Capitolo 17
Nonostante l'invito della custode dell'equilibrio per il giorno seguente, Manha non si presentò.
Inviò una missiva nella quale si scusava e spiegava che al momento la sorella non riusciva a stare da sola ed aveva bisogno della sua costante presenza.
Dentro di sé una vocina le diceva di andare, consapevole che con ogni probabilità Demetra doveva dirle qualcosa di importante, ma la consapevolezza di essere indispensabile per la salute mentale di chi amava la frenava.
Ogni giorno mandava qualcuno alla locanda con un messaggio per le sorelle amazzoni e per avere notizie dall'accampamento e dallo stesso Evion. Neanche di lui sapeva più nulla e ciò la faceva soffrire molto.
Occuparsi di Lory le dava una ragione per andare avanti, un appiglio per non abbandonarsi alla disperazione.
Soltanto la settimana seguente Lorenne diede segni di essersi ripresa dalla brutta avventura: i suoi incubi erano ormai spariti e riusciva ad occuparsi nuovamente dei pazienti, anche se in compagnia di un suo collega.
Dal canto suo Lory era davvero grata che Manha le fosse rimasta accanto. Nei primi giorni non riusciva quasi ad alzarsi dal letto e vedeva i suoi assalitori dietro ad ogni angolo. Capiva, tuttavia, che la sorella non stava bene, anche se cercava di non darlo a vedere.
Quando finalmente si sentì meglio, si era impegnata con tutte le sue forze perché accadesse il più presto possibile, riuscì a farle capire che poteva allontanarsi ed occuparsi d'altro: doveva andare a trovare la custode dell'equilibrio.
Manha era consapevole di doverlo fare: aveva atteso troppo, non solo a causa della sorella ma anche per una sorta di brutto presentimento che l'assaliva non appena si soffermava a pensare a quell'incontro.
Ingenuamente, era persino giunta a pensare che se non avesse saputo nulla o avesse chiesto spiegazioni, era perché non c'era niente da scoprire. Presto le amazzoni si sarebbero fatte sentire ed Helena sarebbe comparsa alla locanda, alla quale andava ogni giorno, facendole una bella ramanzina a causa della sua prolungata assenza ingiustificata dall'accampamento.
La causa di tutto era il ponte.
I lavori procedevano a rilento: ogni giorno vi erano dei piccoli incidenti o intoppi o crolli di parti della struttura appena costruita, come se una forza oscura non ne volesse la riparazione.
Tuttavia, giorno dopo giorno, quella puerile giustificazione per la sua inerzia non le era bastata più ed un senso di oscura consapevolezza si era fatto strada sempre più in lei.
A darle la spinta finale non erano state solo le parole di Lorenne, ma lo scuotimento interiore che aveva provato una notte.
Il suo sonno era stato agitato da un incubo tremendo: immobile su un promontorio vedeva una torre nera, alla base della quale s'infrangevano onde vorticose e schiumose di un mare in tempesta. Urla impazzite le riempivano le orecchie fino a farle dolere. In alto, lampi di fuoco e luce si scagliavano sulle mura e da esse partivano.
Si era svegliata all'improvviso con il cuore in subbuglio, si era alzata e diretta alla finestra della propria camera ed aveva notato un grosso lampo illuminare il cielo a sud-est, in direzione dell'oceano che lambiva la parte orientale del territorio che fino a poco prima poteva chiamare casa. Non voleva credere ai propri occhi, stava ancora sognando? Voleva delle risposte e conosceva chi poteva dargliele: aveva rimandato troppo a lungo l'incontro con la custode dell'equilibrio.
La mattina seguente, assicuratasi che Lorenne stessa bene, si diresse all'accademia di magia.
Mentre camminava prometteva a sé stessa che sarebbe stata forte, qualunque fosse stata la verità che Demetra poteva comunicarle. Arrivata a destinazione, tuttavia, si rese conto d'aver perso la determinazione che l'aveva condotta fin lì e restò ad osservare il grosso portone a due battenti con il pugno alzato, senza riuscire a bussare, per un decina di minuti.
Non riusciva quasi a respirare ed appena un istante prima che decidesse di lasciar perdere l'uscio si spalancò e ne uscì Amelia,
"arcanum vobis, prego accomodatevi, la custode vi attende". Manha rimase impietrita da quell'apparizione improvvisa e si limitò ad annuire, abbassare il braccio teso ed a seguire la governante.
Mentre attraversava il lungo corridoio si soffermò ad osservarla meglio: era una donna non più giovane ma dall'aspetto fiero ed allo stesso tempo materno e comprensivo. I capelli ingrigiti dal tempo erano acconciati in maniera elegante ed adornati da un fermacapelli di legno intarsiato. Aveva la carnagione chiara, gli occhi grigio-azzurri incorniciati da rughe d'espressione che mostravano le sue cinquanta o più primavere. Indossava un semplice abito blu di panno lavorato a maniche lunghe, adornato da una striscia di merletto bianco che copriva il collo, i polsini e l'orlo della veste.
Manha era talmente intenta a studiare quella creatura che quasi non si rese conto che si fosse fermata davanti all'uscio dell'ufficio di Demetra e vi avesse bussato, rischiando per poco di finirle contro. Dall'interno era giunta la voce conosciuta,
"prego venite avanti", la donna si limitò ad aprire la porta, invitarla ad entrare, fare un lieve cenno del capo e scomparire come d'incanto.
La custode sorrise, finalmente si era decisa ad andare da lei. Non appena la vide entrare notò la tempesta che le sconvolgeva l'animo e turbava l'aura che emetteva ed ebbe la risposta ad alcuni eventi avvenuti in quei giorni: lo straripamento del fiume e le difficoltà nella ricostruzione del ponte. Manha in cuor suo non voleva sapere.
La mezza, ancora sorpresa per ciò che era successo all'ingresso, si sedette di fronte a Demetra osservando meglio ciò che la circondava ed evitando d'incrociare il suo sguardo.
Scaffali ricolmi di manoscritti, tomi di varie dimensioni e pergamene riempivano tre intere pareti; sul soffitto un enorme lampadario pieno di candele spente; dietro la scrivania una grande finestra adornata da una pesante tenda celeste, aperta per permettere al sole di fare capolino nella stanza.
Lo scrittoio era di quercia nera, su di esso una valanga di scartoffie, sotto un grande tappeto.
Nel completare il giro della stanza l'amazzone non poté evitare di finire sugli occhi della custode dell'equilibrio che si limitò a donarle uno sguardo materno.
"Arcanum vobis spero che Amelia non sia stata troppo burbera nei vostri confronti, non è un tipo di molte parole ma ha un gran cuore", Manha annuì restando in silenzio,
"sono lieta che alla fine abbiate deciso di venire, vi aspettavo", continuò l'altra.
"Chiamatemi Manha" suggerì non amando le formalità, si sentiva nuovamente come la prima volta che era stata in quella stanza. Perché, si chiedeva.
"Come facevate a sapere che fossi alla porta?" Chiese imbarazzata.
"Ho percepito la tua presenza" le disse soltanto, non sapendo bene se volesse sapere altro sulle sue evidenti capacità magiche.
"Tu puoi chiamarmi Demetra" la invitò per poi diventare di colpo seria,
"so che hai avvertito qualcosa la notte scorsa ed adesso sei qui per conoscere ciò che hai rimandato per troppo tempo". L'amazzone si sentì come colpita in pieno da un fulmine, con tanto di tuono che le rimbombo' dentro riportandole alla mente la torre nera che aveva visto nel suo sogno. Come faceva a saperlo?
"Io non so cos'ho avvertito o se è stato tutto un sogno ma voglio sapere, sapere- quasi non riusciva a continuare- sapere cos'è accaduto nel sud del regno e perché le mie sorelle non mi danno loro notizie da troppo tempo, ormai". Mentre parlava non si era resa neppure conto di essersi alzata e che il mantello le fosse scivolato via: un po' imbarazzata lo raccolse e si rimise seduta.
"Hai tutto il diritto di conoscere la verità ma sappi che non sarà una storia breve o piacevole, sei pronta?" Chiese Demetra che già conosceva la risposta,
"si" rispose decisa Manha. Era giunto il momento, non poteva fingere per sempre.
"Per comprendere meglio gli ultimi avvenimenti occorre partire dal principio" cominciò il racconto.
"Vi fu un tempo lontano in cui pace e prosperità rendevano il regno magnifico. La famiglia reale favoriva gli scambi culturali, economici e magici con gli altri regni e tutti erano i benvenuti tra queste nostre fertili e floride terre. Coloro che praticavano le arti magiche erano molto rispettati. Nel centro cittadino vi era una torre bianca in cui chi lo desiderava e lo meritava poteva accostarsi alla magia; erano quattro le differenti scuole che studiavano le diverse tipologie magiche: i druidi dei boschi ad ovest, le streghe del lago a nord, i maghi bianchi a sud ed i custodi dell'equilibrio ad est. Niente e nessuno avrebbe mai immaginato che quell'idillio non sarebbe durato a lungo". Demetra si fermò, sospirò e riprese fiato,
"purtroppo circa trecento anni fa il figlio del buon re Yllius, Endaimon, proclamò che soltanto chi fosse stato privo di conoscenze magiche o alchemiche avrebbe meritato di restare nel regno",
"tutto ciò per quale ragione?" Intervenne impetuosamente Manha,
"la vera motivazione non si venne a sapere mai, ma tra le varie versioni che circolano, la più accreditata afferma che il principe si fosse fatto ghermire il cuore dalla magia nera che il nonno era riuscito a scacciare tempo addietro dal regno e vedeva in coloro che praticavano le altre arti magiche o avevano conoscenze alchemiche dei nemici" rispose sconsolata, con una voce triste.
"Ma è un'assurdità", intervenne nuovamente la mezza,
"lo so, ma l'animo di Endaimon era divenuto nero e la sua mente aveva smarrito il senno con il quale era venuta al mondo" affermò Demetra per poi riprendere il racconto.
"Da quel momento la pace e l'armonia cessarono. Il principe radunò attorno a sé la peggior feccia del mare e della terra, fece costruire una torre nera all'estremo sud del regno e diede il via alla persecuzioni", mentre parlava, non riusciva a tenere le mani ferme che si tormentavano a vicenda.
"Nessuno fu più al sicuro: non soltanto chi praticava una forma di arte magica o alchemica ma persino chi fosse stato anche solo sospettato di farlo. Ebbero inizio i rastrellamenti e le sparizioni notturne. Girava voce che tutti quelli che scomparivano venissero condotti nella torre nera per essere torturati ed uccisi; il panico si diffuse in fretta. Il re Yllius tentò invano di fermare il figlio ma a nulla valse il suo esercito contro le creature con le quali si era alleato. Il re perì per mano del suo stesso sangue e per oltre cinquant'anni le tenebre regnarono incontrastate. Le creature più fragili come fate e folletti scomparvero dai boschi come inghiottite dal nulla, stessa cosa capitò a ninfe e sirene. Chi vi riusciva fuggiva via ma non sempre era possibile farlo: il nuovo re presto chiuse i confini mettendovi gli stregoni a guardia ed imprigionò il suo popolo nel regno". Gli occhi le brillavano mentre le parole scivolavano come lingua di fuoco.
"A nulla portavano le ribellioni, soffocate nel sangue ed a nulla la speranza, spenta da mille soprusi; tanto che il re si guadagno l'appellativo di Endaimon il nero". S'interruppe un istante per riprendere fiato, notando che Manha aveva preso a cuore il discorso.
"Quando ormai tutto sembrava perduto, nacque una speranza: la compagnia dell'equilibrio, creata con lo scopo di riportare la pace nel regno. I pochi sopravvissuti delle congreghe di magia decisero di unire le forze, superando le loro divergenze, raccogliendo un esercito per marciare alla volta della torre nera e del castello con lo scopo di riportare la libertà ed il bene in queste terre. In poco tempo riuscirono ad ottenere l'appoggio di creature di razze diverse ma accomunate dalla voglia di riscatto. Tra le file vi erano elfi, mezz'elfi, uomini, gnomi, nani, persino centauri e creature marine. Non vi erano soltanto creature avvezze alla magia ma anche frange dell'esercito reale che avevano disertato, i cacciatori e le amazzoni". S'interruppe notando l'espressione stupita di Manha,
"le donne guerriere avevano da tempo immemore l'abitudine di sostare ai confini sud-orientali del regno per commerciare e ciò era ben tollerato. Tuttavia Endaimon le aveva fatte allontanare e loro si erano ripromesse di vendicare quest'affronto" spiegò. La mezza sorrise orgogliosa delle sorelle ma subito dopo quel riso le morì sulle labbra sopraffatto dal senso di paura che l'aveva spinta verso l'accademia e si sentì quasi mancare.
"Tutto bene? Vuoi riposarti? Continueremo più tardi se vuoi" le chiese preoccupata Demetra vedendola sbiancare,
"va tutto bene, continua, per favore" l'implorò l'altra cercando di riprendersi. La custode dell'equilibrio annuì e riprese il racconto,
"i capi delle diverse congreghe organizzarono un piano per liberare il regno dal tiranno. Fu deciso che le amazzoni, i cacciatori ed i soldati avrebbero attirato l'esercito fuori dai confini, i membri delle congreghe magiche avrebbero assalito la torre nera ed il castello e le creature marine avrebbero affondato le navi pirata a largo e nel porto. Un piano che aveva ottenuto l'appoggio del popolo, rappresentato da un gruppo di ribelli riunito in una società che si faceva chiamare «le guide» e che conosceva il territorio alla perfezione", Demetra s'interruppe un attimo ed emise un lungo sospiro,
"tutto sembrò andare com'era stato stabilito ma la vittoria non poté dirsi completa perché Endaimon con un gruppo di stregoni riuscirono a fuggire giurando di ritornare per riprendersi il regno e vendicarsi su tutte le congreghe che avevano contribuito a spodestarlo; sembravano parole dettate dall'ira e nessuno le prese seriamente". Scosse il capo,
"in breve tutto tornò alla normalità e sul trono salì il capo dei ribelli, un uomo di nome Fidelis, che aveva tenuto alto lo spirito del suo popolo e che prese in moglie l'elfo dei boschi e reggente della luce Lumnia. La pace aveva trionfato ed il regno riaprì i propri confini al resto del mondo. Le congreghe si rimpossessarono delle loro vecchie sedi e le riportarono al loro antico splendore, mentre la torre nera venne abbandonata all'incuria del tempo; questo fino ai giorni nostri..." la custode dell'equilibrio s'interruppe ancora un istante come a raccogliere le idee e trovare la modalità adatta a proseguire.
"Come fai a conoscere così bene tutta la storia? Nineria non ci ha mai detto nulla in proposito" sbottò Manha non riuscendo più a trattenere quella domanda,
"la regina delle amazzoni di allora morì in battaglia lasciando sul trono la giovane figlia Thiara che abbandonò il regno subito dopo la fine della guerra e non vi tornò mai più. La vostra attuale regina è tornata in queste terre soltanto una decina di anni fa e non è detto che conoscesse questa storia. Io invece ero presente, ero da poco diventata custode dell'equilibrio quando tutto ebbe inizio e credo d'essere stata la sola a prendere la minaccia di Endaimon sul serio". La mezza notò il rammarico e la tristezza sul bel viso dell'elfa e desiderò poter fare qualcosa.
"Egli è tornato accompagnato dagli stregoni oscuri, dai pirati e dalla peggior feccia vivente. Ha occupato la torre nera ed il sud del regno, da lì, era sua intenzione dirigersi verso il castello e riprendere il suo antico trono. Tutte quelle sparizioni e le incursioni sono servite a diffondere il panico ed a dividere le nostre forze. Tuttavia il suo piano non si è realizzato: la compagnia dell'equilibrio si è nuovamente riunita. Nottetempo siamo riusciti a raggiungere la torre nera, protetti dall'oscurità e dall'astuzia. L'aura negativa nell'edificio era molto potente ma unendo le forze siamo riusciti ad uccidere il capo degli stregoni e lo stesso Endaimon ed a liberare definitivamente il regno dalla sua presenza". Si fermò nuovamente e prima di proseguire la osservò, soffermandosi sull'aura inquieta che emanava.
"Tuttavia, ci sono state delle perdite maggiori rispetto alla volta precedente- gli occhi di Demetra luccicavano- tre congreghe sono state completamente annientate e soltanto un loro membro si è salvato..." continuava a guardarla dispiaciuta.
Manha comprese quelle parole ma il suo cuore si rifiutò di credervi.
"Non abbiamo potuto far nulla per mettere in salvo i cacciatori, le guide e - prese un profondo respiro- le amazzoni, tu sei l'unica ad esserti salvata perché non eri presente" riuscì a dire d'un fiato facendo ricadere le mani in grembo come disfatta dal senso di colpa. La mezza scattò in piedi atterrita dall'orrore
"non è possibile, le amazzoni sono invincibili" non si rese neppure conto d'aver urlato mentre le lacrime le riempivano gli occhi.
"Sono stati gli stregoni oscuri, mi spiace" cercò di spiegare materna Demetra alzandosi ed avvicinandosi a lei, ne percepiva l'aura in subbuglio e per un istante temette che potesse accadere qualcosa.
"Non è vero" urlò ancora crollando in ginocchio disperata e priva di forze, mentre l'altra le si inginocchiava accanto e la stringeva tra le braccia permettendole di sfogarsi.
L'ultima amazzone del regno. La silvana sapeva che la giovane aveva perso la propria famiglia e voleva con tutta sé stessa fare qualcosa per lei.
"Sappi che, se vorrai la porte di quest'accademia saranno sempre aperte per te", le disse non appena Manha riuscì a calmarsi un po'. Questa annuì rialzandosi e sciogliendosi dalla stretta
"adesso vorrei stare un po' da sola per riflettere ma ti ringrazio per l'offerta", indossò il mantello e senza aggiungere altro si diresse verso la porta: Demetra l'accompagnò all'ingresso e rimase ad osservarla allontanarsi, sperando tornasse. Sentiva il dovere di proteggere quella forte ed allo steso tempo fragile creatura è farle conoscere una parte di sé che ignorava.
Angolo autrice:
Spero che il nuovo capitolo vi piaccia, lasciate qualche commento.
In alto un possibile ritratto di Amelia, la governante dell'accademia di magia.
A sabato.
Capitolo revisionato
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro