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Capitolo28

Erano trascorsi mesi dal giorno in cui Evion le aveva fatto recapitare la missiva nella quale la pregava d'aspettarlo, perché nel volgere di 3 lune egli sarebbe tornato da lei a chiedere il suo perdono; come le aveva preannunciato Lean anch'ella era riuscita ad ottenere il grado di alunna scelta, ma quella gioia era stata offuscata dalla consapevolezza che la scadenza era ormai passata da una settimana e del mezz'elfo non vi era alcuna traccia. Anche se non lo avrebbe ammesso, Manha sperava ogni giorno di ricevere sue notizie, ma invano.

Quella mattina, mentre si dirigeva alla sala comune, vide Amelia che le andava incontro con quella che sembrava essere una pergamena, il cuore le balzò in gola pensando fosse un messaggio da parte di Evion e rimase un po' delusa quando comprese che lo scritto era da parte di Demetra. Non capiva come mai la custode dell'equilibrio non le avesse parlato di persona, ma non disse nulla; ringraziò mesta la governante e portò la missiva con se a colazione. Terminato velocemente il pasto e bevuta la tisana contro la nausea, si soffermò a leggere il messaggio. "Arcanum vobis Manha, non riuscendo a parlarti personalmente, a causa di un impegno urgente, ho chiesto ad Amelia di recapitarti queste poche righe. Ti chiedo d'andare, oggi stesso, presso i campi al limitare della città per incontrare dei contadini che affermano d'avere assistito a degli strani avvenimenti e poi di recarti al lago per parlare con un druido che dice di possedere delle notizie importanti. Perdonami per il poco preavviso, ma sono certa che tu possa fare tutto ciò che ti ho chiesto senza alcun problema. In fede Demetra". Letto lo scritto tutto d'un fiato, senza pensarci un istante andò a prepararsi per la missione assegnatale. Si sentì onorata per quell'incarico ed oltretutto era un modo per non pensare ad Evion, alla vita che cresceva dentro di lei o a qualunque altro pensiero triste le potesse passare per la mente. Il tempo quel giorno non era dei migliori, ma Manha non se ne curò ed in breve uscì dell'accademia diretta ai campi coltivati del regno.

Nascosta dietro ad una finestra socchiusa, con l'aura azzerata per non essere scoperta, la custode dell'equilibrio osservava la sua allieva mentre s'incamminava lungo la strada maestra sorridendo, non poteva fare a meno d'essere felice per la grande fiducia che costei nutriva nei suoi confronti. La prova era iniziata ed in cuor suo sperava che Manha riuscisse a superarla con facilità.

Appena ebbe lasciato la strada maestra cominciò a piovere, ma la mezza non vi fece caso. Continuò camminando lentamente, coperta dal mantello della congrega di magia. Subiva l'effetto della pioggia molto più delle altre creature, ma non voleva deludere la fiducia che Demetra aveva riposto in lei. Fortunatamente aveva deciso di portare con se il bastone di congrega che adesso l'aiutava lungo il percorso fangoso che conduceva alla meta. Sotto il mantello indossava un abito con le maniche a ¾ viola con un soprabito lilla, un paio di stivali ed alla cinta portava un pugnale, utile in caso dovesse difendersi. La chioma era coperta dal cappuccio e soltanto la frangia ne fuoriusciva. Giunta ad un bivio si fermò sospirando e guardandosi attorno, con l'intento di capire quale fosse il sentiero che conduceva alle coltivazioni. Le celesti osservavano attente il paesaggio fangoso. Intorno a lei, la pioggia continuava a scendere calma, tintinnando tra le fronde degli alberi come armoniose note suonate dal più abile dei musici. Una sinfonia che faceva apparire il caldo sole, solo un lontano ricordo. Il cielo plumbeo e carico di nubi scure riuscì ad accompagnare la mente della mezza verso pensieri lontani nel tempo. Un'improvvisa nostalgia che le riempì il cuore, una nostalgia che sapeva di rimorso e di sentimenti creduti dimenticati. Cercò di scrollarsi di dosso questo gravoso stato d'animo e proseguì lungo il sentiero a destra, convinta più che mai di dover portare a compimento la missione assegnatale. Non si rendeva conto che, man mano che avanzava verso i campi, le ombre coprivano la strada percorsa. Con molta probabilità un incanto lanciato da qualcuno che non era presente materialmente. Tuttavia, a causa della pioggia che la distraeva, la mezza non si rendeva conto di ciò che accadeva intorno, in maniera tanto veloce che anche con una bella giornata di sole vi avrebbe messo un po' di tempo per comprendere la situazione.

Ormai i campi coltivati erano vicini e la mezza si sentì rincuorata d'essere quasi giunta destinazione ed accelerò leggermente il passo, cercando d'ignorare la pioggia che continua a scender lieve, ma non vi riuscì del tutto. All'improvviso le parve di scorgere un volto chiaro, ornato dal crine biondo, un'amica ormai perduta in una giornata di pioggia. Scosse il capo tornando alla realtà; i campi erano vicini ed era lì per incontrare un contadino e controllare cosa stesse accadendo, fuori dall'ordinario. Nulla doveva distrarla, tantomeno i ricordi. Improvvisamente il suo sguardo venne attirato dal comparire di una luce, unico punto luminoso tra le ombre create dalla giornata uggiosa. Una luce di uno strano colore verdognolo, accompagnata da una nenia, una musica che coprì il rumore della pioggia. Rimase perplessa e per un attimo si fermò provando a capire cosa fosse ciò che vedeva. Un incanto?
Si chiese guardandosi attorno alla ricerca della creatura che l'avesse potuto castare, ma non vide nessuno e voltandosi indietro non riuscì più a scorgere il sentiero dal quale era arrivata fin lì. Tese bene le orecchie, ma non percepì alcuna presenza e tornò ad osservare la luce che aveva innanzi, cercando di rimanere calma. Comprese di non poter tornare indietro; si fece coraggio ed avanzò. Non appena riprese a muoversi, la luce scomparve così com'era apparsa, facendole credere per un attimo d'aver immaginato ogni cosa. Pensò che la pioggia fosse riuscita a creare in lei una forte emozione ed imperterrita avanzò, ignorando di star cadendo vittima del gioco del fato che si divertiva a mostrarle il volto di Helena per condurla al centro di una sorta d'inganno. Infatti, senza accorgersene Manha varcò una barriera magica, una sorta di varco invisibile che la condusse all'interno di una bolla che non permetteva il passaggio dell'acqua piovana. Meravigliata, la mezza si rese subito conto della mutazione climatica e si bloccò nuovamente. Posò lo sguardo su un campo immenso, una distesa di erba e fiori mai vista prima di allora. Gelsomini, viole, margherite, tutti i fiori del mondo riuniti e nell'aria un profumo che quasi inebriava. Il sole alto nel cielo sembrò, per alcuni istanti accecarla ed una dolce brezza le accarezzò la pelle. Solo allora udì una voce bitonale metà maschile, e metà femminile che l'accolse. "Benvenuta nel mio regno",  innanzi a se vi era una donna, capelli lunghi bianchi fino alla schiena, occhi rossi come il fuoco, pelle bianca come la luna ed il latte; sul corpo vesti stracciate seppur di pregevole fattura. Tra le mani un arpa, che suonava con maestria. Quando la musica cessò ella riprese a parlare. "Benvenuta nel mio regno- ripeté- straniera. Questo è il mio mondo, la mia dimensione, la mia casa e se siete qui è perche vedo in voi, l'eclisse, la luce ed il caos che convivono in una medesima creatura", una breve pausa "una rosa che manca al mio giardino, o che forse già posseggo e che voglio a voi donare" . Uno sguardo, per poi sollevarsi eretta. "Ho da porvi 3 domande. Voglio da voi una riposta e null'altro e se poi lo vorrete vi lascerò andare, altrimenti resterete con me qui nel mio mondo, per sempre".  Null'altro disse, in attesa di una reazione. Manha ascoltò ogni parola con attenzione, conscia d'essere finita nel mezzo di un potente incantesimo e d'averlo capito troppo tardi a causa della sua inesperienza. Cercando di mantenersi calma, pensò a come agire al meglio per uscire da quella situazione e convenne che in quel momento ciò che poteva fare era assecondare il volere della strana creatura che le aveva appena parlato. Scostò il cappuccio, scoprendo la chioma e dandole una sistemata, respirò profondamente osservando tutto ciò che la circondava e convincendo sé stessa che nulla di ciò che vedeva era reale, ma frutto di un ben riuscito incanto di cui non capiva la provenienza.
La dama l'aveva condotta a sé e poco prima l'aveva paragonata ad una rosa, fiore preferito della madre. Non doveva lasciarsi distrarre, ma rimanere concentrata e non lasciare che la nostalgia che provava avesse la meglio su di lei. "Ditemi dama bianca",  l'aggettivo si riferiva alla carnagione e capigliatura della creatura, "che regno è quello di cui siete sovrana? E quali le domande che al mio mondo possono riportarmi?" Il tono calmo e pacato, o cercava d'esserlo, ma per nulla irriverente. La creatura ascoltò, con un sorriso gentile impresso sul chiaro volto, la parole della mezza, "Il regno nel quale vi trovate non esiste, o almeno non è reale nella vostra dimensione o nel vostro tempo. Esiste nel mondo del pensiero, del sogno e dell'illusione; è il reame dei sogni, abitato da un oracolo che parla attraverso le mie labbra". Fece una breve pausa, mentre con le dite affusolate e sinuose cominciò a pizzicare le corde dello strumento, ricavandone una melodia dolcissima. "Ascoltate adesso il primo quesito e rispondete con sincerità. Vi è un'isola leggendaria in cui non sono ammessi individui con gli occhi azzurri: chi sapesse di averli dovrebbe abbandonarla entro un giorno, altrimenti un terribile mostro si risveglierebbe. Ma nell'isola non ci sono specchi, ed un tabù vieta qualsiasi discorso sugli occhi, dunque i cerulei sono inconsapevoli del proprio stato. Un giorno lo stregone dell'isola vicina andò in visita e rivelò: «alcuni di voi hanno gli occhi azzurri». Dopo alcuni giorni, tutti gli isolani con gli occhi azzurri abbandonano l'isola insieme. Perché?" Manha rifletté per qualche minuto, ripetendosi la domanda e colta da un'improvvisa illuminazione rispose quasi di getto. "L'isola non esiste o non vi sono individui con gli occhi celesti, altrimenti il mostro l'avrebbe già distrutta. Voi avete detto che chi avesse avuto gli occhi azzurri non sarebbe stato ammesso sulle sue sponde e che coloro i quali possedevano tale caratteristica lasciarono quel luogo solo alcuni giorni dopo, anche se il mostro avrebbe distrutto l'isola il giorno dopo. La domanda non ha alcuna logica e quindi non v'è risposta corretta". Detto ciò tacque, sperando d'aver dato una buona risposta. "Utilizzando la logica la vostra risposta potrebbe essere esatta, ma se invece il mostro venisse scatenato dallo sciamano? Non credete possa esserci un altra soluzione? A volte la logica può tradire caos ricordatelo, la mente non sempre ci fornisce tutte le risposte. Se un individuo con gli occhi azzurri non vedesse nessun altro con gli occhi di tal colore, saprà d'essere lui ad averli ed il giorno dopo lascerà l'isola. Se ne vede uno ed il giorno dopo nota che quello è ancora lì, allora concluderà che i cerulei sono due e lui è uno di quelli ed in tal modo se ne andrebbe assieme a costui e così via. Anche questa sarebbe stata una buona risposta". Lasciato alla mezza il tempo d'assimilare le proprie parole, pose il secondo quesito.
"Vi sono 3 madri ed ognuna di esse a 2 figlie. Tutte loro vorrebbero andare a teatro, ma nella sala sono rimasti soltanto 7 posti, tuttavia le donne riescono ugualmente a prendere posto ed a godersi lo spettacolo. Com'è possibile?" Per un attimo Manha tacque, lasciandosi il tempo di riflettere bene sul quesito. La bellezza che la circondava la distraeva, il luogo le sembrava familiare ed in cuor suo desiderava soltanto stendersi tra quei bellissimi fiori e non pensare a nulla. Il ricordò di Helena s'insinuò nuovamente nella sua mente e le sembrò di vederla apparire dinnanzi a sé, confondendosi con l'immagine della madre e ciò la fece sobbalzare, ma con sforzò riuscì a trovare la concentrazione per rispondere. "credo che tutte ottengano un posto a sedere poiché in realtà sono solo 7", la voce calma di chi ha ragionato prima di parlare. "Una delle dame è la madre delle altre due, che a loro volta hanno due figlie a testa...", cercò di spiegar meglio il concetto. "Saremmo di fronte ad una famiglia composta da una nonna, le sue figlie e le 4 nipoti", concluse osservando la creatura e sperando d'aver ragionato con senno e non essersi fatta influenzare dal luogo e dai propri pensieri. L'altra sorrise annuendo, "con chiarezza siete giunta alla verità e sono lieta di ciò". Manha si sentì rincuorata e si preparò ad udire l'ultimo quesito. "Ieri lo è stato, domani lo sarà", si zittì abbassando lo sguardo per un breve momento, per poi puntarlo nuovamente sulla sua interlocutrice ed ascoltarne la risposta. L'allieva desiderò che Demetra fosse lì con lei ad appoggiarla con il suo fare rassicurante, ma si rese subito conto che  tra non molto avrebbe avuto una creatura indifesa da difendere e non poteva sempre contare solo sull'aiuto degli altri, doveva avere più fiducia in sé stessa. Scacciò dalla mente ogni pensiero che potesse distrarla e si concentrò sulla domanda e la risposta le spuntò come per incanto sulle labbra. "Oggi, il presente" disse solo ed attese il responso. La dama fece un cenno d'assenso con il capo, "la vostra risposta è esatta. Poiché è solo nel presente che dovete vivere. Il passato lasciatelo alle vostre spalle senza tuttavia dimenticarlo o rinnegarlo, vi apparterrà per sempre. Il futuro lo scriverete di vostro pugno ma non temetelo, perché quando esso muterà in presente vi renderete conto d'aver avuto una paura infondata". Detto ciò si allontanò dalla mezza che continuò ad osservarla, rapita dalle parole udite, finché non scomparve nel nulla. Comparve nuovamente Helena che le sorrise, fece un inchino e svanì, seguita da Iavanna che fece lo stesso. Manha comprese che costoro erano state importanti nella sua vita e che lo sarebbero state per sempre ma, che per il bene della creatura che portava in grembo, doveva guardare avanti e ricominciare per sé stessa e per il figlio. "Chiudete gli occhi- ordinò la voce della creatura- aspettate per qualche istante e poi riapriteli.
Ho ottenuto ciò che desideravo, un bel fiore da aggiungere alla mia collezione, d'impartirvi un insegnamento e scrutare nella vostra mente. Adesso siete libera", tra le mani della mezza comparve una rosa bianca, "questa vi rammenterà ciò che avete compiuto", null'altro aggiunse ed un profondo silenzio calò su ogni cosa. Manha osservò bene  quel luogo, come per imprimerlo nella propria mente, aveva imparato molto lì. Strinse a sé il fiore ed obbedì alla richiesta fattale. Stette immobile ad occhi chiusi, mentre la soave voce della dama le risuonava nelle orecchie. "Tutto ciò che avete visto ed udito resterà impresso in voi come un sogno, capace di scuotere l'animo e dare nuova coscienza di sé". Strinse con la destra il bastone, tutto divenne silenzioso e la voce tacque definitivamente ma le parole le rimasero impresse, come marchiate nella mente. Attese ancora un attimo prima di riaprire gli occhi, accorgendosi d'udire nuovamente il rumore della pioggia che le batteva sul capo. Sospirò scuotendo, mentre con la mancina si sistemò il cappuccio. Avrebbe voluto far a costei delle domande, ma forse per timor delle risposte aveva preferito tacere. Si ritrovò lungo il sentiero che conduceva al lago e comprese che l'incontro con i contadini doveva essere stato solo un pretesto per metterla alla prova. Sorrise vedendo le sponde e senza porsi domande si diresse verso gli argini, come se una forza invisibile la stesse attraendo a sé.

La pioggia cessò non appena la mezza giunse accanto alla riva bagnata dall'acqua cristallina del lago. Tutt'attorno non un suono, il silenzio era quasi assordante. Si guardò intorno cercando di mantenere la calma e provò a percepire eventuali presenze magiche ma, all'improvviso, dal centro del lago apparve uno zampillo d'acqua che si innalzò sempre più. Manha strinse nuovamente a se la rosa donatale dalla dama bianca mentre la piccola fontana assumeva le sembianze una giovane elfa bionda dagli occhi verdi e la carnagione chiara; tra le braccia portava una creaturina dall'inusuale chioma blu e piccoli occhi viola. Sembrava che entrambe sorridessero e la mezza sentì i cuore gonfio d'amore nei loro confronti. Dapprima non riuscì a comprendere il motivo di quel forte sentimento ma poco dopo capì, i suoi occhi si riempirono di lacrime, le mani corsero a tastare il ventre improvvisamente tornato piatto e crollò al suolo come un sacco vuoto. La donna sul lago era Iavanna e la piccola che teneva tra le braccia era certamente la creatura che aspettava, era quindi la figlia che portava in grembo. Si alzò ed istintivamente corse verso le due per abbracciarle entrambe. Nel fare ciò si lasciò sfuggire la rosa di mano ed appena questa toccò il suolo assunse le sembianze di un enorme serpente verde che si scagliò contro la figura sul lago, afferrandola e trascinandola nelle profondità lacustri.
Manha lanciò un urlo come non aveva mai fatto nella propria vita, un grido agghiacciante che non sembrava neppure provenire da lei e senza pensarci un istante si tuffò, cercando di nuotare il più velocemente possibile, per raggiungere la mostruosa creatura che continuava a trascinare, sempre più verso il fondo buio, la madre e la figlia. Ad un tratto si rese conto d'aver quasi completamente finito l'ossigeno e di star per soffocare; il suo cervello le ordinava di salire in superficie ma il suo cuore non voleva perdere coloro che amava. Allo stremo delle forze, udì una dolce voce quasi liquida che le risuonò nella mente, "non temere l'acqua, non ti nuocerà se ti affiderai ad essa, non resisterle". In un primo momento non volle credere possibile che non le sarebbe accaduto nulla se avesse respirato acqua al posto dell'aria e provò a resistere ancora, trattenendo l'ultimo sprazzo d'aria che ancora aveva. Tuttavia i polmoni cominciavano a bruciarle, per la carenza d'ossigeno, il serpente continuava ad allontanarsi sempre più e lei cominciò a sentirsi mancare e poco dopo svenne. La stessa voce continuava a ripeterle d'avere fiducia in sé stessa ed in ciò che aveva udito. Sembrava che la voce appartenesse a Demetra e questo le riportò alla memoria un'importante nozione: un mago deve fidarsi degli elementi e confidare nel loro aiuto. Ritrovato vigore, con un ultimo sforzo vitale riuscì ad aprire gli occhi, si rilassò ed affidò tutta sé stessa al lago, poi senza pensare fece un profondo respiro. Sorprendentemente i suoi polmoni non si riempirono d'acqua ma d'aria, come se per incanto il liquido che le entrava nel naso si mutasse in gas che le avrebbe impedito d'annegare. Rincuorata, riprese l'inseguimento del serpente, riuscendo in breve a riguadagnare terreno ed ad avvicinarsi sempre di più fino a sfiorare la squamosa coda verde smeraldo. Non appena riuscì ad afferrarla, la tirò a sé con tutta la forza che possedeva ma un gran bagliore avvolse ogni cosa, impedendole di vedere alcunché e costringendola a chiudere gli occhi. Non appena fu capace di riaprirli, si rese conto di non essere più immersa ma di trovarsi a centro di una grotta sottomarina e d'avere in mano, non più la coda dell'animale ma nuovamente la rosa bianca donatale dalla dama che però scomparve subito dopo. Di fronte a lei, sul fondo dell'ampia caverna, giacevano immobili la madre e la figlia: una nell'angolo destro e l'altra in quello sinistro. Prima che potesse persino pensare di fare qualunque cosa per salvarle una voce esplose all'interno dell'antro. "La vita di pone d'avanti ad un bivio giovane allieva, scegli: passato o futuro. Fa in fretta, altrimenti perderai entrambi". Non appena fu tornato il silenzio, l'intera grotta cominciò a tremare ed un fortissimo terremoto la sconquassò fin nel suo profondo. Una grossa spaccatura si aprì e cominciò ad allargarsi sempre più, mentre dalle pareti si staccavano dei grossi massi che precipitavano al suolo con grande fragore di polvere e schegge.
"Un incanto ti permetterà di salvare una di loro, deciditi o le perderai entrambe, per sempre", gridò la voce sovrastando i rumori dei crolli, per poi ridere sguaiatamente e spegnersi nel nulla. Manha aveva gli occhi pieni di lacrime ma in cuor suo aveva già scelto e sapeva benissimo che nessuno l'avrebbe potuta biasimare, per prima la stessa Iavanna. Si asciugò le lacrime, prese un profondo respiro e corse verso la figlia evitando i massi. Oltrepassò con un balzo il precipizio che si era creato e volò verso la bimba priva di sensi che giaceva, avvolta da un lenzuolo celeste, accanto ad una parete che minacciava di cedere da un momento all'altro e non appena ebbe preso il fagottino tra le braccia questa venne giù producendo un forte boato. La mezza ebbe appena il tempo di rannicchiarsi, stringendo la bimba a sé e creare uno scudo protettivo che la salvò dal crollo. Non appena tutta la polvere si fu posata aprì gli occhi accorgendosi che la piccola non si muoveva; fu colta da un improvviso impeto di rabbia, rimorso e paura per aver forse fatto la scelta sbagliata ma in cuor suo una voce le disse di non arrendersi e non lasciarsi avvinghiare l'anima dal panico, poiché la magia degli elementi l'avrebbe aiutata. Si rilassò, serrò le palpebre, respirò profondamente e fece rallentare il battito cardiaco fino a regolarizzarlo. Immaginò di trovarsi in un luogo in cui regnava la quiete, come la profondità dell'oceano. Tutto attorno le sembrò scomparire, la sua concentrazione era perfetta. Con tutta sé stessa invocò l'elemento acqua chiedendogli in prestito la sua energia. Rimanendo con gli occhi chiusi e la figlia tra le braccia, accolse nel proprio animo la forza delle cascate di montagna e dei fiumi in piena, la freschezza e la vitalità della pioggia estiva, l'armonia ed il silenzio delle profondità marine più buie. Non appena fu certa d'aver accumulato abbastanza energia, spalancò gli occhi, stese le braccia in avanti mantenendo la piccola in equilibrio, senza distogliere lo sguardo da lei. Attese qualche secondo e scandì bene l'incanto: "acqua benefica", subito dopo, dal nulla apparve una lieve pioggerella guaritrice che cadde sulla bimba. Questa riprese subito a muoversi emettendo dei sommessi vagiti e Manha felice la strinse a sé, piangendo di gioia, null'altro aveva importanza. Come d'incanto apparve una luce, una sfera che iniziò velocemente ad espandersi, occupando ciò che restava della grotta. Al suo interno vi era un mulinello d'acqua che turbinava sempre più velocemente e non appena ebbe raggiunto la grandezza sufficiente esplose, inghiottendo tutto. La mezza fece appena in tempo a voltarsi, stringere la figlia e chiudere gli occhi prima che un'onda d'energia l'avvolgesse. Si sentì sollevare da un caloroso abbracciò e poi deporre da qualche parte; attese per un tempo che le sembrò infinito e poi riaprì gli occhi scoprendo di trovarsi nuovamente in riva al lago, sotto ad un cielo limpido nel quale ogni cosa risuonava di gioia e vita, ignara di ciò che le era appena capitato.

Con orrore scoprì che la figlia, avuta fra le braccia fino a qualche istante prima, era scomparsa ed avrebbe urlato disperata se, sfiorandosi il ventre, non fosse stata certa d'essere tornata gravida; in fondo la piccola non era ancora nata, si tranquillizzò. Si guardò intorno e rivide la rosa; in breve un alone l'avvolse ed essa si librò nell'aria, brillando di una calorosa luce dorata che l'inghiottì, mutandola in una sfera colma d'acqua. Questa scese verso la mezza e le si parò innanzi, Manha protese le braccia e la vide implodere trasformandosi in una goccia di zaffiro delle dimensioni di un acino d'uva maturo che le si posò sul palmo destro. Sorpresa, la guardò meglio sfiorandola con l'altra mano e sentendo dentro sé una gioia immensa ed indescrivibile. Non appena sollevò lo sguardo si rese conto di non trovarsi più sulla sponda del lago ma all'interno di una stanza rettangolare. Ai quattro angoli vi erano delle torce che illuminavano l'ambiente spartano e privo d'arredi; di fronte a lei solo un altare quadrato, ricavato da un massiccio blocco di roccia, sormontato da un arco del medesimo materiale. Si accorse d'avere i piedi sopra il disegno di un pentacolo, cominciò a capire d'essere in accademia e sorrise sollevata.
"Ero certa che ci saresti riuscita", la voce apparteneva a Demetra. La mezza ne notò la presenza solo in quel momento, rendendosi conto di non essere sola e riuscendo a percepire l'aura dei propri compagni d'accademia, prima di vederli comparire dalla penombra. "Mia cara Manha, da oggi in poi sei diventata la maga dell'acqua. L'elemento ti ha scelto come suo tramite e questo sarà un legame eterno che ti accompagnerà per tutta la vita". Le si avvicinò, prese la spilla che teneva in mano e sorrise indicando di togliere il mantello, lei obbedì e tutti applaudirono festosi. Solo allora la mezza comprese che la missione era stata solo una prova di passaggio e fu immensamente grata alla custode dell'equilibrio per la fiducia che le aveva accordato. "Il tuo cammino non si è concluso, mia cara. Da oggi dovrai impegnarti ancora di più, non solo a non tradire mai l'elemento che ti ha scelto accettandone la guida, ma anche nel proteggere il regno da coloro che ne vogliono turbare l'equilibrio", le prese la mano destra e la strinse, "prometti di rispettare il tuo elemento e di servirlo per il meglio? Di rispettare la congrega e coloro che vi appartengono? Di mantenere l'equilibrio, ovunque esso ti chieda di andare?" Manha prese un profondo respiro, fece un lieve inchino e rispose con fermezza, "lo prometto" si alzò e rimase immobile. Con un gesto elegante Demetra tolse, dal pentacolo ricamato sull'abito, la spilla dell'alunno scelto e vi appuntò quella a goccia, l'omaggio era concluso e tutti applaudirono nuovamente con più energia. Lean ed Ike le andarono incontro per congratularsi, seguiti dal resto dei congreganti; stava per iniziare una nuova fase nella vita della mezza che le avrebbe portato molte avventure.

Angolo autrice:
Colpo di scena, spero che questo capitolo vi piaccia, credo sia uno dei piú belli.
Cosa ne pensate della storia, fin'ora scritta?
In alto un possibile ritratto di Ike.
A sabato

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