3. Non ho mai avuto amici
Misa
Sono un tipo atletico, ma in questo momento ho il fiatone. La vecchia megera è una scheggia nonostante le sue ossa decrepite: mi ha mostrato l'intera scuola in venti minuti quando di sicuro ci vorrebbe un'ora. Mi ha concesso dieci minuti per fare colazione e poi di nuovo di corsa nell'immensa biblioteca a recuperare i miei libri di testo e l'orario scolastico. Dopodiché siamo andate dalla parte opposta per raggiungere le aule, con un breve pitstop agli armadietti.
Sto letteralmente annaspando, mentre la donna corvo non ha neanche un capello fuori posto. Se non avessi intravisto un orrido mocassino marrone sotto la lunga veste blu notte, avrei potuto giurare che invece di camminare fluttuasse. Quando si ferma di colpo quasi le sbatto addosso, riesco ad arrestare i miei passi giusto per evitare il contatto, non abbastanza per la sua occhiataccia. Bussa sulla spessa porta di legno e spinge verso l'interno l'anta. Con mio sommo stupore non cigola.
La donna corvo prende parola senza il minimo imbarazzo per aver interrotto la lezione.
«Salve, professor Faraway. Mi rincresce disturbarla, abbiamo una nuova studentessa e le ho mostrato la scuola prima di accompagnarla a lezione» esplica dall'esterno della porta.
Fisso le sue esili spalle, dove ci ha appoggiato una mantella dello stesso orrido verde del maglione dell'uniforme.
«Nessun problema, signorina Raven. La faccia pure entrare» acconsente una voce maschile non molto in là con l'età.
Ne ho conferma quando la donna corvo si sposta per farmi spazio e abbandonarmi qui, dopo il nostro tour de force. Ho il cuore in gola per l'agitazione, non importa quante volte io ci sia già passata, trovarmi per la prima volta davanti ad una classe piena di facce nuove mi esagita. Nonostante ciò, ringrazio con un fil di voce la signorina Raven, ed entro in classe con una sicurezza soltanto simulata.
L'uomo, decisamente più giovane della vecchiaccia che richiude la porta alle mie spalle, seduto all'angolo della scrivania, mi accoglie con un sorriso sincero. I suoi occhi grigi mostrano genuina gentilezza tanto quanto l'espressione sul suo volto a diamante e armonico. Passa una mano nella lunga chioma argentea per sistemare i capelli all'indietro e rilassa il corpo in un completo sartoriale nero.
«Benvenuta alla Manor, signorina...»
«Misa. Misa Torne.» Riesco a non far tremare la voce.
Il sorriso del professore si allarga.
«Oh, signorina Torne. Mi sono imbattuto nel suo curriculum accademico e devo ammetterlo, ero curioso di averla nella mia classe.» Sembra pensarlo davvero e le mie gote s'imporporano appena. Con la mano mi indica l'intera classe. «Prego, si sieda pure dove vuole.»
Desiderosa di mimetizzarmi con i banchi, così da smettere di avvertire le occhiate curiose degli altri studenti, mi guardo velocemente intorno. Per un attimo il mio sguardo si sofferma su tre studenti nella fila più alta della classe.
Un ragazzo dai capelli neri lunghi è seduto accanto a due dai capelli nivei pressoché identici, si differenziano dal colore degli occhi e il taglio dei capelli. Il primo ha il lato destro rasato, mentre dal sinistro una lunga chioma bianca e liscissima gli ricade sul petto. Gli occhi sono di un azzurro ghiaccio e mi scrutano. Il secondo, invece, ha il lato sinistro quasi rasato e dal destro i capelli indomitamente ondulati non riescono a coprire del tutto un tatuaggio su quel lato del collo. I suoi occhi verdi-azzurri sembrano perforarmi l'anima. La sua bocca è una linea sottile di cattivo umore, capace di farmi rivoltare qualcosa nello stomaco. Brividi mi ricoprono la pelle come la sera precedente.
Ci fissiamo a vicenda, io e lui. Lo spazio e il tempo si estendono solo per accartocciarsi su sé stessi.
Era su quella guglia ieri notte?
Distolgo lo sguardo per prima e adocchio un banco all'estremità dell'aula, proprio accanto a una delle grandi finestre ad arco, dove vi è seduta una ragazza minuta e occhialuta. Anche lei mi fissa, tuttavia sembra annoiata e distante da tutto ciò che la circonda. Mi dirigo in quella direzione, lei non si scompone alla mia presenza accanto al suo banco.
«Posso sedermi?» Alla mia domanda corruga la fronte, si guarda intorno e poi si indica; nella classe, invece, scoppiano una serie di risatine.
«Sarà anche intelligente, ma ha qualche rotella fuori posto» dice con cattiveria una voce da arpia alle mie spalle.
Mi giro nella direzione da dove è provenuto il commento, due occhi blu notte da cerbiatta mi deridono, come la curvatura delle sue labbra piene e perfette. È bellissima... e anche stronza.
«Come?» chiedo non lasciandomi scalfire dal suo commento maligno.
Lei ridacchia, le oche giulive che la circondano fanno lo stesso.
«Quel banco è vuoto.»
Ingoio con la gola improvvisamente secca.
"Stronza" mormora la voce davanti a me, nella mia testa. Ritorno a guardarla.
Sta succedendo di nuovo, la mia mente mi ha giocato un brutto tiro e sento la faccia andare in fiamme. Vorrei sparire e invece mi siedo come se non fosse accaduto nulla. Meno di dodici ore e già i mormorii mi circondano.
«Mindsight» Richiama l'attenzione su di sé il professore. Lo fissiamo tutti, ma lui guarda me con un sorriso rassicurante. «Quel banco può sembrare vuoto, signorina Lorke» parla con l'arpia senza abbandonare il mio sguardo. «Tuttavia, alcuni stregoni e streghe, possiedono abilità più sviluppate di altre» Mi fa un occhiolino e questo sono sicura di non averlo immaginato. Nascondo un sorriso chinando il capo in avanti. «Aprite i libri di Arcani incantesimi a pagina 394» ritorna alla lezione come se nulla fosse e lo faccio anch'io.
Prendo il libro e il quaderno dallo zaino, li sistemo sul banco e osservo di sottecchi la figura al mio fianco.
"Tu, mi vedi?"
La sua voce riecheggia, ancora, nella mia mente. Forse non è la mia pazzia, o semplicemente spero non lo sia.
"Sì"
Mi volto appena nella sua direzione e un sorriso sornione curva le sue labbra.
"Sono Leila." Sto per rispondere ma la sua voce euforica nella testa me lo impedisce. "Misa Torne, sì ho sentito."
Percepisco sulla schiena delle occhiate dall'alto e non resisto all'impulso di voltarmi. Quei tre paia di occhi, ora, mi scrutano con ancora più attenzione, tuttavia sono di nuovo quelli verdi-azzurri ad attirare la mia.
Non so interpretare il modo in cui lo fa, ma di una cosa sono certa: mi hanno rivolto così tante occhiate giudicanti da saperle riconoscere all'istante. Lui non mi guarda in quel modo.
"Uhhh, hai attirato un po' di attenzione" sposto lo sguardo da loro alla ragazza-forse-spirito al mio fianco.
"Chi sono?"
"Il trio figo e potente della scuola."
Il professore inizia a spiegare e mi concentro sulla lezione, in fondo ci tengo alla mia media.
§_§_§
Al suono della campanella rimetto tutto dentro lo zaino e mi alzo, restando defilata dalla calca. Il trio sta per passarmi accanto, o meglio, credevo mi stesse passando accanto.
Mi accerchiano.
Il ragazzo dai capelli neri si sistema alla mia destra con un'elegante compostezza; quello dagli occhi di ghiaccio e i capelli lunghi, dietro la mia schiena, con aria rilassata. L'ultimo dei tre, il più magnetico, misterioso e imbronciato, alla mia sinistra.
Divento tesa, tuttavia nessuno di loro è abbastanza vicino da rischiare un tocco, eppure l'energia che averto mi imprigiona nel mezzo con catene invisibili.
«Che onore, un comitato di benvenuto tutto personale?» Faccio la sbruffona anche se il cuore martella selvaggio.
Oltrepassiamo la porta in questa posizione e non hanno intenzione di allontanarsi. Ci osservano tutti.
«Seguiamo le stesse lezioni e tu sei nuova, abbiamo pensato fosse carino accompagnarti» dice pacato il ragazzo alla mia destra.
Giro il capo nella sua direzione, da così vicino riesco a vedere meglio la sua pelle diafana e i lineamenti regali. Ha il viso lungo e ovale, zigomi alti e un naso dritto e a punta. Le labbra sono piene e il verde vivo dei suoi occhi, molto simili ai miei, sono curiosi. La sua galanteria è sincera.
"Non a caso è chiamato il principe." m'informa Leila, spuntata da dietro un muro. Mi fluttua davanti e segue la nostra direzione con la schiena verso il corridoio. Mi sorride ammiccante quando mi giro a guardare il suo viso grazioso a cuore e pallido. I suoi occhioni sono di un viola pallido e i capelli bianchi.
"Cosa vogliono?"
"Li incuriosisci. È passato molto tempo da quando una figlia del crepuscolo è stata qui. Sei la prima dopo..." inclina il capo di lato "Secoli, credo."
«Puoi farci domande, non siamo così burberi da non risponderti» scherza tranquillo quello alle mie spalle. I suoi lineamenti sono più spigolosi, ma comunque armonici. Ha un certo fascino e ne è consapevole, tra i tre è quello con l'atteggiamento più rilassato e amichevole.
Lo guardo da sopra la spalla, timorosa che possa sentire i miei pensieri.
"Non i tuoi, ma possono sentire me e tutti gli altri spiriti" spiega ancora lei.
Ciò mi riporta alla sua affermazione precedente.
«Aspetta, hai detto più di un secolo?» chiedo e mi fermo, riflessiva.
"Affermativo."
Inclino il capo leggermente a sinistra e porto l'indice e il pollice al mento, come tutte le volte in cui penso velocemente. Quando la lampadina immaginaria s'illumina, le sposto e le schiocco in aria.
«Ma certo, quei testi erano, tecnicamente, recenti» dico a me stessa a voce alta. Faccio qualche passo verso Leila e mi volto a guardare il trio. «Devo andare in biblioteca, troverò da sola l'aula. Grazie comunque» detto ciò inizio a correre nella direzione della biblioteca, facendo attenzione a scansare tutti gli studenti e con la ragazza spirito alle calcagna.
Rido piano, divertita. Per uno spirito non è così complicato tenere il passo, fluttuano.
"Non dovresti saltare le lezioni già il primo giorno." il suo tono è preoccupato.
"Lo so, ma devo accaparrarmi dei libri prima che lo facciano altri. È importante."
Non chiede altro e le sono grata.
Non mi sono impegnata così tanto solo per An, ma anche per scoprire di più su me stessa. Qualcosa mi dice che alla Manor troverò di sicuro delle risposte.
§_§_§
Derion
La vediamo correre via, zigzagando tra gli studenti con abilità, certamente acquisita. Porto la mano a pugno davanti alle labbra e una risata composta lascia la mia gola.
Ambrose e Ossian mi osservano increduli, credo non mi abbiano mai visto rallegrato. Questo posto è sempre così oppressivo, non vi è mai nulla di diverso dalla sobrietà e l'aria cupa. Quella ragazzina è una brezza frizzante, tratto tipico della sua discendenza di sangue. O almeno, così ho sentito raccontare nelle leggende che interessano i figli del crepuscolo.
Si dice che siano tumultuosi di natura, con una mente curiosa sopraffina e abilità da tempo perdute: la negromanzia. Non a caso è il popolo guardiano degli spiriti. Osservandola, anche solo per pochi istanti, posso certamente affermare che non vi è dubbio sulle sue origini, anche se fino a questo momento si pensava fossero estinti. Proprio come affermato dallo spirito di Leila, sono secoli che non se ne scorge uno: molti sono stati costretti all'esilio dopo il patto avvenuto due secoli fa, di cui tutti sono a conoscenza ma nessuno del motivo per cui è stato stipulato.
Vi è una certa aura di mistero che avvolge questa faccenda, un grande elefante nella stanza di cui tutti sono stati costretti a ignorare la presenza. E ora credo che la furia del signore del buio, mio nonno, è senza ombra di dubbio dovuta a una figlia del crepuscolo all'interno del suo regno per ciò che comporterà.
I figli del crepuscolo sono potenti tanto quanto quelli delle ombre e della luce, forse anche di più, dato che il loro potere deriva dal mondo degli spiriti, ricco di magia. È per questo che mio nonno li ha bloccati qui, per usufruire del loro potere, ma con una loro guardiana in circolazione? Tutto potrebbe cambiare.
«Inusuale, vero?» chiedo con pacatezza ma divertito mentre raggiungiamo l'aula di Storia del mondo magico.
«Mi piace» risponde all'istante Ambrose e Ossian sembra incupirsi più del solito.
Oltrepassiamo la porta aperta della classe, o ameno lo facciamo in due, il gemello perennemente di cattivo umore resta all'esterno.
«Non entri?» gli chiede suo fratello.
Lui scuote le spalle e muove un passo per allontanarsi.
«Sai che per me è una rottura di coglioni sentire le solite stronzate infagottate a dovere. Ci vediamo più tardi.» Ci dà le spalle e si allontana nella direzione dov'è andata la ragazzina.
Un mezzo sorriso curva le mie labbra, non ha fatto altro che fissarla. Ambrose inclina il capo e incrocia le braccia al petto.
«Elle s'incazzerà di brutto» commenta ritornando con lo sguardo su di me.
«È un suo problema» sentenzio sincero.
Ci sistemiamo al nostro posto per l'inizio della lezione e mi perdo con lo sguardo verso il bosco oscuro oltre la grande finestra.
Ossian ha ragione, sono tutte un mucchio di stronzate.
§_§_§
Misa
La donnina avanti con l'età, occhialuta e che questa mattina mi era apparsa carina, ora mi fissa severa; e ancora non ho chiesto nulla.
Le faccio il mio sorriso migliore, o credo lo sia perché non sorrido molto, e tento con la gentilezza, come più volte mi ha suggerito An.
«Eccomi di nuovo, signora Fox.»
«La vedo, signorina Torne.» Si sistema meglio gli occhialini stretti, a forma di occhi di gatto, sul nasino grazioso. Mi piace più della donna corvo, comunque. «Cosa la porta qui, di nuovo, e di così urgente da saltare le sue lezioni già il primo giorno»
Okay, mi sta rimproverando e potrebbe avere ragione. 'Fanculo, ne ha e Leila, al mio fianco, conferma con un cenno del capo. Resto in silenzio, con il suo sguardo indagatore a perforarmi e capace di imporporarmi le guance. Non ho idea di cosa diavolo inventarmi per giustificare l'essermi precipitata qui per dei testi che probabilmente neanche sono a disposizione di noi studenti. Accidenti, sono troppo impulsiva, me lo dice sempre anche An: quasi riesco a sentirla la sua voce nella testa che mi raccomanda di non esserlo eccessivamente.
«Su Glenda, sai anche tu che il corso di Storia è una tortura di coglioni.» Subentra a salvarmi una voce, leggermente graffiata ma melodiosa, alle mie spalle. Il ragazzo si sistema al mio fianco, con le mani nei pantaloni scozzesi della divisa della scuola, e il respiro mi si spezza. «Le ho dato appuntamento qui per aiutarla con i testi che le occorrono alla ricerca della prossima settimana. Essendo nuova non sa come muoversi e in storia è ferrata più del sottoscritto» mente alla perfezione con un occhiolino a lei e poi uno sguardo a me che m'invita a reggergli il gioco. Solo che quei suoi occhi, di un colore che si divide tra il cielo e il mare, mi rendono quasi più difficile parlare.
«Motivo in più per trovarti anche tu in classe, Ossian.»
Ossian.
Quel nome si marchia a fuoco nella mia testa. Tuttavia, fissarlo come una demente, non è consigliabile. Mi riscuoto dalla mia stupidità momentanea e ritorno sulla donnina, nuovamente con il sorriso e le mani congiunte in segno di preghiera.
«Per favore?» tento con una vocina fin troppo finta e che la costringe a trattenere un mezzo sorriso.
Sospira e si sporge leggermente verso di noi.
«Andate, ma non posso scrivere i vostri nomi sul registro» La sua spiegazione è diretta a me. «È proibito agli studenti, durante le ore di lezione, venire in biblioteca. Il ragazzaccio ha deliberatamente evitato di dirtelo.»
La preoccupazione di Leila ora ha un senso. Faccio un cenno di assenso e mi sistemo meglio la borsa sulla spalla.
«Grazie.»
Lei si risistema al suo posto e ci fa segno con la mano di levarci di torno, anche se ora non trattiene più il sorriso.
«Andiamo» m'invita a seguirlo lui e al contrario dell'impressione burbera che ho avuto all'inizio, è gentile e galante nel farmi segno di precederlo di qualche passo, prima di affiancarsi.
Camminiamo nel grande ambiente dal profumo di pergamena, inchiostro e cera. Mi guardo intorno affascinata e incuriosita.
Enormi lampadari in ottone e pendenti di cristalli illuminano l'ambiente grazie a delle candele, poste in sostegni di metallo al loro interno. Emanano una luce fioca e rilassante. Osservo gli scaffali, altissimi e pieni zeppi di tomi da copertine antiche e anche più recenti, rigorosamente in pelle e cuoio: riesco a respirarne l'odore mentre passiamo di fianco a degli scaffali. Per raggiungerli in altezza, sono stati costruiti diversi piani, cinque per l'esattezza.
Passiamo tra i vari tavoli di studio, a quest'ora vuoti, e mi fa strada verso le scale. Questa volta, anche se con i guanti, mi concedo di accarezzare la pietra liscia e secolare del corrimano. È come se fosse viva o forse lo è davvero, questa scuola vibra di energia, sembra parlarmi di una storia antica a lungo inascoltata.
Piccola tumultuosa bentornata, questa terra non ti ha mai dimenticata.
Saliamo al primo piano, Ossian mi fa strada lungo un corridoio, sempre al mio fianco e con una distanza un po' più ravvicinata per la misera metratura del passaggio. Alla nostra destra vi sono una serie di finestre ad arco e dai vetri colorati, alla sinistra oltrepassiamo gli alti scaffali posti a un metro e mezzo di distanza l'uno dall'altro.
Saliamo al secondo piano e i sussurri degli spiriti sono sempre più irrequieti, tuttavia qualcosa sembra silenziarli di colpo: di nuovo quella strana energia che risucchia ogni cosa, perfino il suono dei nostri passi sul consunto parquet.
Mi fermo di colpo e mi avvicino alla colonna di sostegno della balconata. Sfilo il guanto e avvicino il palmo alla pietra scanalata: questa volta sono preparata all'ondata di energia contrastante che mi si riversa addosso.
Vuole respingermi via.
Attenzione mia signora, il padrone sta inghiottendo ogni cosa. Mettiti al riparo dalla sua furia, serbata da secoli nei confronti della tua stirpe preziosa.
"Questo padrone, vuole farmi male?"
Lui ti odia e ti vuol far male, ma ora che sei qui il tuo popolo potrai liberare.
A queste parole, per me incomprensibili, un'energia funesta mi colpisce così forte da scagliarmi all'indietro. Mi priva del respiro, un terrore agghiacciante mi percuote le membra per quanto è oscura.
Fa vibrare l'intera struttura dalle fondamenta.
Aspetto il contraccolpo contro il legno, ma non arriva. Due braccia forti e salde mi salvano da un trauma cranico e qualche costola incrinata, o dal peggio. Quando riapro gli occhi, mi accorgo che alle mie spalle non c'era il legno, ma il vetro.
Sposto lo sguardo negli occhi di Ossian, sul suo viso a diamante spigoloso eppure bellissimo per quanto è armonico. Le sue labbra non sono davvero sottili, con la preoccupazione si imbronciano appena, mostrandone la loro pienezza. Ha delle pallide efelidi, cosparse come stelle d'un firmamento, dagli zigomi alti al naso a punta, privo di qualsivoglia imperfezione. La paura mi serra la gola alla razionalizzazione che la mia mano, senza guanto, è sulla sua spalla.
Il mio corpo si tende.
«Cos'è successo? Stai bene?» chiede semplicemente.
Non si sta contorcendo per gli incubi, né i suoi pensieri trafiggono la mia mente. Spalanco gli occhi incredula e lui mi studia attento e curioso. La mano mi trema appena e qualcosa mi occlude la gola.
Sto toccando un'altra persona... senza fargli del male.
«Misa»
Sentire la sua voce pronunciare il mio nome in un sussurro è troppo per il mio povero cuore, corre fin troppo veloce sostenuta dalle sue braccia. Non riesco a capire cosa mi succeda e ho paura.
Mi sollevo brusca, per mettere distanza tra noi e scuoto il capo in senso di diniego.
Non è reale? Lo è?
Io, non lo so.
La realtà ha di nuovo i contorni sbiaditi e le parole degli spiriti mi hanno inquietata.
«Devo andare.»
Corro via, diretta nel giardino esterno alla ricerca di un equilibrio mentale.
Lascio che la pioggia m'inzuppi e il freddo mi stringa nella sua morsa fino a provocarmi dolore sulla pelle. Ho smesso di tagliarmi, tuttavia è ancora il dolore quello che riesce a soffocare la follia e ricondurmi alla mia parte razionale.
Tremo.
I denti mi battono fino a farmi male.
Solo quando i miei arti sono intorpiditi dal gelo decido di rientrare nella mia camera. Una volta giunta davanti alla mia porta ad attendermi c'è una pila di libri disposti in ordine.
Appoggiato su quello più in alto, da una bellissima copertina in pelle nera, c'è un foglio ingiallito ripiegato a metà. Lo prendo con le dita bagnate, lasciando le impronte acquose sui bordi. Lo apro e una grafia composta e spigolosa torna a far vibrare e riscaldare il mio corpo.
Spero ti siano utili per trovare ciò che cerchi.
O.
Un sorriso sincero affiora sulle mie labbra. Non avevo mai avuto amici, ma forse ora, alla Manor, potrebbe essere tutto diverso.
Nota autrice:
Chiedo scusa per il ritardo della pubblicazione del capitolo, ma sono giorni frenetici sia a lavoro che a casa, ma eccolo qui.
Spero mi facciate sapere cosa ne pensate con una stellina o qualche commento.
Un abbraccio, Joy.
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