Kelly
Redazione dell'Irish Sunday, fine settembre 1980
"Signora, quanto avrei potuto fare per lei, l'ho fatto.
Non sta a me decidere ciò che viene pubblicato. Io scrivo e basta."
"È questo il problema: ha riletto bene l'articolo?"
Kelly spense la sigaretta ancora lunga nel posacenere ormai saturo di mozziconi che troneggiava su un pila di cartelle di carta gialla.
Strinse le labbra con scorno, forse risentita.
"Mi offende, signora... signora?"
"Walsh."
"Beh, signora Walsh. Siamo professionisti, qui."
La donna seduta di fronte a Kelly trattenne a stento la rabbia.
Accartocciò la stoffa leggera della gonna tra le dita nodose mentre lo sguardo vagò a lungo disorientato per la stanza.
Si alzò senza dire altro e uscì dall'ufficio della giornalista.
Kelly accese un'altra sigaretta, arricciando tra le dita un boccolo biondissimo.
Lo faceva sempre.
Sempre.
-
Fairview Park, 30 marzo 1992
"Kelly Brighton, sessant'anni compiuti da poco.
Giornalista. Le mancava poco alla pensione."
Éibhleann grugnì senza particolare enfasi, scostandosi brevemente da quello spiraglio di sole che, filtrando tra le fronde, la infastidiva.
"Hanno finito con i rilievi?" domandò assente, guardando in direzione di Morrison.
Il ragazzo accanto al corpo scosse brevemente il capo e il sovrintendente tornò a prestare attenzione a ciò che Seoige aveva da aggiungere.
"L'hanno trovata quattro ore fa quei ragazzi laggiù, quelli con lo skateboard." proseguì l'uomo dopo essersi schiarito la gola.
L'allergia stagionale gli creava diversi fastidi.
Éibhleann spense il mozzicone con un gesto rapido, trascinandosi rassegnata verso i giovani testimoni.
Il più grande avrà avuto sedici anni, a dir tanto.
Una giovane garda in uniforme stava già facendo loro delle domande, così a O'Gallagher bastò sporgersi oltre la sua spalla per gettare lo sguardo sul blocco per gli appunti che reggeva tra le mani.
La ragazza si rese presto conto della presenza della detective e sbiancò.
"Continua." le ordinò la rossa con un cenno del capo.
"Sissignora." soffiò intimorita lei prima di chinarsi e raccogliere la penna che le era scivolata di mano.
"Dicevate di non aver mosso il corpo, giusto?"
"No, affatto! Che schifo."
Le labbra di Éibhleann si arricciarono infastidite.
La garda tossì imbarazzata e proseguì.
"Era già così, con il viso rivolto verso terra?"
"Sì, non l'abbiamo mossa. Mike ha chiamato subito voi."
Niente di utile.
La mano di Samuel scosse la spalla di Éibhleann, catturando la sua attenzione.
Il ragazzo le fece cenno di seguirlo fino al punto in cui giaceva il cadavere della donna.
"Non sembra messa in posa, questa volta."
O'Gallagher aprì bene le orecchie.
"Guardala: è vestita di tutto punto, come se fosse appena uscita da una riunione di lavoro, ma la posa è disordinata e per nulla curata. Piena di chiazze... non ha nemmeno pulito il viso.
Il contrario delle altre."
Éibhleann si infilò i guanti di pelle, chinandosi con uno schiocco di lingua sul corpo senza vita.
Sollevò il viso della donna: occhi spalancati, gola squarciata, labbra marchiate a vivo.
Inconfondibile.
L'espressione dipinta sul viso della vittima era di puro terrore.
"Deve averlo visto bene in volto."
"Perspicace, Morrison. Dammi una mano."
Al segnale della detective, i due provarono all'unisono a girare il corpo;
al di sotto di esso, una pozza di sangue fresco davvero abbondante.
"L'ha uccisa qui. Ecco perché tutto questo disordine.
Dev'essere stato disturbato prima di poter spostare il corpo."
Samuel annuì e si rimise in piedi.
Éibhleann fece lo stesso.
"A pochi minuti da qui c'è un canale, no?"
"Sì, capo."
"Forse voleva buttarvi il corpo e farlo trovare in acqua come gli altri."
"È probabile."
"No, non lo è."
Gli occhi della detective si alzarono immediatamente al cielo al suono di quella terza voce, mentre il collega si coprì le labbra con una mano nel tentativo di nascondere il mezzo risolino che vi stava per nascere.
"E perché no, Müller?" chiese con uno sbuffo senza nemmeno voltarsi.
"Perché lo dico io." cinguettò la mora, colpendo O'Gallagher con una mossetta dell'anca.
"Buongiorno!"
"Buongiorno!" ricambiò allegro Sam, subito fulminato dal sovrintendente.
"Buongiorno, Eve!"
"Non è più un buongiorno, ora."
Müller scoppiò a ridere, cristallina ed estasiata dalla tenacia con cui Éibhleann continuava ad atteggiarsi a poliziotto cattivo perfino di prima mattina.
Infilò il paio di guanti di lattice che Seoige le aveva raccomandato di indossare e si chinò sulla vittima.
"Poverina. Guarda qua..."
Éibhleann distolse immediatamente lo sguardo.
Tutta quell'empatia la disturbava, per qualche ragione.
"Non la conoscevi nemmeno." avrebbe voluto dirle.
Leona maneggiò lieve il viso terrorizzato della donna, rigirandoselo delicato tra le mani dopo averle almeno richiuso le palpebre con un gesto lieve.
"Eve?"
"Mh?"
Sulle labbra della svizzera sbocciò un sorriso delicato: la burbera O'Gallagher stava forse iniziando a cedere?
Di sicuro, dopo aver assistito a tutti i tentativi falliti di pronunciare correttamente il suo nome, la garda avrebbe potuto fare ben poco per ribellarsi ai soprannomi dell'altra.
"Vedi?" riprese Leona.
"Le incisioni sulle labbra sono più profonde e precise. Credo si sia preso più tempo per creare un disegno o per fare più male.
Sarei più propensa a credere alla seconda."
"Per quale motivo?" domandò la detective, frugando attivamente nelle tasche alla ricerca di un accendino.
Leona si interruppe bruscamente, si rimise eretta e si sporse con uno sbuffo verso la collega, allungando una mano per afferrare la sigaretta che l'altra teneva già stretta tra le labbra.
La sfilò con un gesto rapido e pulito delle dita, guardando la donna con disappunto non così velato.
"Basta. Conoscendoti, ne avrai già fumate almeno dieci e siamo solo a metà mattinata. Ti fanno male."
Morrison si allontanò prontamente, forse intimorito dalla prospettiva di una possibile reazione del sovrintendente.
Éibhleann, però, tacque contro ogni aspettativa.
Annuì solamente, sbigottita e leggermente confusa, senza riuscire a formulare qualcosa di sensato da dire.
"Quattro." aggiunse dopo lunghi istanti passati a scrutare gli occhi profondi della più giovane.
"Quattro cosa, Eve?"
"Ne ho fumate soltanto quattro."
"Soltanto... beh, è già qualcosa." commentò lei quasi sottovoce, una delicata risata di contorno.
Non erano state rare le occasioni in cui, durante i giorni successivi alla visita agli uffici di Heuston South, si era riservata il tempo di soffermare la propria attenzione su O'Gallagher.
Era sempre più curiosa, attratta da quelle brevi conversazioni in cui discutevano di tutto e di niente, del tempo, del lavoro, della pioggia, degli scones.
Affascinata dagli occhi stanchi di Eve, anche.
Dalla voce torbida che non trovava mai il modo di darle il buongiorno educatamente.
Dalle dita lunghe che giocavano nervosamente con la corona dell'orologio, girandola all'infinito per zittire chissà che pensieri.
Si avvicinò ancora di qualche passo e percepì chiaramente Éibhleann irrigidirsi quando le sue mani si posarono sul colletto stropicciato della camicia.
Lo sistemò con cura, guardando i muscoli tesi dell'altra rilassarsi lentamente.
"Non ti mangio."
"Non si sa mai. Cos'aveva che non andasse?" domandò la rossa indicandosi il colletto. Le dita sfiorarono inavvertitamente il dorso della mano di Leona, che si ritirò come se fosse rimasta scottata.
"Era stropicciato. Ora va molto meglio."
Éibhleann assentì in silenzio e guardò la collega chinarsi nuovamente sul corpo, stranita da quanto repentinamente si fosse allontanata.
"Capo!"
La voce di Seoige richiamò altrove la sua attenzione.
Si voltò verso l'uomo, facendogli un cenno con la mano prima di sporgersi nuovamente verso Leona e posare una carezza tra i suoi capelli.
Un gesto brevissimo, senza troppo impegno né riflessione, qualche frazione di secondo prima di incamminarsi verso il collega più anziano, dando le spalle alla donna inginocchiata.
Éibhleann non vide di certo il velo scarlatto che calò velocemente sulle gote piene di Leona.
Lo notò distintamente Morrison, in compenso.
Il ragazzo le si piegò accanto, sfoggiando un ghigno saccente stampato sulla sua miglior faccia da schiaffi.
"Müller, ma non è che-"
"Devi farti gli affari tuoi." lo interruppe secca la ragazza, senza il solito garbo.
Lui scoppiò a ridere di gusto, attirando l'attenzione di diversi agenti.
Non era esattamente la situazione più usuale in cui imbattersi in tanta allegria.
"Zitto!" cercò di tamponare Leona. "Che figure... piantala!"
Sam si coprì le labbra con le mani, lacrimando per la fatica che comportò il costringersi a placare l'ilarità.
"Non capisco cosa ci sia di divertente."
"Beh, ti piace il capo." asserì lui senza pensarci due volte.
L'espressione di Leona mutò in puro shock.
"Ma quanti anni hai? Quindici? Non è che mi piace. Siamo adulte, mi incuriosisce."
Morrison annuì con qualche cenno del capo carico di ironia.
Lei lo minacciò apertamente mostrandogli la fondina della propria arma.
"Smettila. Ti faccio rapporto."
"A Finnerty? Tanto, peggio di così."
Lui alzò le spalle, ancora scoraggiato al solo ricordo dell'espressione delusa del commissario.
Dopo il violento alterco che li aveva divisi giusto qualche settimana prima e la sospensione che si era guadagnato, Samuel si era ritrovato con troppo tempo per riflettere e un cocente senso di colpa che si ingigantiva sempre di più con il passare di ogni singolo giorno speso tra le quattro mura della stanza che aveva in affitto in centro a Dublino.
Non aveva lasciato correre nemmeno dieci giorni prima di scusarsi con Patrick per l'accaduto, ma il rapporto di fiducia e stima che si era costruito negli anni era ormai minato dall'ombra delle parole amare con cui si erano feriti.
I ritratti di tutte quelle donne appese alla bacheca nell'ufficio di Finnerty e l'aria pesante che si era creata all'interno del commissariato non giovavano affatto alla serenità che Sam avrebbe voluto riportare nella propria quotidianità.
Bisognava trovarlo ad ogni costo, quel mostro.
Si riscosse da propri pensieri quando Müller posò gentile una mano sul suo ginocchio.
Le sorrise, riprendendo a scattare fotografie.
-
"Cos'è?"
"Cosa ti sembra?"
"Non ne ho idea, Seoige. Un pezzo di plastica."
"Guardalo meglio."
Éibhleann obbedì e afferrò con più cura l'oggetto che il collega le stava porgendo.
Un pezzo di plastica semi-trasparente, cavo. Non più di tre centimetri di lunghezza.
"Non mi dice nulla."
L'uomo scosse il capo ed estrasse dalla propria ventiquattrore una copia del fascicolo con le fotografie dei casi precedenti.
Le sfogliò rapidamente.
Una in paricolare catturò subito l'attenzione di Éibhleann, che vi posò la mano guantata.
Pareva lo stesso oggetto.
Identico, solo ritratto nel mezzo di un'altra scena del crimine.
O'Gallagher sfilò con foga la fotografia dal plico, confrontando ciò che reggeva tra le dita con quanto immortalato in precedenza da Morrison.
Voltò l'istantanea e lesse con un filo di voce: Unknown victim, Dublin 1.3.92.
Gli occhi si sgranarono ancora di più.
Seoige le stava già porgendo una bustina in cui riporre la prova, con aria estremante soddisfatta.
"È qualcosa di concreto?"
"Sembrerebbe. Potrebbe portarci all'arma del delitto."
Sulle labbra sottili della donna fece appena in tempo a spuntare un mezzo sorriso che, improvvisamente, il trillo del telefono cellulare la distrasse dalla propria euforia.
"Murray." disse semplicemente per scusarsi con Seoige, prima di scostarsi di qualche metro.
Allungò l'antenna del dispositivo e lo accostò all'orecchio.
"Dimmi Lawrence."
"Capo."
Solo il poderoso rombo di un tuono riempì il silenzio di quei lunghi secondi.
"Abbiamo il nome della ragazza sconosciuta.
Müller aveva ragione."
Éibhleann di riflesso si voltò verso il punto in cui aveva lasciato la poliziotta.
"C'era una denuncia di scomparsa?" chiese al collega con un ghigno non così velato.
La ragazzina dell'Interpol la sorprendeva ogni giorno di più.
"Esattamente, di qualche mese fa. Ci ha visto lungo."
"Vero. Non glielo dire, però."
Lawrence chiuse la chiamata con una risata e O'Gallagher ne approfittò per concedersi finalmente una sigaretta.
Sfilò dalla tasca interna del panciotto l'accendino di riserva che teneva sempre con sé per ovviare agli innumerevoli perduti quotidianamente, sfregando un paio di volte il pollice sull'innesco prima di ottenere una bella fiamma e riuscire ad accendere il tabacco.
Seoige e Morrison in lontananza discutevano sollevati della nuova prova, mentre Müller si sfilava i guanti di lattice.
I loro sguardi si incrociarono di nuovo.
Sul visino di Leona si aprì il più bel sorriso che l'altra avesse mai visto.
Éibhleann trasalì, replicando con un cenno del capo prima di dirigersi verso di lei.
Si pose la fedora grigia in capo e, automaticamente, infilò la mano nella tasca dell'impermeabile per riporre l'accendino nero.
Questi scivolò inesorabilmente dalle dita della donna, volando tra i fili d'erba umida.
"Non fai mai attenzione."
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