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Maledizione primordiale

Nella stanza illuminata dalla fioca luce dell'abat jour sul comodino si sentiva solo il rumore dell'acqua, fredda a contatto con la sua pelle pallida, che scendeva dal rubinetto come una cascata che cade a picco da uno strapiombo, solcando il terreno con la forza della caduta nel vuoto delle sue acque.
Continuava a sfregarsi le mani, piene di sapone, con gli occhi fissi sui suoi palmi, intendo a lavare via sangue immaginario: sulle sue dita e nocche non c'era traccia del liquido cremisi che circola nelle vene di ogni essere vivente, ma si sentiva sporco comunque, come se quel dannato ammasso di emoglobina liquido fosse stato assorbito dalla sua pelle.

Levi contrasse i muscoli del viso in una smorfia di disgusto, sia per il suo odio per lo sporco che per ciò che aveva fatto appena un'ora prima. Aveva ancora nelle orecchie le urla del bambino che chiamava disperatamente i genitori, mentre il cacciatore tagliava la gola della donna e mutilava il marito come una bestia affamata fa con la sua preda dopo un lungo ed estenuante digiuno.
A nulla erano servite le parole di Hanji quando aveva cercato di consolarlo, rinfacciandogli il fatto che avesse lasciato in vita il ragazzino di appena sei anni.
«Hanji, ho ucciso a sangue freddo i suoi genitori davanti ai suoi occhi: non potevo fare cosa più spregevole di non uccidere anche quel moccioso.»
Le parole che aveva rivolto alla collega dovevano averla colpita parecchio, perché si era bloccata come se fosse stata appena trafitta da un pugnale o avesse ricevuto un proiettile in mezzo alla fronte. L'aveva osservato con i grandi occhi spalancati, con un sentimento urlato nelle sue iridi: terrore, come se avesse visto qualcosa che il corvino non potesse notare.
Perfino Eren aveva cercato di parlare con il più grande, ma Levi era stato irremovibile: non voleva parlare con nessuno, tantomeno quel moccioso dagli occhi di giada che non poteva capire come si era sentito quando aveva conficcato la lama nella carne della coppia.
Si era sentito potente, bene. Come se uccidere, per lui, fosse stato piacevole.

L'Ackerman sollevò lo sguardo argentato dalle proprie mani per fissarlo al suo riflesso nello specchio. Si osservò per minuti interi e, più si guardava, il desiderio di uccidere ancora si faceva strada in lui come una droga che entra in circolo nel proprio sangue.
Alla fine, lui e suo zio Kenny non erano così diversi: il vecchio assassino aveva perfettamente ragione. Entrambi erano nati per macchiarsi le mani di litri di sangue e non provare alcun rimpianto nelle proprie azioni: i tentativi di frenare quell'istinto omicida erano vani, soprattutto nella situazione del corvino, il quale era spinto a uccidere da qualcosa impresso nel suo corpo.

Levi colpì lo specchio con un pugno del braccio destro. Il vetro, a contatto con le sue nocche, si frantumò all'istante producendo un rumore secco e forte.
Il ragazzo si voltò di scatto e scagliò il bicchiere appoggiato sul lavandino contro la piccola lampada sul comodino della stanza del motel: il primo si ruppe in mille pezzi appena toccò l'abat jour, la seconda aspettò di cadere a terra prima di fare la stessa fine.
Afferrò il televisore e lo scagliò contro la parete opposta, rompendo anche i fili che permettevano all'oggetto elettronico di funzionare. La stessa sorte toccò alla sedia accanto alla scrivania e schegge di legno volarono per tutta la stanza.

Il corvino si chinò per afferrare la gamba del tavolo e la staccò con un movimento secco, per poi colpire ripetutamente il condizionatore posizionato rasoterra. Ad ogni colpo del ragazzo, l'aggeggio si ammaccava sempre di più e il bastone di legno resistette per altri affondi, prima si spezzarsi in due. Allora, prese la scrivania per i spigoli e, con sua grande sorpresa, riuscì a sollevarla senza difficoltà. La scagliò contro il condizionatore, provocando un rumore assordante. Altre schegge di legno appartenenti al tavolo rischiarono di conficcarsi nella sua pelle, ma poco gl'importava. Ignorò perfino lo stupore dovuto al fatto che fosse riuscito a rompere il tavolo in un colpo solo: non pensava che avesse ottenuto una così grande forza da quella maledizione.

Si voltò con la velocità che lo contraddistingueva dagli altri guerrieri, afferrando dalla propria tasca il suo fidato pugnale, per poi scagliarlo con forza contro un'alta figura che si era fermata alla soglia della porta, che aveva chiuso per non far entrare nessun altro.
L'arma girò nel lancio, per poi conficcarsi nel muro dietro l'uomo: ovviamente Levi aveva mancato la persona di proposito, altrimenti quell'intruso sarebbe già stato ucciso con la lama conficcata in testa prima che potesse pronunciare anche solo un "Ciao".

«Kenny.» disse Levi, chiamando per nome l'odiato zio. «Sei riuscito a trovarla?»
«Ciao anche a te, Levi.» rispose sarcastico l'uomo più anziano, sistemandosi il cappello sulla testa. «Come mai questi scatti d'ira? Non sono da te.»
Era questo il problema, si disse il più giovane: non era in lui. Stava cambiando in qualcosa che non poteva controllare e ciò, nonostante non l'avrebbe mai ammesso a nessuno, nemmeno a se stesso, lo turbava, quasi spaventava. Sapeva che avrebbe potuto fare del male ai suoi colleghi durante una caccia e, se fosse accaduto, non se lo sarebbe mai perdonato. Avrebbe preferito la morte, piuttosto che ferire un essere umano come lui.

«Devi sapere che il Marchio comporta un fardello. Un pesante fardello.»

Nella testa, gli rimbombavano le parole del suo predecessore: forse, Levi stava cominciando a capire quel fardello di cui egli parlava con così tanto timore. Il trasformarsi lentamente in un essere umano diviso in due: la parte razionale e quella bestiale, pronta ad uccidere chiunque le si fosse posto davanti. Entrambe decise a prevalere sull'altro in un'eterna lotta che avrebbe portato alla pazzia l'involucro di carne di quello scontro.
Se questo era il destino di Levi Ackerman, lui non poteva accettarlo: doveva combattere con tutte le sue forze fino all'ultimo per evitare di diventare come quel dannato fratricida, colpevole del primo omicidio nella storia.

«L'ho trovata.»
A risvegliarlo dai suoi pensieri ci pensarono le parole di Kenny, che aveva tirato fuori dalla sua borsa un fagotto, grande quasi quanto un neonato, avvolto in un panno.
Il corvino fissò quel cumulo di stoffa come un lupo pronta a balzare su un capriolo per divorarlo, con i muscoli tesi e il battito cardiaco a mille.
«Sei sicuro di volerla vedere, Levi?» chiese il maggiore dei due Ackerman.
«Da quando t'importa di ciò di cui sono sicuro?» ribatté ironicamente il nipote: il sarcasmo era una dote di famiglia, a quanto pareva.
D'altro canto, Kenny sospirò e fece cadere il panno bianco con cui copriva l'oggetto trovato su richiesta del suo vecchio allievo.

Levi osservò in ogni minimo dettaglio l'osso della mandibola d'asino che lo zio teneva tra le mani. Dal manico ricoperto di una corda nera, sottile e larga ai denti dell'equino che erano rimasti sulla lama.
Il suo intero corpo fremette, come se fosse stato chiamato da quell'osso risalente a millenni prima come una calamita con un magnete. Potè sentire nelle sue orecchie il suono amplificato del proprio battito cardiaco: ogni cellula del suo organismo stava rispondendo al richiamo dell'oggetto che Kenny teneva tra le mani.
Avvertiva pulsazioni provenienti dal suo braccio destro che, ogni secondo che passava, diventavano sempre più violente: desiderava toccare quella mandibola d'asino più di ogni altra cosa al mondo. Desiderava uccidere con quella mandibola d'asino.

«Levi, hai davvero il-
Il corvino si afferrò il bordo della manica della giacca di pelle, per poi tirarlo su fino al gomito destro, scoprendo l'avambraccio.
Kenny osservò la macchia rossa sul braccio del nipote quasi con timore: stava diventando di un colore sempre più acceso e le vene all'interno del corpo del più giovane sporsero dalla pelle più del normale, assumendo, poi, un colore simile al sangue che trasportavano al loro interno.
Il vecchio sapeva che, a volte, suo nipote poteva risultare folle, ma accettare quella maledizione su di sé? Era troppo perfino per un Ackerman.

Sollevò lo sguardo per incontrare quello di Levi, il quale fissava la mandibola d'asino che era ancora nelle sue mani.
«Dammela.» disse il nuovo possessore del Marchio di Caino. «Dammi la Prima Lama.»

Angolo Autrice
Mi annoiavo e ho deciso di scrivere questa... roba. Mi è tornata la mania per Attack On Titan, ora che sta uscendo la quarta stagione, e volevo provare a scrivere qualcosa sul mio personaggio preferito, Levi, inserendolo in un contesto diverso, quale è l'universo di Supernatural, che, personalmente, adoro.
È solo una One-Shot, ma io ci ho messo veramente tutto il mio impegno, sperando che piaccia e non abbia scritto una grandissima stupidaggine.
Grazie per la lettura, ve se ama🥰
Lunastorta17

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