Éibhleann
Dublino, 26 marzo 1991
"Chiudi gli occhi.
Qual è la prima cosa che vedi?"
"Loro."
-
C'erano nell'aria un forte profumo di caffè e le note di un pianoforte incredibilmente stonato.
Note amare, tutt'altro che piacevoli.
Avrebbe potuto perfino giurare di riuscire ancora a percepire sotto alle dita la carta sottile delle pagine del testo di Chirurgia Generale, proprio come in quel momento lontano.
Gennaio 1978.
Era un pomeriggio come tanti altri.
Éibhleann a quel tempo stava ancora rincorrendo la laurea che avrebbe finalmente reso felice la madre, ponendo così un freno alle aspettative inarrivabili cui era soggetta.
Proseguire gli studi non era stata una scelta autonoma, ma si sarebbe fatta andare bene anche un corso di giga pur di ottenere -forse per la prima volta nella sua vita- l'approvazione di una mamma tanto severa.
Al telefono era stata chiara: non avrebbe accettato un altro esame rinviato.
Bastava la sua voce per liberare completamente la mente di Éibhleann e imporle un solo obiettivo.
È probabilmente questa la sola ragione per cui la donna ricorda tuttora così vividamente la sensazione dei polpastrelli che scivolano sui fogli stampati.
Paura, ricatto.
Il profumo dell'inchiostro le teneva compagnia ogni singolo giorno.
-
Parlarvi di Éibhleann O'Gallagher non sarà compito semplice.
Mille sfaccettature di un'unica, complicatissima donna.
Nacque in una stanza troppo affollata del St. James Hospital di Dublino, in una tempestosa notte di settembre. Correva l'anno 1954.
Siobhán si rivelò sin da subito una madre esigente e inflessibile, tutto il contrario di quanto il marito avesse sperato.
Connor O'Gallagher sposò Siobhán Doyle nel suo trentesimo anno d'età, seguendo lo spassionato suggerimento dei propri genitori, che desideravano la perfetta ragazza da marito per un giovane e rampante avvocato come il figlio che tanto adoravano.
La vide per la prima volta alla festa di Natale organizzata annualmente dalla famiglia Doyle;
suonava il pianoforte, bella come un angelo dalle trecce rosse.
Innamorarsi di lei non fu affatto difficile come immaginava.
Di Siobhán, però, non si poteva dire lo stesso: lei non avrebbe mai potuto desiderare una famiglia che la distogliesse dalla propria ascesa nel panorama musicale.
Tutto l'astio che la donna nutriva nei confronti di quell'unione indesiderata e del marito insulso che era stato elevato dalla famiglia intera a perfetto candidato, venne negli anni seguenti riflesso sull'unico frutto del proprio grembo.
Éibhleann fu il solo fiore in quel matrimonio sventurato: la stella più brillante per gli occhi innamorati di Connor, una scusa per spolverare i tasti dell'adorato pianoforte per Siobhán.
L'infanzia trascorse per gran parte serena, adornata dalla spensieratezza che ogni bambino meriterebbe;
pochi amici rallegrarono le giornate della piccina, lasciando che si riempissero di ogni sorta di impegno impóstole da una madre poco amorevole e sempre più esigente: dai libri più noiosi alle lezioni di musica impartite da ella stessa, non sembrava esserci spazio per altre persone nella vita che Siobhán stava dirigendo.
Di giorno in giorno, stava forgiando la vita della figlia come fosse la propria.
Fu intorno ai quattordici anni che Éibhleann iniziò a sbocciare.
Poteva percepire il corpo mutare giorno dopo giorno: il rosso vivo dei capelli iniziò a sbiadire in un caldo color rame, mentre il cielo che nascondeva nei propri occhi si rannuvolò lentamente, anno dopo anno, fino a divenire grigio e profondo come le iridi che il padre le aveva donato.
Crebbe così tanto in altezza da guadagnarsi innumerevoli sguardi pregni di curiosità ovunque si trovasse, ma non ricevette mai le belle curve che alla sua stessa età Siobhán poteva vantare.
Al contrario, sviluppò un fisico androgino e asciutto perfettamente in armonia con il portamento fiero che l'altezza sopra la media le donava.
Scoprì presto di adorare quella sensazione di superiorità da cui veniva pervasa ogniqualvòlta si ritrovasse a guardare dall'alto in basso una persona non così gradita: poterlo fare letteralmente la riempiva d'immenso orgoglio.
Non credo, in effetti, tenne mai segreta questa sua altezzosa passione.
Aveva diciassette anni quando, per la prima volta, si ritrovò ad osservare con vivo interesse una persona;
prima di allora nessuno le aveva mai spiegato come mostrarsi intrigante agli occhi di altri, né tantomeno qualcuno le indicò per chi avrebbe dovuto provare attrazione.
Anna O'Moore aveva il pessimo vizio di mordersi le labbra quando era troppo concentrata e ad Éibhleann capitava così spesso di soffermarsi su quel dettaglio da perdersi stralci interi delle lezioni che non riusciva più a seguire.
Tutta colpa delle labbra di Anna.
Per quanto non si fosse mai posta domande sulla propria sessualità, il chiodo fisso delle labbra morbide della compagna di banco la turbò al punto di non riuscire più a nascondere la propria curiosità: la bionda Anna, in risposta a quella confessione impacciata, premette con dolcezza un bacio sulla bocca schiusa in sorpresa di Éibhleann, dissipando ogni dubbio.
Quel semplice sfioramento rasserenò un cielo che, fino a quell'istante, era rimasto coperto sopra il capo della ragazza.
Fu quello l'attimo in cui comprese che non avrebbe mai desiderato nulla di diverso dalle soffici carezze che solamente le mani sottili di una donna avrebbero potuto donarle.
Il giorno in cui Anna O'Moore smise di baciarla, Éibhleann raccontò ogni cosa alla madre.
Cercava conforto, forse un abbraccio materno, ma lei, impassibile, non disse una sola parola che potesse consolare la figlia: abbandonò la sedia su cui stava ricamando e tornò a suonare l'amato pianoforte.
Probabilmente, quella brevissima conversazione rimase l'unico segreto mai condiviso dalle due.
L'ultimo giorno di scuola, poco prima della consegna del diploma, prese una decisione.
Afferrò le forbici dal cesto in cui Siobhán custodiva il corredo per il cucito e corse allo specchio: ciocca dopo ciocca, accorciò drasticamente i bei boccoli ramati.
Suo padre non riuscì davvero a comprendere il senso delle parole della ragazza quando cercò singhiozzando di spiegare quanto stesse disperatamente cercando di vedere la vera sé nel proprio riflesso allo specchio, ma posò ugualmente una mano sulla guancia arrossata della figlia e sorrise.
Fu quando ben altre parole lasciarono le labbra della madre che le lacrime ricominciarono a rigarle il volto, copiose.
"Sei orribile."
L'immagine del viso senza espressione di Siobhán le terrà per sempre compagnia.
Il suo commento senza verve trafisse perfino Connor.
Chiunque giurerebbe di non aver mai sentito i coniugi O'Gallagher altercare tanto violentemente come quella sera.
-
"Loro?"
"Loro due."
La dottoressa Doherty afferrò immediatamente le parole di Éibhleann, lasciando cadere il discorso.
Firmò un foglio e lo allungò alla donna che le sedeva di fronte, in attesa che lo raccogliesse.
Lei se lo rigirò a lungo tra le dita nel tentativo di decifrarne il contenuto.
"Quindi non è uno stereotipo?"
"Che cosa, Éibhleann?"
"La grafia incomprensibile dei medici. La sua è orribile."
"Dovrebbe esserlo anche la tua, dunque."
"Non sono più un dottore." concluse con tono di nuovo spento, secco.
Doherty mostrò un mezzo sorriso e lo sguardo di Éibhleann si impigliò come ogni volta sulla profonda cicatrice che segnava l'angolo sinistro delle labbra della psichiatra.
In tutti quegli anni di amicizia, non aveva mai trovato il coraggio di chiederle cosa le fosse accaduto.
"Vestite di seta una capra e sarà ancora una capra."
Éibhleann si voltò un'ultima volta sull'uscio aperto e Flor le sorrise di nuovo.
Ricambiò con un cenno del capo e lasciò lo studio in silenzio.
Lì fuori, invece, Dublino si animava rumorosa.
Aprì l'ombrello, sparendo tra la folla.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro