SPIN OFF - MINATO
– Cerca di non disturbare troppo, Danuja, altrimenti potresti avere problemi con le maestre-.
– So che quel bambino è stato maleducato, però sicuramente aveva un motivo: cerca di capirlo-.
– Sei davvero una ragazza educata, continua così e arriverai lontano-.
In poche parole: non parlare troppo, sii sempre gentile e prova a capire gli altri. Sono cresciuta in questo modo. E da un lato, se tutti facessero così, sarebbe un mondo migliore; ma sono poche le persone in grado di essere così poco egoiste da riuscire a vivere con simili valori.
Così, chi ci prova, chi come me cerca di non dare fastidio a nessuno e comprendere le motivazioni di tutti, inizia pian piano a svanire, a non esistere più. Mi sono ritrovata a non capire più quale fosse la mia personalità: se dicevo ciò che pensavo, finivo sempre per ferire qualcuno, e non era ciò che volevo fare, volevo che tutti potessero stare bene con me. Così, ho iniziato a seguire ciò che facevano, senza riuscire a tirarmene fuori.
Sapevo che molte cose erano sbagliate, il comportamento delle mie amiche non mi andava bene, ma non ero in grado di reagire: sono diventata incapace di affrontare le persone, di fare valere la mia opinione, anche pensare di parlare mi faceva venire ansia.
Ammiravo Maemi da lontano, invidiando con tutta me stessa la sua forza: avrei voluto essere come lei, ma ogni volta che ci provavo sentivo il mio corpo tremare, non riuscivo a formulare un pensiero di senso compiuto, e avere gli occhi di tutti addosso non mi aiutava per niente.
Ho smesso di provarci, perché sapevo che non ci sarei riuscita: avere quel comportamento mi aveva dato una posizione tranquilla all'interno della classe, e ho pensato che, finchè l'avessi mantenuta, sarebbe andato tutto bene. Sarei stata la ragazza timida ma disponibile che non aveva problemi con nessuno, e in qualche modo me la sarei cavata.
Poi siamo entrati alle medie. Ed è arrivato Souta. E mi è dispiaciuto per lui: stava lì, con la testa china, senza nemmeno provare ad avvicinarsi a qualcuno, a parlare a delle persone, come in attesa di qualcosa, di capire come fosse il clima. Come se ne avesse già passate troppe per pensare anche solo di provarci di nuovo.
Avrei voluto andarci a parlare, ma faticavo anche a iniziare una conversazione con le mie amiche, come avrei potuto andare a salutare il nuovo arrivato e cercare di aiutarlo a integrarsi?
Ho ringraziato Kosuke quando si è avvicinato lui: era uno dei ragazzi più amati della classe, speravo che andassero d'accordo... mi pareva che Souta ci tenesse parecchio, ad andare d'accordo con lui.
Kosuke lo prendeva un pochino in giro, e per quanto Souta sorridesse, mi rendevo conto che osservava il ragazzo molto più di quanto facesse chiunque altro; come se sperasse... qualcosa in più. All'inizio, ho pensato che volesse poter essere più suo amico, o che magari avrebbe voluto qualche amico in più.
Così, ho provato a farmi un minimo di coraggio, e ho atteso l'occasione giusta. Gli era semplicemente caduta la felpa a ginnastica, così gliel'ho raccolta e ci ho parlato per la prima volta.
E mentre mi guardava, cercando probabilmente di ricordarsi chi fossi, mi è venuta in mente una cosa: lui non mi conosceva. Non aveva idea del ruolo che mi ero costruita, di tutte le mie ansie, non aveva mai parlato di me con altri della classe, non aveva alcun pregiudizio su come fossi fatta, su come dovessi comportarmi; non sapeva niente.
Mi sono sentita talmente rassicurata, da cercare di parlarci il più possibile.
– Probabilmente non ti ricordi il mio nome... Sono Danuja Minato- mi sono presentata, dopo che lui mi ha ringraziato e si è ripreso la felpa.
– Scusami, non mi sono ancora imparato tutti i nomi- ha affermato lui; e lo vedevo che, nonostante cercasse di mostrarsi sicuro, in realtà non lo era per niente.
– Non preoccuparti, è normale. Non ho neanche una grande presenza in classe- ho riso appena, e lui ha sorriso, facendomi stare un pochino più tranquilla.
– Neanch'io, se è per questo, anche se è normale visto che sono appena arrivato- ha risposto, e mi è sembrato rilassarsi a sua volta.
– Bè... se avessi bisogno di qualcosa, chiedimi pure- gli ho detto. In fondo, la mia disponibilità non era falsa... semplicemente, le persone ormai la davano per scontata.
– Ti ringrazio molto... come vuoi che ti chiami?- mi ha chiesto. Stavo per rispondere con il mio nome, poi mi sono bloccata: non era ciò che volevo... non con lui almeno, non ora che avevo l'opportunità di qualcosa di diverso.
– Il mio cognome... mi piace di più, anche se tutti mi chiamano per nome- ho ammesso, e lui ha aggrottato la fronte.
– Sei una ragazza strana- ha affermato. Ne sono rimasta sorpresa: di solito, pensavano tutti che fossi fin troppo normale...
– Mi piacciono i simbolismi- ho risposto – anche il tuo nome è molto bello-. Souta, un suono improvviso del vento... in effetti, è arrivato all'improvviso, completamente a caso, ma ho pensato che avrebbe potuto davvero cambiare il vento della mia vita.
E l'ha fatto ma... per colpa mia, la sua si è trasformata in un incubo. E in realtà, all'inizio non avevo idea che fosse colpa mia: non pensavo che Hiro se la fosse presa con lui per me, parlavo a malapena da quel ragazzo, troppo intimidita dalla sua sicurezza, e anche un po' spaventata dal suo comportamento.
Sono rimasta sorpresa da quell'improvviso cambio di comportamento, e per la prima volta da quando avevo deciso di adeguarmi a quella vita, ho capito che non potevo non fare nulla. Ma mi sentivo troppo debole per fare davvero qualcosa: io, che non riuscivo neanche a dire se preferissi andare in gelateria o in pizzeria per paura di ciò che avrebbero pensato gli altri, come potevo fare qualcosa per lui, contro Hiro tra l'altro?
Ho provato a cercare qualche aiuto: ma Maemi era impegnata a salvare sé stessa, e Kosuke sembrava sconcertato e incerto quanto me; per quanto concerneva gli altri, nessuno di loro aveva un legame particolare con Souta, e la maggior parte erano amici di Hiro o spaventati da lui. Ero sola. Ma dovevo agire.
Quel giorno, mio padre mi aveva infilato nello zaino, insieme alla merenda, anche due lecca lecca. Li ho messi entrambi in tasca, e durante l'intervallo, quando ho visto Souta alzarsi, l'ho seguito; stava semplicemente andando a prendere qualcosa alle macchinette, ma Hiro ha deciso di trascinarlo in giardino.
Ero talmente sconvolta da non riuscire a distogliere lo sguardo, non avevo mai visto tanta violenza da vicino, e soprattutto tanta violenza ingiustificata... non mi capacitavo di come una persona potesse accanirsi contro le altre in quel modo.
Lo hanno lasciato lì, nessuno di loro è rimasto a controllare come stesse, mentre lui, trattenendo le lacrime, cercava in qualche modo di ricomporsi.
Ho fatto un respiro profondo e mi sono avvicinata; lui si è voltato di scatto, quasi spaventato, ma si è rilassato leggermente nel notare che ero io.
Avrei voluto fare qualcosa, chiedergli se stesse bene, magari dirgli qualche parola di conforto; ma davanti a tanta tristezza e solitudine, dubitavo che quelle domande potessero fare qualcosa.
Così, ho infilato la mano in tasca e ho tirato fuori i due lecca lecca, per poi porgergliene uno; lui mi ha fissato, sorpreso per un attimo, prima di accettare il mio dono.
Leggermente titubante, mi sono seduta di fianco a lui; in silenzio, abbiamo entrambi scartato il dolce, per poi iniziare a mangiarlo.
Ogni tanto, gli lanciavo qualche occhiata: vedevo che aveva male, e il pensiero di non poter fare niente stava facendo stare male anche me.
– Mi dispiace- ho mormorato. Lui si è voltato verso di me, confuso.
– Per cosa?- mi ha chiesto. Ho appoggiato la testa contro il muro.
– Se fossi me stessa... potrei fare qualcosa-. Sapevo dentro di me di avere le giuste idee, di avere tante cose da dire che avrebbero potuto distruggere molti legami, eliminare quell'aria di finta pace che si manteneva prendendosela con poche persone innocenti e tirare fuori i veri problemi di tutti.
Ma oltre a non voler distruggere quelle persone che, per quanto ingiuste, avevano pur sempre dei sentimenti, sapevo che non ne avrei avuto il coraggio: avevo pensato più volte di farlo, e ogni volta ero finita a rifugiarmi da Maemi, l'unica che effettivamente, almeno per sé stessa, riusciva a fare qualcosa.
– Potresti finire come me: se hai trovato il tuo modo di sopravvivere, dovresti continuare a usarlo- ha affermato lui. L'ho osservato: non ce l'aveva con me per non fare niente, sembrava quasi che si fosse arreso al fatto che o subisci, o non fai nulla.
Ma io sapevo che c'era qualcos'altro, e volevo che potesse crederci anche lui.
– Mi piacerebbe conoscere come sei davvero- ho affermato. Lui ha inarcato un sopracciglio.
– Io? Sei sicura?-. Ho annuito.
– Potremmo riuscire a capire meglio chi siamo... se proviamo a farlo capire all'altro. Tu ancora non mi conosci, per cui sento di poter essere libera di parlare con te. Forse ancora non posso fare niente ma... lascia almeno che ci provi-. Probabilmente, era rimasto molto confuso da un discorso simile, soprattutto fatto praticamente da una sconosciuta; ma dopo un attimo, ha sorriso.
– Bè... provarci non costa nulla no?-. Ho sorriso: esatto, non costava nulla.
La nostra amicizia è iniziata così; da quel giorno, mi sono legata alcune ciocche in una treccia, come un monito: avrei iniziato a cambiare.
Anche se dietro le quinte, ho iniziato a essere amica di Souta; ci siamo confidati a vicenda, aiutati a superare i momenti più difficili, abbiamo stretto un legame molto forte. Lui mi ha parlato dei suoi sentimenti per Kosuke, e io ho iniziato a rendermi conto di non provare solo ammirazione per Maemi.
Aiutarci rendeva tutto più sopportabile, ma la situazione era sempre più insostenibile: Hiro se la prendeva sempre di più con lui, e io mi sentivo sempre più schiacciata.
Così, ho proposto di andarcene: di cambiare vita, di rincominciare mostrando a tutti chi eravamo. E lui ha accettato.
Al Liceo, ho deciso di cambiare: sono diventata più sicura di me, ho iniziato a parlare con più sincerità, anche se sempre con rispetto. Souta era più tranquillo, ma ancora molto chiuso in sé stesso; io lo spronavo al meglio, ma sapevo bene di non poter fare tutto.
Ho incontrato Chiko, mi sono innamorata, e per un po' ho pensato che sarebbe andato tutto bene... finchè non ho rivisto Maemi in quel bar. Lei era sempre la stessa, forte e fiera di sé stessa, e adesso stava cercando di aiutare anche Kosuke a salvarsi. Sembrava anche essersi accorta che c'era qualcosa di diverso in me, ma non siamo riuscite a parlare abbastanza per saperlo.
Ho provato a continuare con la mia vita, ho trovato il lavoro che desideravo, e così anche Souta; amavo Chiko ma... lui si era accorto che ero ancora bloccata nel passato. Ha fatto bene a lasciarmi, mi ha liberata da qualcosa in cui mi stavo intrappolando da sola per cercare di dimenticare tutto ciò che era successo.
Ma non era dimenticare la scelta giusta, non prima di averli affrontati: e ho capito di doverlo fare la sera di quella riunione. Mi sono resa conto che non ero lì per loro, né per Maemi: ero lì per me, per riuscire finalmente a dire ciò che non avevo mai trovato il coraggio di dire prima.
E nel farlo, mi sono sentita davvero bene.
Dopo quel momento, sono stata libera: mentre tenevo d'occhio il mio migliore amico, ho iniziato a uscire con Maemi. A lungo lei si era occupata di me come qualcuno da proteggere, come aveva fatto con Kosuke: ma adesso, ero in grado di proteggermi da sola, e lei lo ha capito.
Ho iniziato ad aiutare e sostenere lei come lei faceva con me, e ho iniziato a capire che se mi fossi semplicemente mostrata me stessa dall'inizio, mi avrebbero sì accettato poche persone... ma almeno, mi avrebbero accettato davvero.
Mi pento ancora di tutti i miei anni di silenzio, ma adesso io sono libera di essere chi voglio.
Chi sono? Una ragazza leggermente introversa, ma che con i suoi amici si scatena più che volentieri. Sono rispettosa degli altri e delle loro opinioni, ma anche sincera. Mi prendo cura delle persone a cui voglio bene, ma riconosco i miei limiti, so che ho bisogno di prendermi cura anche di me, e per questo mi tengo vicino pochi amici che so essere i migliori.
Avrò l'occasione di scoprire molto altro su di me, ma al momento sono felice di chi sono.
– Ok, a quale personaggio stai pensando stavolta?-. Mi volto verso Souta, seduto sul divano davanti a me, che mi sta fissando. Faccio un piccolo sorriso.
– A una storia che mi piacerebbe scrivere- dichiaro. Lui sbarra gli occhi.
– Oh no, ho paura di cosa verrà fuori...- mormora; gli faccio una linguaccia e lui ride.
– Non ho capito perché sono stato schiavizzato- borbotta Kosuke, entrando in soggiorno con alcune ciotole di patatine in mano.
– Semplice: è il compleanno di Minato, quindi lei va servita, e Souta deve farle compagnia- dichiara Maemi, comparendo dietro di lui.
– Schiavista- borbotta Kosuke.
– Compensi il fatto che è una settimana che in caso faccio tutto io- dichiara Souta, mentre Kosuke va a sedersi sul divano di fianco a lui, poggiando la testa sul suo petto.
– Non riuscivo a muovermi- afferma.
– Questo mi dà tante idee...- mormoro, guadagnandomi un'occhiataccia dal mio migliore amico, che ricambio con un sorriso. Maemi viene a sedersi di fianco a me.
– Non vedo l'ora di leggerle- afferma, lasciandomi un bacio sulla guancia.
– Te le farò leggere più che volentieri!- rispondo con un sorriso. Un tempo, non sarei mai riuscita a mostrare così un mio progetto, né a pensare di stare vicino a qualcuno senza avere ansia.
Però... si cambia. È difficile, ma il cambiamento è importante; ha portato Souta e Kosuke a tirare fuori loro stessi, ha aiutato me per prima a farlo, mi ha portata a essere felice. Anche Maemi è cambiata, perché adesso non è più sola, ha qualcuno vicino che ci tiene a lei, e di cui si può fidare.
Ormai, sono anni che ho sciolto quella treccia: non mi serve più ricordarmi di combattere, ora so che posso farlo. Grazie a Maemi, che mi ha sempre dato un esempio e spronato a volerlo fare; grazie a Souta, che mi ha mostrato ciò che non volevo più lasciare correre; e anche grazie a Kosuke, che è a sua volta riuscito a cambiare, e che è riuscito a mostrare al mio migliore amico chi è davvero.
Che importa se siamo solo noi quattro? Di sicuro, ci vogliamo molto più bene di quanto ce ne vogliano le migliaia di persone che non ci conoscono davvero.
Ma poter essere chi si desidera... è la sensazione migliore del mondo.
Osservo Maemi, che mi sta ancora sorridendo. Maemi... significa sorriso sincero. Perché solo se sei sincero con te stesso puoi trovarti a sorridere davvero.
🪶🪶🪶
Anche l'ultimo Spin-off è uscito! Un piccolo assaggio della vita di Minato e di come ha vissuto questa storia travagliata, riuscendo con il suo cambiamento a portare anche Souta a scegliere di lottare.
Bè, questo era ufficialmente l'ultimo capitolo... se vi va, fatemi sapere cosa ne avete pensato; vi aspetto nel capitolo dei ringraziamenti per darvi qualche informazione sui miei progetti futuri, e ovviamente per sentire le vostre opinioni!
~ Kyulia
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