui fatti.

«E tu lo stai davvero chiedendo a me?»

«Lo prenderò per un sì, ma riserverò la mia richiesta per un altro momento. Tu vuoi qualcosa?»

«Perché me lo domandi sempre?»

«Perché spero in un sì.»

Se possibile, Valeria arrossisce ulteriormente ma la fortuna l'assiste dal momento che le porte si aprono. Con un cenno del capo, Diego la incita a seguirlo.

«Sono impegnato, oggi. Il calo del personale non ancora compensato ci riempie di lavoro e come sai scegliere altre persone è pressoché impossibile, vista la diffida che ha mio fratello per ogni essere umano sulla faccia della terra.»

«Anche io lo devo prendere come un sì?»

«Mi stai almeno ascoltando?»

«Tu prima rispondi.»

«Sì, Vale, vedrò di impedire che presenzi a quelle cene anche se sono certo che non verrà più da noi.»

Il tono sicuro di suo marito le fa perdere ogni colorazione, immaginando di colpo scenari troppo angoscianti.

«Perché? Le hai parlato?»

«Ovvio che le ho parlato. Come ti aspettavi che soddisfacessi alla tua prima richiesta altrimenti?» Le domanda lui, voltandosi appena mentre riprendono a camminare da una stanza all'altra. Il ritmo dei passi, adesso, mette ancora più in agitazione il cuore di lei, già sotto sforzo.

«Che vi siete detti?»

«Non intendo dirtelo. Tu che cosa ti sei detta con Antonio?»

«Credevo che la smettessimo di giocare in questo modo.»

«Anche io, quindi non chiedermi qualcosa che non ti racconterò.»

Valeria si arrende al solo pensiero che, se solo si trattasse di qualcosa di preoccupante come teme, suo marito non si dimostrerebbe tanto calmo. Anzi, forse non le parlerebbe nemmeno, figurarsi il riuscire a scherzare con lei. La cosa la fa rilassare almeno quanto basta ad arrestare la tachicardia e un probabile attacco di panico.

«D'accordo, non lo farò.»

«Bene, e che hai intenzione di fare, invece?»

«Qualsiasi cosa ci sia il bisogno che io faccia» commenta lei, notando la confusione sul tavolo delle pratiche generali e la frenesia di suo marito che però non gli esenta di mostrare ulteriore ironia.

«Potrei davvero abituarmi a frasi del genere.»

-

19 Dicembre 1970, Vezza D'Alba (Langhe), Piemonte.

Da sopra il profilo delle proprie pratiche, Silvia osserva i due coniugi lavorare, dinanzi a lei, fianco a fianco. Le ultime tre giornate si sono dimostrate tanto impegnative da non permettere allo staff rimasto di staccare un solo secondo e personalmente Silvia era stata grata di tutto ciò. Aveva il bisogno, nonostante quello che aveva detto sul rimanere sola con se stessa, di buttarsi sul lavoro e le era stato dato modo di farlo. Questo l'aveva infatti portata Sabato 19 Dicembre ad essere stanca ma felice del risultato che, in tarda serata, sembrano avere raggiunto.
Non solo in ambito lavorativo.

Senza staccare gli occhi da Diego e da Valeria, Silvia osserva il modo con cui i due lavorano insieme. Come i fogli passino di mano l'una all'altro con piccoli segnali innocenti ma impossibili da passare inosservati: piccoli tocchi delle mani, tardivi allontanamenti e leggeri sospiri di cui nessuno dei due si rende conto.

In procinto di separarsi dal marito, quella che vede svolgersi di fronte a sé Silvia è una scena patetica. Non solo per il disgusto che sta riservando all'amore ma per il modo con cui i due non sembrino accorgersi di niente.

Detesta da sempre fare da mediante ma a quanto pare, come ai tempi del liceo, si trova costretta a farlo.

Schiarisce la voce, facendo sollevare la testa ad entrambi e così prende il controllo della situazione, sollevando le mani.

«Direi che ci siamo guadagnati il diritto di mangiare ognuno a casa propria questa sera, non pensate?»

Diego e Valeria si guardano intorno, constatando assieme quanto lavoro sia rimasto da svolgere e riemergendone con una giusta quantità come risulta.

«Questo vuole dire che torni da Claudio?» Domanda quindi Diego, distaccandosi per primo con la mente dal lavoro.

Hanno sorretto in tre una crisi finanziaria dovuta al calo del personale e a un pessimo raccolto seguente le piogge che causarono il blackout. Qualcosa degli stabilimenti, infatti, non si era più ripreso e la materia prima, andando distrutta, aveva subito una grave decrescenza. Con un maggiore introito da parte di uno dei migliori appezzamenti di terra, una piccola modifica al prezzo e una nuova introduzione di un annata di vini, sembra però che il guaio sia stato risolto tramite la logica del rinnovo.

Logica alla quale, però, Silvia non si presta volentieri nel privato.

«No, continuo a stare da mia sorella che, per inciso, è casa mia. Ci sono nata.»

«D'accordo, Silvia, stavo solo chiedendo, figurati» mormora esausto Diego, passandosi una mano lungo il viso per poter far fronte alla stanchezza, aggravatasi da quel tentativo patetico di far di nuovo felice il suo fratellastro.

«Vivendo in questa porzione di spazio non sono stata nemmeno in grado di vedere i miei figli come avrei dovuto. Tutti e tre siamo appena riusciti ad uscirci decenti e con abiti puliti da questa assurdità, tutto perché Mattia non vuole assumere nuovo personale.»

«Sai che per lui è impossibile, e comunque l'importante è avere arginato una grossa crisi» commenta Diego, tornando con le spalle erette lungo la propria sedia in legno.

«Dunque, la mia idea di tornare a casa?» Continua a domandare Silvia, generando negli altri due piccoli sorrisi.

«Sì, Silvia, è ben accetta» commenta Vale, interpretando anche il pensiero del marito.

Non appena decidono di terminare con il lavoro, Diego e Valeria lo fanno all'unisono. Si alzano nello stesso momento e chiudono le cartelle, ripongono le sedie e ridispongono la fila degli annali. Silvia posa un gomito sulla scrivania e il mento sopra il proprio palmo di mano, fissando il tutto come una giudice severa, attraverso i suoi occhiali da vista serali.

Nota i gesti, il sincronismo, le azioni, le prevenzioni reciproche dei due prima di scoppiare di colpo a ridere, assurdamente scioccata da una simile vista. Per giunta, come risposta i coniugi si voltano all'unisono con un'espressione spiazzata.

«Che cosa c'è?» Chiede stupito Diego di quell'improvvisa ironia, temendo un attacco isterico dalla sua più brava impiegata.

«Valeria. È diventata la tua ombra, non te ne accorgi?»

«La mia ombra?» Domanda lui, voltandosi poi con la testa all'indietro per notare sua moglie, esattamente dietro di sé. Sorride alla vista. «Sul serio?»

«Non ascoltarla. Nemmeno ci ho fatto caso.»

«Il che è anche peggio» aggiunge il danno alla beffa Silvia, esaurendo la sua risata stanca e sollevandosi dalla sedia.

Per quanto distratti da quel momento di ironia, i due mostrano di colpo uno sguardo preoccupato alla vista dell'amica in procinto di andarsene. Sanno entrambi quanto poco l'aspetti fuori da quell'ufficio e quanto le abbia fatto bene rimanere, certe volte anche per ore in assoluto silenzio, all'interno della protezioni di quelle spesse pareti. Saperla fuori, di colpo esposta alle proprie responsabilità, fa esitare entrambi.

«No, non provateci a guardarmi in quel modo» commenta lei, puntando ad entrambi il dito contro non appena nota i loro sguardi addosso. «Starò bene, mi serve solo del tempo. Per me e per i miei figli. Vi lascio liberi anche dal ruolo di babysitter questo weekend, ho bisogno di vederli e stare del tempo con loro.»

«Salutali da parte nostra» richiede Diego, stavolta parlando lui a nome di entrambi.

Silvia annuisce, per poi avvicinarsi a loro così da lasciare un bacio sulla guancia di ciascuno e parlare nello spazio che li divide, mentre rimangono in piedi fianco a fianco.

«Fate attenzione a rientrare e non mettete più piede in questo ufficio prima di lunedì. Se vi ci vedo non la passerete liscia» afferma, dando nelle sue frasi già scontata l'idea di un suo possibile rientro fine settimanale. I due scuotono il capo ma accettano, fissandola poi, in completo silenzio, allontanarsi con la borsa in spalla, il corpo sconfitto e una stanchezza calata di colpo. Dovuta a tutt'altro che al lavoro.

-

Non appena rientrano a casa, entrambi si rilassano visibilmente distendendo le spalle. Di colpo, la sconfitta per ciò che non riescono a contrastare in Mattia li raggiunge dichiarandoli sconfitti, ma solo per un attimo. Se ne dimenticano una volta giunti all'idea di essere nel posto che per molto tempo è stato privato. L'idea di invitarvi Mattia ad entrare, pure tramite i pensieri, risulta inammissibile.

«Che ne pensi di ordinare una pizza?» Le domanda ad un tratto Diego, voltando la testa verso di lei.

«Penso che sia un'ottima idea.»

«Vuoi qualcosa da bere, prima che chiami?»

«Solo dell'acqua.»

Diego prepara il bicchiere e glielo porge una volta ricolmo, prima di afferrare il telefono di casa ed iniziare a ruotare il dischetto di numeri. In una mano tiene la base dell'apparecchio, sfoggiando il circolare disco bianco con rappresentati i numeri da comporre, mentre nell'altra tiene ferma la cornetta, lasciando libero il cavo attorcigliato in piccole spirali di passargli davanti.

«Sì, salve, vorrei ordinare due pizze a domicilio. Appena le risulta possibile passare, sì.»

Valeria assapora un sorso della propria acqua, avvertendo appena la voce dall'altro capo. Diego allontana il telefono dall'orecchio. «Che gusto vuoi?»

«Salame piccante.»

Le sorride, tornando alla chiamata. «Due pizze al salame piccante, una birra ed una Coca Cola. Perfetto, la ringrazio.»

La chiama termina ancora sul suo sorriso. Vale si fa curiosa.

«Cosa c'è?» Gli chiede, al che Diego solleva un sopracciglio, proprio come è solita fare lei.

«La mia ombra

«Piantala.»

Va a posare il bicchiere ancora a metà nel lavello solo per sfuggire all'ironia degli occhi di lui ma ne cattura parte dello sguardo non appena le si avvicina per mettere in tavola posate e bicchieri.

«Ma sarebbe divertente, no? Se fosse bastato passare dei giorni insieme per farti agire come me. Non sono mai riuscito a costringerti a fare niente.»

«E continuerai a non farlo. Queste cose sono solo casualità, se mai accadono davvero.»

Valeria lo dice, concludendo a metà con lui l'apparecchiatura della tavola senza nemmeno riferirgli quando fermarsi nel farlo. Si danno il cambio al momento perfetto, per poi continuare senza accorgersi.

«Puoi prendere dal frigorifero-?»

Vale glielo porge, senza che lui nemmeno specifichi l'aggiunta richiesta di mozzarella. Posa la busta sul tavolo, facendosi vicino alla moglie.

«D'accordo, ora basta.»

La afferra per un polso così da voltarla e Valeria, sorpresa dalla mossa, lo lascia fare. Fronteggia i suoi occhi senza alcuna paura.

«Dimmi che cosa stai cercando di fare. È una strategia per tenermi buono? Stai cercando di confondere le acque?»

«Io non sto cercando di fare niente!»

«Davvero? Ma Silvia ha ragione a dire che mi imiti. Credi di passare inosservata così?»

«Non ho lasciato il tuo fianco per un solo istante negli ultimi tre giorni, ovvio che qualche gesto sia stato imitato, mi sono abituata a quello che fai! E cosa vuoi dire con il "passare inosservata", me lo spieghi?»

«Intendo dire che in questi tre giorni non abbiamo avuto modo di chiarire il fatto di essere, per la prima volta in sette anni, davvero soli dentro questo matrimonio. Io e te, nessun altro.»

La certezza con cui Diego pronuncia simili parole la ipnotizza. Non riuscirebbe mai a separarsi dalla visione del suo viso, né tenta in alcun modo di farlo.

«Penso solo che dovremo abituarci a farlo. È normale, in fondo, all'interno di un matrimonio» consiglia lei, inclinando il polso quanto basta ad esortarlo ad allontanare la mano. Diego la allenta e la lascia libera di camminare, più lenta di quanto tentasse di fare scappando da lui appena poche settimane prima, così da percorrere il soggiorno di casa.

«Tra quanto arrivano le pizze?»

«Non prima di una mezz'ora» replica Diego, seguendole con gli occhi le gambe e sospirando, ad un tratto.

La moglie percepisce quel suono simile alla resa e si vede costretta a voltarsi per interpretarne l'origine. Sfortunatamente, il marito le ha già rivolto la schiena per poter recuperare anche lui qualcosa da bere prima dell'arrivo del fattorino.
Esattamente come le era capitato pochi giorni prima nei corridoi dell'ufficio, Valeria non trova la forza di separare lo sguardo da quelle spalle. Gli permette di scendere lungo la spina dorsale, sui glutei di lui e poi lungo le gambe snelle racchiuse in un paio di jeans blu scuri.

«Vado a fare una doccia» lo avverte appena dire, venendo costretta a sollevare lo sguardo. Valeria annuisce e Diego si allontana, posando il bicchiere vuoto sul tavolo da pranzo prima di lasciare la stanza.

Più che mai certa di non poter essere vista, Vale segue ogni sua mossa finché, con fare stanco, non lo vede entrare all'interno del bagno fiancheggiante la propria camera, chiudendosi all'interno.
Poco dopo, la moglie avverte lo scorrere dell'acqua e un insieme di altri piccoli suoni, lo spostamento di qualche oggetto, l'apertura della cabina in vetro,  i suoi passi, a rendere chiara ogni azione.

Vale si rende conto di avere il viso in fiamme e la bocca semiaperta verso il vuoto. Tenta di tornare in sé ma sul momento non ci riesce. La cosa la porta a darsi mentalmente della stupida prima di decidere di imitare il marito e rifugiarsi nel secondo bagno della casa. Sono stati giorni difficili, crede che una doccia possa farle bene.

Entrata all'interno della stanza rivestita di piccole maioniche, si appoggia alla porta, tornando a fissare il vuoto. Il cuore ancora le batte veloce e ha quella stupida espressione in faccia che tanto detesta...

Fa partire l'acqua e si toglie distrattamente gli abiti, rifugiandosi sotto il getto caldo prima ancora della condensa lungo il vetro.
Parte dallo shampoo e con le unghie massaggia a fondo la cute, lavando anche i pensieri fino a rimanere completamente svuotata. Poi afferra la spugna e si toglie di dosso ogni cattiva sensazione degli ultimi tre giorni, lasciando defluire all'interno dello scolo dell'acqua ogni ansia. Arriva ad essere però costretta ad arrendersi ad una completa immobilità non appena giunge a strofinare il polso destro.

L'immagine della mani di suo marito che lo afferra in modo da voltarla nella cucina si palesa come un lampo di fronte ai suoi occhi, seguita dall'immagine ravvicinata del volto di lui mentre continuava ad avvicinarsi a lei nell'ascensore della società, pronunciando frasi piene di peccato e provocazione.

Senza accorgersene si sfiora un seno, ritraendo di scatto la mano poco dopo. Arrossisce, ma poi sorride. Divertita dalla sua stessa follia e dal ricordo caldo del respiro di lui mentre le parlava tanto vicino.

Esce quindi dalla doccia infilandosi l'accappatoio e si dirigere all'esterno solo per accorgersi del silenzio della casa, della porta dell'altro bagno lasciata aperta e della luce ormai spenta.

Lancia uno sguardo alla camera chiusa del marito prima di raggiungere la propria e rifugiarvisi.
Delle piccole gocce d'acqua le cadono dalle ciocche bagnate dei capelli scivolandole lungo il viso ma non se ne cura. Li lascia liberi iniziando a vestirsi con calma negli abiti più comodi che riesca a trovare.
Fissandosi al termine allo specchio ne riemerge il suo riflesso vestito in un completo nero di una vecchia tuta, senza alcuna immagine o scritta a sdrammatizzarne il monocromo. Completamente in nero, proprio come un'ombra.

Il campanello della casa suona al contempo dell'arrivo di quest'ultimo pensiero, invitandola a uscire dalla stanza per raggiungere il fattorino.
Diego ci riesce per primo, riemergendo dalla propria camera anche lui in una tuta completamente nera, nella sola differenza data dal cappuccio presente sulla felpa. Si lanciano uno sguardo prima di arrivare al portone di casa senza dirsi niente, ma gli sguardi parlano chiaro.

Nemmeno Diego è riuscito ad occuparsi dei capelli ma afferrate le pizze la questione passa in secondo piano.

«Quanta fame hai?» La interroga una volta lasciata la mancia e chiusa la porta.

«Molta fame» gli risponde, invitandolo a sedersi al tavolo.

Diego lo fa mantenendo il cartone delle pizze in una mano e intrappolando tra le dita dell'altra il collo delle due bottiglie di vetro medie. Ticchetta l'unghia contro quest'ultimo nell' avanzare, per poi abbandonare le bibite tra d loro.

Valeria invece si procura di aggiungere la mozzarella sulle pizze e riporle in forno per alcuni minuti. Diego stappa la birra, versandola nel bicchiere e iniziando a berla mentre è intento a fissarla.

«Che cosa c'è?»

Alla domanda di lei si stringe nelle spalle, abbassando poi gli occhi sulla schiuma prodotta nel bicchiere. Vale continua ad indagare mantenendo lo sguardo, prima di decidere di prendere lei l'iniziativa di una nuova conversazione.

«È una vita che non mangio cibi del genere. Con le cene a casa di tua madre stavo diventando una di quelle finte sofisticate che credono di intendersi di cucina.»

La cosa lo fa sorridere. «Ci vuole della semplicità, ogni tanto.»

«Sì, credo che faccia bene.»

Il timer del forno si intromette tra loro per pochi secondi, avvertendoli della cena appena pronta.

«Me ne occupo io» le dice, sollevandosi con calma e lasciandole la percezione del suo corpo vicino ed in piedi alle proprie spalle. Vale si lascia servire, avvertendo il fresco odore del suo bagnoschiuma sopra ogni altra cosa.

Non appena Diego ritorna al proprio posto, capisce all'istante di come sua moglie sia immersa in pensieri privati.

«Che cosa c'è?» Le ripropone stavolta lui la domanda, avanzandola con dolcezza, al che Valeria sorride. Diego si blocca a fissarla.

«Pensavo solo al fatto che questo è il primo sabato in cui non succede niente di strano. Niente Gaia, niente Cuneo...»

«Vuoi andare a Cuneo?» Mormora lui, distrattamente. L'espressione di lei si riempie di una tenera malizia.

«No.»

«Mi piace... che tu stia sorridendo, intendo. Mi piace il tuo sorriso.»

«Lo so» sussurra ora lei, ricordando di come sia stata la prima cosa che le ha detto il giorno in cui si sono conosciuti.

Rimangono a fissarsi per qualche istante, poi è Diego il primo ad allontanarsi da quel contatto. Afferra la birra e la porta alle labbra, non prima però di aver sussurrato un: «sai un sacco di cose di me.»

«Non direi» gli risponde, partendo a dividere con il coltello e la forchetta la pizza in quattro spicchi. «Ho solo una buona memoria.»

«Già...»

«Però penso di conoscerti» continua a dire Vale, attirando la sua attenzione non appena l'incertezza le macchia le parole. «Intendo anche se a volte non parliamo molto... credo di conoscerti.»

Ora tocca a Diego sorriderle. Posa la birra ed inizia a tagliare anche lui a spicchi mentre Valeria, ancora piena di malizia e confusione, non si esenta dal continuare a parlare.

«Quindi, nessun inconveniente?»

Masticando, a testa bassa, Diego continua a sorridere.

«Che stai chiedendo?»

«Solo fino a che punto può arrivare la casualità» fa presente lei, stringendosi nelle spalle e beccandosi lo sguardo divertito di lui contro. Vince l'astuzia in un espressione simile e se proveniente da suo marito contro essa Valeria non ha armi. «Magari certe volte è stata incoraggiata, ecco cosa voglio dire.»

«Un po' egocentrico da parte tua, non trovi?» Le chiede, incrociando le braccia sul tavolo e continuando a masticare con quel suo mezzo sorriso ad un angolo delle labbra.

«Tu credi?»

In risposta, Diego solleva entrambe le sopracciglia in un attimo, con fare irresistibile. Vale ne è affascinata al punto tale da costringersi ad abbassare lo sguardo per non farsi notare.

«D'accordo, allora...»

«Un'altra mia frase» le fa presente, facendola risollevare gli occhi.

«Ora chi è l'egocentrico?»

«Mai negato di esserlo.»

«I Grimaldi... uno più complicato dell'altro.»

La provocazione continua a fargli mantenere un piccolo sorriso prima che questi venga presto raggiunto dalla tristezza nel pronunciare nuove e pesanti parole.

«Sto andando da uno psicologo» le confessa ed ogni buon umore abbandona in un attimo Valeria.

«Dici sul serio?»

«Sì.»

È un argomento difficile per lei da affrontare, lo tradisce anche la mimica del suo corpo non appena cambia posizione lungo la sedia.
All'inizio del loro matrimonio, Sofia le aveva imposto di partecipare a delle sedute, risultate poi vane.
Valeria non pronunciava una sola parola finché un giorno, dopo le troppe parole invadenti dello psicologo, non era scoppiata in un pianto di rabbia, alzandosi e gettando a terra con forza la sedia sulla quale era seduta, rompendola in più parti.

Non aveva scelto del tutto la rabbia: era stato quel sentimento a trovarla.

«E di che cosa gli parli?»

«Di tutto.»

«Anche di me?»

Diego le sorride. «Soprattutto di te.»

«E che cosa gli racconti?» Il silenzio che ne segue la mette in enorme difficoltà. «Sai che non mi piace che affari privati arrivino ad appartenere ad altri. Mi spinge a credere di non avere nulla.»

«Parlo con lui solo perché mi da modo di capirti.»

«Come?» Se la ride lei, priva di ironia.«Riesci a capirmi tramite un estraneo?»

«Quanto sei arrabbiata?»

«Tanto da pensare di non poter mai essere da soli, in questo matrimonio.»

Diego tace notando la furia improvvisa, sfogata da lei nella presa di coltello e forchetta, farsi largo anche nel silenzio.

«Sai che non è così. Non vale niente, non ho bisogno di parlare con te ad un estraneo ma sei parte della mia vita ed è inevitabile. Mi sta aiutando con Mattia e con il mio passato, niente di più.»

Le parole e la calma con cui Diego le pronuncia riescono a frenare anche la furia di Valeria, lentamente sempre più docile. Fissa suo marito comprendendo la profondità di un dolore che non è mai stato curato, capendo anche quanto chieda bisogno.

«Gli hai raccontato quello che è successo? Con quella pietra in giardino e tutto il resto?»

«Sì.»

«E che cosa ti ha detto?»

«È ancora troppo presto, ma credo che possa essermi di aiuto. Volevo dirtelo dal momento che quelle sedute riguardano anche te.»

«Se possono farti bene, allora va bene.»

«Sul serio?»

In risposta lei annuisce, tornando del tutto nuda di fronte agli occhi del marito.
Diego prova più di un bisogno, vorrebbe esserle vicino e poi semplicemente lasciarsi andare. Sua moglie è tanto bella da non farlo pensare ad altro, specie con quegli scuri capelli bagnati che le rendono ancora più pallido il viso e rifinita di piccole lacrime la nera maglietta della divisa, grazie alle gocce cadute dalle punte.

Vorrebbe alzarsi, aggirare il tavolo tra di loro, arrivare a lei e sollevarle il mento così da rendere esposte le morbide labbra rosee e mostrare la brillante lucentezza di quegli occhi che sembrano brillare.
Poi desidererebbe molto altro ma la realtà che lo raggiunge d'un tratto lo arresta dal compiere qualsiasi mossa. Abbassa lo sguardo verso il tavolo, limitando i pensieri.

«Era davvero buonissima.»

«Vuoi qualcos'altro? Preparo il caffè?»

«No, non stasera per me, tu ne vuoi un po'?»

«No.»

«Ti aiuto a mettere apposto.»

«Possiamo lasciare anche tutto così, per ora» le fa presente, bloccandole ogni azione che stesse per compiere. Ha ben altro da dirle ed in una spinta di coraggio la rende partecipe dei suoi pensieri. «Ho riflettuto sulla mia richiesta, riguardo la storia di Isabella alle cene di famiglia.»

«Come?» Sussurra Vale, sconvolta di essersene dimenticata. Lui le dona alcuni momenti in cui ricollegare la questione, prima di avanzare con i propri desideri.

«Voglio vedere la tua stanza.»

Vale sgrana gli occhi e sconvolta si solleva maldestramente dalla sedia per impedirlo. «No... no. No, no, no.»

«Come? È una proposta tanto assurda?» Le chiede, bonariamente sconvolto dalla reazione tanto inaspettata.

Vale si incammina verso la propria stanza e Diego la segue, lasciando la loro cena conclusa in tavola.

«Non puoi entrare» tenta di dirgli con un tono di voce secco quanto autoritario, finendo per fallire miseramente non appena traspare il nervosismo.

«E perché non potrei? Tu sei entrata nella mia stanza, a Cuneo, non è vero? Do solo una sbirciata, non ci sono più stato da quando abbiamo comprato la casa. Nemmeno ricordo più come è fatta.»

«Non puoi entrare, c'è una confusione assurda!» Gli dice, potendosi finalmente mettere tra lui e la porta della sua stanza così da sbarrarla con il proprio corpo. Diego è sempre più incuriosito e lei destabilizzata. «Non abbiamo fatto altro che entrare e fuggire da questa casa negli ultimi tre giorni. Ho sempre fatto tutto di fretta, è nel pieno caos!»

«Un caos imbarazzante?» Le domanda con un mezzo sorriso, divertito per la gran parte dalla tensione di lei, prima di avanzare a parlarle in tono dolce e sincero. «Vale... ho presente la tua confusione, fa impallidire i malati d'igiene in modo compulsivo. Sei tanto ordinata da dare fastidio, quindi non mi convinci. Avanti, è la mia sola richiesta.»

Afflitta, Vale abbassa le spalle fino a terra, dando il chiaro segnale di resa al marito che, sorridente, allunga la mano nello spazio tra il braccio di lei e la gamba, aprendo così in uno scatto la maniglia della porta.
Sentendo il sostegno mancarle alle spalle, Vale chiude gli occhi mentre il marito allunga il collo per vedere, oltre di lei, all'interno.

«Lo sapevo. Era ovvio» lo avverte commentare, prima di percepirlo chiaramente avanzare nella camera. Spalanca di colpo gli occhi, avvertendo la terra tremare sotto di se... specie alla vista del marito, ormai incantato alla vista di quello spazio privato.

Aveva ragione; non era la confusione il motivo per cui non voleva lui arrivasse a tanto, eppure nonostante la tensione nel saperlo lì una parte di lei prova un'ulteriore sentimento, acceso e brillante, che ha a che fare con la curiosità con cui Diego sembra fissare ogni minima cosa della sua vita privata.

Rimanendo alle spalle del marito, Vale nota il suo sorriso non appena rivolge l'attenzione alla mensola, conseguente la porta della stanza, con sopra presenti dei suoi lavori Temari, qualche oggetto inviatole dalle sorelle dalla Sicilia, delle candele profumate e qualche gioiello indossato spesso.

Passando poi oltre si concentra sulla scrivania presente al di sotto della finestra. Favorite dall'inclinazione del sole, in un angolo del tavolo sono presenti numerose piantine dalle foglie larghe, affiancate da un più piccolo vaso ricolmo d'acqua che Vale utilizza come annaffiatoio. A seguito una piccola luce a stabilire quasi il centro esatto del ripiano, qualche rivista di gossip, un Walkman, locandine pubblicitarie conservate per il contrasto dei colori e per gli slogan e una macchina da scrivere.
Diego le passa in rassegna, sorridendo davanti a qualche gioco di parole pubblicitario.

Vale invece è bloccata a pochi passi dall'ingresso. Non sa cosa fare. Osserva con reale preoccupazione ogni mossa di lui, alternandolo lo sguardo dal marito a ciò che ha sotto il letto, tentando di non farsi notare. Cosa quasi impossibile da vedere avvenire dal momento che Diego si è appena scontrato con il foglio del divorzio, nascosto sotto altre carte e mosso, appena, dal suo dito indice per poter essere riportato alla luce. Controlla che sua moglie non vi abbia apposto la firma, prima di riporlo nuovamente nel proprio nascondiglio, tentando di non farsi notare.

Fatto questo, si fissa distrattamente attorno con un mezzo sorriso, voltandosi verso di lei per poterle parlare apertamente.

«La ricordavo più grande. Forse l'assenza dei mobili me lo ha fatto credere, ma comunque mi piace» le dice, sorridendole prima di continuare ad ispezionare con lo sguardo attorno.

Lancia uno sguardo all'armadio e alle poche magliette disordinate ed in bilico che avrebbero dovuto simulare la confusione alla quale Valeria aveva fatto riferimento. Si concentra qualche istante sul letto da una piazza e mezzo che lo affianca, sulla coperta piegata al di sopra del piumone, al termine del materasso, sui due cuscini rossi in aggiunta a quelli del letto, per finire catturato da ben altro.

Vale lo nota piegare la testa di lato, fissando verso terra, ed il cuore le precipita in caduta libera. Teme il peggio. Teme la voce di lui che di colpo si alza di tono per gridarle contro cose che teme già di sapere ma ogni cosa cambia quando, trovando il coraggio per farlo, anche lei abbassa lo sguardo, individuando il nero borsone in cui aveva riposto le cose da portarsi dietro nel caso di un ritorno a casa.

«Mi chiedevo dove fosse finito...»

Il maglione bianco di quella notte, appartenuto a Diego, è ben visibile al di sopra di ogni cosa contenuta nella sacca, ad eccezione di una. Diego si china a raccoglierla ed il cuore di Vale velocizza per ben altro motivo, diverso dalla paura, sapendo di cosa si tratta.

Tornando in piedi dinanzi a lei, Diego stringe tra le mani la loro foto di matrimonio ed è intento a fissarla intensamente.

La sacca nera degli oggetti, imprigionata nello spazio tra l'armadio e il fianco del letto, ha condotto Diego ad essere il più vicino alla porta di uscita e Vale la più vicina alla scrivania. Quando Diego solleva lo sguardo, lo spazio pare restringersi.

Gli vede sollevare la foto tra di loro, rivolgendola con calma verso di lei... eppure con uno sguardo tanto intenso da essere magnetico.

«Questa come me la spieghi?»

Una bella domanda, avendo rifiutato a suo tempo di avere qualsiasi foto del loro matrimonio.
Diego avanza, Vale arretra. La foto diviene l'emblema di un'ulteriore piccola colpa.

«A quanto pare non sei entrata nella mia stanza solo a Cuneo. Il maglione, questa foto... dopo tutte le domande che mi hai fatto per quella fotografia in ufficio, ora scopro che ne hai una pure tu solo nostra, e che la tieni nascosta in un borsone nella tua stanza...»

«Non la nascondevo» sussurra lei, facendolo sorridere con malizia.

«Non è questo il punto, perché l'avevi?»

Rispondere sarebbe inutile. Ciò che è ovvio è già una certezza e questo lo sanno entrambi. Per questo Diego continua ad avvicinarsi finché i reni di lei non arrivano a scontrarsi appena contro il limite del tavolo sul quale Diego posa poi la fotografia.

A poca distanza, si fissano negli occhi. Poi la mano di lui si posa sul fianco di lei e l'attenzione di Vale corre alle sue labbra. Non vuole fermarlo, non vede che senso avrebbe.
Quando il bacio arriva ha il sapore di un uragano.

Le labbra di Diego si infrangono sulle sue e Vale le assorbe, le ricambia, le rende sue.
Intreccia le braccia al collo di lui e lo incentiva ad arrivare più vicino. Non se lo fa ripetere.

Continua a baciarla e poi la solleva per i fianchi, portandola ad aggrapparsi al suo corpo con una stretta ferrea. Il contatto leva il fiato e li porta a fissarsi negli occhi, un unico istante, prima che Diego possa compiere un mezzo giro su se stesso e raggiungere il letto con pochi passi.

Precipitano insieme, distesi lungo le coperte. Divengono un intreccio di mani, di bocche, di corpi che sembrano di colpo desiderare di rallentare, in modo da cogliere tutto.

Le labbra sono le prime a farlo, divenendo sfuggevoli e struggenti nella ricerca delle altre. Le mani si fanno più lente, quella di Diego dal fianco di lei risale fino al suo mento, tenendola ferma nel corso del bacio, mentre Vale le posa entrambe sulla nuca di lui per tenerlo il più vicino possibile. Ha bisogno di suo marito e lui ha bisogno di lei, negarlo sarebbe inutile ormai.

Continuano a baciarsi in maniera lenta finché il desiderio non ordina loro altro e non li incendia. Con le gambe strette attorno ai suoi fianchi, Vale lo attira ancora più stretto a sé e Diego, del tutto abbandonato, la bacia a fondo, lasciando duellare la lingua contro la sua e privandola del fiato.

Da lei vuole ogni cosa e tenta di averla. Tenta una vicinanza con sua moglie che sia a lui stesso distruttiva e poi si spinge oltre.

Dalla bocca di Vale proviene un piccolo gemito che fa a pezzi tutto il resto. Diego si separa dalla sua bocca e la fissa negli occhi con uno sguardo appannato identico a quello della moglie. Le labbra umide, gli occhi a mezz'asta, il respiro disperso in nuvole calde di calore che si infrangono sul viso dell'altro e ancora quel piccolo suono, quel gemito di abbandono di sua moglie, nelle orecchie.

Muove appena il corpo tra le gambe di lei, trovando la posizione migliore per entrare in pieno contatto e poi la bacia ancora, nell'istante in cui lei affonda le mani nei suoi capelli, pregandolo di farsi più vicino.

Nella stanza c'è solo il suono delle loro bocche che si scontrano, dei corpi che si strusciano in piccoli movimenti lenti e dei respiri che lasciano andare suoni brevi e di completo abbandono non appena le labbra si allontanano.

Vale è in inchiodata al materasso dal corpo di lui, completamente distesa con la testa a pochi centimetri dai cuscini. Come se avesse inteso il pensiero, Diego li tira veloce fuori dal letto, continuando a baciarla senza più alcun impedimento.

Vale avverte un calore improvviso ed un senso di vertigine che aumentano non appena lo sente eccitarsi per lei, portando maggiormente a contatto le proprie parti intime con le sue dandole la tachicardia, per poi infilare una mano sotto la sua maglietta ed arrivarle al seno.

Si lascia toccare e lui fa lo stesso. Permette a sua moglie di prendersi ciò che vuole e così lei gli percorre la schiena per poi ricongiungersi ai pettorali e scendere giù, verso l'addome, mentre con le gambe lo spinge ad esserle ancora più vicino, ancora più a contatto. A strusciarsi su di lei come lei lo fa su di lui. Diego geme di disperazione; Vale lo provoca ancora più forte, ruotando il bacino finché non lo avverte fare lo stesso, inchiodandola al materasso e simulando un rapporto intenso mentre ancora si baciano.

Vale è persa. Anche Diego è andato, ma in un attimo di lucidità entrambi avvertono il suono del campanello e si arrestano, fissandosi negli occhi.
Hanno i respiri rotti e le labbra rosse, i corpi in fiamme ed il sudore a correre come un rivolo sulle tempie di entrambi.
Dovranno soffocare loro stessi ancora una volta, ancora mentre indossano sensazioni tanto vive.

«Vado io» sussurra Vale, tremando non appena si costringe ad allontanare le gambe dai suoi fianchi.
Diego invece non dice una sola parola: si distende di lato, liberandola dal suo peso, stringendo gli occhi e premendo i condotti lacrimali con indice e pollice di una mano mentre il corpo ancora sfoggia evidente i segnali del bisogno di lei.

L'ultima cosa che Vale vorrebbe è alzarsi ma si trova costretta a farlo non appena il suono del campanello si ripete.

Lancia uno sguardo al marito immobile e silenzioso prima di lasciare la stanza, chiudere la porta ed avviarsi all'ingresso.
Si prepara mentalmente per rifiutare qualsiasi persona oltre la soglia, specie nel caso quasi impossibile di trovarsi di fronte Sofia Grimaldi, per cui è pronta ad un discorso del tutto preparato prima che la porta di ingresso si apra.

Non appena lo fa, però, i volti delle sue quattro sorelle le si presentano davanti, mostrando una sfilza di sorrisi curiosi e di sguardi dal calore di casa.

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