Scones
Dublino, 24 marzo 1992
"Non credo sia un bene saltarne così tante, Éibhleann."
"Flor, davvero, ho solo bisogno di tempo per-"
"Diamine! Non abbiamo tempo."
O'Gallagher si guardò in giro spaesata, riagganciando la cornetta una volta udito distintamente il clic di fine conversazione.
Flor sembrava particolarmente agitata, negli ultimi tempi.
Ad ogni telefonata, la donna sembrava trovare un pretesto per infuriarsi al punto da appendere la chiamata senza che l'amica potesse terminare ciò che stava dicendo.
Ogni singola volta.
La ragione di tanta ira era una e sempre la stessa: erano ormai almeno due settimane che Éibhleann non si faceva più viva presso lo studio della dottoressa Doherty, annullando sia le proprie sedute terapeutiche, sia i pomeriggi in compagnia.
Il lavoro, d'altro canto, si stava facendo sempre più intenso e stressante.
L'arrivo del detective Müller aveva scombussolato letteralmente ogni cosa al commissariato.
Leona aveva chiesto esplicitamente di assistere ad ogni passo delle indagini, anche il più piccolo ed insignificante, il che rallentava notevolmente il lavoro.
Ogni briefing mattutino sembrava durare ore a causa sua.
"Lo fa apposta." le disse Patrick dopo una di quelle riunioni, davanti ad un caffè. "Lo fa per innervosirci."
Forse non aveva poi così torto.
Müller non sembrava voler capire la portata della catastrofe che si stava abbattendo sull'Irlanda in quel periodo, mirando solo ed esclusivamente ad ottenere la propria personale vendetta contro il commissario Finnerty.
Richiuse dietro di sé la porta della cabina telefonica, infilando le mani in tasca prima di incamminarsi nuovamente verso Phoenix Park.
"Non abbiamo tempo."
-
"Giuro che non ti sopporto più!"
"Tu? Tu non mi sopporteresti?"
Le urla erano perfettamente udibili sin dal primo piano dell'edificio, ma Éibhleann riuscì a distinguere meglio le voci solo quando spalancò la porta dell'ufficio.
All'interno dello studio di Patrick, lui e Müller stavano di nuovo discutendo.
O'Gallagher si avvicinò alla scrivania di Lawrence, rivolgendogli in silenzio uno sguardo preoccupato.
"Fanno così da almeno tre quarti d'ora. Sembrano una coppia sposata." sussurrò Samuel, sorprendendo i due colleghi alle spalle.
"Oh sì, ma Müller sembrava più interessata a O'Gallagher. Decisamente."
"Cuciti la bocca, Murray."
Incrociò le braccia al petto, scrutando la scena dalla porta a vetri.
Patrick era come al solito seduto dietro la propria scrivania, mentre Leona sbraitava agitando le mani davanti a sé, chinata in avanti.
Gli occhi della garda si posarono d'istinto ancora una volta sulle belle curve che la ragazza sfoggiava, quel giorno evidenziate da un tubino verde bosco.
Così bella, così insopportabile.
Nell'esatto istante in cui la svizzera si voltò ed i suoi occhi catturarono lo sguardo analitico della collega, si fece ancora più cupa.
Colta in flagrante.
"Sai che ti dico, Patrick? Fai pure a modo tuo.
Non siete nemmeno stati in grado di controllare un elenco di persone scomparse per cercare una corrispondenza con la seconda vittima."
Uscì dal piccolo ufficio esattamente come un uragano: lasciandosi alle spalle sol che devastazione.
Marciò minacciosa verso i tre investigatori, soffermandosi brevemente e con aria truce proprio di fronte a Éibhleann.
"Che c'è? Ti piace ciò che vedi?" tuonò prima di sparire dietro la pesante porta in noce.
L'altra sgranò gli occhi e schiuse in sorpresa le labbra sottili, senza nemmeno aver il tempo di formulare una risposta.
"Ahia." azzardò Morrison. "Ora ce l'ha anche con te."
Murray non riuscì a trattenere un risolino infantile.
O'Gallagher si limitò a scuotere il capo per ricomporsi, allontanandosi alla svelta per lasciar cadere una conversazione che si prospettava sin d'allora imbarazzante oltre ogni limite.
Lasciò quindi il trench ancora umido sopra la propria scrivania e proseguì verso lo studio di Patrick.
Questi le fece un cenno con la mano, invitandola ad entrare.
Nell'aria aleggiava la solita foschia intensa prodotta dai toscani di Pat, mista ad un forte e persistente profumo femminile.
Il viso di Éibhleann si torse in una smorfia.
"Valentino. Da che ho memoria, ne ha sempre usato in quantità indecenti."
"Come?"
"Il profumo di Leona."
"Oh." concluse la donna, spostando la poltroncina di fronte alla vecchia scrivania per accomodarvisi.
Patrick si sistemò gli occhiali sul naso, tornando a frugare con aria impegnata tra i fascicoli che stavano oramai per sommergerlo.
"Ha ragione, lo sai?" sbuffò la detective, accendendosi una sigaretta.
Ricevette in risposta solamente un mugugno contrariato.
"Avremmo potuto mobilitarci prima e chiedere all'ufficio persone scomparse."
"E quindi? Avrebbe potuto farlo lei, visto che è così intelligente da esserci arrivata eoni prima di noi."
"Scommetto cento sterline che le avresti negato il permesso, Patrick."
"È solo che si crede più furba di noi."
O'Gallagher spense la sigaretta e si alzò rapidamente, uscendo dall'ufficio del commissario senza nemmeno salutare: quando Finnerty si impuntava su qualcosa, il solo starlo a sentire le creava fastidio. Soprattutto mentre si arrampicava sugli specchi pur di far valere le proprie inesistenti ragioni.
Proprio quello che avrebbe fatto in quella situazione se Éibhleann non si fosse dileguata per tempo.
Sedette nuovamente alla propria postazione, afferrando la cornetta per comporre il numero di servizio dell'ufficio che si occupava di denunce di scomparsa.
Scosse brevemente il capo, dandosi più volte dell'idiota mentre chiedeva allo svogliato responsabile di inviare con una certa urgenza il catalogo dell'ultimo mese.
Come avevano fatto ad ignorare per tutto quel tempo una pista così banale?
"Non posso usare il fax, detective."
"Cosa significa che non può usarlo?"
"È rotto, credo. Se vuole, preparo i documenti perché li passi a prendere."
"E sia. Sarò lì in un'ora."
Le lunghe dita della donna si infilarono svelte tra le ciocche vermiglie.
"Non abbiamo tempo."
Socchiuse le palpebre, ripensando brevemente alle parole di Flor.
Erano così vere, palpabili.
Non c'era più tempo: quel folle avrebbe ucciso ancora, se lo sentiva.
Anzi, lo sapeva.
Tutti lo sapevano.
Erano parole non dette, tabù, che aleggiavano in quell'aria carica di tensione dal ritrovamento del corpo di Brie O'Malley.
Chiunque lì dentro sapeva che prima o poi avrebbero ricevuto l'ennesima segnalazione, il quarto efferato omicidio.
Tre delitti, nessun errore di calcolo e ancora nessun movente.
Non c'erano ancora abbastanza indizi per muovere accuse concrete, nemmeno contro quel povero cristo di Lynch.
Müller, per quanto Éibhleann odiasse ammetterlo, aveva ragione su tutta la linea.
Fu proprio mentre era intenta ad ammettere a sé stessa questa scomoda verità che la intravide.
Leona sedeva sull'ultimo gradino accanto alla portineria, con le spalle curve e degli scones rinsecchiti su di un tovagliolino steso sulle ginocchia.
Scese gli ultimi scalini, sedendole accanto.
La collega sussultò.
"E quelli?"
"Sono brioches, credo."
"Scones. Si chiamano scones, Müller."
"Sono brioches con crema al limone. Sei venuta a rimproverarmi anche per questo?" domandò Leona con stizza.
Éibhleann si accigliò, ma tacque quando, voltandosi, notò il visino arrossato e il respiro ancora affannato della ragazza.
"No. Devo passare a Heuston South a ritirare le denunce di persone scomparse degli ultimi due mesi. Vuoi venire con me?"
Müller si illuminò in un istante.
Un sorriso si allargò sul suo viso, così brillante e sincero da imbarazzare l'altra.
"Aspetta: Patrick lo sa?"
O'Gallagher alzò le spalle con un ghigno furbo e posò le mani sulle ginocchia, spingendo per sollevarsi.
Poi le infilò subito in tasca, avviandosi verso l'uscita.
"Muoviti."
Leona scoppiò a ridere e ripose il cartoccio con i dolcetti nella borsa, liberandosi con un rapido gesto delle briciole che erano cadute sulla gonna.
Zampettò rapida accanto alla collega, afferrando il suo braccio e premendovisi contro.
"Quelle erano le brioches più tristi che avessi mai visto, in ogni caso."
"Scones, Müller."
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