VIII. Snevejr
Neve
Quando Blue si svegliò si ritrovò solo.
I brividi lo avevano scosso fino a tremare: il letto delle sue unghie era diventato blu, le labbra erano annerite. Il battito cardiaco e il respiro erano lentissimi.
Era ancora vivo.
La sua visuale si rovesciò dal cielo notturno livido al manto di neve traslucida: rotolò, tracciando un largo solco in essa, e si rimise seduto per poi mettersi a tastare nervosamente la giubba. Tutte le tasche erano vuote e del suo zaino gli era rimasto solo un bracciolo strappato e ancora stretto sotto l'ascella sinistra: cattive notizie, niente provviste. E niente torcia. Soprattutto niente GPS.
"Amy...? Ejnar?!"
Se avesse atteso, seduto in mezzo alla neve, l'arrivo dei soccorsi sarebbe sicuramente morto all'alzarsi dei venti polari del nord: doveva... doveva trovare un riparo. Il monte gli sembrò ironicamente l'unica opzione di salvezza, oltre che dispensatore di morte.
"Dove siete?!"
La paura di provocare una seconda valanga e la gola raschiata gli impedirono di dare a fondo la voce e gridare come sarebbe convenuto: oltre all'eco della sua voce nelle gole innevate, però, non ottenne nessuna risposta. Continuò a girare in tondo, alla cieca, senza però allontanarsi troppo dalla sua zona di comfort - talvolta avvicinando le mani alla bocca per verificare che nelle labbra vi fosse ancora un'ombra di calore.
Era sul punto di arrendersi quando, nel camminare al buio totale, inciampò in qualcosa di pesante sepolto nella neve. Il volo e l'atterraggio sul duro manto di ghiaccio gli strapparono un gemito di dolore, ma questo non fu niente in confronto a quel che provò quando si voltò quasi senza forze per capire cos'era stato: scorse il profilo del fianco di una persona e si alzò disperato.
Corse a scavare in quel punto, immergendo e raspando freneticamente con le mani insensibili al tatto e la toccò: Myrjami, fredda come il marmo, sepolta sotto uno strato di quasi quindici centimetri.
"A-... Amy!"
Le sue parole si tradussero in un soffio di vapore e il suo respiro cominciò ad accelerare e a frammentarsi; si guardò intorno, pervaso da un'ansia crescente, ma non vide altro che un orizzonte nero.
Le mani strinsero tremando le spalle della ragazza, la scossero leggermente, tutto senza alcun risultato. Blue non la lasciò andare, temendo di vederla sprofondare nella neve e sparire per sempre.
"Qualcuno... qualcuno ci aiuti..."
Anche quella richiesta, fatta con una voce rotta e ricacciata in un respiro vicino a un singhiozzo, si perse nel fumo. Blue attese tremando che persino il suo eco si estinguesse e dovette farsi forza per reprimere il bruciore che sentiva pizzicargli il naso e infuocargli gli occhi.
"Aiuto..."
Istintivamente nascose il volto chinandosi distrutto sulla ragazza, le mani che le stringevano ancora le spalle e la fronte premuta contro il petto di lei... e fu così che si rese conto della debolissima pulsazione del cuore.
La realizzazione non lo colpì subito, ma lo fece sollevare sbandando: fu così che due le lacrime che gli sgorgarono dalle guance cascarono sul suo viso dormiente. Era viva. Fu quel pensiero a scuoterlo a tal punto da non fargli trattenere le lacrime. Myrjami era ancora viva.
Ma sarebbe morta presto se non avesse fatto qualcosa. Non aveva idea di quante ore avesse passato immersa nella neve, ma non poteva lasciarla lì:
Blue, pur consapevole di non avere le capacità per sopravvivere a un incidente simile, si affidò all'istinto e, affondando e scivolando più volte nella neve compatta nel tentativo di rimettersi in piedi e al contempo avvolgersi le spalle forzando il braccio destro di lei, riuscì a caricarla sulle sue spalle.
La testa di Myrjami cascò oltre la sua spalla destra, i capelli scomposti sul viso ancora intrisi di cristalli di ghiaccio e brina. Poteva sentire il suo debole respiro affievolirsi.
Puntò dritto a un'insenatura buia che intravide nel profilo minaccioso del monte: senza ulteriori indugi fece appello a tutte le sue forze per trascinarsi lì.
Il ronzio di un cortocircuito risvegliò a poco a poco la mente di Ejnar.
Riaprì gli occhi lentamente, vinto da una sensazione debilitante di forte calo di pressione, e si rese conto che si trovava in una zona in cui la neve si era sciolta.
La sua guancia destra era sporca di un olio caldo.
Quella stranezza gli fece emettere un istintivo gemito di sorpresa e disgusto e lo costrinse a fare perno con il braccio al terreno per potersi alzare. La prima volta fallì e cascò di nuovo di faccia nella neve.
Respirando debolmente con la bocca inquadrò un buio orizzonte innevato e un braccio metallico staccato da cui erano stati strappati dei cavi che facevano contatto tra di loro. Poco più avanti erano seminati dei bulloni. Ejnar si trascinò sulle ginocchia, seduto, aiutandosi talvolta con la mano a terra e seguì quelle tracce: incontrò così il corpo scomposto di Ariel e, a giudicare da come si erano spezzate tutte le sue giunture, dovevano essere caduti da una grande altezza.
"Ej... nar..."
I sensori di riconoscimento facciale si attivarono, preannunciati da una spia rossa al centro delle pupille artificiali. La luce che emisero era debole.
"Ariel...? Sei sveglia...? Dove ci troviamo?"
"Calcolo delle coordinate... attendere, prego..."
La voce metallica che scandiva le coordinate senza alcuna emozione fu la cosa più rassicurante che Ejnar avesse mai sentito in anni di lavoro. Scoprire di essere stati trascinati miglia e miglia lontano dalla base operativa lo fu molto meno, ma Ejnar non si perse d'animo: erano ancora vivi, dopotutto.
"Grazie, Ariel..."
Sospirò, con un respiro tremante, mentre si stringeva addosso il giubbino spazzolato di neve. Quelle parole, forse non riconosciute dal sistema, fecero voltare di 270° il volto dell'androide: la rotazione del collo innaturale strappò ad Ejnar uno sguardo impressionato, ma alla fine cercò di sostenere il suo sguardo freddo e invasivo.
"Calcolo dei danni... scansione in corso..."
Sulle prime non capì a cosa si riferisse. Avrebbe scommesso su un buon cinquanta per cento a giudicare da quanto olio perdeva e da come si fossero spezzati i suoi arti, ma non era quella la valutazione che il robot stava effettuando. Una violenta luce violacea lo investì abbagliandolo per qualche istante: era la manica strappata della sua giubba a interessarle.
Già, non c'era più il braccio.
"Capacità di termoregolazione disfunzionale. Temperatura corporea 34,7 °C. Presenza del braccio DX non riscontrata."
"Ah, questo..." Ejnar a quel punto si massaggiò la spalla, riattivando un po' la circolazione e scoprendo il moncherino con un respiro frizzante per il contatto con l'aria fredda "Non preoccuparti. Non c'è mai stato, a dire il vero..."
La risposta non combaciava con la banca dati di Ariel che, a quel punto, cominciò a guardarlo in modo diverso. Avrebbe voluto sedersi, ma non riuscì.
"Vedi, non sono un essere umano. Non sono nemmeno un androide, ma... è stato il dottor Cordì a rimettermi in sesto quando mi ha trovato. Non sei l'unica ad avere un braccio robotico, sai? E quello credo sia tuo. Sono abituato a montarlo e smontarlo... adesso te lo rimonto e poi ce ne andiamo di qui. A proposito, ho un favore da chiederti."
"Fa...vore?"
Ejnar si rialzò e, raccolto il braccio, non potè più schermarsi alla luce viola della scansione. L'interfaccia di riconoscimento facciale di Ariel individuò un lieve sorriso, un'emozione per lei sconosciuta.
"Puoi inviare un segnale...? Un SOS?"
"Ricevuto. Inviare segnale."
Dopo una lunga camminata nella neve, tante cadute e molta paura di non farcela, Blue era riuscito ad approssimarsi ad una grotta. L'insenatura non fu facile da valicare, era stretta e buia e il suo pavimento estremamente scivoloso.
Alla fine ce la fece: percorse circa centro metri dall'ingresso prima di accasciarsi a terra senza forze; Myrjami cadde su di lui senza emettere un gemito e non subì nessun danno, ma lui boccheggiò come se stesse per esalare l'ultimo respiro. Nella grotta la sua vista si spegneva ulteriormente, sebbene la debole luce proveniente da un'insenatura dall'alto si rifrangesse su tutti i cristalli di cui era composta.
Cristalli.
Al solo pensiero sentiva le forze abbandonarlo.
E adesso, si chiese, sconfortato, moriremo qui?
Come avrebbe fatto il resto del gruppo a trovarli? A questo non ci aveva pensato prima e in quel momento era davvero pentito di non aver mai seguito con la dovuta attenzione gli episodi di Bear Grills. Poteva dirsi fiero di aver evitato a Myrjami almeno la morte peggiore, quella di ipotermia nei ghiacci, ma il pensiero di sapere che una ragazza così giovane e a cui era affezionato sarebbe comunque morta non lo sollevava affatto.
Avrebbe voluto scusarsi con lei.
Alla fine aveva guadagnato solo qualche ora in più, ma sperava che bastassero per l'arrivo dei soccorsi. Adagiò il corpo della ragazza a terra, delicatamente, mentre i cristalli sulle pareti riflettevano ogni angolazione del suo volto.
"Amy..."
Non udiva più il suo respiro.
In un momento straordinariamente lucido le afferrò il polso: era debole, ma presente. E freddo, molto freddo. In un tentativo disperato si spogliò della giubba, della maglia e della canotta e le adagiò su di lei per trasmetterle quel poco calore che il suo corpo era riuscito a trattenere: la spaccatura sul suo petto, finalmente perfettamente esposta, fu l'ultimo dei suoi pensieri.
"Amy, svegliati..."
Si calò di nuovo su di lei, abbracciandone il corpo immobile mentre la schiena cominciava a scuotersi violentemente in reazione al freddo. Sentì l'umidità della grotta penetrargli fino alle ossa, trafiggendolo con un lampo di dolore ad ogni giuntura: la pelle cominciò a spaccarsi, rivelando nel brillore del sangue altre zone divorate dalla sua eredità di defekt.
E poi una rapida, fugace luce si rifrasse tra i cristalli.
Blue sollevò lo sguardo, accecato: non era sicuro che non si trattasse di un'allucinazione, ma ebbe l'impressione di aver visto qualcuno. Guizzò rapidamente con lo sguardo tra le pareti ghiacciate e intravide nelle loro superfici trasparenti un'ombra spostarsi dagli uni agli altri.
C'era qualcuno.
Pulsante di dolore, di sangue, di adrenalina, fu quella speranza a rimetterlo finalmente in piedi. Guardò Myrjami: lo strato di abiti doveva essere sufficiente a tenerla al riparo ancora per un po' -credeva lui- ma non poteva portarla con lui o non avrebbe tenuto il passo.
"Tieni duro... torno a prenderti..."
La strinse a sé, le premette un bacio tiepido sulla fronte e poi la adagiò di nuovo. Con le ultime forze rimaste corse nella galleria di specchi di ghiaccio.
Dopo un po' era riuscito ad avvicinarsi abbastanza da avvertire i suoi passi, poi un respiro. Ci era quasi. La zona in cui si era addentrato aveva un'aria condensata e rarefatta, respirarla gli comunicava ancora una sensazione di malessere, ma era determinato a scoprire cosa aveva visto.
La speranza che fosse uno dei suoi compagni di sventura, magari Ejnar, era forte, ma sarebbe stato ancora meglio se si fosse trattato di qualche abitante di quel luogo remoto che avrebbe potuto fornirgli assistenza... o magari era una belva e lui sarebbe diventato il suo esotico dessert.
La cucina francese era la migliore al mondo, dicevano.
L'umidità cominciava a manifestarsi come veli di goccioline su ogni parete: Blue ebbe l'impressione di aver cominciato a sudare freddo e che ormai anche il torso nudo avesse raggiunto una temperatura fatale; fu costretto ad appoggiarsi ad una parete per riprendere fiato e, nell'allontanarsi, la mano strisciò sulla superficie cancellando le tracce di brina e-...
Blue urlò. Aveva rivelato un volto ibernato nel ghiacci - un volto di donna molto somigliante a quello di Jane Doe, per giunta- e la scoperta lo fece sbandare fino alla parete successiva col respiro accelerato. Le sue spalle toccarono la tomba di ghiaccio di un'altra vittima e presto si rese conto, guardandosi intorno, di essere capitato in un macabro santuario di cristallo.
Queste donne però erano diverse da Jane Doe.
Tutte quante avevano una ferita mortale ben visibile.
In poche parole era stata opera di un assassino e, proprio mentre tirava le conclusioni nella sua mente, scoprì come quell'urlo di poco prima lo avesse tradito: passi spediti risuonarono tra le pareti della grotta e in breve fu raggiunto da un uomo dalla statura massiccia e dagli occhi vermigli chiaramente non umani. L'assassino, pensò subito.
"Le hai viste?"
La sua voce grave suonò come un avvertimento di morte.
Blue, colto in flagrante e con gli occhi sbarrati, non negò ma non rispose.
"Allora non posso lasciarti andare via."
+++
Note dell'Autrice
Ciao a tutti!
Sono tornata dalle vacanze e così riprendo a pubblicare i capitoli. Spero di non avere ulteriori imprevisti, ma dovrei riuscire ad aggiornare ogni giovedì come ho fatto finora.
Per i lettori vecchi, grazie infinite per la pazienza di aver aspettato fino al mio ritorno! Per i lettori nuovi, grazie per aver letto la storia fin qui! In ogni caso, spero che la lettura sia piacevole.
Se vi fa piacere, lasciatemi un commento o una stellina! Al prossimo giovedì!
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