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Capitolo 24

Erano trascorsi, ormai, alcuni giorni dalla consegna della propria pergamena alla custode dell'equilibrio.
Nell'attesa che questa la leggesse, Manha cominciò ad ambientarsi in accademia ed a considerare quel luogo come «casa»; in cuor suo sperava che il passato vergato in quello scritto non la facesse allontanare da lì: era stata sincera e confidava in Demetra.

Lorenne le aveva fatto visita un paio di volte e ciò la rendeva felice, facendole quasi dimenticare Evion, la sua assenza e la mancanza di notizie: anche se una parte di lei non avrebbe voluto più sentirlo neppure nominare, l'altra desiderava riaverlo con sé e che nulla fosse mai accaduto.
Gli attacchi di nausea non le davano tregua, la sorella le aveva assicurato che presto sarebbero cessati, soltanto la medicina lasciatale da Fenix riusciva a darle un po' di sollievo.

Quella mattina la custode dell'equilibrio l'aveva fatta convocare nel proprio ufficio e mentre scendeva le scale per recarvisi si chiedeva se il motivo fosse proprio ciò che aveva scritto.
Il sole faceva capolino dalle finestre ed i raggi dorati sembravano accompagnare con grazia ogni suo passo.
Silente percorse il corridoio che conduceva alla meta e giuntavi restò immobile davanti all'uscio chiuso, con il pugno alzato, in procinto di bussare. Il cuore cominciò a picchiare forte dentro il petto, come un tamburo impazzito e le ci volle tutto il suo coraggio per riuscire a battere alla porta ed annunciarsi con un filo di voce.

"Avanti" risposero dolcemente dall'interno. Manha fece un profondo respiro ed entrò, era inutile continuare a tergiversare.

"Arcanum vobis Demetra, mi hai fatto chiamare?" Il tono svelava agitazione a stento tenuta a bada.

"Si cara, prego accomodati" cercò di rassicurarla l'altra mentre le indicava la poltrona di fronte alla scrivania. Desiderava con tutta sé stessa che quella creatura non si allarmasse più ad ogni suo richiamo, ma sapeva che occorreva del tempo per che ciò avvenisse.

"Spero non ci siano problemi dovuti allo scritto che ti ho consegnato", partì prevenuta Manha che temeva sempre il peggio, ormai.

"Desideravo solo essere sincera, per dimostrarti di voler voltare davvero pagina..." cercava di giustificarsi mostrandosi sempre più nervosa.
Mentre parlava lo sguardo vagava, senza pace, su ogni pergamena posta sul tavolo.

"No, nessun problema relativo al tuo componimento che serviva a me per conoscerti meglio ed a te per sfogare i tuoi sentimenti e poterli superare- le disse allegramente- non era un modo per giudicarti, non lo farei mai, sta tranquilla". Allungò una mano verso di lei per rassicurla: ora che era venuta a conoscenza della sua storia le stava ancora più a cuore.

"Nessuno potrà mandarti via da qui, soprattutto il tuo passato. Solo tu puoi decidere se andare o restare".
Quelle parole riuscirono a placare l'animo della mezza che smise di torturare le proprie mani e strinse quelle della superiore con gratitudine.

"Ti ho fatta venire nel mio ufficio perché è giunta in accademia una missiva destinata a te... da parte di Evion", riprese Demetra, facendo una piccola pausa prima di proferire quel nome.
Oramai conosceva l'identità del mittente ed aveva riflettuto a lungo prima di concludere che doveva consegnare il messaggio alla destinataria, nonostante tutto. Lei le sarebbe rimasta accanto, per supportarla, ma non era suo diritto tenerla all'oscuro.
Le ultime parole fecero sobbalzare Manha dalla poltrona.

"Una lettera..." riuscì appena a dire

"cosa vuole?" aggiunse mentre un attacco di nausea l'aggredì con forza e la stanza le vorticò paurosamente intorno per qualche secondo.

"Non l'ho aperta, è destinata a te e devi essere tu a farlo ma se lo desideri puoi aprirla qui". Sentiva di doverle stare accanto, in un momento come quello.

"Ti ringrazio, credo di averne proprio bisogno" ammise sincera Manha, mentre la silvana le porgeva un piccolo rotolo di pergamena chiuso da un nastro, fermato da un sigillo di cera a forma di lupo. Per un istante lo guardò e scosse il capo come impaurita. Voleva davvero sapere? E se il contenuto l'avrebbe fatta soffrire ancora di più?
Lo allontanò da sé, restituendolo a Demetra: da quando era diventata così vigliacca?

"Non ci riesco, potresti leggerla tu?" Vedendola sbiancare e cominciare a tremare, l'altra annuì: immaginava una reazione simile, ma era l'unica cosa giusta da fare.

"Certo cara, con piacere".
Svolse il rotolo e lo poggiò sullo scrittoio, ma prima di cominciare a leggerne il contenuto diede alla giovane il tempo di calmarsi.
Fatto ciò cominciò con voce tranquilla e dolce.

"Mia adorata, ti scrivo queste poche righe poiché non ho avuto il coraggio di venire direttamente da te e dirti ciò che ho nel cuore.
Ho ancora impressa negli occhi la tua immagine che disperata corre via da me è non riuscirei a sopportare di rivederla ancora.
Chiamami pure pusillanime e codardo, se lo desideri ma ti prego di leggere questa mia lettera, come ultimo dono che fai a me, in ricordo del nostro amore e di gettarla solo dopo.
So di averti fatta soffrire ingiustamente e di non meritare il tuo perdono o il tuo amore.
Nel profondo spero tu possa perdonare questo stupido mezz'elfo che non ha saputo apprezzare e capire che, l'unica cosa che contava nella propria vita stava lì accanto ed ha invece testardamente continuato a guardare troppo lontano, in cerca di qualcosa di cui non aveva bisogno, finendo col perdere il dono più prezioso che il destino gli aveva fatto: te.
Sappi che finché vivrò nel mio cuore resterai sempre e soltanto tu: il pensarti mi permetterà di andare avanti in un mondo privo di senso".

Demetra fece una piccola pausa per accertarsi che Manha stesse bene e riprese solo dopo che questa le ebbe fatto cenno di proseguire.

"Meriti di sapere.
Purtroppo nel mio passato si nasconde un'ombra che devo riuscire a cancellare per poter guardare nuovamente avanti, per essere degno di osservare nuovamente i tuoi splendidi occhi azzurri.
Non è una mera scusa, ma la verità.
Devo far luce su ciò che mi ha sempre assillato e forse dopo potrò accostarmi nuovamente alla tua ombra.
Partirò e se riuscirò nella mia impresa tornerò entro tre cicli di luna in ginocchio da te, con il sogno che il tuo cuore mi possa donare un'altra possibilità ed io cercherò di meritarmela per il resto dei miei giorni. Tuttavia, accetterò qualunque tua decisione, desidero soltanto la tua felicità, anche lontano da me.
Tuo per sempre, Evion".

Terminata la lettera, Demetra fece un'altra lunga pausa, dandole il tempo di assimilare il contenuto ed osservarne la reazione che non si fece attendere.
Manha era confusa e scossa, mentre alcune lacrime cominciarono a scenderle silenti lungo le bianche gote.

"Perché si comporta in questo modo? Perché non ha trovato il coraggio di venire direttamente qui? Perché questi segreti? Cosa vuole ottenere così?" La voce risuonò acuta e stridula, strozzata dal pianto a lungo trattenuto.

"Tu hai ragione mia cara- intervenne la silvana- ma credo d'aver compreso, da ciò che egli scrive, che lo tormenta qualcosa di importante ed oscuro". Doveva tranquillizzarla, per la sua salute.

"Evion non vuole che il suo passato oscuri il grande amore che prova nei tuoi confronti e pensa di poter risolvere ogni cosa da solo" ipotizzò riponendo il foglio sulla scrivania, già ricolma di documenti.

"Datti del tempo per riflettere e se realmente egli tornerà da te tra tre cicli lunari potrai decidere se perdonarlo e metterlo al corrente della gravidanza, oppure no. Da al tuo cuore lo spazio che gli necessita, concentrati su qualcos'altro e quando arriverà il momento sono certa che saprai cosa fare: non c'è alcuna fretta".
Queste parole, sorpresero e tranquillizzarono Manha allo stesso tempo: aveva capito tutto senza domandare e lei non indago' oltre. Smise di piangere ed annuì convinta,

"hai ragione seguirò il tuo consiglio, senza di te non so come avrei fatto. Non finirò mai di esserti grata".
L'altra arrossì lievemente: finalmente aveva conquistato la sua fiducia.

"Faccio tutto ciò perché lo meriti" le disse sorridendole.

"Da domani inizieremo le tue lezioni; ti assorbiranno completamente, richiedendo molto impegno" aggiunse radiosa.

"Quindi adesso va, hai il pomeriggio libero. Potresti uscire per svagarti un po', noi ci vedremo domani mattina nell'aula al piano sotterraneo alla seconda ora dopo il canto del gallo". Manha fece sì con il capo e si alzò,

"ti ringrazio ancora per l'aiuto che mi concedi, non so cosa avrei fatto se fossi stata da sola; a domani".
Lieta di trovarsi lì, si diresse verso la porta e dopo averle donato un ultimo sorriso, scomparve dietro l'uscio. Demetra rimase pensierosa per qualche istante e dopo aver ben conservato la missiva che l'apprendista aveva lasciato, riprese i suoi compiti: avrebbe, in qualche modo, contattato il mezz'elfo e provato a capire se potesse essergli d'aiutato. Doveva farlo per Manha che nonostante non volesse ammetterlo continuava ad amarlo.

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Seguendo il consiglio datole, quel pomeriggio decise di uscire un po' dall'accademia per prendere una boccata d'aria.
La lettera di Evion l'aveva parecchio scossa ed aveva bisogno di passare un paio d'ore da sola a riflettere. Quanto desiderava poter parlare con Helena, le mancava più d'ogni altra sorella. Tuttavia non sarebbe più tornata nel regno e lei non poteva né costringerla né biasimarla per quello.
Fortunatamente la nausea le aveva dato un pò di tregua e l'aria frizzante del meriggio inoltrato riuscì a portar via ogni preoccupazione.
Aveva deciso di indossare un mantello blu notte, sotto di esso una veste celeste con appuntata la spilla da apprendista: la sua uniforme. Alla cinta portava il pugnale che le aveva donato la virago: portandolo con sé credeva di averla ancora accanto.

Mentre il sole tramontava alle sue spalle, si diresse verso il fiume alla ricerca della quiete del bosco.
Avanzava lenta inspirando la calma che la circondava e beandosi dello scrosciare dell'acqua, sempre più vicina.
La chioma, non coperta dal cappuccio, veniva baciata dai raggi di luna, ormai apparsa sulla volta celeste, che giocavano tra le ciocche creando varie sfumature di viola.

Dopo aver vagato per le vie segrete del bosco, si ritrovò nei pressi del lago, come se fosse stata attirata lì da una forza misteriosa.
Il silenzio era rotto soltanto dalla vita degli animali notturni.
Tuttavia non era sola: un'altra figura ammantata camminava lesta verso lo specchio d'acqua, luogo designato per passarvi la notte.
Questi, legata dietro la schiena portava una sacca contenente tutti i suoi averi, comprese due spade di gran pregio alle quali si sarebbe affidato se la situazione si fosse fatta pericolosa.
Arrivò al lago dal sentiero opposto a quello dal quale giungeva Manha.
La mano destra, ben salda all'elsa di una delle due spade lo faceva sentire più sicuro e pronto alla difesa.
Dopo giorni segnati da scorribande di pirati, stregoni e briganti, nessuno si sentiva tranquillo e girare armati era diventata la norma.
Giunto sulla sponda del lago, cominciò a cercarsi un luogo riparato nel quale allestire un giaciglio di fortuna.
La migliore posizione era quella ai margini, accanto alla seconda fila d'alberi che ornavano le calme acque, lontano dal bosco. Con passo cauto vi si diresse, udendo un rumore che lo mise in allerta: Manha.

Anch'ella udì un lieve fragore di passi ed automaticamente mise mano all'elsa del proprio pugnale, continuando ad avanzare verso la prima fila d'alberi e notando una creatura incappucciata in avvicinamento.
Le giunse alle mezze puntute il lieve stridio della lama che lasciava il suo fodero ed ella fece lo stesso, procedendo con cautela e provando a percepire il tipo d'energia che quell'ombra avrebbe dovuto emanare.
Continuò ad avanzare con passo felpato riuscendo a captare un forte calore benevolo, accompagnato da un lieve bagliore rossastro: chi le veniva incontro non doveva avere intenzioni malvagie e ciò la tranquillizzò un po'. Per avere la conferma di quella scoperta utilizzò le sue capacità tattilo-uditive, rilassandosi e concentrandosi al massimo. Le sue estremità divennero sensibili al suono, come se lo potessero toccare: il respiro rallentò, impercettibile, asonoro ed i passi lo imitarono. Puntò nella direzione dalla quale le era parso provenissero i passi, non avendo altro in mente che il suo obbiettivo. Improvvisamente le parve quasi di toccare quel rumore in avvicinamento e nella sua mente comparve l'immagine di un individuo dalle movenze furtive che le puntava la propria arma contro.

"Chi siete, un sicario?" Disse l'ombra fermandosi di colpo, convinta che qualcuno l'avesse seguita. Non riusciva ancora a vedere il proprio interlocutore e pertanto puntava la sua arma verso un nemico immaginario.

"Sicario, io? Siete voi che mi venite incontro con un'arma sguainata" rispose Manha palesandosi, ma restando comunque nella penombra.

"Chi, se non uno spregevole assassino, si aggira strisciando nell'ombra?" Chiese irato l'altro mentre scalciava con gli zoccoli posteriori e tentava di scorgere chi fosse la figura alla quale stava rivolgendo la parola.

"Avevo bisogno di starmene un po' da sola a riflettere... e non ero a conoscenza dell'esistenza di un coprifuoco..." tagliò corto ironica,

"oltretutto messere, anche voi vi aggirate furtivo nell'oscurità" continuò, provando a capire il motivo della strana sensazione che provava.

"Anche io potrei pensare a voi come un vile omicida".
Quella voce suonò famigliare all'ammantato che rimase un attimo in silenzio e poi decise di rinfoderare la spada e mostrarsi alla luce della luna.

"Uscite allo scoperto milady, non ho intenzione di farvi del male". Rincuorata da quelle parole, si mostrò, rimanendo meravigliata nello scoprire chi fosse la figura misteriosa.

"Tu sei Altarie, il mio maestro o ciò che vedo è solo frutto del mio desiderio di ricevere consiglio?" Lo scalpitio allegro degli zoccoli le diede la conferma che cercava.

"Mia cara, sono realmente io e sono sinceramente lieto di vedere che godi di ottima salute". La voce lasciava trasparire gioia e sollievo.
Manha, ancora un po' confusa, si avvicinò riponendo il pugnale nel fodero ed osservando con attenzione il centauro come se volesse rendersi conto di non stare sognando.

"Cosa ti porta nuovamente in questo regno, cattive novelle?" Chiese senza pensare, forse inconsciamente preoccupata per Orpheus.
Altarie scosse il capo sorridendo, era realmente colpito dell'interesse mostrato per il fratello.

"No, non temere. Sono qui perché ero preoccupato per te. Non ho tue notizie da un po' e sono venuto a conoscenza di ciò che è capitato in questi luoghi" sembrava sopesasse ogni singolo suono.

"Temevo per la tua sorte e volevo rendermi conto di cosa fosse accaduto di persona". Parlando la guardava dritta negli occhi.
Non si sarebbe perdonato se non avesse scoperto che fine avesse fatto la propria allieva.
Solo allora Manha si rese conto di non scrivere al proprio maestro da mesi, ormai.

"Scusa per questa mia mancanza ma è stato un periodo un po' complicato e non ho avuto modo.." cercò di giustificarsi abbassando lo sguardo ed arrossendo, non sapeva da che parte cominciare. Come poteva scrivergli tutto quello che le era accaduto? Neppure lei riusciva ancora a credervi.

"Non preoccuparti, ciò che conta è che tu stia bene" la rassicurò il centauro. Essendo un buon osservatore, aveva compreso che qualcosa di importante era avvenuto nella vita di lei è sperava d'essere messo al corrente.

"Ma dimmi come mai ti trovi sulle sponde di questo lago?" chiese la mezza cambiando discorso e spostandosi, con il suo interlocutore verso la riva meglio illuminata.

"Cercavo un luogo dove passare la notte, domani sarei andato a cercare notizie su di te", disse sedendosi accanto alla sponda. Aveva cambiato discorso, conoscendola doveva esserle capitato qualcosa di importante e doloroso, tanto da non volerne parlare.

"Non potevi alloggiare alla locanda?" Chiese ancora lei. Il centauro scosse il capo e la coda riccioluta,

"preferisco il contatto con la natura alla presenza di altre creature" e poi ricordando ciò che aveva detto, appena lo aveva riconosciuto chiese, cercando di farla parlare.

"Che consiglio cerca una fanciulla come te in un luogo come questo?" Manha sospirò, pentitasi immediatamente delle proprie parole.

"Solo un po' di conforto che rimargini una piccola ferita" rispose sfuggente, avrebbe tanto voluto non affrontare l'argomento,

"meglio parlarne alla luce del sole. Vieni con me all'accademia di magia e dopo una buona dormita potremmo discorrere con calma, cosa ne pensi?" Propose per sviare e perché si era resa finalmente conto dell'ora estremamente tarda: Demetra si sarebbe certamente preoccupata, non vedendola rincasare.
Desiderava non pensare ai suoi crucci in quell'istante e chissà perché avrebbe tanto voluto assaggiare una fetta di quell'ottima torta al formaggio che preparava Amelia.

"Hai ragione ma verrò in accademia domani, non sarebbe cortese farlo a quest'ora ed oltretutto, come ti ho detto, preferisco stare all'aperto". Disse, lieto di sapere quale fosse l'attuale dimora dell'allieva.

"Apprezzo la tua offerta ma la declino con cortesia" le rispose notando nei modi dell'allieva qualcosa di diverso,

"adesso torna a casa, a domani" la esortò. Questa annuì, sapeva di non potergli far mutar parere e dopo avergli spiegato come raggiungere l'accademia di magia riprese il sentiero che si allontanava dal lago.
Altarie l'osservò finché ne fu in grado. La sua allieva era maturata, qualcosa l'aveva resa più saggia e posata, si ritrovò a sorridere per questa scoperta.
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Il mattino seguente, di buon ora il centauro smontò il suo giaciglio, ripose ogni cosa nella sacca che portava con sé e si diresse verso il centro cittadino.
Manha gli aveva illustrato bene il tragitto ed egli era certo di riuscire ad orientarsi tra quei vicoli e di riuscire, in breve, a scovare la sua meta.
Ne approfittò per passare dalla locanda ed ascoltare le chiacchiere degli avventori del mattino mentre consumava un frugale pasto composto da frittelle di farina di ceci, guarnite con un po' di stufato di cinghiale piccante, il tutto accompagnato da un buon boccale di sidro di mele. Rifocillatosi ed aggiornatosi sugli ultimi avvenimenti del regno puntò alla dimora di colei che un tempo aveva chiamato allieva ed alla quale avrebbe voluto insegnare molte più cose di quelle che era riuscito ad impartirle.

Giunto di fronte all'ingresso dell'accademia, indugiò un istante prima di trottare verso la porta e bussare sonoramente.
Ad aprirgli fu proprio Manha che lo aveva visto arrivare e lo attendeva impaziente, accogliendolo con un bel sorriso.

"Arcanum vobis Altarie, sono lieta di poterti rivedere alla luce del sole, prego entra".
Tornata dalla passeggiata serale, la mezza, aveva riferito dell'incontro a Demetra e raccontato tutto sul proprio maestro, ottenendo il permesso di ospitarlo per il tempo che egli avesse ritenuto opportuno.

"Ti ringrazio", si limitò ad aggiungere il centauro mentre seguiva Manha nella sala comune ed osservava con attenzione ciò che lo circondava.

"Sono venuto a conoscenza di alcuni dettagli sui disordini che hanno piagato questo regno..." prese a dire,

"degli stregoni hanno deciso di radunare le peggiori canaglie e di conquistare il potere mettendo a ferro e fuoco ogni cosa, ma non vi sono riusciti", prese a dire lei per poi fare una breve pausa e guardare meglio il proprio interlocutore,

"sei qui a causa di ciò, ma non devi preoccuparti, adesso va tutto bene" concluse spiccia.

"Sono venuto per accettarmi che tu stessi bene, ho saputo quello che è accaduto alle amazzoni... ero in pensiero". A quelle parole, Manha non disse nulla ma era palese che il suo atteggiamento era mutato. In un attimo si sentì pervadere e sopraffare dalla marea e le sembrò di stare per perdere il controllo di sé, tanto che, come dal nulla apparve Demetra con l'aria preoccupata.

"Arcanum vobis" salutò il centauro che l'aveva vista arrivare a differenza dell'apprendista che quasi sobbalzò dalla poltrona nella quale aveva preso posto.

"Spero di non essere inopportuna se vi chiedo il permesso di assistere alla vostra conversazione", si avvicinò a Manha e le sedette accanto.

"Sclavum vostrum, nessun problema Madonna. La padrona di casa non è mai di troppo nella propria dimora", il centauro fece un profondo inchino,

"il mio nome è Altarie, onorato di poter ammirare la vostra persona e godere della vostra cortese ospitalità". L'altra sorrise,

"siete davvero molto gentile, il mio nome è Demetra, rettrice dell'accademia e custode dell'equilibrio- poi rivolta a Manha- cara stai bene?" Chiese lanciandole uno sguardo rassicurante,

"si, sto bene grazie" mentre parlava sentì che la marea scivolava via da lei ed il suo animo si quietò. Demetra sapeva quietarla e capiva il suo stato d'animo in un attimo.

"Il mio maestro è venuto a farmi visita perché preoccupato dagli ultimi avvenimenti ed io lo mettevo al corrente" rispose.

"Adesso Manha sta meglio, non si preoccupi" si affrettò a dire la silvana, cercando di capire cosa questo sapesse.

"Ora che ho avuto l'opportunità di accertarmene, ho la certezza che la mia allieva è in ottime mani; anche se non ho ben compreso la dinamica dei fatti".
Vedendo che Manha non proferiva parola, limitandosi a giocherellare in silenzio con le proprie mani, Demetra decise di farne le veci e raccontò ogni avvenimento accaduto.
Altarie rimase in ascolto senza interrompere mai,

"capisco" disse, solo in conclusione della narrazione fissando l'incessante movimento delle mani di lei che evitava di guardarlo.

"Un giorno capirai che le avversità che hai affrontato o che dovrai affrontare, sono soltanto ostacoli posti lungo il cammino che porta alla consapevolezza ed alla saggezza. Non occorre piangere per coloro che sono andati via, ma sorridere per ciò che costoro ci hanno lasciato di sé stessi. Ogni incontro, anche se breve, lascia in noi qualcosa di luminoso che ci accompagnerà per tutta la vita e sarà capace di mostrarci la luce nei momenti più bui".
Queste ultime parole ebbero il potere di bloccare l'ibrida e di farle voltare il capo nella direzione del centauro, donandogli un'occhiata, come sollevata da un peso enorme.

"Ciò che dici mi è di gran conforto, non lo dimenticherò mai e mi fa capire che questo è davvero il posto in cui vorrei stare" ammise radiosa,

"ma ciò che mi preoccupa in questo momento è un mio pari razza, Evion". Questa volta fu lei a riferire tutta la faccenda, compresa la gravidanza inattesa, chiedendogli consiglio.
Anche se il maestro restò sorpreso dall'ultima rivelazione, non si permise mai di giudicarla, anzi era convinto che meritasse qualcuno a cui donare l'immenso amore che portava dentro.

"Manha, non posso che ripeterti, dà a te stessa il tempo di riflettere e se lui tornerà sarà il tuo cuore a suggerirti cosa fare, ma sappi che io e l'accademia ci saremo sempre", intervenne Demetra.

"La tua amica ha ragione", Altarie aveva compreso che tra le due vi era un rapporto che andava oltre il grado accademico,

"sii paziente e vedrai che ogni cosa andrà al proprio posto". Finalmente il cuore della mezza si sentì del tutto sgombro dalle nubi nere che lo appesantivano e la sua padrona poté tirare un sospiro di sollievo.

"Anche se a malincuore è giunto il momento di lasciarti, impegni urgenti richiedono la mia presenza, ma andrò via con la consapevolezza che la mia allieva prediletta è al sicuro", poi rivolto a Demetra che insieme all'ibrida si era alzata in piedi,

"non potrò mai ringraziarvi abbastanza per tutto ciò che state facendo, vi sarò eternamente grato. Vi saluto", le prese la mano destra e con un gesto di riverenza chinò il capo fino quasi a sfiorarla e poi la lasciò diretto all'ingresso. Manha lo accompagnò,

"non dimenticherò mai più di darti mie notizie, promesso" disse appena giunti alla porta,

"anche se la tua visita mi ha resa felice. Spero di rivederti un giorno". Il centauro sorrise

"lo spero anch'io. A presto" aggiunse galoppando via e lasciandola sola alla porta.

"Va tutto bene?" le chiese la silvana che l'aveva raggiunta,

"adesso si, grazie a te ed Altarie" rispose sorridendo, sollevata. Tutto sarebbe andato per il meglio.

In alto una possibile immagine di Altarie, il centauro.
Che ne pensate della lettera di Evion?
Riprenderò a pubblicare ogni sabato, lasciate un commento se vi va.
(Revisionato)

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