Giorno 6 - il 31 dicembre 2022 è il giorno 0
Ciao. Io sono Zuzu, ho diciannove anni e soffro di depressione.
Fino all'anno scorso probabilmente mi sarei presentata dicendo: "ciao, sono mario, ho 42 anni, e soffro di amnesia. Ciao, sono mario, ho 42 anni, e soffro di amnesia...", ma sento di non essere più quella ragazza.
Circa sei anni fa ho iniziato a soffrire di depressione. Ho iniziato ad accorgermene in ritardo, dopo che ho capito che non avevo smesso di mangiare perché mi sentivo troppo male, o troppo tradita dalle persone che avevo intorno, ma perché _stavo_ male. Stavo iniziando a soffrire.
Alle volte è più facile soffrire che essere felici. Pensateci: è molto più facile stare sdraiati in terra quando succede una catastrofe, piuttosto che alzarsi e correre via. Chi si alzerebbe e andrebbe via con una sparatoria in atto? Alle volte le gambe ti si muovono da sole, ma il terrore talvolta ti blocca lì. E magari la tua vita finisce sotto una pioggia di proiettili.
Io al momento sono seduta. Mi guardo attorno, incredula e meravigliata, e non è positivo, e nemmeno negativo. Fino ad un attimo fa ero sdraiata. Sanguinavo. Il mio corpo era forato di proiettili. Uno aveva persino preso il mio cuore. Mi stavo lasciando a morire. Anzi, grattavo la carne per far sì che tutto succedesse più in fretta.
Poi qualcuno si è avvicinato a me. Sapevo solo chi fosse, e pure vagamente: una delle tante persone che di me dice cose brutte, aveva lui la pistola in mano. Non conosco il suo volto, non la sua altezza, né la sua personalità. Mi ha detto, che se fosse stato in me mi sarei dovuta uccidere. Non mi ricordo più il senso. Sapevo solo che mi dovevo uccidere.
Ho preso l'occasione che mi porgeva. Quella pistola puntata alla testa.
Mi sono allungata e gliel'ho presa, forse molto di scatto, perché lui mi ha lasciato fare, e quando si è accorto, mi ha detto "no, non era vero quello che ho detto. Ero solo arrabbiato, ma diavolo, sii migliore". Ma ormai sapevo cosa mi aveva detto.
Mi sono puntata la pistola addosso, e gli ho sorriso. Un sorriso di sangue. Glielo avevo detto, io. Che ero ferita. Che mi serviva un medico. Che non potevo portare gli ostaggi via, se io stessa ero l'ostaggio, e se io stessa ero ferita e stesa a terra, quasi morta.
Non mi aveva ascoltato e mi aveva insultata. Come tutti gli altri. Sto morendo ormai da anni. E tutti, praticamente tutti, me lo hanno lasciato fare.
La pistola era puntata al mio petto.
Gli ho fatto quel sorriso.
E gli ho detto:
"_Hai ragione_".
E bang.
Mi sono sparata.
Le mie mani fremevano troppo di adrenalina, il rinculo della pistola è stato fortissimo sulle mie membra stanche. Il colpo sparato non mi faceva più male delle ferite che avevo addosso.
Sentii una strana sensazione sul fianco, sul costato. Le mie mani tremavano. Mi tocco dove mi fa male, e vedo del sangue.
È così, che la notte del 31 dicembre 2023, a capodanno, mi sono ritrovata a farmi del male con le mie unghie, e graffiarmi dove potevo, nel bagno dei miei vicini di casa sperando di morire.
Mi sono staccata un neo. Il che vuol dire che per sbaglio mi sono staccata un tumore benigno. Ora, sono nella merda.
Il 31 dicembre 2023, mi hanno detto di uccidermi. Non so se me lo meritavo. Non so se avrei dovuto dargli retta e fare di meglio che grattarmi a sangue sotto i vestiti.
È un ragazzo che nemmeno conosco. Gli ho scritto perché lui ha una cotta potente per il mio ragazzo, e... okay, non posso dire niente: ha letteralmente la fila. Ogni tanto se ne esce che ha un nuovo spasimante, uomo o donna che sia, e io mando giù il groppo e cerco non di far fuori la concorrenza, nonostante sia tentata, ma di stargli vicino e di fargli capire che comunque lo amo più di chiunque altro, e che fa bene a riporre il suo amore in me, nonostante io sia un po' spezzata e il mio amore sgorghi fuori invece di arrivare a lui.
Questo ragazzo però, oltre che dichiararglisi per l'ennesima volta in MESI di rifiuti (grazie per averlo rifiutato comunque), lui gli ha detto delle cose che erano semplicemente _troppo_. Superavano sicuramente il limite della legalità, e soprattutto, della decenza. E io potrò anche essere la PEGGIORE fidanzata del mondo, ma io non dico certe schifezze all'uomo che amo, e non gradisco che un bastardo qualsiasi gliele dica, quando oltretutto è un uomo _fidanzato_ che si è sempre dichiarato innanzitutto fedele, e secondo, si è sempre dichiarato in cerca di amici. Quelle parole per me erano uno sputo sulla sua amicizia.
E io non lo sopportavo.
Ho intimato a Kacchan di darmi il nome. Gli ho scritto. Lui ha iniziato da subito con la storia che sono tossica e mi ha insultata.
Ragazzi, non vi negherò che sono tossica.
Credo o temo che alle volte ti succeda, nella vita, di essere tossico. Il punto è che non sei tossico per gli altri. Lo sei _per te stesso_. Intossichi prima te stesso, prima di intossicare gli altri, e il motivo per cui _io_ sono tossica, e con questo non mi voglio giustificare, è che io sono stata colpita da una pioggia di proiettili durata sei anni, e ne sono rimasta ferita, e non sono riuscita a scapparne, e non ho avuto i paramedici a soccorrermi a tempo debito. Le persone mi hanno sempre guardata mentre morivo lentamente. Stavo ferendo quelli che amavo, che non sapevano come aiutarmi, perché era qualcosa più grande di me, o di tutti loro. Sì. Sono stata tossica. Tossica in questo modo. E non mi giustificherò, e non rinnegherò il mio dolore. Ha fatto male, sì, potevo tirarmi fuori dai guai prima, sì, ero troppo stanca per farlo, sì. Ma anche se fosse stato, era troppo perché riuscissi a guarire da sola.
Gli intimavo di scusarsi col mio Kacchan, perché ero venuta solo per lui, e lui no, mi insultava, mi insultava personalmente, mi ignorava, infieriva su di me. Se ne è fregato quando gli ho chiesto di smetterla di insultarmi perché non mi conosce e non gli dà diritto di sputare su di me o sui miei problemi. Nessuno avrebbe il diritto di farlo, con nessuno. Lui ha continuato. Ha retto che gli avrebbe detto scusa (ma ha anche negato di aver detto alcune cose, stronzo), e poi ni ha detto di uccidermi.
Io mi sono azzerata.
So che Kacchan non mi merita.
So che ha ragione.
Glielo dico.
Gli sorrido
Gli prendo la pistola di mano.
Ignoro le sue parole.
Gli dico che ha ragione.
Le mie mani tremano.
Mi sparo.
Sbaglio il colpo.
Il mio neo è rimasto attaccato alla mia unghia.
Ci è voluta quasi un'ora prima che potessi tornare a tavola.
Quando ho ripreso il telefono, ho visto che Kacchan mi aveva chiamato e mi aveva scritto chiedendomi se gli avessi parlato.
Gli ho detto cosa era successo.
Quella notte volevo morire.
Lo avevo programmato da quasi due settimane.
Come la prima volta, due anni fa, il piano non ha funzionato.
Solo che stavolta qualcosa è cambiato.
Sono seduta. Mi guardo attorno, incredula e meravigliata.
Sono viva.
E mi rendo conto che nessuno mi ama, probabilmente.
Ho perso tutti i miei amici. La stima per me. La voglia di fare e di vivere.
Però sono viva, ancora una volta. Dubito dell'amore della mia famiglia, dei pochi amici che ho trovato su wattpad e di quelli a Bari. Ricordo solo l'odio di tutti verso di me, quando vedo tante persone riempite d'amore e di stima, e di autostima.
Mi guardo attorno, incredula e meravigliata.
Mi chiedo come sia possibile che le persone provino tanto odio verso gli altri. Che sconosciuti ti insultino su internet quando non ti conoscono. Che sconosciuti ti insultino nella vita reale quando non ti conoscono nemmeno lì. Ma sono tutti pentiti quando gli dici quelli che sono davvero i tuoi desideri per l'anno che verrà.
Nel 2023 mi hanno augurato la morte. Spero che sia un'esperienza che non ripeterò nel 2024.
Mi guardo attorno, incredula e meravigliata.
Kacchan ha pianto quando ha sentito cosa era successo. Mi ha chiesto di restare per lui. Mi ha detto che mi vuole bene.
Nel 2023 ho ricevuto il suo amore, seppur molto, molto, molto meno del solito. Ma è rimasti accanto a me in qualche modo. Spero che nel 2024 le cose migliorino.
Mi guardo attorno, incredula e meravigliata.
Sono ancora viva. Kacchan, nonostante tutto, mi ama, e io ho sempre vissuto per il momento in cui qualcuno avrebbe ammesso di amarmi.
Kacchan è il motivo per cui alla fine tutto ciò che mi circonda mi meraviglia e mi fa restare incantata.
Per il momento, i miei propositi per il 2024 sono di iniziare la psicoterapia e di annaffiare di amore il mio fidanzato. E magari cercherò di tenere questo diario.
Non voglio che questo sia un diario depresso. Mi dispiace se per qualcuno è un libro pieno di cose allertanti. Vorrei che fosse una speranza.
Ragazzi, ci sono finita in mezzo anche io. Anche io ho desiderato di morire. L'ho voluto e l'ho fatto davvero, però, al contrario di alcune persone che forse non sanno davvero il significato delle parole "voglio morire".
Voglio mostrarvi che ho diciannove anni. Che tra circa due mesi ne farò venti. E che nonostante cinque anni fa mi abbiano detto che io ai venti non ci arrivavo, che mi sarei uccisa prima, sono ancora qui e vorrei pure superarli i venti, per il bene vostro e di chiunque mi voglia bene.
Il 3 gennaio sono andata al compleanno della mia migliore amica del cuore, che conosco da prima di nascere (le nostre mamme erano amiche a loro volta). E ho pensato con attenzione prima di prendere una certa quantità di denaro in una busta, prendere un foglio bianco, una penna, e scriverle una letterina.
Mi guardo attorno, incredula e meravigliata.
Una volta, lei stessa mi ha detto che lei stessa mi trovava una fighettina, di quelle bionde, carine, con tutte gioie nella vita. Lo pensava fino a pochi anni fa. Poi mi ha riscoperta, circa due o tre anni fa. E alla fine, l'anno scorso, ha ammesso che pensava così, ma che aveva cambiato idea. E ora ci vogliamo un gran bene.
Le ho detto grazie. Perché se mi aveva invitata, nonostante l'anno prima non fossi riuscita a presentarmi, e che non vedesse l'ora di vedermi, allora voleva dire che ci tiene davvero a me.
Le ho detto che le davo dei soldi, e non perché avevo scordato di farle un regalo.
Ma perché ci avevo pensato a lungo. A diciannove anni, si hanno dei sogni. Dei desideri. A volte servono dei soldi per arrivare a coronare quel sogno. Che sia una macchina, un libro, un corso di studi, una casa. Qualunque cosa. Io ho ricevuto il suo supporto più volte. E sentivo fosse arrivato il momento di dimostrare anch'io del vero supporto.
Le ho dato dei soldi, in modo che potesse metterli da parte per quel sogno che io ancora non conosco. Ma che supporto. Con tutta me stessa, moralmente e fisicamente. Avrà il mio supporto per sempre.
Lei mi ha mandato un audio il 5 gennaio, poche ore fa. La lettera l'ha letta il 4. Aveva solo scordato di dirmelo.
Mi ha ringraziata.
E io ho sorriso.
Ora ho due motivi per andare avanti nel 2024.
Questo libro, se riuscirò a mandarlo avanti, sarà un diario-raccolta dei miei passi avanti. Vorrei che fosse una... una qualche guida, come a dire: se lei continua a guidare dritto in una strada tortuosa e fangosa, posso farlo anche io.
Vorrei lo faceste anche voi.
Anche tu, Kacchan.
Possiamo farcela.
Proseguiamo avanti, dritti per questo cammino tortuoso. La vita non è solo strada sterrata in cui fare gincana. Alle volte, si arriva ad un punto in cui c'è una piccola salita, nemmeno di trenta centimetri, e tocchi l'asfalto, liscio, nero e caldo, piacevole.
E da lì è una passeggiata, rispetto alla gincana che hai fatto prima, anche se ci saranno curve, salite, e se ogni tanto ti verrà il mal d'auto puoi sempre fermarti ogni tanto in una piazzola di sosta.
Fidatevi di me.
Seguitemi.
Questo non vuole essere un libro depresso, ma di guarigione dalla depressione.
Sono determinata ad aggiustarmi e a tenere finalmente nel mio torace tutto il mio amore e il mio sangue, sperando di non essere già in anemia.
Grazie di avermi letta
Non preoccupatevi più per me.
Sono passati sei giorni, e va meglio, perché stavolta sono seduta.
Non guardo il cielo direttamente sopra di me aspettando di vedere uno spiraglio terso, ma sono seduta, e mi guardo attorno, cercando attivamente il punto in cui le nuvole si diradano prima di dirigermi in quella direzione.
Zuzu
2153 parole
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