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Capitolo 35

Tutti noi siamo consapevoli di quanto variegato sia il paesaggio terrestre e di quanto sia emozionante assistere al suo mutare. Ogni viandante resta incantato, nel momento in cui i suoi occhi si posano su una collina che si trasforma in pianura o in una valle fluviale o cresce fino ad essere un'imponente montagna e dell'avvenimento conserva ogni dettaglio nel cuore; allo stesso modo, i nostri avventurieri ebbero la fortuna, durante i 7 giorni di cammino che li separavano dal vulcano di Efesto, di veder l'orizzonte evolversi. Le colline ondulate presto divennero una verde e rigogliosa pianura sulla quale galoppava libera una numerosa mandria di cavalli selvaggi; essa a sua volta si trasformò in una foresta lussureggiante, ricca di alberi antichi e maestosi e colma di canti di uccelli; poco dopo il bosco si diradò per lasciare il passo ad un'ampia valle fluviale al centro della quale scorreva un placido fiume dalle acque verde-azzurro, sulle cui rive decisero di fermarsi per riposare e pescare. Durante il viaggio avevano avuto occasione di attraversare diversi villaggi ed in alcuni di essi avevano sostato qualche ora per riposarsi un po' e fare gli acquisti necessari.

Oltrepassato un solido ponte di pietra intarsiata e raggiunta l'altra sponda del fiume, alla fine, si ritrovarono nel regno di Celyon. Ben presto videro comparire all'orizzonte il profilo del maestoso vulcano che si stagliava ritto e possente, quasi a voler lambire il cielo. Tutto attorno riprese nuovamente a cambiare, la valle si arrese ad una «pineta» fatta d'alberi dal fusto sottile ma dalla chioma alta e protesa verso il sole. Persino il colore del terreno cambiò aspetto; le morbide argille del fiume divennero sempre più secche e resistenti, scurendosi sempre più, contaminate da cristalli come il quarzo, le olivine e la muscovite. Minerali che per un occhio più attento presagiscono l'avvicinarsi ai piedi di un vulcano. Alle falde della fucina d'Efesto il panorama si trasformò completamente, il bosco lasciò la scena ad una mostra di affioramenti lavici. Il suolo si ricoprì di sabbia nera, puntellata qua e là da arbusti di ginestra. L'atmosfera si fece carica d'energia e la compagnia si ritrovò a provare una sorta di timore reverenziale verso quella forza della natura che era riuscita a modificare l'ambiente in modo da renderlo a propria immagine e somiglianza. Man mano che s'inerpicavano lungo i fianchi, notarono che le piante diminuivano sempre più per lasciare spazio ad una galleria di formazioni rocciose che possedevano sfumature di colore che andavano dal mattone al nero intenso.

Il sole divenne sempre più caldo ed un odore di zolfo prese a filtrare dalle rocce, segno che il vulcano era attivo. Lungo il tragitto potettero distinguere ad occhio nudo le diverse colate laviche che, spazzando via ogni cosa sul loro percorso, avevano segnato il territorio in maniera netta. Alcune si sovrapponevano, altre erano parallele; segni indelebili appartenenti ad epoche dimenticate, di cui erano l'unica testimonianza.

Dopo aver camminato a lungo, il gruppo decise di fare una sosta, scegliendo una grotta formatasi durante un intenso episodio vulcanico avvenuto circa 300 anni prima, quando la parte esterna della colata si era solidificata, mentre al suo interno il magma aveva continuato a scorrere verso valle, lasciando al suo fluire una cavità larga 4 metri dalle pareti concave con il soffitto ed il pavimento frastagliati. L'ingresso era stato notato da Ike e consisteva in una spaccatura sul soffitto che franando aveva creato una sorta di scala naturale. Il desiderio d'un po' di frescura convinse tutti a concedersi una sosta, oltretutto Tuck, Manha, Astrea e Lunadora erano esauste. Ottima occasione per capire se la direzione presa era corretta o se invece si erano completamente persi. "Non abbiamo incontrato alcun villaggio da quando abbiamo lasciato il ponte sul fiume e siamo entrati nel regno di Celyon, come facciamo ad essere sicuri di non aver preso la strada sbagliata?" Sbottò Sophya sfinita mentre si accomodava in una piccola rientranza sul muro. "hai ragione, dovremmo provare a percepire qualcosa, convenne la mezza dopo essersi dissetata ed aver passato il contenitore dell'acqua al mago dell'aria. "Purtroppo l'energia prodotta da questo vulcano, oltre a produrre un profondo senso di rispetto in chiunque vi metta piede, riesce a mascherare ogni altra presenza" le rispose l'amico, "lungo il nostro cammino ho provato diverse volte a concentrarmi, ma vi è un manto magnetico che interferisce ed annulla le percezioni magiche", concluse sconsolato. Un insistente silenzio calò su ognuno di loro e nessuno si accorse dell'individuo, accovacciato su di una sporgenza nella parte in ombra della grotta, che li scrutava con attenzione da quando erano scesi; si trattava di un eremita. Sembrava un giovanotto snello ma muscoloso, con il capo ricoperto da lunghi capelli incolti, la fronte segnata da uno strano simbolo grigio a forma di lambda, gli occhi color ambra e la pelle abbronzata. Portava un grosso bastone nodoso, indossava soltanto un gonnellino-perizoma color arancio e sorrideva, come chi sa, con le gambe incrociate sulla nuda roccia. "Il caso non esiste, se vi ostinerete a cercare una strada dritta, non troverete nulla e vi perderete per sempre; ma se saprete adattarvi a queste vie, esse vi condurranno dovunque desideriate andare", solo a queste parole la compagnia scoprì di non essere la sola occupante dell'antro e vide l'uomo che nel frattempo si era alzato ed aveva mosso qualche passo verso di loro.

Egli indicò un punto in cui la caverna cominciava a restringersi e puntava in una direzione indefinita, diventando una sorta di cammino tortuoso che conduceva fin dentro le viscere del maestoso vulcano. "La fiducia è un dono prezioso che non va sprecato ma usato nel momento appropriato e colui a cui sarà donato, ve ne sarà grato". Il gruppo si scambiò delle occhiate eloquenti, cercando di comprendere se il giovane fosse savio e se le sue parole potessero essere affidabili o solo frutto dell'agonia mentale. "Ci è stato detto che in questo luogo è custodito un artefatto magico che permetterebbe a noi di salvare il nostro regno dalla forza malvagia che lo minaccia", a parlare era stata Astrea, volata di fronte all'eremita, "potreste aiutarci a rintracciarlo?" Le sue ali frullavano veloci e vibravano ansiose, mentre lo scrutava bene in viso piena di speranza e fiducia. Il resto non emise suono, meravigliato dall'agire della riservata compagna ma desideroso di ricevere un aiuto inaspettato. Il bizzarro essere rifletté un istante, prima di rispondere, osservò ad uno ad uno il variegato gruppo e poi sorrise muovendosi verso il punto che aveva loro indicato qualche attimo prima. "Posso solo condurvi alla soglia ove giace l'oggetto che cercate ma sta a voi far luce su ciò che è oscuro". Null'altro aggiunse mettendosi in marcia; la fatina lo seguì volandogli dietro e lo stesso fecero Manha e Tuck. "Ci fidiamo di costui?" Sussurrò Sophya ad Ike "abbiamo altra scelta?" le rispose imitando i compagni. Tutti si misero in cammino dietro alla loro guida improvvisata che sorrise nuovamente mostrando loro il percorso. "Perdonatemi", la voce trillante di Astrea risuonava più acuta tra le contorte pareti, "sarebbe inopportuno conoscere il vostro nome?" Chiese volandogli accanto ed illuminando la via che man mano veniva sempre più risucchiata nella penombra. "Il mio nome è Kumar-Kandam, lieto di potervi essere utile" si fermò per un breve inchino, "il vostro?" Chiese di rimando. Ormai il sentiero era diventato totalmente buio e la sola luce della fata non bastava, ma questi lesto, con un colpo secco del suo bastone sul terreno creò una luce abbastanza forte da illuminare a tutti la strada. "Mi chiamo Astrea, astro splendente dei maghi della luce" anch'ella fece un breve inchino, "tutti noi vi siamo grati per quello che state facendo". Il giovane annuì ma non aggiunse altro e nessuno proseguì il discorso, poiché il cunicolo che percorrevano, ampio circa 2 metri ed alto 3, era ricco di sporgenze rocciose che costringevano a fare molta attenzione ad ogni piè sospinto e non permettevano di concentrarsi su una conversazione. Quando ormai l'ambiente stava diventando claustrofobico e la temperatura intollerabile, il percorso migliorò; le pareti cominciarono ad allargarsi e ben presto sbucarono in una grotta, gemella di quella dalla quale erano partiti. "Non appena porrete piede al di fuori vi si parerà innanzi un uscio di pietra, varcatelo e nei suoi meandri troverete ciò che in patria porterete", prese a dire l'eremita, appena giunsero nei pressi della sassosa uscita della caverna, "soltanto un piccolo monito: non portate la tristezza dentro l'antro, perché v'è chi ne trarrebbe guadagno. Adesso andate e se riuscirete ci vedremmo ancora", lanciò loro un'ultima occhiata ed indicò la salita; nessuno riuscì a proferire parola, tanto il momento sembrava drammatico.

Subito dopo essere giunta sotto il sole del primo meriggio, Astrea si voltò verso la grotta e si accorse che Kumar-Kandam era scomparso, sorrise scuotendo il capo e si rese improvvisamente conto d'essere più che mai decisa e sicura di sé, come se quell'essere umano le avesse infuso un'energia ed una fiducia che forse non aveva mai posseduto. Di fronte alla compagnia svettava maestosa la parte sommitale del vulcano, dal cui cucuzzolo spuntava solenne un pennacchio di fumo che s'innalzava verso l'azzurro cielo per poi farsi trasportare dal vento in una direzione o nell'altra, senza meta. Tutt'intorno solo roccia lavica dalle stravaganti forme, in mezzo spiccava un piccolo sentiero che zigzagando conduceva all'entrata di una grotta. Il drappello si mosse silente verso quel punto; nessuno riusciva a spiccicare parola ma ognuno di loro cercava d'allontanare da sé i pensieri negativi, di farsi coraggio ed andare avanti. La più timorosa era Manha che rimase in fondo al gruppo, come indecisa. Ike si accorse dell'accaduto e la raggiunse, "qualcosa non va?" Le chiese preoccupato, "temo che i ricordi negativi della mia vita mi assaltino non appena varcato l'ingresso", la voce le tremava, "e non vorrei che ciò causasse danno a tutti voi. Forse sarebbe meglio che rimanessi qui fuori". Ike scosse il capo, si fermò e le prese le mani tra le sue, "Manha, tutti noi, chi più chi meno, abbiamo nel nostro passato dei ricordi legati ad eventi negativi ma ne abbiamo anche di positivi ed è a quelli che dobbiamo aggrapparci con tutte le nostre forze nei momenti di sconforto. Se senti che la tristezza ti sta per assalire, tu combattila ripensando a qualcosa di lieto; sono certo che ci riuscirai, ho fiducia nelle tue capacità", le lasciò le mani e le indicò il ventre, "pensa al tuo nascituro ed egli sarà il tuo pensiero felice capace di scacciare il resto. Nessuno verrà lasciato indietro, specialmente tu", disse serio, "potrai contare sempre sul mio appoggio. Va meglio?" La maga dell'acqua si tranquillizzò ed annuì accarezzandosi la pancia, "hai ragione, ti ringrazio, non saprei che fare senza di te" poi ripresero a camminare e raggiunsero gli altri che si erano appena fermati davanti al buio ingresso. "Andiamo" gli esortò Sophya e dopo un attimo d'incertezza si ritrovarono oltre la nera soglia. Furono subito accolti da una sensazione che somigliava ad un abbraccio gelido ma nessuno si perse d'animo, Ike, Manha, Sophya, Lunadora ed Astrea crearono delle luci fluttuanti per schiarire il cammino e con coraggio avanzarono. Il percorso rettilineo e leggermente in discesa, largo 2 metri ed alto 4, era costellato da appuntite sporgenze ambrate che divennero sempre più scure man mano che si procedeva lungo il cunicolo. Stranamente la temperatura non aumentava, nonostante fosse evidente che la strada conducesse nel cuore del vulcano d'Efesto. Nessuno osava aprire bocca, troppo impegnati a restare in piedi e nell'evitare di pensare a nulla di negativo; tuttavia più passava il tempo, più diventava difficile restare concentrati. Manha poggiò la destra sull'addome cercando di pensare soltanto alla figlia che portava con se, come sarebbe stata felice il giorno in cui l'avrebbe tenuta tra le braccia e come avrebbe completato la sua vita, tuttavia cominciò ad insinuarsi in lei un insistente pensiero: forse non sarebbe riuscita ad essere una buona madre, avrebbe certamente deluso quell'esserino innocente che aspettava di venire al mondo. Scosse il capo, pensando alle parole dell'amico, ricacciando l'oscuro pensiero nelle profondità dell'inconscio con tutte le sue forze ma questo non si diede per vinto, portandole alla mente il pensiero di Evion e pian piano cominciò a risucchiarle la forza d'andare avanti, facendola sentire sempre più stanca ed infreddolita. La mezza non era l'unica ad avere questo problema, tutti erano alle prese con i propri tormenti interiori, persino il mago dell'aria ed il druido che apparivano, agli occhi degli altri, come due creature spensierate. In realtà anche loro avevano avuto brutte esperienze: Ike aveva assistito alla morte dei suoi genitori per mano di una dozzina di orchi e si considerava un peso per la sorella Demetra, mentre Tuck era stato costretto ad abbandonare la terra natia a causa di una spaventosa guerra. Dopo un tempo quasi infinito, la via s'allargò diventando una grotta, al cui centro scorreva il magma; erano arrivati nella camera magmatica dell'imponente vulcano. Tuttavia, la temperatura non era quella che si ci aspetterebbe di trovare in prossimità di un liquido incandescente che appariva stranamente scuro, come se qualcosa ne smorzasse il vigore. Facendo attenzione a dove mettevano i piedi si avvicinarono, cercando di capire dove fosse custodita la chiave e se vi fosse qualcuno a sorvegliarla. Improvvisamente nel magma si formò un'escrescenza che prese a crescere sempre più ed ad innalzarsi velocemente, una sostanza nera e grumosa che assunse la forma di uno spettro dagli occhi incandescenti ed il ghigno malefico; attorno la collo portava la chiave. Non appena la creatura fece la propria apparizione, l'aria divenne più fredda ed ad ognuno sembrò che una lama appuntita gli si conficcasse nel cuore, fermandone i battiti. Manha vacillò e si sentì mancare, ebbe la visione della madre e di Helena che invocavano il suo nome e poi più nulla. L'essere ripugnante scoppiò in una malefica risata ed un alone violaceo avvolse l'intera caverna, cogliendo tutti alla sprovvista. Quando la sinistra luce si spense, la creatura rise nuovamente, soddisfatta nel constatare che tutti giacevano al suolo privi di sensi; stava per dare loro il colpo di grazia ma dovette fermarsi, qualcuno era ancora cosciente. "Non cantare vittoria, non hai ancora vinto, io sono qui!" Grido Astrea con tutte le proprie forze. Le ali trillavano e frullavano impazzite come se l'incanto le avesse donato più forza di quella che già possedeva. "A questo v'è rimedio" fu la risposta dello spettro che subito dopo lanciò un altro attacco che trovò la fata pronta al contrattacco. Dapprima generò una sfera che la proteggesse dal malefico, come aveva già fatto prima, subito dopo concentrò tutta la sua luce al centro di sé, raccogliendo tutto ciò che vi era di positivo ed urlò "Supernova" castando un incanto di luce capace di mutare ogni magia negativa in positiva. La magia avvolse la creatura che emise un grido agghiacciante, divenne totalmente bianca ed esplose, lasciando soltanto la chiave sospesa in aria che andò ad appoggiarsi fra le piccole mani di Astrea, facendole ottenere il simbolo della positività sull'anulare. Un rombo assordante invase la grotta, mentre gli altri cominciarono a risvegliarsi guardandosi intorno smarriti. "cos'è successo?" Chiese Sophya massaggiandosi le tempie indolenzite, ma prima che la fata potesse risponderle avvenne qualcosa di sorprendente: il magma riprese colore, tornando ad avere sfumature che spaziavano dal rosso al bianco accecante; la temperatura prese a salire rapidamente e dal nulla ricomparve l'eremita che aveva loro indicato la via. Il suo aspetto era leggermente cambiato: oltre al solito gonnellino, indossava 3 bracciali di metallo color rame alle caviglie, ai polsi ed alle braccia; la chioma era legata in una coda fermata con un anello dorato ed al collo portava una collana con lo stemma del fuoco. Sorrise emanando un alone luminoso che lo faceva apparire ringiovanito. "Ringrazio tutti voi, ma in particolar modo Lady Astrea, per quello che avete compiuto oggi. Quell'essere, con la sua immonda presenza, aveva corrotto questo luogo ed io stesso non potevo fare nulla per arrestare il suo potere. Avrete la mia eterna gratitudine", disse e fece un profondo inchino. "Chi siete in realtà?" Domandò Ike con il suo solito sguardo furbo, "io sono il custode del vulcano, uno spirito elementare, il mio vero nome è Efesto e vivo qui da tempo immemore a guardia della fucina degli dei. Tuttavia, poco tempo fa una forza negativa è piovuta dal cielo, scacciandomi dalla mia dimora ed impedendomi di tornarvi. Adesso quella forza è sparita, grazie a voi Astrea", fece ancora un inchino. "E' stato un dovere ed un onore potervi aiutare, ma adesso dobbiamo andare, il nostro regno ha bisogno di noi", la voce della fata suonava piena d'emozione. "Capisco, fate un buon viaggio" furono le ultime parole del guardiano che schioccò le dita trasportandoli direttamente fuori dalla grotta. Fuori notarono che il paesaggio, nonostante la presenza della lava solidificatasi nei secoli, appariva più vivo e maestoso che mai, cosa che strappò a tutti un sorriso.

Si misero in cammino, scendendo lungo il fianco del vulcano, quando dinnanzi a loro apparve una sfera luminosa, dalla quale ne uscì una voce melodiosa. "La vostra missione è quasi giunta al termine, non vi resta che aiutare i vostri contro il male. Non dubitate di ciò che avete raccolto alla leggera durante il viaggio, poiché vi sarà d'aiuto nel raggiungere la vittoria". Dopo di che il suono cessò ed una luce accecante avvolse tutti in un istante e non appena si acquietò e scomparve, gli 8 si resero conto di trovarsi ai margini del bosco sacro del loro regno, erano nuovamente a casa.

Tuttavia, non ebbero il tempo per poter festeggiare il loro ritorno poiché i suoni di una battaglia arrivarono loro incontro, prepotenti. "Dobbiamo sbrigarci" li esortò Ike e tutti annuirono correndo o volando verso il punto in cui imperversava la lotta. Appena vi giunsero, videro che davanti alla sfera, nella quale era ancora rinchiusa la ninfa, c'era una figura incappucciata, coperta da un mantello che ricordava la melma degli stagni e degli acquitrini. Poco avanti a questa un drappello di mostri, esseri privi di una forma definita, combattevano contro l'esercito reale che cominciava a dare segni di stanchezza, perché ad ogni nemico abbattuto se ne sostituiva uno nuovo e sembrava che il loro numero dovesse essere infinito. L'essere incappucciato, invece, ne teneva occupati 4: Demetra, Silphide, il capo dei druidi e la vice dei maghi della luce. La malvagia creatura rideva, convinta d'avere ormai la vittoria in pugno. Senza perdere tempo, il gruppo si gettò nella mischia per portare aiuto ai loro compagni di congrega che furono lieti di vederli tornare.

Dapprima parve che, nonostante l'arrivo dei rinforzi, la creatura fosse imbattibile e tutto perduto ma improvvisamente i ninnoli che con noncuranza tutti avevano acquistato dai 3 nani presero a brillare all'interno delle sacche e le parole della sfera di luce divennero di colpo chiare. Lesti li indossarono e fecero indossare a coloro a cui erano destinati, schierandosi in un'unica fila di fronte alla malvagia presenza. Lo schieramento era così composto: da destra, Manha, Ike, Astrea, la guardia-elfo, Demetra, Silphide, il capo dei druidi, la vice dei maghi della luce, l'altra guardia, Tuck, Lunadora e Sophya. "Dobbiamo concentrare la nostra energia in un unico punto per creare un incantesimo di convergenza magica" urlò il mago dell'aria per farsi udire da tutti oltre il frastuono della battaglia. Così fecero e grazie agli amuleti-catalizzatori che indossavano, riuscirono a produrre un'enorme mole d'energia che si unì in un singolo punto per poi scagliarsi sull'immonda creatura che provò invano a contrattaccare, venendo centrata in pieno da un potente raggio magico e finendo in mille fetidi pezzi che esplosero riempiendo l'aria di grida disumane. Da ogni scoppio venne rilasciata un'anima, l'orribile essere ne aveva soggiogate tante nel corso della propria vita, che nuovamente libera volevano via. Scomparvero anche i mostri e l'esercito esultò vittorioso, rimaneva soltanto la sfera.
Senza esitare un attimo, come se sapessero con precisione cosa fare, Manha ed Ike raggiunsero un albero, stessa cosa fecero Sophya e Lunadora imitati da Tuck e da Astrea. Al segnale convenuto dall'elfo, la mezza, il folletto, l'arcistrega e la fata inserirono in contemporanea le 4 chiavi nelle rispettive fessure. Ogni tronco s'illuminò ed emise un fascio luminoso che s'innalzò verso il cielo, disegnò un arco ed andò a colpire il legame che lo univa al globo, spezzandolo. L'involucro cominciò a cadere verso il basso e si infranse al suolo in pochi secondi, una luce argentea schiarì la foresta per qualche attimo ed al suo attenuarsi, al posto della sfera e dei 4 arbusti, vi era la ninfa finalmente libera. Una magnifica creatura dalla pelle diafana, gli occhi gentili ed una lunga chioma che sorrideva felice, "ringrazio voi per avermi sottratta alla mia prigionia". Il suono della sua voce era come un balsamo per le orecchie dei presenti, ormai esausti per il grande sforzo compiuto. Ma non era finita, con un gran frastuono proveniente dal bosco, apparve nella radura un enorme esercito alla testa del quale stava Lion, il più grande nemico del regno. "Come avete osato uccidere colei che mi ha generato, pagherete con la vita questo affronto ed io avrò la mia vendetta ed il regno" urlò questi, verso il gruppo che cercava di ricompattarsi e difendersi, nonostante nessuno avesse la forza per contrattaccare con successo. "Che non ne resti neppure uno" ordinò ai suoi che presero ad avanzare minacciosi, ma prima che qualcuno potesse anche pensare un modo per difendersi da quell'attacco, un tuono squarciò il cielo e rimbombò per il bosco ed un enorme buco si aprì sotto l'esercito nemico inghiottendolo un pochi istanti. "Maledetti, me la pagherete, ritornerò" sbraitò Lion ormai solo e pronto a scappare, ma prima che mettesse in atto il proprio proposito, una luce lo colpì dall'alto riducendolo, come la madre, in cenere, la minaccia era stata sventata. "in questo modo ho ripagato il debito che avevo nei vostri confronti" esordì la ninfa, rompendo il silenzio che si era venuto a creare, "adesso posso tornare ai miei boschi ma prima vorrei fare un dono a coloro che hanno spezzato i sigilli". Con un movimento della mano destra sprigionò una luce argentata che raggiunse Manha, Tuck, Astrea e Sophya, lasciando loro un anello ciascuno. "Tu maga dell'acqua sarai capace di sciogliere ogni maledizione grazie alla tua magia liquida; tu druido potrai far rivivere la natura morta; tu strega saprai ciò che sarà e tu astro splendente entrerai nel cuore di tutte le creature e ne scoverai la bontà, salvandole dall'oscurità". Pronunciate queste parole, scomparve, lasciando tutti sbalorditi ma felici per la riuscita della faticosa impresa. Il regno era stato liberato per sempre dall'oscura presenza del mago rinnegato Lion e tutti si sentirono nuovamente carichi di speranza per l'avvenire e stranamente rinfrancati, come se non avessero appena combattuto una difficile battaglia.

Angolo autrice:
Vi piace la conclusione dell'avventura?
Quale personaggio si è comportato meglio?
In alto un possibile ritratto di Astrea.
A sabato.

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