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Capitolo 38

Appena due giorni dopo, tutti vennero convocati nella camera degli elementi che ne ospitava l'altare di pietra, Demetra aveva finalmente trovato il modo per aiutare Evion.

La mente di Manha era attraversata da sentimenti contrastanti, una fitta nebbia confusa le offuscava il giudizio e né l'ultima visita di Fenix e Lorenne né Lean erano riusciti a diradarla. Mentre scendeva diretta al piano interrato in compagnia di Ike, Lean, Arsenya, Lillyenne ed Erm si sentiva come un'onda in balia di una tempesta e l'unico che riusciva a non farle perdere completamente il coraggio era il mago dell'aria, con il suo modo di fare coetese. Nessuno sapeva cosa sarebbe accaduto di lì a poco, tutti erano un po' nervosi ed il silenzio regnava sovrano, interrotto soltanto dal rumore dei loro passi sul pietroso pavimento e dallo stridere dei cardini della porta che conduceva all'altare degli elementi.

Demetra, Evion e Wood li attendevano. "Arcanum vobis, prego accomodatevi, così potremmo iniziare subito" fu la prima cosa che disse la custode dell'equilibrio non appena vide il gruppetto. La mezza si soffermò per qualche istante ad osservare Evion, questi aveva la fronte segnata con la stella dell'equilibrio ed indossava una tunica nera, quella degli iniziati. Scorse il suo sguardo triste e sofferente di chi è giunto al limite della sopportazione e questo le strinse il cuore in una morsa. Le tornarono in mente tutti i momenti in cui era stata davvero felice in sua compagnia e si ripromise che nonostante gli ultimi avvenimenti, avrebbe aiutato il pari razza in nome di ciò che un tempo avevano condiviso. In tal modo cercò di scacciare da sé ogni confusione, ogni pensiero e di concentrarsi solo su ciò che stava per accadere. "Manha, Ike, Lean ed Arsenya, dirigetevi ai 4 angoli dell'altare" cominciò Demetra, "tu Evion al centro. Wood, Erm e Lillyenne voi restate dietro di me a 5 passi" detto ciò si diresse innanzi all'altare a completare la stella a 5 punte di cui gli altri 4 erano i vertici. Non appena tutti si trovarono ai posti assegnati fece un profondo respiro, "invocate i vostri elementi. Manha l'acqua, Ike l'aria, Lean la terra, Arsenya il fuoco ed io la luce" poi rivolta a Lillyenne "tu sarai la nostra ancora di supporto, essendo la maga degli elementi potrai intervenire se uno di loro dovesse trovarsi in difficoltà", istruzioni dettagliate le sue per evitare incidenti. "Dobbiamo castare l'incanto: veneficium manifestum, una convergenza astrale che ci permetterà di scoprire che tipo di maleficio è stato imposto al nostro apprendista", fece una piccola pausa, "dovete concentrare il vostro potere su di lui, restando con le braccia parallele all'altare, come se cercaste di toccare la punta delle dita di chi si trova nell'angolo di fronte al vostro ma senza perdere di vista il bersaglio". Si voltò verso i 2 apprendisti, "voi restate immobili, qualunque cosa accada, la vostra presenza ci è già d'aiuto. Se vi fosse qualche problema lo risolverà Lillyenne, non voglio corriate rischi, dovete solo assistere, sono stata chiara?" Chiese ed entrambi annuirono rimanendo fermi come statue. Tranquillizzatasi, tacque ed a tutti fu chiaro che dalle parole occorreva passare ai fatti. I maghi e la custode dell'equilibrio chiusero gli occhi, i loro respiri si fecero lenti e regolari, raggiungendo una perfetta sincronia. Anche il tempo sembrò rallentare il suo indaffarato corso. Ognuno di loro raggiunse la totale concentrazione, invocando il proprio elemento in soccorso. Dopo essersi caricati d'energia elementare aprirono gli occhi e fissarono lo sguardo su Evion, in piedi al centro del quadrato di pietra ed un istante dopo ripeterono all'unisono, ad alta voce: "veneficium manifestum" unendo i poteri. Da ognuno di loro partì un fascio di luce che creò una sorta di piramide e sopra la testa del mezz'elfo apparve una sfera luminosa, larga 2 metri di diametro ed al suo interno cominciò ad animarsi una scena appartenente al passato dell'apprendista. Una quieta foresta, al culmine della fioritura primaverile, il soave canto degli uccelli riempiva l'aria profumata di note amorose. Al centro di questa, vi era un'assolata radura, ricoperta da un tappeto di fiori dai mille colori in cui una struttura a forma di «U» faceva bella mostra di se. Su di essa vi era un meraviglioso cespuglio di rose scarlatte. Improvvisamente, sulla scena comparve lo stesso Evion intento ad attraversare il bel campo fiorito; appariva felice e canticchiava tra sé e sé. Le rose ne attirarono l'attenzione e vi si diresse come attratto da una forza irresistibile. Senza fare caso al luogo in cui crescevano, ne strappò qualcuna, pungendosi un dito. Un urlo agghiacciante riempì l'aria ed il cespuglio, sfiorato dal sangue del mezz'elfo appassì e morì, seguito da ogni cosa viva attorno a lui; persino le rose che teneva fra le mani si deteriorarono fino a divenire polvere che venne spazzata via dal vento. Il mezz'elfo rimase pietrificato dalla paura, mentre tutto intorno regredì e venne inghiottito dal gelo invernale. Dalla struttura ad «U», un altare votivo, comparve una figura di donna dall'aspetto spaventoso che prese ad urlare ed inveire. Non appena quell'occhi di fuoco si fermarono su Evion, ogni cosa tacque, anche il tempo non riuscì a continuare a correre, forse anch'egli troppo terrorizzato alla vista dell'orripilante creatura. "Come hai osato cogliere le mie rose e lordarle con il tuo sangue impuro", la voce fece tremare ogni cosa, "per la tua azione offensiva, la pagherai molto cara" disse avvicinandosi. Aveva le sembianze di una vecchia decrepita coperta di stracci impolverati, con il naso adunco e gli occhi neri come la notte. Con una mano scheletrica ed eccessivamente bianca, tanto trasparente che si potevano ben vedere le vene e le stesse ossa deformi al suo interno, gli toccò il petto digrignando i denti marci "ogni qual volta le tue mani toccheranno la felicità ed il tuo cuore sarà colmo d'amore, riuscirai a rovinare ogni cosa, come hai fatto con i miei fiori sacri". Dopo aver pronunciato la maledizione scoppiò in una terrificante risata e come se fosse stata composta d'aria, passò attraverso l'apprendista. "Di questo non riuscirai a parlare a nessuno, perché nulla ricorderai e ciò ti procurerà ancora più sofferenza. Ti resterà solo il rimorso per la tua empietà". Il mezz'elfo crollò al suolo svenuto e la creatura scomparve senza lasciare traccia, anche l'altare sparì in un improvviso incendio che lo consumò interamente senza che ne restasse niente. Trascorso qualche minuto, la primavera ritornò a mostrarsi, Evion riprese i sensi, scosse il capo e come sotto shock s'incamminò in direzione del bosco e scomparve. Lo scenario mutò radicalmente, all'interno della sfera scoppiò un violento incendio che avvolgeva e distruggeva tutto quello che trovava a sbarrargli la strada in un villaggio di pescatori. Al centro della scena ricomparve l'apprendista, correva urlando un nome che nessuno riuscì ad afferrare, appariva disperato. Entrato in una casa divorata dal fuoco, vi trovò una donna prima di sensi, le corse incontro, la sollevò da terra, la condusse fuori e provò a rianimarla. La giovane appariva in attesa d'un figlio e non rispondeva ai vani tentativi di risvegliarla del mezz'elfo che scoppiò in lacrime disperato. Dal nulla comparve una folla inferocita che subito lo puntò urlandogli contro e provando a catturarlo; questi dovette lasciare la fanciulla tra le braccia della morte e fuggì via, inseguito dai suoi assalitori. Alcune voci riuscirono a superare il brusio generale, "hai distrutto il nostro villaggio, mostro". Il quadro cambiò un'ultima volta e mostrò Evion sul ponte di una nave. Egli appariva stordito e confuso, osservava l'orizzonte, la costa si allontanava lentamente mentre il sole tramontava sotto il mare. Tutto si spense ed al centro della sfera ormai nera, apparve una scritta rosso sangue, "ciò che è stato sottratto con l'inganno deve essere restituito e la lordura lavata; solo così la maledizione verrà cancellata".

L'incanto terminò e tutti rimasero per qualche istante ammutoliti a causa di ciò che avevano visto. Manha si sentì inondare da sentimenti contrastanti e provò un senso di profonda empatia nei confronti del pari razza. "Dobbiamo riuscire a riparare al torto che il nostro apprendista a causato, in buona fede, a quella creatura", la prima a rompere il silenzio fu Demetra, "cosa dovremmo fare?" Chiese Ike mentre cercava di riprendersi dal faticoso incanto che avevano appena concluso. Nessuno rispose, "forse dovremmo ridare a quell'essere i fiori che ha raccolto..." propose Manha con la voce lievemente provata dalla fatica sostenuta, "magari purificare il cespuglio" aggiunse Lean un po' affannato.

Evion stava a capo chino, dopo aver visto cose del proprio passato di cui non ricordava nulla e di cui non andava certo fiero, ma al suono della voce di colei che amava alzò la testa e la guardò preoccupato; non voleva si stancasse troppo a causa sua ma non poteva fare nulla per impedirle di continuare ad aiutarlo, era Demetra che aveva deciso in tal modo e lui non poteva certo avere voce in capitolo su questa faccenda. Si domandava come avesse potuto essere tanto sconsiderato e si sentiva in colpa, a causa del proprio comportamento frivolo la sua compagna di allora aveva pagato con la vita ed adesso stava causando dolore a Manha ed a coloro che aveva cominciato a considerare come la sua famiglia. Quasi non riusciva a respirare e gli occhi non vedevano bene per le lacrime che copiose si affollavano su di essi. "Ottima idea, potremmo purificare la zona dove sorge l'altare e farvi ricrescere il cespuglio di rose. In tal modo il torto sarebbe riparato e la maledizione verrebbe annullata" furono le prime parole di Arsenya. "Con un incanto potremmo giungere direttamente sul luogo del misfatto senza doverci fisicamente spostare da qui" aggiunse con decisone Ike, "siamo d'accordo, attiveremo il teletrasporto magico, grazie ad un'altra convergenza astrale, che permetterà alle nostre essenze di arrivare sul posto. Una volta lì, Arsenya purificherà il terreno, Lean e Manha ridaranno vita alle rose dell'altare ed Evion si prostrerà chiedendo perdono per ciò che ha commesso allora, a cuor leggero. Il resto di noi sarà da supporto magico. Vi sentite pronti?" Il tono di Demetra era convincente e lasciava trapelare una sorta di compiacimento ed orgoglio verso i suoi meravigliosi confratelli. "Si" risposero in coro i 4. Si concentrarono nuovamente, invocando l'aiuto dei propri elementi guida, si caricarono d'energia elementare che indirizzarono in un punto al di sotto del mezz'elfo e all'unisono castarono: "mens magica translata", d'avanti all'apprendista comparve una piccola sfera di luce che presto s'ingrandì e lo inghiottì continuando a crescere fino ad inglobare i 5, facendoli scomparire alla vista di Lillyenne e dei 2 apprendisti. Non appena il bagliore cessò Manha, Ike, Lean, Demetra, Arsenya ed Evion si ritrovarono in una radura fiorita al centro della quale si trovavano i resti di un altare a forma di «U» su ed attorno al quale non cresceva nulla, come se un incendio avesse appena incenerito ogni forma di vita ivi presente. Il gruppetto si avvicinò alla struttura in silenzio e dopo uno scambio d'occhiate significative si misero all'opera. Arsenya si posizionò di fronte ai resti e dopo aver raggiunto la concentrazione ed accolto in se il potere del fuoco benefico pronunciò, scandendo bene le parole, "ignis purgatorius", dalle sue mani sgorgò una cascata di fiamme che si riversarono sul terreno purificandolo dall'aura negativa che emanava. Subito dopo Lean e Manha si portarono ai due angoli della costruzione.

Per primo iniziò il mago della terra che ne invocò l'aiuto, seguito dalla maga dell'acqua che fece lo stesso con il proprio elemento ed insieme poterono castare, "rerum natura ad vitam reditus", un incanto che riuscì a riportare in vita tutto quello che si trovava sull'altare, compreso il cespuglio e le rose che Evion aveva incautamente reciso. "O guardiana e protettrice di codesto luogo, congedi il perdono a colui che tempo fa ha sbagliato ma che adesso è tornato per rimediare al danno che ha involontariamente commesso. Egli, pentito ed a te umilmente prostrato, chiede che d'essere liberato da ciò che lo affligge". Finita la supplica, in ginocchio il mezz'elfo chinò il capo fino a poggiare la fronte al terreno ed attese. Tutti tacquero aspettando un gesto o comunque qualcosa che facesse intendere loro che la maledizione fosse stata sciolta. L'apprendista desiderava con tutto sé stesso d'essere perdonato, era sinceramente pentito per il suo sconsiderato gesto e sperava ardentemente che i suoi confratelli riuscissero ad aiutarlo. Questi sentimenti uniti alle scuse ed agli incantesimi richiamarono la creatura alla radura. Non appena la vide apparire Manha capì cosa doveva fare; si concentrò un ultima volta ed usando il potere donatole dalla Ninfa castò "liberatio mali", una leggera pioggerella purificatrice cadde su tutto e tutti. La creatura sospirò e non appena vide l'altare rifiorito, con ogni rosa al proprio posto, sorrise rabbonita ed improvvisamente da vecchia e ripugnante divenne una giovane dalla lunga chioma rosa, gli occhi verdi e la pelle lattea. Indossava una veste bianca che scendeva morbida sui fianchi, legata alla vita da una cinta verde e tra i capelli portava delle piume di pavone verdi e viola; sembrava una divinità. "Le tue suppliche e le azioni dei tuoi amici non sono state vane, ciò che un tempo è stato violato, adesso è rinato" la sua voce suonava dolce e melodiosa, un balsamo per le orecchie, "la maledizione adesso è sciolta e non tormenterà più la tua anima", poi rivolta agli altri "vi ringrazio per ciò che avete fatto, adesso potete tornare alla vostra dimora", fece un lieve inchino e scomparve. Evion emise un profondo sospiro di sollievo e si rimise in piedi, sentendosi leggero, "vi ringrazio per quello che avete fatto per me", ebbe il tempo di dire, soffermandosi un attimo sulla mezza, poi tutto cominciò a svanire ed una luce abbagliante li avvolse costringendoli a chiudere gli occhi.

Non appena tutto tornò alla normalità, si ritrovarono nuovamente nella camera dell'altare degli elementi, ognuno nel punto in cui era prima di scomparire. "E' stato sorprendente" li accolse lo gnomo saltellando verso la pietra con entusiasmo, "adesso il nostro Evion sarà libero dal suo lato... poco carino?" Chiese incuriosito Erm, avvicinandosi con precauzione all'apprendista. "Si, è tutto finito" annunciò raggiante lui, scendendo dall'altare con un piccolo balzo. "Adesso sarà meglio andare tutti a riposare un po', 2 convergenze ed il resto, consumano molta energia ed è necessario recuperarla" ammise Demetra che solo in quel momento si accorse d'essere un po' stanca, "ci vedremo nuovamente a cena e parleremo ancora dell'accaduto, ma sappiate che sono fiera di voi" concluse orgogliosa. "Ottima idea, sorella" aggiunse Ike che con lo sguardo cominciò a cercare Manha, "si, una buona dormita mi serve davvero, sono esausto" confessò Lean, "io non sono neppure certa di riuscire a raggiungere la mia camera" fu la battuta di Arsenya che si accostò ad Erm con aria svenevole, facendolo diventare tutto rosso in viso. L'unica a non aver proferito verbo era stata Manha, che non era neppure nelle vicinanze del gruppo. Il primo a rendersi conto della cosa fu Ike, che la cercava con lo sguardo da qualche secondo, non riuscendo a trovarla. "Demetra, dov'è Manha?" Chiese con la voce venata dalla paura, per un attimo la custode si sentì rabbrividire ed il pensiero d'averla persa le gelò la mente ma poi riuscì a percepirne l'aura, seppur debole. "Si trova in questa stanza, ne avverto la presenza" disse incominciando a vagare per la sala poco illuminata. Fu Lean a trovarla svenuta dietro l'altare, ma gli mancavano le forze per sorreggerla, "accorrete è qui" gridò creando, con un ultimo sforzo, una sfera di luce che illuminò la zona. Tutti accorsero, "L'eccessivo dispendio d'energia deve averla sfinita, nel suo stato" disse sollevata Demetra dopo aver constatato che la mezza era soltanto priva di sensi. "Un po' di riposo le gioverà" constatò Erm stringendo Arsenya a sé con fare protettivo. Evion non riusciva a muoversi o parlare, per un lungo attimo aveva temuto per la vita di lei e questo pensiero lo aveva fatto sentire completamente perso; amava quella creatura più di ogni altra cosa al mondo ed avrebbe fatto di tutto per lei. Tuttavia, prima che riuscisse a riprendersi ed a pronunciare parola, Ike lo aveva preceduto. Prese tra le braccia la maga dell'acqua con delicatezza, "la porterò nella sua camera" annunciò passando accanto all'apprendista rimasto di sasso, scaraventato in una realtà in cui Manha amava costui. Mentre l'oltrepassava, il mago dell'aria le diede un affettuoso bacio sulla fronte e gli lanciò uno sguardo di sfida; Evion abbasso gli occhi in terra e non disse nulla.

Tornato in camera propria si sedette sul letto e cominciò a riflettere. Amava Manha più di sé stesso, ma era consapevole d'averla fatta soffrire, maledizione o no, d'averla tradita e la cosa gli bruciava ancora, d'averla fatta fuggire quando aveva più bisogno. Non doveva sbalordirsi se avesse trovato qualcuno che la facesse sentire protetta, amata e che ne aspettasse un figlio. Ike era un ottimo mago, un elfo di buon cuore e sarebbe stato un padre affettuoso. Si rese conto di non avere alcuna possibilità ma voleva essere certo che costui non abbandonasse mai l'amore della sua vita. La felicità di lei era più importante della propria e voleva esserne certo.

Angolo autrice:
La maledizione di Evion è sciolta, saprà riconquistare il suo amore o lo perderà definitivamente.
Chi dovrebbe scegliere Manha?
In alto una possibile immagine della ninfa.
A domenica, il finale non è lontano!

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