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Capitolo 26


Una mattina di buon ora, Manha, approfittando della bella giornata appena nata, decise di andare a fare un po' di pratica nel bosco. Pensò di portare con sé una sacca con il tomo degli incantesimi, qualcosa da mangiare e da bere, ma non dimenticò neppure di prendere il suo amato arco ed il pugnale. Indossò una veste celeste con appuntata la spilla dell'accademia, una sopravveste blu aperta sul davanti, con sopra il mantello ed alla cinta pose la fodera di cuoio del pugnale. Legò i capelli in un'elegante coda di cavallo fermata con un nastrino di raso blu, per non averne noia durante la sua esercitazione e dopo aver ricontrollato di non aver dimenticato nulla si avviò.

Lasciato l'edificio, lenta e leggermente assorta nei propri pensieri, s'incamminò lungo il sentiero che portava fuori città. Attraversò il centro cittadino affollato e pieno di voci di ogni tipo. Dalle botteghe proveniva un'eterogenea miscellanea di suoni ed odori e si ritrovò più volte a soffermarsi ad osservarle, incantata come una bimba. La vita sembrava scivolarle d'innanzi, troppo occupata per accorgersi di lei.

Meno di un'ora dopo raggiunse il limitare della foresta e cominciò ad assaporarne la fresca aria profumata di fiori e piante. Si ritrovò a pensare che la città era bella, ma nulla la faceva sentire meglio della quiete del bosco. Sembrava una giornata come tante: il sole splendeva in cielo, sgombro di nubi a causa della presenza del vento e gli uccellini cinguettavano svolazzando tra i nodosi rami. Intravide uno scoiattolo che saltellava da una chioma all'altra alla ricerca di qualche ghianda o forse soltanto in fuga da qualche predatore ed un sorriso le spuntò sulle labbra. Tutto, ad ogni modo, le parve scorrer tranquillo. Si addentrò tra gli alberi, in cerca di una piccola radura per far esercizio. Lo spazio aperto era troppo ventoso e le occorreva qualcosa da usare come bersaglio; la sua intenzione era quella di rinfrescare la propria mira e non soltanto di far pratica d'incanti. L'arco ondeggiava sulla sua spalla destra, come la faretra, mentre lei avanzava con passo deciso.

Si stava addentrando nella foresta, ignara di ciò che si stava consumando al suo interno, quando, dopo aver percorso qualche metro fra gli alberi, le parve d'udire una voce:

"avanti, colpiscilo!" All'udire quelle parole si fermò, interrompendo così la propria ricerca e si concentrò sulla voce di donna che le aveva pronunciate, con tono imperativo e sui guaiti che quasi improvvisamente interruppero la quiete del Bosco. Istintivamente prese l'arco ed una freccia dalla faretra, lesta la incoccò e cercando di non fare alcun rumore si avviò verso il punto dal quale le era sembrato provenisse lo sgraziato suono. Si concentrò un momento, rilassandosi, come se volesse fondersi con l'ambiente circostante in modo da celare la propria presenza magica poi con movimenti felini, riuscì ad avvicinarsi alla fonte di disturbo nella foresta, situata in una piccola radura.

Dalla sua posizione, ancora un po' lontana, riuscì a vedere un uomo alto all'incirca un metro e novanta, di spalle, dalla corporatura massiccia che indossava soltanto un paio di pantaloni marroni, logorati, e degli stivali. Nella mano destra brandiva un martello di medie dimensioni. Alla sua sinistra si trovava una figura che celava il proprio aspetto sotto un lungo mantello nero, anch'ella di spalle, ma senza ombra di dubbio doveva appartenere a costei la voce che aveva udito. Per terra, davanti ai due, vi era un cucciolo di volpe con una zampa ancora incastrata in una tagliola che emetteva lamenti per la paura e per il dolore. Alla vista dell'animale ferito scosse il capo con indignazione, doveva fare qualcosa per salvarlo. Era riuscita a non farsi notare e cercando d'avanzare il più silenziosamente possibile si avvicinò ai due, ancora di spalle, fermandosi dietro l'ultimo albero prima dello spiazzo della radura, riuscendo così ad avere sotto controllo ora l'uno ora l'altro, ma limitandosi a questo; prima voleva capire con chi aveva a che fare: dalla donna proveniva una strana aura.

"Fracassagli il cranio, ma sta attento! Non sciupare il pelo ci serve integro" proferì la figura incappucciata con voce quasi divertita. L'omaccione, dopo aver ascoltato ed annuito, afferrò, anche con l'altra mano, il martello e lo portò sopra la testa, pronto a sferrare l'attacco verso l'animale che si dimenava ancora più furiosamente. Il discorso la fece infuriare, non poteva permettere che fosse perpetuato un delitto cotanto orribile, anche se sospettava vi fosse dell'altro dietro: non erano due semplici cacciatori che recuperano la loro preda, la donna emanava un potere magico. Tuttavia, il suo cuore le diceva che doveva intervenire subito. Sistemò meglio la freccia e cercò la posizione che le permettesse di aver l'uomo perfettamente sotto tiro. Dopo averla trovata tenne ben ferma la coda tra indice, medio e pollice della mano destra, calcolò la possibile traiettoria, considerando che ove si trovavano i due il vento non era lo stesso del punto in cui era lei. Si concentrò mentre osserva l'obbiettivo del suo lancio: la spalla destra. Non aveva intenzione di ucciderlo, ma ferirlo in modo da metterlo momentaneamente fuori gioco, per poi potergli porre delle domande, aveva la sensazione che non fosse tanto forte d'animo. La donna era diversa, l'aura che emanava cominciava a farle venire una leggera nausea e le metteva i brividi, doveva fare attenzione. Tese la corda, portando il gomito verso le sue spalle, inspirò e scoccò la freccia osservandone la parabola. Il tiro andò a segno colpendo l'uomo e facendogli cadere il martello dalle mani, la ferita non gli avrebbe permesso di far del male alla volpe. Per il forte dolore il bruto si accasciò al suolo urlando ed imprecando.

La figura incappucciata, evidentemente sorpresa, si voltò ad osservare la direzione dalla quale pareva essere provenuta la freccia. Restò ferma immobile, a scrutare l'ambiente, i sensi in allerta; qualcuno era riuscito ad avvicinarsi a loro e lei non si era accorta di nulla. Neppure in quel momento capiva dove fosse il tiratore.

"Taci, imbecille!" Urlò con rabbia all'uomo che continuava a lamentarsi per il dolore. Manha, spostatasi velocemente dietro un altro albero, sorrise soddisfatta per aver impedito il peggio e concentrò la propria attenzione sull'altra. Con lei una freccia non sarebbe bastata, doveva farsi venire in mente qualcos'altro: avrebbe messo in pratica le sue nuove conoscenze magiche. In cuor suo sperava che Demetra non l'avesse sopravvalutata, ma non aveva scelta, doveva tentare. Rifletté per una frazione di secondo, poggiò l'arco accanto al tronco e cominciò a concentrarsi, respirando lentamente ma in modo regolare. Si rilassò completamente, allontanando ogni cosa da sé e cercando l'armonia dei sensi.
All'interno del proprio animo cercò di figurarsi pace assoluta, la quiete eterna e l'equilibrio in ogni cosa. Tuttavia, poco prima di raggiungere la concentrazione perfetta, venne distratta da un lieve rumore, appena percettibile dal suo elfico udito. Una figura prese forma in pochi attimi: una creatura dalle sembianze umane, pallida in volto, con lunghi capelli rosa, raccolti in due code; indossava una veste bianca lunga fino alle ginocchia, un copri-spalle, rifinito ai bordi con pelliccia di lupo bianco e delle calze striate che andavano a finire in due insolite scarpe con la punta a ricciolo. Non perse tempo ed annunciando il suo attacco con una perfida risata, le sferrò un calcio laterale verso il fianco destro, piegandosi leggermente sul fianco sinistro. Con uno scatto veloce la mezza evitò il colpo, balzando verso sinistra, afferrò l'arco, incoccò una freccia, mirò verso il fianco scoperto del nemico e vi scagliò il suo dardo. La donna si lasciò colpire, senza provare a schivare l'attacco. La freccia la trapassò senza farle il benché minimo danno e lei scomparve, dopo pochi istanti nel nulla così come era apparsa. Manha comprese di essere stata scoperta e d'essere caduta in un inganno. Una risata divertita provenne dalla figura incappucciata che si liberò del mantello scoprendo la sua figura. Aveva appena colpito soltanto un'illusione creata dalla vera donna che si trovava ancora vicino alla volpe, non aveva più dubbi, quella era una maga molto potente. In cosa si era imbattuta? Si chiese cercando un modo per uscirne.

"Per voi, povera impicciona, è finita!" Esclamò a gran voce questa, mentre iniziava a muoversi verso gli alberi dove si nascondeva la mezza ancora più irritata dal brutto scherzo subito.

"Dovevate farvi gli affari vostri, adesso dovrò eliminarvi" continuò divertita, sicura di sé. "Anche se devo ringraziarvi, cominciavo ad annoiarmi." Tuttavia, raggiunto il punto in cui aveva proiettato la propria essenza non riuscì a trovare l'ospite indesiderato. "Abbiamo a che fare con una maga" sbraitò indignata guardandosi intorno e ritornando accanto al suo complice.

Era stata scoperta ed il suo avversario era molto forte, ma non si sarebbe fatta catturare o peggio uccidere ed avrebbe salvato l'indifeso canide. Celò nuovamente la propria aura magica, forse il precedente tentativo di concentrarsi per castare un incanto l'aveva deconcentrata sul mantenere nascosta la propria presenza: sarebbe stata più attenta. Stringendo l'arco in mano andò a rifugiarsi sui rami di un albero non molto distante e occultata dalle fronde osservò la coppia. Se desideravano conoscere chi fosse avrebbero dovuto venirla a cercare. La sua unica possibilità era quella di ritentare la concentrazione e riuscire ad attaccare prima del nemico. Respirò lentamente ma in modo regolare, si rilassò completamente, allontanando ogni cosa da sé e cercando l'armonia dei sensi. Cercò di figurarsi pace assoluta, la quiete eterna e l'equilibrio in ogni cosa. Ottenuto ciò, la concentrazione divenne perfetta.

Intanto l'omaccione, dopo tanti lamenti di dolore, riuscì ad estrarre la freccia dalla spalla. Tuttavia, non riuscendo a muovere il braccio destro ed avendo perso molto sangue, decise di restare accanto alla volpe, portandosi vicino il martello con la mano sinistra.

"Makitaru, inutile servo, sta fermo lì a guardia dell'animale e non ti muovere per nessuna ragione!" Proferì la donna che sorrise divertita dall'accaduto, quel buono a nulla non avrebbe retto a lungo, per fortuna i servi non le mancavano ed avrebbe chiamato qualcun altro per finire il lavoro. Raggiunse il centro della radura,

"ti piace giocare a nascondino! D'accordo, starò al tuo gioco" urlò e stendendo la mano destra in alto con il palmo aperto. Chiuse gli occhi per qualche istante, raggiunse concentrazione che le permise di iniziare la creazione di un incanto che avrebbe messo in guai seri la mezza se fosse stato castato.

Per fortuna, Manha raggiunta la concentrazione si caricò dell'elemento Aria, che le parve il più congeniale per il loco in cui si trovava l'avversario: un piccolo spiazzo aperto. Raccolse dentro di sé la forza del vento, l'energia che possiedono le nuvole in corsa nel cielo, la furia degli uragani e la piacevole sensazione delle tempeste. Fatto ciò ripiegò le braccia e pose le mani in senso circolare di fronte a sé, come se volesse raccogliere tale forza all'interno del cerchio formatosi. Aprì gli occhi e diresse lo sguardo verso la giovane dai capelli rosa distendendo le braccia verso mentre scandiva: «brezza accogliente». Non conosceva incanti più forti e sperava che questo potesse bastare.

Anche la ragazza era riuscita a raccogliere le energie necessarie per creare una piccola sfera d'energia oscura. Il suo intento era quello di stanare l'impicciona con il fuoco oscuro, sperava non morisse, voleva conoscere questa maga tanto sfrontata da sfidarla. Stava per proferire parola quando l'incanto della mezza la investì ed una brezza le fece perdere le energie facendola assopire.

"Assurdo, che incantesimo banale" riuscì a dire poco prima di perdere i sensi. Non riuscendo a controllare più il suo corpo, abbandonato all'assopimento, lasciò cadere la Sfera d'Energia ai suoi piedi. Questa esplose con un urto assordante provocando la distruzione di colei che l'aveva evocata.

Manha sorrise soddisfatta per essere riuscita a castare un vero incanto e per essere riuscita a salvare una vita innocente; tutto ciò la rendeva orgogliosa. Sapeva di esserci riuscita poiché il suo era un incantesimo semplice e richiedeva meno sforzo di quello che stava preparando l'altra: era stata fortunata. Si ripromise di impegnarsi ancora di più per imparare incanti più potenti. Scese lesta dall'albero ed uscì all'aperto. Osservò il punto in cui si era infranta la piccola sfera e l'alone nero che questa aveva lasciato dopo aver ucciso colei che l'aveva evocata e scosse il capo sospirando.

"L'ho scampata bella" disse ad alta voce dirigendosi verso l'uomo che sembrava anch'egli addormentato. Tuttavia si accorse che in realtà era morto, forse per il troppo sangue perso. Avrebbe voluto porgli tante domande, ma adesso non sarebbe stato possibile. Si accostò alla volpe dormiente, con estrema delicatezza la liberò dalla trappola e prese tra le braccia, allontanandosi.

Con passo svelto si diresse verso la gilda dei druidi, consegnò loro la piccola creatura, raccontando loro le circostanze in cui l'aveva trovata e venendo a conoscenza del fatto che il manto candido di quel tipo di volpe poteva essere utilizzato in alcune pratiche magiche. Informò dell'accaduto anche le guardie del regno, indicando loro il luogo in cui potevano trovare il cadavere dell'uomo.

Qualche ora dopo fece ritorno in accademia e fatta una breve sosta nella propria camera, per darsi una rinfrescata e cambiarsi d'abito, corse dalla custode per metterla al corrente di ciò che le era capitato quel giorno. Demetra ascoltò ogni cosa in silenzio e dopo averle fatto i complimenti per il coraggio dimostrato la congedò. Tutto sembrava normale, ma Manha si accorse che lo sguardo della silvana si era fatto preoccupato dopo il suo racconto; non disse nulla, sperando che fosse la stessa custode dell'equilibrio a spiegarle il motivo di quel cambio d'umore quando lo avesse ritenuto opportuno.

Angolo autrice:
Questo capitolo è corto, ma movimentato. Spero vi piaccia.
Come mai Demetra si è preoccupata dopo aver sentito il racconto di Manha?
Sopra una possibile immagine della cattiva dai capelli rosa.
A sabato.

Revisionato

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