11. Un arduo compito
Ciao a tutt*, chiedo scusa se tardo nella pubblicazione del capitolo, ma tra progetti da portare avanti (🤐), il lavoro e la vita privata... ultimamente è sempre più difficile stare dietro alla pubblicazione, quindi mi scuso di nuovo se non sarò troppo assidua sulla piattaforma. A ogni modo se vi va di supportarmi lasciatemi una stellina o qualche commento, vi leggo con piacere e mi piace interagire con voi. Buona lettura, Joy.
Misa
«Okay, penso di avere la soluzione!» esclamo appoggiando una sfilza di fogli sul tavolo della mensa, dove i ragazzi stanno facendo colazione.
I loro occhi si puntano su di me e non ho il tempo di chiedermi perché mi viene più semplice sedermi accanto a Ossian e tenermi alla larga da Ambrose. Anche se non è poi così difficile.
Dopo essere scappata dalla biblioteca per le parole del secondo, il primo ha pensato bene di raggiungermi e di propormi di studiare in camera sua.
Lo abbiamo fatto.
Per tutti i tre giorni consecutivi, ma Ossian detesta così tanto questa materia da non riuscire a trattenere neanche una misera informazione. Quindi, dopo aver mandato in fumo il mio cervello per trovare una soluzione, stamattina all'alba mi sono recata in biblioteca per poter giocare quest'ultimo jolly con l'aiuto della signorina Fox. Adoro quella donna, non appena le ho spiegato la situazione si è data disponibile alla causa.
Sistemo i fogli davanti a Ossian mentre sento bruciare addosso lo sguardo di Ambrose. Derion è rinchiuso nel solito mutismo dal suo rientro di due sere fa. So che dovrò dare una risposta al gemello simpatico, solo... non ho idea di quale sia.
Sì, insomma, potrei accettare per non sembrare troppo stronza e chiarire che va bene essere amici, oppure posso continuare a ignorarlo e comportarmi effettivamente da stronza.
Al momento, non ho ancora deciso quale delle due.
Mi concentro sul gemello dallo sguardo disperato rivolto verso i fogli e sospiro afferrandogli le guance e indirizzarlo nel mio.
«Passerai quel test, a costo di farmi sanguinare il cervello per trovare un'idea, ma tu passerai il test.»
«Mi piacerebbe avere il tuo ottimismo, ma credo di essermi dimenticato anche quello insieme a tutto ciò che mi hai spiegato.»
Sono consapevole di indugiare un po' troppo con le mani sul suo viso, ma se non voglio che Elle me le spezzi, - mi aspettavo di trovarla al tavolo con Os, ma non c'è - devo costringermi a ritrarle e indirizzarle verso i fogli.
«Questo perché la tua faccia è mono espressiva e impostata perennemente sull'incazzatura» lo sbeffeggio con un mezzo sorriso e il capo inclinato.
Ossian solleva un sopracciglio con fare interrogativo.
«Credo di essermi perso anche il nesso tra il mio cattivo umore e quelli.» Indica i fogli con una smorfia contrariata.
Lascio andare una risatina, che lo confonde ancora di più.
«È solo un modo per dirti che oltre il cattivo umore esistono altri stati d'animo. Se sorridi non uccidi nessuno, Ossian. Se ti rilassi, il tuo cervello sarà meno contratto e se è meno rigido forse riusciamo a cavarne un ragno dal buco.»
"Allora, forse, ha bisogno di entrarci... in quel buco" afferma Leila sbucando dal nulla.
Le rivolgo un'occhiataccia e le punto un dito contro.
«Tu, piccola serpe, non sei stata d'aiuto negli ultimi giorni» l'accuso infastidita.
Ci ha dato il tormento con battute del genere per tutto il tempo. Mi rivolge un occhiolino e un mezzo sorriso senza scomporsi, proprio come tutte le altre volte che le ho rifilato una rispostaccia.
"La tua faccia color pomodoro è uno spasso."
Le mostro il dito medio perché ha ragione. Ho la faccia in fiamme. Me ne frego di chi mi vede rivolgere il gestaccio a nessuno in particolare, da quando sono qui ho imparato a ignorarli e molti ignorano me dopo aver accettato che sono parte del trio figo, ora quartetto. Almeno ci teniamo a distanza a vicenda.
La sua risata cristallina risuona solo per le nostre orecchie, tuttavia è così bella che sento un forte dispiacere per tutte quelle che non potranno mai più ascoltarla. Riporto la mia attenzione su Ossian e sta sorridendo, per davvero, davanti alla nostra scaramuccia.
Ecco fatto, ora devo pure ringraziare questo spirito rompipalle.
"Non c'è di che" risponde e so che era un pensiero indirizzato soltanto a me. Gli altri non reagiscono con qualche risatina.
«Leila, se non smetti di origliare i miei pensieri-»
"Sono curiosa di sapere come farai a prendermi a calci."
Non riesco a guardarla in modo truce a lungo, è divertente dopotutto. Respiro a fondo e riporto l'attenzione su Ossian, afferrando il primo foglio per mostrarglielo.
«Mappe concettuali per associazione.» Decido per quale causa lottare, sdebitarmi con Ossian facendogli passare il test ha la priorità. «La battaglia dei boschi Navili» faccio una smorfia con il viso e mi indico. «Misa contrariata.» Lo so che è stupido, ma davvero non ho trovato altra soluzione. Inoltre la signorina Fox mi ha appoggiata, quindi... «La conquista dell'indipendenza degli spiriti. Misa felice.» Forzo un sorriso a trentadue denti.
Ossian si preme la mano sulla faccia, Derion china il capo per nascondere le risate e Ambrose incrocia le braccia al petto, serio.
«Non lo so, penso che sia solo un modo per suggerirgli le risposte il giorno del compito in classe.»
Colpita e affondata. Gli rivolgo un sorriso fintamente innocente.
«Be', sapientone, hai un modo migliore contro la sua innata capacità di dimenticare in tempo zero tutto ciò che gli spieghi?»
Scuote le spalle.
«Hai provato ad aprirgli la testa e ficcarci dentro le pagine dei libri?» Ora mi sta palesemente prendendo in giro con quella sua aria rilassata.
Mi giro completamente verso di lui, contrariata e le mani sui fianchi.
«Ambrose, non ho la più pallida idea di come fare e sono abbastanza testarda e tenace da volere a tutti i costi mantenere la parola data. Tuo fratello non verrà bocciato in storia della magia, a costo di dovergli compilare io stessa il compito!» dico con la voce un po' troppo alta.
«Informazione interessante, signorina Torne.» La voce mielosa del preside Alban mi coglie impreparata.
Cazzo.
Mi giro nella sua direzione con la voglia di diventare invisibile e le gote nuovamente arrossate. I suoi occhi ambrati mi studiano in quel modo attento che mi mette in soggezione.
Forzo un sorriso e nascondo l'imbarazzo dietro la mia spavalderia.
«Stavo scherzando, preside.» Porto una mano sul cuore e l'altra in alto. «Giuro solennemente che sarò un bravo tutor per il signor Lightparke. Passerà il test con le sue sole capacità.»
L'uomo mi scruta per istanti interminabili e credo di stare per vomitare il mio stesso cuore per l'agitazione. I suoi occhi lasciano la mia figura il tempo di uno sguardo fugace al tavolo, poi ritorna su di me.
«Ci conto, così come conto sulla sua presenza agli allenamenti di questa sera. Non sono ammesse altre assenze da parte sua, signorina Torne.»
«Giurin giurello.» Mi esce di getto e lo so, mi sono appena guadagnata l'attenzione malevola del preside, nonostante si allontani dal nostro tavolo.
Non so chi sia dei tre che si stia per strozzare pur di trattenere le risate, motivo per cui li fulmino tutti con un'occhiataccia, solo per scoprire che è proprio Ossian. Lo afferro per il colletto del maglione e lo attiro più vicino al mio viso. Ignoro il suo profumo delicato e il battito del mio cuore, ancora frenetico, e lo fronteggio severa.
«Ti conviene collaborare o te la vedrai con il mio animale protettore.»
Alla menzione della mia Aquila Arpia, fuori controllo, il suo viso sbianca e torna serio di colpo. Si limita a un cenno d'assenso e lascio andare il tessuto del suo maglione. Arretra al suo posto e ci concentriamo di nuovo sui fogli.
Continuo con quel metodo e nessuno di loro tre osa più ridere.
Meglio, perché se mi sto prestando a tale circo è per poter aiutare davvero questo testone.
§_§_§
Mi butto sul letto, affondo la faccia nel cuscino e ne stringo le estremità tra i pugni prima di urlare contro il tessuto tutta la frustrazione della giornata. Accompagno quello sfogo con calci furiosi sul materasso per minuti incalcolabili, ma necessari. Quando i polmoni sono privi di aria e la tensione si è sciolta mi rigiro sulla schiena con lo sguardo puntato verso il soffitto.
Dopo essermi guadagnata l'attenzione negativa del preside, sono più che sicura che il ritrovarmi la signorina Raven con il fiato sul collo a osservare le mie mosse, fingendo di essere nel mio stesso posto per caso, sia stata una disposizione del preside Alban.
In barba alle raccomandazioni di An di stare attenta a non attirare troppa attenzione su di me. Ho fatto esattamente il contrario, anche se involontariamente.
Sono intenta a sospirare con rassegnazione quando sento bussare alla porta, che ho lasciato aperta.
«Tutto bene?» la voce di Ambrose ha l'effetto di farmi irrigidire nuovamente le spalle, tuttavia mi sollevo a sedere per incontrare il suo viso, rilassato come sempre.
Sospiro di nuovo, conscia che non posso ignorarlo per l'eternità, quindi faccio l'unica cosa sensata: lo invito a entrare con un gesto della mano. Sarebbe scortese lasciarlo sull'uscio della porta a fissarmi.
«Avevo bisogno di sfogarmi.»
Curva le labbra in un mezzo sorriso sghembo e si avvicina al letto. Di nuovo resta fermo, in attesa di una mia reazione o gesto. I due fratelli sono decisamente snervanti per quanto sono criptici.
«Siediti, Ambrose. Non ho intenzione di morderti... non oggi almeno» scherzo per smorzare l'impasse che si stava creando tra noi.
Lui scuote le spalle.
«A sentire Ossian il tuo animale protettore mette i brividi» fa lo stesso e mi strappa una risata sincera.
La mia reazione allarga il suo sorriso, tuttavia per quanto sia bello, non riesce ad affascinarmi come fa quello di Os. Mi ritrovo a sospirare di nuovo afflitta per entrambe le cose.
«Non ho controllo su di lei ed è molto forte» passo i polpastrelli sul piumone viola e nero del mio letto.
«Se non lo fossi anche tu, non si sarebbe mai legata a te.»
Questa volta sono io a scuotere le spalle.
«È quello che mi ha detto anche An quando è successo. Ma, a oggi, non sono ancora riuscita a collegarmi a lei per non essere un pericolo ambulante.»
Ambrose appoggia le mani sulla seta del piumone e inclina la testa, la parte lunga dei suoi capelli resta sospesa nel vuoto dietro la sua schiena, i suoi occhi fissano il soffitto in pietra in modo riflessivo. Poi sposta i suoi occhi, ora serissimi, su di me, e d'istinto ingoio di colpo con la gola secca: con quell'espressione è uguale a suo fratello.
E io penso troppo a lui in modo poco opportuno. Mi rimprovero da sola.
«Forse a impedirtelo è l'idea che tu la stia domando?»
Dannazione, ma che hanno questi due? Sembrano sempre trovare il modo di colpire il mio fianco scoperto.
«Forse?»
Le labbra di Ambrose si curvano di nuovo in un mezzo sorriso.
«E tu rispondi alle domande con altre domande quando ti senti vulnerabile.» Non è una domanda, ma un'affermazione a cui non ho intenzione di dare conferma.
Mi sistemo con i gomiti sulle gambe e appoggio il mento sui palmi, per indirizzare la chiacchierata in un campo meno pericoloso per la sottoscritta.
«Come mai sei qui?»
Ambrose si sfila gli anfibi e imita la mia postura sistemandosi di fronte a me.
«Avevi la faccia di una sul ciglio di una crisi di nervi» Indica il cuscino. «E non mi sono sbagliato. Allora, almeno mi dirai che cosa ti turba o eviterai anche questo argomento?» Lui dovrebbe essere infastidito o arrabbiato dal mio atteggiamento nei suoi confronti, ma non è come suo fratello.
Dà l'impressione che nulla possa scalfirlo, eppure qualcosa mi dice che non è così. Tuttavia, è meno psicopatico di Ossian. Scuoto la testa per fingere che la cosa non ha importanza, anche se mi turba terribilmente.
«A quanto pare la signorina Raven è il mio cane da guardia da questa mattina.»
«Mi meraviglierei del contrario dopo ciò che è successo» appura, lasciandomi interdetta. Ambrose si fa riflessivo. «Non vogliono che si ripeta ciò che è accaduto anni fa.»
Corrugo la fronte, confusa.
«Di che parli?»
«Durante il nostro primo anno una ragazza ha perso la vita.» Anche se usa un tono neutro i suoi occhi non nascondono la tristezza e altre emozioni per ciò che mi ha appena rivelato.
Le riconosco all'istante, perché conosco bene il senso di perdita: in questo momento lo vedo riflesso nell'azzurro dei suoi.
«Qualcuno che conoscevi?» chiedo e istintivamente allungo una mano per afferrare quella di Ambrose, in un gesto di conforto.
Mi blocco a metà strada, così abituata alla paura di fare del male con il mio tocco da dimenticare per un attimo che sui gemelli non ha effetto. Eppure non è solo ciò, lo so. È lui ad allungare la sua e intrecciare le nostre dita, facendo combaciare i nostri palmi, il suo è molto più grande e caldo del mio. Sollevo di scatto lo sguardo dalle nostre mani ai suoi occhi con una strana ansia a stritolarmi lo stomaco.
Non faccio in tempo a terminare il pensiero su quanto sia fraintendibile il gesto che la voce di Os s'insinua tra noi.
«Ambrose, Derion ti aspetta in soggiorno.» È così cupa da mettere i brividi, il suo sguardo talmente affilato da trapassarmi il petto come una lama.
Ambrose lascia la presa e scende dal letto, non prima di avermi fatto un occhiolino mentre infila gli anfibi e poi incamminarsi verso la porta, dove si volta verso di me con un sorriso sincero.
«Se hai bisogno puoi sempre bussare alla mia porta, piccola tumultuosa. È stato bello chiacchierare in questo modo.»
Detto ciò oltrepassa suo fratello, intento a perforare il muro della mia camera con le iridi puntate in quella direzione. Ossian se ne sta fermo sulla porta senza dire nulla. Il cuore mi schizza in gola e sento gli occhi inumidirsi per qualcosa di cui non dovrebbe importarmi. Di cui non mi era mai importato: ciò che qualcun altro pensa di me.
Tuttavia, se mi giustificassi, sembrerebbe esattamente ciò che lui ha frainteso. Mi alzo dal letto e mi metto a riordinare la stanza, così da stemperare l'ansia che si è accumulata nello stomaco.
«Sei riuscito ad assimilare qualcosa con il nuovo metodo?» chiedo senza guardarlo e con una leggerezza forzata.
«Sì» La sua risposta invece è glaciale.
Stringo forte la costa del libro tra le mani e ignoro quel lieve dolore al centro del petto.
Ha frainteso.
Non m'importa.
«Bene» rispondo allo stesso modo.
Di certo non sono io quella che è entrata in camera di Elle per farci sesso.
«Uscirai con lui?» Le sue labbra sputano fuori la domanda come un'accusa.
Serro la mascella e mi giro per affrontarlo. Non ne ha il diritto, maledizione. Non ha il diritto di guardarmi come se fossi una traditrice o qualsiasi altra cosa si celi dietro quello sguardo duro. Eppure non posso fare a meno di provocarlo con un sorriso crudele. Ed è stupido e infantile, lo so. Tuttavia bramo una sua reazione.
«Ti importa, Ossian?»
Aspetto. E aspetto ancora. Ma oltre a fissarmi attento non muove un solo muscolo. La delusione si insinua sottopelle come inchiostro.
«Tu vuoi che mi importi?»
Bene, lui non è deciso a sbilanciarsi e ciò non fa altro che confermare quello che ho visto l'altra notte. Mi siedo sul bordo della scrivania e afferro il legno tra le mani, stritolandolo.
«Credo che ciò che debba importarti è che non ho intenzione di ferirlo. Ti basta?»
Non ho intenzione di dirgli altro, non dopo il suo fare che oscilla tra il preoccuparsi per me e il perennemente incazzato con me senza alcuna logica. Per la miseria, e sono io a considerarmi strana? Alla Manor ho trovato un degno avversario a quanto pare.
Ossian opta per l'indifferenza, altra caratteristica da aggiungere al suo identikit, già confusionario, nella mia testa.
«Bene. Ti aspettiamo di sotto per andare agli allenamenti. Indossa la tuta più spessa, visto che sei già stata nel bosco e sai quali pericoli ci sono al suo interno, puoi unirti alla perlustrazione.»
Detto ciò mi dà le spalle ed esce dalla mia camera richiudendo la porta.
Ciò che resta è il silenzio e un patetico peso sul petto che risale fino alla gola. Sento gli occhi bruciare ma non piangerò. Non sono io quella in torto, il mio gesto voleva essere solo di conforto nei confronti di Ambrose, inoltre gli parlerò onestamente e declinerò il suo invito.
Perché ciò che ho detto a Ossian è vero, non voglio ferire suo fratello. È solo un amico.
§_§_§
Tiro su la zip degli stivali neri, lunghi fino al polpaccio. Sono robusti ma comodi, leggeri: immagino che quest'ultimo sia un fattore importante per permettere movimenti repentini senza affaticare le gambe.
Male, molto male. Ho il sospetto che siano pensati per un combattimento, campo in cui non sono esattamente una cima. Ma che dico, se dovessi prendere parte a una simulazione il mio sedere sarebbe al tappeto in 0,2 secondi.
Sono brava con lo studio, ma con la pratica decisamente meno, anche perché le altre scuole si focalizzavano molto sulla teoria e la pratica d'incantesimi. In nessuna di essa era previsto un corso dove prendersi legittimamente a calci nel sedere o imparare a farlo per difendersi da creature oscure e pericolose.
Fantastico, davvero fantastico. Sbraito mentalmente.
"Sei di cattivo umore?" Leila spunta dal muro e si avvicina a un soffio dal mio naso.
Mi indico e muovo l'indice su e giù verso la mia figura.
«Hai notato cosa indosso?»
Inclina il capo riflessiva.
"A me non sembra diverso dai tuoi soliti outfit."
«Stai insinuando che ho un look aggressivo?»
"Perché, non lo è?"
«Leila smettila.» Vorrei rimproverarla e invece ridacchio.
"Insomma, indossi sempre il nero e capi in pelle. Non mi sorprenderebbe se tirassi fuori un coltello da qualche tasca." Leila mi sta palesemente prendendo in giro, ma lo fa in modo genuino, senza cattiveria, quasi affettuoso.
Mi rigiro verso lo specchio per sistemare i capelli in una treccia laterale, che lego con l'elastico che Ossian ha creato per me con la magia: la dalia nera.
«Okay, forse potrei sul serio dare quell'impressione. Ma ti assicuro che tutte le volte in cui ho fatto del male è stato involontario.» Arresto qualche istante il movimento delle mani per lo stupore con cui sono riuscita a dirle una cosa del genere. Scruto il suo viso alla ricerca del disprezzo per la mia confessione, eppure non ne trovo. Al contrario, Leila mi osserva con un mezzo sorriso, sincero, e in attesa che termini. «Imparare a combattere non era in programma, ecco.»
Leila sta per dire qualcosa ma si blocca, corruccia i lineamenti translucidi del suo viso e sbuffa infastidita.
"Os mi ha appena detto di smetterla di bighellonare e rischiare di farti fare tardi. Che rompiscatole!" borbotta prima di sparire e lasciare me stupita.
La conversazione era privata, come diavolo fa Ossian a sapere che era qui con me?
«Misa, dobbiamo andare!» mi chiama Ambrose dal corridoio.
Scuoto il capo per scacciare la domanda e rifletto su cos'altro portare. Non ne ho idea, quindi mi limito a svuotare lo zaino dai libri e sistemarlo in spalla mentre esco dalla porta.
Raggiungo gli altri nel salone, dove trovo solo Ambrose e Derion, entrambi con i capelli legati in una coda alta. Mi guardo intorno con un crescente senso di delusione per l'assenza di Ossian, pensavo saremmo andati tutti insieme.
«Eccomi.» Mi costringo ad ingoiare l'amaro dell'idea che possa essere andato avanti con Elle.
Le labbra di Ambrose si curvano in un mezzo sorrisino ambiguo mentre mi fissa attento. Detesto quando lo fa.
Derion, di solito distaccato, sembra più incline ad essere partecipe a ciò che accade intorno a lui rispetto ai giorni scorsi.
«Cerchi qualcuno?» scherza il gemello che fino a questo momento mi era più simpatico.
Il nostro amico si limita a ridacchiare.
«Nessuno» replico con finta noncuranza, ma è evidente che il mio interlocutore non se la beve.
Il suo sorriso si allarga a dismisura.
«Buh!»
Urlo terrorizzata per la presenza di Ossian, materializzata dal nulla, alle mie spalle. Il cuore mi schizza in gola e quasi rischio di cadere rovinosamente sul pavimento nel girarmi repentina. Lui mi afferra prontamente con un braccio intorno alla vita e mi attira contro il suo corpo.
Smetto di respirare a causa di più fattori contemporaneamente: il contatto tra noi, il braccio che mi stringe in modo protettivo, il profumo al cardamomo, il suo viso più vicino di come dovrebbe essere eppure abbastanza distante da notare la treccia con cui ha legato il lato con i capelli lunghi e quella carina spruzzata di efelidi sul naso.
Cavolo, è decisamente una delizia per gli occhi, abbastanza da riuscire a farmi dimenticare qualsiasi epiteto ero intenzionata a sbraitargli contro e farmi andare la faccia in fiamme.
Per un attimo ho l'impressione che anche lui sia spiazzato dal contatto. Il suo pollice si muove a formare piccoli cerchi sul fianco e brividi piacevoli mi percorrono tutto il corpo. È già successo che mi abbia tenuto tra le sue braccia, solo che all'epoca non ero consapevole di quanto mi piacesse. Ora sì e, che sia dannata, vorrei non mi lasciasse andare.
Ossian studia la mia reazione prima che le sue labbra si curvino sghignazzanti, eppure ancora non molla la presa.
«Che c'è, il gatto ti ha mangiato la lingua?» mi stuzzica.
Ritrovo sia il contegno che la mia lingua affilata e appoggio i palmi sul suo petto, anche se non faccio esattamente pressione per allontanarlo.
«Ho perso dieci anni di vita con la tua bravata, brutto stupido!»
«Eppure sono io quello con i capelli bianchi tra i due.»
Sbatto le palpebre una volta di troppo quando Ambrose e Derion scoppiano in una risata fragorosa. Lo fa anche lui mentre si assicura che i miei piedi siano ben piantati sulla pietra del pavimento e le mie gambe stabili. Os ha appena fatto una battuta, a dirla tutta non era neanche così male, però scioccante di certo. Mi lascia andare, con un lieve dispiacere da parte della sottoscritta, e temo che mi si sia attorcigliata la lingua.
Non riesco a replicare nulla. Faccio un passo indietro mentre sistemo meglio lo zaino in spalla e passo una mano sulla giacca aderente in tessuto tecnico, priva di qualsivoglia piega. Mi serve per riordinare i pensieri e ritornare a guardare i tre ragazzi come se non fosse accaduto nulla.
«Andiamo?»
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