Malamore.
"Sei tornato."
Ha immaginato di pronunciarla così tante volte quella frase Simone che, quando si ritrova davvero a poterlo fare – la porta di casa aperta senza aspettative e il cuore che subito prende a galoppare nel petto – quasi ne è deluso.
C'era tutta una preparazione mentale alla quale si era sottoposto, un allenamento interiore affinché le parole acquisissero una tonalità distaccata, fredda, come l'aria che gli entra in salotto, e non l'incredulità di cui si rende colpevole.
Manuel, con i piedi piantati sul welcome del tappeto, pare non cogliere il dissidio da cui è travolto, anzi gli sorride in quel modo familiare, un angolo della bocca appena sollevato e gli occhi illuminati di una luce che Simone non credeva gli appartenesse più.
Gli trema una gamba intanto che Ciao Simo', dice e, per un secondo soltanto, si permette persino il lusso di credere che quell'ombra di euforia sia merito suo e che la percezione di star vedendo la scena fuori dal proprio corpo, tanto è sovraccarico di energia, la stia vivendo anche lui.
Si riprende subito comunque, ridestandosi anche grazie al crepitio dei tuoni che da fuori illumina pure l'interno dell'abitazione.
Solo allora si accorge che l'altro è infradiciato dalla testa ai piedi e, di colpo, sente che tutta l'educazione ricevuta nei suoi 25 anni di vita scende a travolgerlo, facendolo scattare di lato, aderendo all'anta d'ingresso, e farfugliare uno "scusami io- entra, entra pure" nella direzione dell'ospite che annuisce, ringrazia e non se lo fa ripetere due volte.
Si muove stranito nel suo stesso appartamento Simone, riscoprendolo diverso da ciò che era sempre stato abituato ad avere sotto gli occhi, come se la sola presenza di Manuel ne avesse cambiato le fattezze, mutato le dimensioni.
Gli pare che ogni suppellettile possa alzarsi in volto da un momento all'altro e, mentre tenta di ricordarsi dove sono locati doccia e asciugamani pulite, ritiene che forse sia il caso di tenersi alle pareti, reggersi al mobilio che incontra nel corridoio e accasciarsi sulla porta del bagno che quello si chiude alle spalle una volta entratovi.
Se lo chiede per tutto il tempo nel quale sente accendere, scorrere e spegnere il getto dell'acqua cosa possa volere l'altro da lui, pensando che forse avrebbe dovuto prima domandarglielo e solo poi – nel caso – farlo accomodare, che sono passate settimane, mesi, dall'ultimo segnale di vita ricevuto ed era ormai a tanto così dal crederci, dal convincersi e abituarsi al fatto che questa volta davvero non sarebbe più tornato.
Non può farsene una colpa per tali pensieri: non ha ricevuto neanche una lettera, una telefonata per fargli sapere che lo pensava, che gli mancava, o quantomeno che era vivo.
E adesso è nel tuo bagno... e pure potenzialmente nudo – ci tiene a specificare una vocina insidiosa nella testa – e Simone è costretto a sbattere gli occhi un paio di volte, staccarsi con forza dal punto in cui continuava a sostare e, nel modo più discreto possibile, passare una mano sul cavallo dei pantaloni per sistemarsi.
"Torno in salotto" borbotta più per una nevrosi incipiente che lo porta ad intraprendere una telecronaca dettagliata dei suoi movimenti che per comunicarlo a Manuel, il quale, ancora chiuso in bagno, di certo non può sentirlo.
Si accomoda su una sedia, poi si rialza irrequieto, cammina in tondo attorno al tavolino che costeggia il divano fino a scavare un solco nel pavimento e, quando finalmente sta per cedere all'impellente desiderio di battere con violenza la testa al muro pur di zittirne il caos, un eccomi giunge dal fondo della sala a farlo schizzare due metri dal suolo.
Ha il mio accappatoio addosso, ha il mio accappatoio addosso, continua a ripetere nella testa incapace di produrre altri pensieri logici, intanto che Manuel si spaparanza sul divano, le gambe non davvero aperte, ma nemmeno serrate come dovrebbe, quasi a rendere noto – se fosse necessario chiarirlo – che lui e il senso del pudore sono due rette parallele che non hanno ancora avuto modo di incontrarsi.
Simone guarda ovunque pur di non concentrarsi proprio dove vorrebbe e nel frattempo avverte un paio di occhi scrutarlo curioso e farlo arrossire, come se ad aver invaso una casa in un orario improbabile e, nell'arco di dieci minuti, ridursi con un solo indumento a coprirlo, fosse lui e non l'altro.
Non è nemmeno una sensazione inedita che sta provando, che l'abitudine di essere in difetto o in imbarazzo a seconda dei casi è qualcosa che nel loro rapporto ha acquisito ben presto, un po' per suo atavico complesso di inferiorità, un po' per l'atteggiamento di sufficienza di cui quello l'ha spesso reso destinatario prescelto.
Che già solo il "pensavo fossi andato in Scozia da tu' madre" con cui Manuel apre tranquillamente la conversazione gli sembra tantissimo per i suoi standard.
Cerca allora di porsi pacifico anche lui, sebbene si accomodi a debita distanza fra i cuscini, le gambe accavallate così come le braccia in una chiara posa difensiva, palesata anche nel tono di finto disinteresse che prova a mostrare.
"Che avresti fatto nel caso?" chiede mantenendo gli occhi verso le dita che tamburella sulle ginocchia.
Segue un silenzio che non lo lascia ben sperare.
In realtà, non ha bisogno che venga ribadito come il suo sentimento giochi una gara a sé stante, ma a quanto pare gli anni trascorsi ad essere innamorato perso di uno che del detto in amore vince chi fugge ne ha fatto un mantra, l'hanno portato a sviluppare un masochismo non indifferente.
Se l'aspetta dunque, ma non per questo fa meno male il "me ne sarei fatto una ragione" con cui viene prontamente rimbeccato, per di più ad una velocità tale che gli viene per forza da chiedersi se sia possibile essere cosi insignificanti come lo risulta lui agli occhi di Manuel, tanto che non–
"Non sarebbe stato facile però."
Oh?
"Oh?"
Ci pensa in quel attimo di disorientamento Simone – fremendo per una risposta al suo breve quanto inevaso quesito – che in effetti è la prima volta in cui l'altro torna e l'epilogo del loro rincontro non si consuma a mani in faccia o a rotolarsi sul pavimento.
Entrambe le opzioni manifestate con una furia animalesca.
Non farti illusioni, si ripete fino alla nausea e, intanto che dà via a questo loop di auto-convincimento, a momenti si lascia sfuggire il dettaglio non di poco conto che l'ospite ha ripreso a parlare.
Lo fa con un tono e un modo che gli giunge nuovo però, quasi che avesse qualcosa ad agitarsi nel petto e da lì salisse a scavalcare organi e ossa, per arrivare con urgenza alla bocca oltre la quale trovare liberazione.
E per questo se ne stupisce, che Manuel di solito dà per certo di essere ascoltato, né si pone il dubbio che non lo sia, elencando – piuttosto che parlando – in una formula rapida e ferma, voce e faccia un'unica macchina ben congegnata, dalle quali non traspare alcun coinvolgimento, come se alla minima incertezza o pausa potesse accorgersi pure lui di ciò che dice e finire travolto dalle sue stesse parole.
"M'avrebbe dato fastidio tornare qui e non trovarti" attesta irrequieto "tanto che prima di venire sono stato da Dante... dovevi vede' che faccia ha fatto quanno m'ha visto... me so' inventato un sacco di stronzate col professore, gli ho chiesto libri che nemmeno mi servono e parlato di cose che neppure mi interessano..." continua ridacchiando appena "non gli riuscivo a confessare che volevo sapere dove fossi tu. Mi sentivo un cretino a farlo, ma lui lo ha capito lo stesso, guarda che lo ha rifiutato il posto a Glasgow, ha detto mentre andavo via carico di manuali inutili e io so' diventato viola per la vergogna..."
Simone, diversamente da Dante, non è certo di star capendo molto: che mezz'ora fa era da solo in questo punto preciso – un film messo a scorrere sul primo canale e il pensiero fisso al nuovo lavoro che da lunedì lo attende proprio a Roma – e adesso sta assistendo alla cosa più vicina ad un discorso a cuore aperto da parte di Manuel.
"Tu–" prova a replicare, ma non sa nemmeno da dove partire per raccapezzarsi "tu sei sparito per così tanto tempo... non ti sei fatto sentire nemmeno una volta"
"C'è qualcosa che devo sapere?"
È disarmante l'abilità che ha di innervosirlo e placarlo assieme, di dire la cosa più sbagliata possibile, ma travolgerlo comunque, come se gli stesse dichiarando amore eterno.
Non si possono provare tutte queste emozioni per una sola persona, riflette intanto che sul volto dell'altro spunta un pallido sorriso di sfida.
"...No" ed è solo perché il sospiro di sollievo Simone lo sente distintamente che trova il coraggio di aggiungere "ma... se ti preoccupa che possa succedere qualcosa mentre non ci sei..."
Non se la sente però di completarla la frase, che Manuel sarà pure più pacato del solito, ma lui non è abbastanza pronto per sopportarla già da ora un'ennesima delusione, grazie tante.
Dubita cambierebbe qualcosa in ogni caso.
L'ultima volta quello era stato abbastanza chiaro: io non so farlo quello che tu mi chiedi Simo', non ci posso sta' tutto sto tempo con la stessa persona, volerla sempre intorno... non so' cose per me.
Simone aveva annuito, i brividi di freddo a carezzargli il corpo scoperto e il seme di Manuel ancora a scorrergli fra le gambe dopo l'ennesimo amplesso che non avrebbe portato da nessuna parte.
Non aveva manco fatto finta di fregarsene quando la mattina successiva si era svegliato in un letto vuoto.
Fintanto che riemerge dall'ultimo ricordo che ha di loro due assieme e si riporta mentalmente lì con lui nella stanza, l'altro ha già guadagnato un po' di spazio sul divano, facendo persino cozzare il ginocchio con la sua coscia che trema al contatto.
Manuel, a dire il vero, non gli ha tolto gli occhi di dosso da quando è arrivato, ma non c'è malizia nello sguardo, pare anzi quasi pensieroso.
"Sei dimagrito Simo'" gli dice infatti "Dante m'ha detto pure che non te fermi manco pe' respira'..."
E a questa affermazione il più piccolo avverte qualcosa incrinarsi.
Va bene comparire a casa sua dopo mesi senza avvisare, va bene pure provocarlo con il sorriso sfacciato e la spaccatura dell'accappatoio pericolosamente aperta, ma farsi vedere preoccupato, quasi palesare un interesse per il suo stato di salute, quello è un diritto che ha perso da tempo.
"Senti Manuel" insorge allora "mi dici perché sei qui?"
Non si sofferma neppure sulla faccia che gli si decompone davanti, deformata di un dispiacere che non gli ha mai visto.
Che non gli ho mai visto perché dall'altra parte ci sono sempre io, realizza sul momento.
"E' per soldi? Ti servono quelli? O è per scopare? Cosa–"
Si interrompe di colpo, non fosse altro per Manuel che salta come folgorato dal divano, le mani già ad agitarsi in aria e l'espressione sconvolta, ferita.
"Non voglio i tuoi soldi!" bercia furioso "come cazzo ti viene in mente! Non ti ho mai chiesto 'na lira, manco quando stavo disperato!"
"E allora che vuoi? Hai bisogno di una scopata per scaricare il nervoso?!" e si sente pazzo mentre si solleva a sua volta e prende a slacciarsi i pantaloni.
Manuel lo ferma alla velocità della luce – il viso rosso di rabbia come il suo – gli riallaccia malamente la cintura e lo spinge di nuovo giù fra i cuscini alle spalle.
"Che cazzo stai a fa' Simo'? T'è partita la brocca?"
"Faccio quello a cui sono abituato con te!" ribatte con tono altrettanto stizzito "certe volte mi sembra che manco ci possiamo stare insieme nella stessa stanza se non siamo nudi!"
E non lo sa perché appena gli si avvicina a lui viene da scostarsi, Manuel non gli ha mai messo una mano addosso che non fosse voluta, ma in quel frangente è estremamente vulnerabile e lo diventa ancora di più accorgendosi dello sbigottimento che la sua reazione provoca.
"Simone" e, accompagnato dal tremore delle gambe che lo costringono di nuovo sul divano, suona più come una supplica "io non– Simo', io non ti farei mai del male."
Annuisce frenetico il piccolo, con le scuse per aver frainteso pronte sulla punta della lingua e sciolte in una pozza di incredulità quando Manuel "...sono tornato per te" soffia piano.
Saetta subito lo sguardo nel suo, la prima volta in tutta la sera che i loro occhi si incontrano davvero, e un vuoto lo coglie al centro dello stomaco facendosi voragine.
Di Manuel sente la mancanza sempre, senza soluzione di continuità, partendo dal semplice tepore costante del corpo a, persino, le stupide provocazioni delle quali lo rende vittima, ma gli occhi, oh – pensa col batticuore – quelli sono un discorso a parte.
Allunga una mano per arrivare a sfiorarne il viso ispido di barba, salendo fino all'attaccatura delle basette, e quasi si commuove.
C'è tanto di quell'affetto nel modo in cui lo carezza che forse lo sta infondendo pure a lui; forse lo ama così tanto, si dice, da farlo sembrare sufficiente per entrambi.
O questo, o altrimenti non se lo spiega perché pure negli occhi difronte ai suoi gli sembri di vedere lo stesso sentimento, come se, per una volta, Simone l'amore non lo stesse solo dando, ma anche ricevendo.
Manuel abbozza un sorriso, tutta la rabbia di prima scivolata chissà dove, quasi che gliel'avessero tirata via dal corpo in un gesto secco, e "Simo" sussurra leggerissimo "domani è San Valentino."
Oh.
Un cortocircuito si propaga immediato dalla testa del piccolo e giù fino al cuore che, smanioso, comincia a dimenarsi contro la cassa toracica.
Se le immagina le minuscole manine dell'organo avvinghiarsi alle costole e scuotere insistenti per avere più spazio, che quel po' di petto che lo ospita, al momento, non è più in grado di bastare.
"Sono tornato per te" ripete Manuel intrecciando le loro mani "t'ho pensato così tanto sti mesi che credevo sarei diventato scemo... me dicevo che era un momento, che sarebbe passata..."
A cavalcioni sulle sue gambe scoperte Simone ci finisce senza quasi accorgersene, piantandogli i palmi sul petto per obbligarsi ad un ultimo tentativo di distanza.
Apre e chiude la bocca più volte, come a testare prima quel che vorrebbe dire, poi sospira e, in un tremito veloce, "e ti è passata?" domanda.
Manuel scuote la testa, un no convinto, sebbene a stento verbalizzato, in risposta e gli occhi sgranati di meraviglia quando le labbra dell'altro planano leggere a zittirlo.
Si lascia manovrare allora come un fantoccio, sprofondando nella seduta con il corpo di Simone a scalare il suo fino ad accomodarsi sul ventre e da lì dondolare i fianchi in un ritmo lento che nulla ha a che vedere con la smania da cui Manuel è attraversato.
E' comunque delicato il contatto che cerca di mantenere, portando anche l'altra mano sul viso del piccolo e staccandosi a cadenza regolare per dare più una serie di baci leggeri e sconnessi che uno vero e proprio.
Simone però non ci sta e, rendendosi artefice di un comportamento inedito – che di solito lui tali effusioni le accoglie con sorpresa, quasi che le subisca – picchietta impaziente la lingua sulle sue labbra e, appena le sente schiudersi, prende a divorargli la bocca.
Manuel mugola sorpreso, cristo Simo' ringhia, il principio di erezione fra le gambe alleviato solo dalla crescente frizione fra i loro bacini che, tra le altre cose, contribuisce pure a slegare definitivamente la già debole cinta dell'accappatoio.
"Manu, Manu mi sei mancato così tanto" pigola il piccolo scendendo con una mano a carezzarne la lunghezza e da quel gesto tutto si aspetta meno che la furia con cui il compagno si solleva di scatto dai cuscini, quasi dandogli una testata nel farlo.
Ha gli occhi sbarrati e "devo prendere una cosa" gli dice scrollandoselo di dosso e portandosi in piedi.
"Manu, ma che–" e non c'è modo di essere ascoltato dall'altro che come un automa si dirige a passi convinti verso la camera da letto, assolutamente nessuna vergogna nella nudità che espone attraverso la vestaglia ancora slacciata.
Simone lo segue su gambe molli, il formicolio nei piedi nudi a rendergli i passi incerti, e quando se lo trova accovacciato sul pavimento a mulinare le tasche dei suoi stessi pantaloni "non- non c'è bisogno di– noi possiamo anche senza se tu non..." farfuglia timido "Manu io non ho avuto nessuno in questi mesi, non serve il preservativo", salvo poi rimanere male nel rendersi conto che, se lui si è dato ad una clausura degna delle carmelitane scalze, non è detto che l'altro debba aver fatto la medesima scelta.
Manuel si rigira giusto in tempo per assistere alla sua crisi interiore in procinto di raggiungere l'acme.
"Non stavo cercando un preservativo... io t'avevo preso questo nella fretta di correre qui e mi stavo scordando di dartelo" dice mostrando un minuscolo incarto rosso a, più o meno, forma di cuore.
Simone passa lo sguardo dal palmo aperto, dove l'involucro giace, alla faccia dell'altro che "è- è un cioccolatino" chiarisce stupidamente "solo che con la pioggia deve essersi un po' squagliato..." e pensa che non gli è mai sembrato tanto ridicolo quanto bello come ora, con questo misero dolcetto tra le mani e l'erezione ancora svettante in mezzo alle gambe.
"Manuel, tu-" comincia avvicinandosi, ma non sa nemmeno lui dove vuole andare a parare, che gli batte il cuore come se quello anziché presentarsi con un regalino dozzinale gli avesse chiesto di sposarlo con il più prezioso dei diamanti "tu non puoi essere reale."
"Guarda che anche un semplice grazie, andava bene, non è che te devi lamenta' sempre de' tutto..."
Non fa in tempo ad immusonirsi, a trasfigurare la faccia in un'espressione di disappunto degna di un premio Oscar, che il piccolo già lo sta travolgendo, lanciandolo verso il materasso sul quale poi si catapulta a sua volta, un sorriso enorme a spaccargli la faccia e ad impedirgli di approfondire il bacio come vorrebbe.
Continua a ridere intanto che, nella foga con cui Manuel ribalta le posizioni e tenta di spogliarlo, riesce a portare in salvo il cioccolatino posandolo sul comò al lato del letto e si acquieta di colpo appena la bocca del compagno prende a tracciare una scia bollente dal collo giù fino allo stomaco – sei così morbido – il ventre e il pube che vezzeggia di baci prima di inglobarne l'erezione in un unico movimento.
Vorrebbe trattenersi, almeno per non sembrare un adolescente alla prima esperienza, ma la gola nella quale affonda è talmente calda e accogliente che spingere come se dovesse soffocarla è l'unica cosa che può fare.
Solleva il capo per accertarsi di non star sognando e l'immagine degli occhi umidi che già lo osservano di rimando lo fa quasi venire sul posto.
"Manu aspetta– Manu non voglio venire così" annaspa e sente la vista appannarsi per un attimo, prima che sia Manuel stesso a staccarsi e stringergli una mano sulla base del pene, l'orgasmo negati nella maniera più dolorosa quanto piacevole possibile.
"Certo che non puoi venire così" conferma pacato "ti devo prima scopare come si deve, amore mio."
La posizione oscena in cui si ritrova subito dopo, con le gambe tirate indietro e le ginocchia a un soffio dal viso, sul momento lo fa imbarazzare, che così esposto non lo è mai stato per nessuno, ma poi Manuel si china a lasciargli uno, due, tre baci sull'apertura e qualunque pensiero coerente viene meno.
Lo prepara come se avesse tutto il tempo del mondo, prima con la lingua e dopo con le dita che incurva fino a farlo urlare di piacere, una nenia di ah, ah, ah che scivola dalle labbra spalancate e il fiato mozzato non appena sprofonda in lui.
Si carica le gambe sulla schiena e comincia ad affondare nelle sue carni con dei colpi secchi che Simone accoglie in preda ad un delirio estatico.
"Ci sei solo tu Simo', sempre stato solo tu... mi devi credere" ripete insistentemente e il piccolo non può fare altro che annuire, trovare nella disperazione delle parole una sincerità alla quale ribattere con altrettanta foga, allacciandogli le caviglie sopra le natiche e consumando il piacere in simbiosi, i suoi fiotti una fiammata che si spegne tra i loro corpi e quelli del compagno lunghi filamenti che gli riempiono lo stomaco di un calore familiare e appagante.
Simone cerca di combattere la stanchezza, costringendo gli occhi a restare semichiusi, con il terrore che a chiudere le palpebre per un attimo non trovi più Manuel lì accanto.
Eppure l'altro non si muove, anzi, gli si stringe addosso, nessuna intenzione di uscire dal suo corpo e tante parole premurose a cullarlo verso un sonno inevitabile.
Un'indefinita quantità di ore dopo si risveglia con una sensazione di freddo che lo costringe a voltarsi, raggomitolarsi meglio nelle coperte e allungare un braccio verso il nulla che lo affianca.
No.
No, no, no.
Si porta a sedere subito, la testa che gira per il brusco movimento e gli occhi irrequieti, mossi da una parte all'altra della stanza alla ricerca disperata di una prova, una testimonianza tangibile che ciò che ha vissuto la notte prima non sia stata un gioco crudele del suo cervello ipertrofico.
Ed è una discussione feroce quella che ingaggia contro se stesso, dandosi dello stupido senza sosta, cercando anche di desistere dall'impellente esigenza di piangere, che sarebbe il caso di rassegnarsi, si dice, rimuovere il parassitario pensiero che Manuel possa–
"Ah... te sei svegliato finalmente!"
portargli la colazione a letto.
Due tazzine tintinnano tra loro assieme a tutto il resto che, precariamente messo su un vassoio, viene trasportato dalla porta aperta con una spallata fino al fondo della sala e poi sopra il letto dove Simone giace incredulo.
"Buon San Valentino, amore mio" si sente dire e deve resistere la tentazione di guardarsi attorno per cercare il vero destinatario dell'appellativo mentre Manuel, incurante della sua confusione, lo saluta con uno schiocco sulle labbra ancora ferme in una O di stupore e, come se niente fosse, gli sottopone un'ampia scelta di cornetti, li ho presi mo' proprio alla pasticceria qua sotto, quella tutta sciccosa, fa presente.
Simone fissa le paste, poi il compagno, poi di nuovo le paste e di colpo gli pare – nell'intontimento del sonno brutalmente interrotto e di questa nuova realtà dove c'è l'amore della sua vita a baciarlo appena sveglio – di vivere un'epifania ai limiti dell'illuminazione divina.
"Il cioccolatino..." mormora sgranando gli occhi e allungando alla cieca una mano sulla cassettiera al lato.
Quasi non trattiene le lacrime quando lo recupera tra le dita tremanti e se lo stringe al petto sotto lo sguardo allibito dell'altro che "t'ho preso dieci tipi di cornetti diversi e tu volevi il dolcetto da venti lire?!" borbotta, nonostante subito dopo distenda il volto in un sorriso di tenerezza.
"Quanto tempo ti trattieni Manu?" chiede allora Simone con il cuore che batte all'impazzata e, per la prima volta, senza paura di saperlo.
Manuel non esita nemmeno un attimo a rispondere, "sono tornato per restare."
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nota dell'autrice:
Come al solito, un grazie infinito alle mie tuberine 🥔🥔 e a voi sempre ♥️
P.s: a titolo puramente informativo vi dico che nella mia testa questa storia è ambientata nei primi anni 90.
Ciao! 🧚♀️
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