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11. Crudeltà

3 Dicembre 1970, Vezza D'Alba (Langhe), Piemonte.

Per Manila Scalzi l'amore sapeva essere gentile e non credeva, in alcun modo, che potesse covare dell'invidia. Si è appena trasferita nel Piemonte per poter essere partecipe di ogni iniziativa in merito alle sue future nozze, sfoggiando un sorriso bellissimo in grado, come lo era stato, di far voltare molte persone verso di lei, alla stazione dei treni.

Perché Manila è questo: la concentrazione della bontà, senza che questa mantenesse rapporti con l'infantilismo. Certe volte viene quasi impossibile pensare ad una persona adulta come ad una persona pura ma lei lo è, l'amore l'ha preservata e tra pochi giorni lo avrebbe celebrato, vestita con un perfetto abito bianco e dei fiori appuntati al polso. Non vede l'ora.

L'entusiasmo l'aveva condotta ad uno scambio di molteplici sorrisi con le domestiche di casa Grimaldi anche se, per un attimo, la loro presenza l'aveva destabilizzata: da sempre era stata solita pensare che la casa fosse il regno della moglie, all'interno di un matrimonio, non certo di qualche estraneo ma probabilmente, si era giustificata in fretta, Sofia Grimaldi era una donna troppo anziana e troppo immersa nel proprio lavoro per badarci.

Quando aveva espresso la sua opinione ad una delle sue amiche, giunte con lei dalla Sicilia per poter rimanere giusto qualche giorno, Maria, la più astuta del gruppo, aveva esordito in un risolino, allegandovi parole riferite a come Sofia, in passato, avesse dovuto occuparsi anche di altro. Il marito, per esempio. Che scandalo, l'andare con un'altra donna, e che mancanza di vergogna. Sofia era rispettabile, conosciuta e suo marito, uomo indegno, dopo aver acquisito una carica all'interno della società che nemmeno gli apparteneva aveva pensato bene di tradirla. Davvero vergognoso.

«Maria!» La rimprovera ora Manila, di fronte all'ennesima battutaccia dell'amica. Questa si stringe nelle spalle, causando un consequenziale spostamento di teste da un lato all'altro, ad evidenziare l'amichevole resa alla quale Manila da man forte, proseguendo con un: «in questa casa non si respira. Rimanete qui con le domestiche un attimo, io vado a prendere un po' d'aria.»

«Guardatela. Sì mugghieri cu 'n omu du nord e già si dimentica u dialettu» la riprende una delle sue amiche, accusandola dell'italiano perfetto e Manila sorride di puro divertimento.

«Dovrò 'mparari a discutere cu u'me futuru maritu, no

Una sorta di beffa si solleva come un coro dalle voci delle amiche, quasi a voler dire che una come lei non litigherà mai con un uomo come lui, vista la sdolcinatezza protagonista di tutte le loro chiamate delle quali le altre erano al corrente.

Sì, l'amore per Manila è pura dolcezza e la felicità che al momento la riveste come un perfetto velo da sposa.

Sorridendo, Manila si avvicina alla portafinestra della terrazza: durante la sua festa non è riuscita nemmeno per un istante a vedere il giardino, solo a scorgerlo oltre quei vetri, tanto da volerla rendere certa al momento di volerlo studiare da quell'ampio balcone ma una volta arrivata si accorge di non essere sola.

Materializza la figura al suo fianco solo una volta chiusa la pesante porta in vetro alle spalle e sobbalza alla sua vista. Scorre veloce gli occhi dal volto fino alle mani, sollevate al fine di sostenere il calice con un vino rosso, per poi discendere lungo gli abiti e mormorare, priva di fiato quando gli occhi dell'uomo si soffermano su di lei, un nome con il tono di una domanda: «Mattia?»

L'altro sorride, divertito dalla constatazione. «No, suo fratello, Diego. Non abbiamo fatto in tempo a conoscerci alla tua festa.»

«Siete uguali» mormora la ragazza, sfoggiando la tipica reazione di sorpresa da parte di chi, prima di quell'istante, non avesse mai visto gemelli omozigoti.

«Avresti potuto riconoscermi qualche giorno fa ma per tua sfortuna ho appena tagliato capelli e barba. Dovrai trovare qualcos'altro per distinguerci.»

Difficile farlo, pensa Manila, dal momento che anche gli abiti sono simili. L'unica speranza per poter vergere verso un opinione sarebbe farli prima parlare: secondo la ragazza, Diego risulta avere un tono più dolce rispetto a Mattia ma forse il risultato è dato da un'assenza di superbia.

La futura sposa tende la mano, nell'approccio di una nuova conoscenza. «Allora piacere, Diego. Io sono Manila.»

Diego sposta il calice in una sola mano, accettando quel gesto solidale e donando uno scambio di cordialità. «Lo so, non si fa altro che parlare di te in questa casa.»

L'idea di essere al centro dell'attenzione la imbarazza al punto tale da farle abbassare gli occhi e soffermarli sulla mano che Diego le ha porto.

«Forse ho appena trovato il modo per distinguervi: tu porti la fede, non sapevo che fossi sposato.»

Diego ritrae con lentezza la mano, riponendola in una tasca. «Non sapevi nemmeno che Mattia avesse un fratello gemello dal modo con cui hai reagito.»

«È vero» replica lei, ridendo. «È colpa mia, non mi sono informata molto su questa famiglia ma spero di averne in futuro il tempo. Sto per uscire con tua madre, Sofia, per poter scegliere l'abito.»

«Buona fortuna, allora. Andare d'accordo con lei risolverebbe metà dei tuoi problemi.»

«Per te è stato così?»

«Non direi proprio.»

Da dentro la casa, Maria richiama la sua amica tanto forte da far tremare i muri: quando solleva la voce in un simile modo significa che la questione è urgente e di conseguenza, contestualizzandolo con ciò che stanno portando avanti, quel richiamo può solo significare l'arrivo di Sofia Grimaldi.

«Scusami, adesso devo andare...»

«Dove vivrai con Maurizio dopo il matrimonio? Pensi di ritornare in Sicilia?»

La domanda la confonde, in Piemonte c'è tutto ciò che si può desiderare; ricchezza, benessere, lavoro, una buona villa di proprietà... ma allora perché quell'uomo glielo sta domandando?

«Pensavo di restare...»

«Non dovresti. Per vivere felici sarebbe meglio per voi andarvene il più lontano possibile da qui. Questa famiglia finirebbe per risucchiarvi.»

«Lo terrò a mente... grazie» sussurra Manila, certa di non voler dimenticare un simile consiglio sincero. Diego le è apparso triste... quasi desolato. Il solo pensiero che in un futuro troppo prossimo anche Maurizio possa arrivare ad esserlo la riempie di paura.

Manila si allontana, esce dalla casa con il gruppo di donne capitolate da Sofia, lasciando Diego ai suoi pensieri e a quel calice di vino rosso che riflette la sua immagine. Vi rimane intrappolato per lungo tempo, con il capo reclino e la spalla posata alla parete, la mano in tasca, i piedi tra di loro accavallati fino a che, nel silenzio, un rumore di passi non lo esorta a sollevare la testa e a fargli trovare sua moglie proprio dinanzi.

Valeria lo guarda imperturbabile, sfiorandolo con gli occhi un solo istante prima di rivolgergli la sua furia:

«Che cos'è, la tua? Una prova?» Non ha esitato un solo secondo a riconoscerlo. Diego dovrebbe esserne contento ma, proprio come lei, non lo è. «Festeggi qualcosa?»

«Dovresti dirmelo tu» le fa presente maligno dopo averla vista indicare il calice di vino, provocandole la falsità di un sorriso.

«Diventare la sua fotocopia non mi renderà più facile firmare quel divorzio. La tua strategia è pessima.»

«Che cosa sei venuta a fare?»

«A parlarti. Ho saputo da Emma che eri tornato qui, alla villa. Non sapevo fosse per il vino.»

Glielo offrirebbe, ma quello sì che sarebbe un gesto provocatorio. Da quella sola, unica, notte condivisa Valeria non aveva più toccato un goccio d'alcol nella paura di lasciarsi andare mentre Diego in certi momenti se lo concede. Momenti come questo, in cui l'angoscia gli serra uno stretto cappio al collo in grado di farlo soffocare.

«Vuoi andare dentro?»

«Tua madre?»

«Appena andata via con la sposa.»

«Tuo fratello?»

Diego fissa sua moglie con attenzione. «Lo sai, non gli parlo.»

«Non credo sia vero. Solo qualche giorno fa alcuni dipendenti vi hanno visto giocare insieme nel giardino della società con un pallone. Hanno parlato di riappacificazione.»

«Devo spiegarti il rapporto complicato che ho con mio fratello?»

«No, devi solo provare a non mentirmi: hai chiesto il nostro divorzio perché sei tornato a credergli?»

«Sai che non lo farei.»

«Non so più che cosa tu possa pensare.»

Diego si china verso terra, posando il calice di vino alla base del pilastro che sorregge la sua spalla, per poi tornare eretto nel fissare sua moglie negli occhi. Avrebbero potuto parlare tranquillamene dentro casa, nessuno a parte le domestiche sarebbe stato a conoscenza del loro arrivo se solo fossero risaliti verso la vecchia stanza di Diego ma Valeria sembra non avere l'intenzione di muovere un solo passo.

Percependo la forza della moglie scagliata contro di lui come un treno ad alta velocità, Diego si acciglia, a caccia di risposte.

«Lo hai firmato?» Le domanda, facilmente rivolto al contratto di divorzio.

«Avrei dovuto?»

«Che cosa ti ferma?»

La sta apertamente sfidando ma Valeria non è disposta a farsi mettere i piedi in testa e così rivela parte della verità.

«Soffro di attacchi di panico. Lo sapevi?» Il silenzio di Diego è eloquente, assieme alla tristezza che lo accompagna. Non lo sapeva ma doveva averlo sospettato perché non ne appare stupito. «Visto? Matrimoni tanto distanti consentono di mantenere segreti. Non ti ho mai chiesto di essere presente durante quelle crisi, solo di rimanere al mio fianco quando era necessario.»

«Continuerò a farlo.»

«Ma adesso io non mi fido più come prima, Diego, e non so se crederti.»

Non era ciò che Diego voleva sentire. Si aspettava, piuttosto, una motivazione più convincente per aver respinto la strabiliante offerta che la donna che aveva sposato sette anni prima avrebbe accettato senza esitazione.

«A seguito dell'attacco di panico ho ricordato parte del nostro passato ed hai ragione. Odiarci ci riporta agli inizi. Credo che dovremmo vivere in modo diverso rispetto a quello avuto per il momento, almeno fino a che non avrò deciso se firmare il divorzio dopo aver avuto la rivincita.»

«Esci da questa situazione più che vincente, Valeria. Che cos'altro aspetti per firmare?»

«Non essere arrabbiato con me, se non avrai anche tu la vendetta che meriti. Hai preferito giocare a pallone con il tuo nemico piuttosto che metterlo spalle al muro» replica freddamente lei, pronta ad andarsene via.

Diego però la afferra per un braccio e la obbliga a compiere un mezzo giro su se stessa, occupando il posto da lui appena lasciato in modo da rimanere con la schiena contro la parete. Si fissano negli occhi mentre lui le rimane dinanzi, stringendole ancora il braccio quanto basta per impedirle di fuggire via. Per poco Vale non urta il piede contro il calice di vino ma non ha tempo di preoccuparsene: Diego le è molto vicino, il suo corpo le impedisce di vedere il mondo di fronte a cui si è posto come uno scudo e la malvagia ironia torna a raggiungerla, vista la situazione creatasi.

«Oh! Mi sbagliavo... a quanto pare sei riuscito a bloccarlo, il tuo nemico.»

«Non ti sto facendo la guerra» le risponde lui e l'aver recentemente ricordato il loro passato rende tutto più violento in lei: l'odore di Diego, i suoi gesti, il modo che ha di parlarle come se fosse sua complice, come se potessero isolarsi dal mondo continuando a sussurrarsi e ci riescono, talmente bene da rendere impossibile il fuggire.

«No?... allora dimmi che cosa stai facendo perché temo che abbiamo smesso di capirci...»

Diego le sorride, riflettendo su quanto possa essere pazza una ragazza capace di sentirsi confusa non appena le viene offerta la libertà, o spaventata. «Tu credi?»

«Non ti capisco» replica lei, facendolo maggiormente sorridere.

«Provaci... secondo me sai cavartela.» La sta letteralmente spronando, usando la provocazione per incentivarla ma stavolta non funziona. Valeria è ancora bloccata nelle proprie idee per cui è Diego a dover fornire le giuste risposte. «Sono ancora suo fratello, Vale. Questo non potrà mai cambiare.»

«Per questo hai tagliato i capelli? Per ricordartelo?» Ogni silenzio di Diego appare come un'affermazione ed un momento per prendere il giusto respiro, in vista di domande più difficili da formulare. «D'accordo... allora perché hai detto che la regola uno non era mai stata infranta?»

Valeria gioca sleale nel nominare simili eventi, tanto che Diego è costretto a reggere il contraccolpo di quello sparo senza retrocedere.

«Ci eravamo detti di dimenticare. Di fare come se non fosse mai avvenuto.»

«Ma è successo, siamo andati a letto insieme, proprio nel soggiorno!»

Mantenere la propria neutralità è la parte più difficile.
«Quindi adesso, dopo quattro anni, vuoi rendere reale quella notte?»

«Tu mi dici che posso capirti ma io non credo di farlo. Perché la foto, Diego?»

«Sette anni che siamo assieme! Ti ho protetta sempre! Mi sarà concesso avere una singola foto!»

«E allora perché quel maglione?» Tutta la certezza, la foga, con cui Diego avevano parlato si bucano di colpo come un palloncino dopo la puntura di un ago. Neanche Valeria è così imperscrutabile: la tristezza le ha fatto calare voce e spalle, fintanto da farle guardare suo marito con forza arresa. «Perché hai messo proprio quel maglione, il giorno che sapevi avremmo dovuto divorziare?»

L'amore, se fosse puro come quello di Manila, risponderebbe in un solo modo ovvero optando per la sincerità ma certe volte, a certi tipi di emozioni, la verità fa paura.

«Per avere tutto questo» le dice Diego, mollando la presa sul suo braccio in modo da poterla rimanere a fissare ad un ulteriore passo di distanza. «Questa tua reazione, nel ricordarlo.»

«Non devi farti odiare. Non è ciò che meriti.»

«E che cosa credi che meriti?»

Non avevano mai avuto una simile conversazione prima, eppure negli anni hanno parlato molto. Questa schiettezza è stata costretta ad uscire di colpo non appena è saltato fuori quel temibile contratto.

«Silvia mi ha chiesto che cosa pensassi di te ed io gliel'ho detto. Le ho detto che saresti stato più felice se solo non mi avessi avuto nella tua vita.»

«Questo è stupido...»

«No. È vero» replica lei, decisa, per poi portar avanti i suoi pensieri. «Firmerò quel contratto se è quello che vuoi e non perché questo mi liberi, ma perché liberi te. Avermi nella tua vita ti ha rovinato. Ti chiedo solo di aspettare che la storia con Mattia finisca. Non voglio tornare in Sicilia senza averne visto la fine.»

«Sono stato io a chiederti in sposa.»

«E lo hai fatto quando più ne avevo bisogno. Tra poco tutto sta per finire, è giusto che ti liberi.»

Diego scuote la testa, in una negazione che lo spinge alla rassegnazione: è esasperato, non sa che fare né come muoversi o farle capire. Lei è così decisa, gli sta dicendo una cosa importante ovvero che non ritiene sia colpa sua e lui non la sta a sentire. Pensa solo a come sia difficile la situazione alla quale sono stati costretti.

«Non ci pensi mai?» Le domanda, proseguendo con una certezza avuta solo dalla verità. «Nel mio studio mi hai detto che ci hai sempre riconosciuti. Mi hai fatto capire, già dal nostro primo bacio, che sapevi fossi io il ragazzo incontrato per strada. Pensi mai a come sarebbe stato se fosse esistito solo quell'istante? Niente Mattia, niente Grimaldi, solo noi.»

«Mi è difficile pensarlo» ammette con freddezza Valeria, in un distacco che un poco lo disgusta vista la sincerità con cui aveva parlato.

«Perché?»

«Perché ci siamo incontrati il giorno in cui festeggiavo, con la mia corona d'arancio, il mio fidanzamento. Senza Mattia non avrei mai percorso quella strada danzando e noi due non ci saremo mai trovati. È difficile pensare ad un'alternativa di una storia quando questa è incisa in un'altra... Senza tuo fratello non ci saremo mai incontrati ed è per questo motivo che, certe volte, stare insieme mi fa tanto male.»

Perché la loro storia non avrebbe mai avuto vita se non dal dolore. Quel pomeriggio di sole era solo l'illusione di una calma apparente, l'inizio del terremoto con già inciso nella terra la ramificazione delle sue frane.
Un rapporto terribile ma unico nel sopravvivere. Questo Valeria non lo nega, non più, ed è per questo che non può rinunciare tanto facilmente firmando quel divorzio.

«Non ci avevi mai riflettuto?» Domanda alla sua afflizione, fintanto da sorriderne. «Questo ti rende tenero.»

Forse troppo, per ciò che stanno vivendo. Valeria riesce a voltarsi su un fianco, pronta per andarsene, quando il braccio di Diego le si stende di fronte.

«Quel contratto di divorzio non è per me. È per te, per farti tornare alla tua vita, dalle tue sorelle, in Sicilia. Davvero non ti manca?»

«Mi mancherà sempre ma quello che ho qui è diverso.»

«E che cos'è, Vale? Che cosa hai? Solo vendetta? Il tuo riscatto?» Valeria tace, intrappolata tra le braccia di lui, chiusa nel profumo del suo dopobarba che si spande nell'aria non appena Diego la libera. «Ti chiedo questo, io: decidi cosa fare solo quando l'avrai capito.»

«Pensi che ci sia altro, oltre quello?» Mormora lei in risposta, alzando gli occhi verso di lui con quella decisione covata solo con i nemici. «Sei stato mio alleato, Diego, per molti anni ed è per questo motivo che ti sei dimenticato una cosa fondamentale: sono una donna crudele ed arrabbiata. Lo sono sempre stata, anche il giorno in cui ti ho incontrato in quella strada. Potrai non crederlo, non mi conoscevi abbastanza, ma mi sono sempre schierata sul piede di guerra quando qualcosa a cui tenevo veniva messa sotto attacco e tuo fratello mi ha rovinata, mi ha reso la versione peggiore di me stessa, mi ha accentuata. Non resta altro che vendetta in me ed un desiderio di resa dei conti, per questo sei tu a doverti allontanare. Renderò questo posto un inferno, Diego, e tu non devi essere tra le vittime.»

Non gli dice il perché lo risparmi perché adesso per entrambi è chiaro: lui non è Mattia, non può avere la stessa sorte, deve starle alla larga ma Diego non può farlo perché le parole nere di Valeria non glielo consentono. È un equilibrio instabile, il loro. Prima nel ricordo di una passione che in passato non erano riusciti a sopprimere e dopo nel futuro programma di un apoteosi di dolore ricolma di vittime.

Questo, il loro matrimonio... ma Diego riesce a percepire un mutamento. Nella voce di lei, nelle sue parole, prima di quel ritorno di fiamma vendicativo qualcosa pareva essere mutato ed è per quel cambiamento che Diego lotta fino allo stremo. Per proteggerla. Per salvarla.

-

Manila non ha idea di quale abito da sposa indossare: ne ha provati diversi, sotto la supervisione delle amiche e di Sofia Grimaldi ma nessuno appariva come il più giusto. Forse nemmeno lei sa di preciso cosa vuole, a sfogliare le riviste di gossip dell'ultimo parrucchiere in cui era stata era sicura avrebbe scelto un abito ampio, quasi fiabesco, pieno di merletti e di ricami ma ora che se li vede addosso non li avverte appartenenti alla sua stessa pelle.
È una cosa difficile da definire, ma l'abito da sposa secondo Manila non dovrebbe essere un semplice decoro o uno sfoggio ma l'ingresso nella sua nuova vita, la sua sicurezza nel divenire una donna. Vuole percorrere la navata e sentirsi sicura di se stessa.

«L'ultimo che hai provato era molto bello, Manila» si sforza di dire in un italiano corretto una delle sue amiche dopo che la Grimaldi presente l'aveva severamente rimproverata per quel suo accento popolare, di rango squallido.

Manila non aveva potuto far niente per contestarla: da sempre risultava ovvio che il dialetto fosse lo strumento di dialogo più semplice per parlarsi senza formalismi ma in un simile contesto era sbagliato di principio, visto il lusso che li circondava e l'infinita schiera di diamanti che pendevano dal soffitto come stelle. In un primo momento, le sembra persino orrendo pensarlo adesso!, si era vergognata delle sue amiche troppo grezze, troppo provinciali, almeno fino a che non si era ricordata ciò che le aveva detto Diego. Ovvero che quel posto era destinato a farla soffrire e a cambiarla, che la Sicilia sarebbe stata un luogo migliore per il suo amore e per se stessa, e con questo si era maledetta, avendo avuto simili pensieri traditori.

Le Langhe sono davvero desolate dal resto del mondo, un pezzo di Italia scardinato dalla penisola, era finita per credere, qui tutto ha una propria regola ed il clima è gelido... fuori e dentro ogni casa.

«Non saprei, Grazia. Non lo sentivo mio.»

«Forse posso aiutare» interviene una voce estranea e l'intero gruppo di donne si volta in direzione della porta, da dove era appunto giunta tale offerta d'aiuto, tutte tranne Sofia che resta immobile a fissarsi nel riflesso degli specchi dinanzi la sposa.

Manila, attraverso i cenni confusi delle amiche, riesce a scorgere una donna bellissima e completamente vestita di nero. Alta, snella e con dei capelli lunghissimi e neri, gli occhi colorati di ombretto e di eye-liner scuri, la bocca larga, le guance incavate, delle sopracciglia spesse quanto arcuate ed il sorriso astuto.
Avanza con eleganza mostrando quest'ultimo in un gesto tutt'altro che spontaneo ma aggraziato, quasi sull'orlo della provocazione, in particolare modo non appena supera la Grimaldi, senza prenderla in considerazione.

L'estranea arriva fino a Manila, fermandosi di fronte a lei con il capo leggermente inclinato all'indietro, per poter valutare le caratteristiche dell'abito indossato.

Manila, in piedi con i tacchi sul piedistallo circolare e bianco di appena dieci centimetri, arriva giusto altezza del volto di lei, potendo riuscire a scorgere le sue impressioni.
L'addetta al negozio che invece ha appena servito Manila è in piedi su un lato della scena, in silenzio e con le mani intrecciate dinanzi a se, venendo presto interpellata di fronte alle scomode domande dell'ultima arrivata.

«Mi scusi... ma questo è organza?»

«Sì, signora.»

«Non avete qualche vestito di seta, raso o taffetà?»

«Sono stata io a non chiederglieli» le confessa Manila, abbassando il tono di voce ed inclinando la testa, come se parlasse con una nuova amica pur non conoscendola minimamente. «Quel genere di prodotti costano troppo!»

L'altra sorride ed essendosi chinata, proprio come Manila, torna eretta e fiera nel poterle rispondere a voce più alta, nonostante sia certa che di un simile argomento donne umili come Manila possano provare vergogna.

«Ma cara, questo non è certo un tuo problema! Sei una futura Grimaldi e qui siamo a Nord! È la famiglia dello sposo a prendersi a carico la spesa del tuo abito. Anzi; nello specifico avrebbe dovuto farlo il padre di Maurizio... ma non contando quanto la qui presente Sofia Grimaldi ciò è stato escluso.»

Il tono con cui simili riflessioni sono stata emesse risulta saccente al punto tale da far quasi ridere Manila sinceramente, di strana euforia giovanile.

«Scusami, ma tu chi sei?»

La donna le sorride astutamente, intrecciando le braccia tra loro e sfoggiando un paio di lunghe dita bianche in quel contesto cupo e nero.

«Io? Io sono Valeria Grimaldi. Piacere di conoscerti.»

Per la seconda volta, nel corso di quella giornata, Manila tende la mano ad un estraneo e Valeria, con sorpresa ed un evidente mancanza di abitudine con un contatto sconosciuto, la stringe lentamente, continuando a sorriderle.

«Valeria... sei la moglie di Diego, quindi?» Le domanda e la certezza di Valeria vacilla, la donna perde parte del suo sorriso coinvolgendovi la tristezza.

«Lo conosci?»

«Ci siamo parlati appena, prima che stessi per uscire. Mi è parso un uomo molto elegante e sincero, in un modo spietato.»

L'analisi riesce a far tornare più intraprendente Valeria che annuisce con coinvolgimento trattenuto.

«Credo tu lo abbia analizzato bene.»

La serie di abiti con nuovi tessuti da Valeria richiesta arriva in una sovrapposizione di grucce che Manila riesce ad afferrare a malapena, facendole arrivare fino al camerino.
Le occorre del tempo per cambiarsi ed in quel tempo Valeria si volta, ruotando sulla parte terminale di una delle scarpe, di proposito, in un tic presente molto spesso in Mattia, volgendosi verso Sofia.

«Signora madre» la prende in giro con il suo saluto, fingendo un inchino esagerato, con tanto di dita a stringere l'abito sollevato, dopodiché si allontana senza neanche guardare lo sdegno dell'altra. Prende a camminare tra quell'infinita serie di esposizioni, valutandole come quadri in un museo o opere da estrapolare dal loro contesto perché per lei non sono che quello: infinite opere d'arte create da una cura certosina, paziente nell' attaccare tutte quelle numerose perle.

Manila esce con un sorriso immenso dal camerino, quasi sembrando approvare già il primo tra i mille abiti. Valeria le si avvicina, studiando da dietro la sua schiena la sua soddisfazione riflessa nello specchio.

«Come ti sembra, Manila?» Domanda Maria dal centro del divanetto sul quale le ragazze sono sedute e la futura sposa annuisce.

«È molto bello. Quasi perfetto.» Dopo averlo detto, cerca il riflesso pensieroso di Valeria nello specchio, richiedendo un suo intervento. «Il tuo abito come era?»

«Il mio abito...» sussurra Valeria e nel frattempo Sofia cambia posizione sulla sua sedia.

«Sì, intendo dire come era fatto?» Prosegue a domandare Manila, senza essersi resa conto del tono lugubre caduto in un istante sulle parole di Valeria.

«Era molto simile al tuo. Stessa forma appena più ampia sulla gonna, con qualche sola differenza...»

«Di che tipo?»

«Conosci l'uomo che stai sposando?»

«Valeria» interviene Sofia, in un richiamo che Valeria e Manila ignorano.

«Penso di sì. Lo amo molto.»

«Sai quale è il problema di Maurizio? Per sentirsi all'altezza degli altri beve molto e fa grosse scommesse. A carte, si intende. Non è violento ma se toccato nella sua ingenuità scatta come un animale inferocito.... e certi animali possono attaccare.»

«Valeria, piantala» prosegue la Grimaldi ma senza avere alcuna voce in capitolo. Accarezzando l'abito della sposa con le dita, Valeria prosegue con il proprio racconto, fornendo spietati dettagli.

«Ero appena rientrata da dei festeggiamenti per le mie future nozze quando una mia amica mi aveva chiesto di indossare il mio abito da sposa per scattare alcune Polaroid in anteprima. Lo feci e quando andò via la accompagnai per strada. Mattia, il fratello di mio marito, quella notte era su un declino di quella strada, una sorta di piccolo dosso che metteva in comunicazione la strada con il bosco. Lo sai cosa fece? Non appena fui sola mi afferrò forte per un braccio e mi gettò a terra, dopodiché decise tutto lui.»

Le dita di Valeria si serrano con più forza e poi, di colpo, tirano un pezzo d'abito fino a terra e lo lacerano.
La commessa sobbalza, le amiche esclamano la loro sorpresa, Sofia rimane immobile e Manila, insieme a Valeria, ascolta il proseguimento di quello che sta per essere un orribile racconto da dover essere narrato.

«Strappò il mio abito delle fiabe, proprio così. Lasciò nude prima le gambe dopodiché passo al seno.»

Valeria strappa anche quello, portando Manila a posarsi una mano sulla mammella costretta a fuoriuscire dall'abito. Le amiche sono sempre più sconvolte, la commessa sempre più bianca, Sofia sempre più silenziosa e Valeria sempre più fredda e certa nel proseguire il proprio racconto.

«Dopodiché mi spalancò le gambe, così...» Fa passare le proprie in quelle di Manila, rimanendole alle spalle e costringendola ad aprirle.

Quella che poteva essere un'amicizia iniziata con una semplice offerta d'aiuto si è trasformata nell' umiliazione di un racconto dell'orrore ma Manila continua ad ascoltare. Rimane a sentire quella terribile storia perché sente, dal modo in cui parla, vede, dal modo in cui Valeria osserva lo specchio, quanto sia reale. Non si tratta di una bugia ma di un ricordo.

«... E fece ciò che voleva, con forza. Non gli importava che gridassi, che piangessi e lo spintonassi. Lui continuava ed ha continuato fino a mettermi incinta. Ho portato i suoi segni addosso per giorni e suo figlio, dentro, per altrettanti. Poi ho abortito. Ho messo fine a quella gravidanza che nelle prime settimane non aveva presentato sintomi a causa delle lacerazioni, visto che mi facevano continuare a sanguinare. Sembra tutto assurdo, non è vero? Credi di amare così tanto un uomo e di essere ricambiata e poi...»

Manila ora sta tremando, ma non è per il freddo né per l'umiliazione. Forse, quest'ultima lo è in parte, ma più che altro si è trattato di quel racconto squallido, di quella condivisione familiare e malata all'interno del matrimonio con Diego. Manila ripensa a Diego, alla sua tristezza e poi osserva quella di Valeria. È identica al marito ma più sconvolta. La sua tristezza muta verso la rabbia, verso un sorriso artificiale, ampio, che le consente di mettere in mostra tutti i denti e di voltarsi poi verso Sofia.

Manila osserva entrambe, continuando a stringersi i brandelli del tessuto addosso.

«Ripari te al danno, giusto?» Le chiede Valeria e Sofia la osserva, con tutto l'odio del mondo.

Non se ne cura e si allontana facendo ondeggiare le braccia come in un ballo, battendo poi alle volte le mani per semplice noia.
Giunta in strada, lascia che la porta del negozio si chiuda alle sue spalle e vi intrappoli quel gruppo di sole donne traumatizzate all'interno.

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