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Galway Girl

Galway, 14 febbraio 1992

"Buon San Valentino, O'Gallagher."
"Se davvero ti pare "buono", non oso immaginare come tu abbia trascorso gli altri."
"... preferisco non ricordare quello dell'87."
"Lo ricordo io, Murray." sbuffò Éibhleann in direzione del collega, sbadigliando senza grazia.
Lui attaccò un piagnisteo particolarmente teatrale, appoggiando la fronte sulla spalla della donna.
"Sei così drammatico." tagliò corto lei, cercando di ignorare tutte le lamentele che seguirono quell'affermazione.
Nascose l'inevitabile sorriso dietro la brochure che reggeva tra le mani, lasciando che il collega continuasse a dar spettacolo.
Presenziare ad uno di quei noiosissimi convegni in cui la prima regola era fingere di ricordarsi di chiunque -non conta da quale sperduto distretto provenisse- era l'incubo di qualunque poliziotto.
Ritrovarsi nella sala riunioni di uno sperduto hotel nella gelida e ventosa Galway in pieno febbraio, poi, rendeva l'avventura ancora meno appetibile.
I membri della squadra di Éibhleann costretti a seguire il seminario non erano poi così numerosi, ma avere delle facce conosciute intorno le giovava senza dubbio all'umore.
Lawrence Murray era sempre il primo ad arrivare -e a lamentarsi.
Ogni giorno aveva un nuovo dramma da proporre ai colleghi, o un gossip da commissariato di cui discutere davanti ad un caffè e ai deliziosi dolcetti che sua moglie era solita cucinare per l'intera stazione di polizia.
Tra gli ispettori che rispondevano direttamente al comando di Éibhleann, il preferito di tutti era Brión Seoige. Era un uomo sulla sessantina, estremamente pacato, con la soluzione a qualsiasi problema sempre a portata di mano;
vedovo di una cantante lirica, una volta all'anno organizzava un concerto di beneficenza in memoria della sua amata Eórann.
Ultimo ma non certo per importanza, anche Samuel Morrison venne selezionato dal Grande Capo per sorbirsi il comizio. Nato a Austin, Texas, da madre irlandese e padre americano, parlava con un fortissimo accento che faceva piegare Éibhleann in due dalle risate: sentirlo mescolare con una tale nonchalance quel poco di gaelico che riusciva a masticare alla propria cadenza da Far West era estremamente ilare. Le sue parole preferite erano "Austin" e "Texas".
Fu proprio Morrison, con la stanchezza dipinta in volto, l'ultimo a ricongiungersi con il resto del team nella sala convegni.
Aveva tra le mani un thermos colmo di oro nero recuperato chissà dove.
"E quello?" chiese O'Gallagher all'ameba che le sedeva accanto, allungando il capo verso il caffè fumante che questi reggeva.
"Me lo sono conquistato, capo."
Allo sguardo interrogativo di Éibhleann rispose l'ispettore Seoige, dopo aver distribuito taccuini e penne a sfera ai colleghi.
"Ha fatto conquiste: la ragazza che serviva la colazione ha avuto un occhio di riguardo per Morrison."
"Il mio accento accattivante continua la sua strage di cuori." proseguì il ragazzo, tendendo le braccia davanti a sé.
"Pietà. Si chiama pietà." mormorò la donna all'orecchio di Murray, soffocando in qualche strano modo le risate con la mano.
Morrison ne imitò i gesti, replicando anche l'originale verso che emise.
"Sei licenziato." sentenziò lei, lasciando scemare le risa quando notò un certo movimento tra chi il comizio avrebbe dovuto tenerlo e non sorbirlo.

Passarono ore prima che potessero di nuovo alzarsi da quelle scomodissime seggioline rosse che, con ogni probabilità, erano state sottratte da qualche scuola elementare nei dintorni.
Ore spese a capire come accendere un computer, inviarsi e-mail da un distretto all'altro e utilizzare dei nuovissimi e sofisticati database che la Garda stava iniziando ad introdurre per semplificare il lavoro d'ufficio.
Nessuno dei presenti si azzardò a mettere in dubbio l'utilità di tutti quegli aggiornamenti, ma meno della metà di loro ne cavò davvero un ragno dal buco.
Seoige, poi, sembrava addirittura sconvolto dai mostruosi passi avanti che la tecnologia poteva aver compiuto mentre lui non guardava.
Éibhleann, che non si interessò mai realmente all'argomento, scrisse pagine e pagine straripanti di appunti con cui colmare le proprie lacune e fingere di aver ben chiara ogni cosa spiegata quella mattina dai tecnici.
Li mostrò fiera ai propri compagni durante il pranzo, tra un boccone di stufato e un sorso di vino.
Vino che le andò drasticamente di traverso quando il telefono cellulare prese a squillare con insistenza.
Lo afferrò dalla tasca della giacca con un sospiro scocciato, mentre con la mano libera tamponava il tovagliolo sulle labbra.
Allungò l'antenna dell'apparecchio e ne premette il tasto per rispondere alla chiamata.
"O'Gallagher."
"Non parlare a bocca piena."
Quando la voce del sovrintendente capo Patrick Finnerty le giunse all'orecchio direttamente da Dublino, deglutì lo stufato e si alzò da tavola con un cenno di scuse.
"È arrivata una chiamata a Phoenix Park." proseguì poi lui. "Una donna sulla trentina, a Oughterard. Non è lontano da voi."
"E il comizio?"
"Al diavolo quella roba. Porta la squadra con te: non credo sarà un lavoro piacevole."

-

Appoggiata allo stipite della porta che dava sulla sala da pranzo, le bastò uno schiocco di dita per radunare a sé il resto della squadra.
L'espressione seria e preoccupata di Éibhleann fu una motivazione sufficiente a convincere i colleghi ad abbandonare la tavola.
"Era Finnerty."
Il solo nome del comandante bastò a congelarli sul posto.
La donna guidò la comitiva nell'ufficio del direttore dell'albergo, che si era non-così-spontaneamente offerto di fornire una base operativa munita di telefax.
Mentre i documenti in ricezione venivano ordinatamente impilati uno ad uno nella cassetta inferiore dell'apparecchio, Éibhleann iniziò a leggere dal proprio taccuino le informazioni che le erano state trasmesse per telefono poco prima.
"Linda Murphy, 31 anni, residente ad Oughterard. Ritrovata sulla riva del Lough Corrib, nella zona della foce dell'Owenriff."
Prese un profondo respiro e recuperò il plico dal fax.
Sgranò gli occhi nel leggere le prime righe del referto, sbiancando.
Cercò di allungare la mano per afferrare a tentoni la sedia più vicina quando si sentì mancare, ma si sbilanciò ugualmente.
Morrison intervenne prontamente, sorreggendo la collega mentre Murray spostava la sedia per farvela accomodare.
"O'Gallagher!"
Ci vollero interi minuti perché Éibhleann riprendesse colore.
Lasciò il referto tra le mani di Murray, mentre Morrison cercava di offrirle dell'acqua.
Lawrence si schiarì la voce e iniziò a leggere dalla documentazione.
"Donna bianca, caucasica, sulla trentina e in buona salute.
Presenta una profonda ferita all'altezza della giugulare. Quasi certamente, è la causa del decesso."
Sollevò il volto, squadrando la donna seduta.
"Vuoi che continui?"
Lei annuì.
"L'arma del delitto è riconducibile ad una lama corta ma estremamente precisa, forse uno strumento chirurgico.
Sulla vittima si riscontra inoltre una-"
Il sangue di Lawrence gli si gelò nelle vene.
Con voce flebile, Éibhleann chiese di non fermarsi.
"-una serie di ferite da taglio nella parte inferiore del volto, su entrambe le labbra."
Nella stanza calò un silenzio innaturale.
Chiunque, lì dentro, comprese il malore del sovrintendente O'Gallagher.
La mano di Seoige si strinse attorno alla spalla della donna, cercando di essere confortante.
"... dev'essere un caso." intervenne Samuel, rompendo la bolla proprio quando iniziava a farsi insostenibile.
"Già. Deve esserlo per forza." il più anziano gli diede subito manforte, ma la preoccupazione cresceva ad ogni riga che veniva letta da quel riscontro.
Éibhleann si alzò incerta sulle proprie gambe: una tormenta stava per scatenarsi nella mente della donna.
In quel plico di fogli c'erano troppe similitudini con il fascicolo sulla morte dei propri genitori perché potesse convincersi a credere in una sfortunata serie di coincidenze.
Si fece coraggio, indossando il proprio cappotto nero prima di lasciare la base operativa improvvisata e tornare verso la hall.
"Andiamo."
"Andiamo?" Samuel la bloccò. "Non è il caso di chiamare Dublino? Ti sostituiranno."
"Non serve." proseguì dritta per la propria strada, spingendo il portone solo per venir travolta da una folata di vento e pioggia.
Finissima, fastidiosa.
Ormai imperturbabile, avvolse meglio la sciarpa di lana attorno al collo lungo e si incamminò nel parcheggio dell'albergo.
Con non poca esitazione, il resto della squadra la seguì.
Murray sedette in auto, al volante, e iniziò a cercare l'indirizzo tra i fogli che la sede centrale aveva inviato loro via fax.
Sul sedile posteriore dell'auto di Lawrence, Samuel sperava invece di trovare una maniera efficace di rompere definitivamente il silenzio che troppo spesso stava calando tra i quattro.
"Avete l'ombrello?"
Un'occhiata di Seoige lo fece desistere dal suo intento.
Lawrence mise in moto.
Lo sguardo vuoto di Éibhleann non si spostò un solo istante dal rustico paesaggio del Connemara che sfrecciava rapido fuori dai finestrini dell'auto in corsa.
Mezz'ora di tragitto parve a tutti un'eternità da trascorrere nell'atmosfera pesante che l'ansia stava creando.
L'attesa era davvero insostenibile.

-

Giaceva distesa tra l'erba alta e incolta che cresce sulle rive del lago.
Non sembrava essere stata uccisa in quel punto: non c'erano sangue né tracce di suole che non fossero dei primi soccorritori e dei gardaí locali che stavano svolgendo le indagini preliminari.
In un terreno tanto fangoso, le tracce di due persone in marcia si sarebbero notate a colpo d'occhio.
Certamente doveva essere stata trascinata fin laggiù dalla corrente dell'Owenriff, per poi incagliarsi tra i massi sulla costa.
Dire per quanto potesse essere rimasta in acqua, invece, sembrava un'impresa particolarmente ardua. La pioggia di quella notte stava rendendo le cose molto più complicate del previsto.
Mentre Murray e Seoige discutevano con i poliziotti della Contea di Galway, Morrison iniziò diligente a scattare fotografie alla scena.
Éibhleann si guardò in giro a lungo in cerca di qualsiasi cosa, anche del più piccolo degli spilli, che le fornisse una scusa valida per non avvicinarsi al corpo.
Nulla si palesò.
A quel punto, con ampie e distese falcate scavalcò intere zolle di fanghiglia, percorrendo a ritroso l'argine del fiume fino al punto in cui i soccorritori avevano steso la vittima.
Ad ogni passo il cuore tuonava sempre più forte, sino a riempirle le orecchie.
Lei era lì, con gli occhi spalancati e le labbra straziate.

"Éibhleann."

Si guardò di nuovo attorno, ma scoprì con orrore che nessuno la stava chiamando.
Si chinò titubante sulla ragazza esanime, spostando le ciocche rosse e zuppe che la pioggia incessante le aveva incollato alle guance.
L'agente ne scrutò intensamente i lineamenti delicati, cercando di capire cosa rendesse la giovane tanto familiare.
Aveva un viso così comune... avrebbe potuto essere chiunque.
Infilò i propri guanti di pelle, lasciando scivolare le dita dalla guancia nivea al colletto della camicetta, ancora perfettamente abbottonato.
Lo allentò lievemente, esaminando il taglio che percorreva il collo da parte a parte.
La ferita era netta, precisa al limite del maniacale.

"Éibhleann."

Si sollevò svelta: ancora una volta, tutti erano troppo indaffarati nei propri compiti.
Rimase immobile per lunghi attimi, perplessa.
Era sicura di aver sentito chiamare il proprio nome.
Si inginocchiò di nuovo, soffermandosi ora sulle labbra della vittima.
Qualcuno aveva infierito su di esse al punto da renderle irriconoscibili, ma il viso era stato ripulito con cura da ogni traccia di sangue: non potevano essere state ridotte così in un semplice impeto.
Chi l'aveva uccisa si era davvero preso il tempo di massacrare e dilaniare la bocca sorridente di quella povera giovane donna.
Passò con un sospiro la mano sugli occhi ancora schiusi della vittima, abbassando le palpebre.
Gli occhi di ghiaccio, i capelli ramati, le labbra straziate.
Nella mente di Éibhleann tutto quanto si ricollegava a quella tragica notte del 1981.
Siobhán era stata ritrovata nelle stesse condizioni accanto al marito.
Solamente le labbra di Connor vennero risparmiate in quell'occasione.
Ripercorse mentalmente il fascicolo d'inchiesta del caso dell'omicidio dei genitori, letto così tante volte da poterne citare ogni passo a memoria: le similitudini tra Linda Murphy e Siobhán O'Gallagher avevano ormai superato abbondantemente il numero definibile coincidenza.

"Éibhleann?"
"Mamma?"
Scattò ancora una volta sull'attenti, questa volta spaventata.
La voce di Siobhán le rimbombava con insistenza nella testa.
Abbassò lo sguardo sul corpo senza vita di Linda, impigliandosi ancora su quelle labbra distrutte.
Non poteva essere un caso.

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