Chapitre 43
«Ann sei tornata così presto ad annoiarci?». Scherzò George, mentre mi salutava.
«Forse ad illuminare le vostre giornate. Senza di me tutti voi siete persi e non ditemi che non è così». Scherzai, mettendo piede nell'abitazione di Charles.
«Effettivamente le partite alla Play mi mancano». Esclamò il monegasco, sorridendo e facendomi cenno di andarmi a sistemare su uno dei divanetti del suo salotto. Lì trovai anche Lando, assorto con lo sguardo nel suo cellulare, ed Alex, il nuovo arrivato, che un po' imbarazzato si stava guardando intorno. Sorrisi e scossi la testa, per poi avvicinarmi a lui e presentarmi.
«Ciao Alex, sono Ann, piacere di conoscerti». Il thailandese saltò letteralmente all'in piedi, sovrastandomi con la sua altezza. «La Red Bull non avrà avuto problemi ad allungare di una ventina di centimetri l'interno della monoposto». Ridacchiai ed Alex mi imitò.
«Non è mica colpa sua se tu sei alta un metro ed un sughero messo in orizzontale». Mi derise George. «Sei pure più bassa di Lando». Lo fulminai con lo sguardo e lui fece spallucce, quasi a scolparsi.
«Cosa vorresti insinuare con ciò?». Riferì Lando, che, nel frattempo, aveva posato il cellulare e mi aveva rivolto un sorriso.
«Un qualcosa che è ovvio a tutti: non sei alto». Continuò il pilota della Williams, facendo ruotare gli occhi a Lando.
«Sai, non mi eri mancato». Aggiunsi io, per poi fare la linguaccia a George e scoppiare a ridere. Il britannico, scherzosamente, mi guardò con aria di sufficienza e mosse la mano, quasi ad allontanare le mie parole. Andò a sistemarsi sul divano accanto ad Alex, per poi voltarsi verso di lui ed iniziare a parlare.
«Ragazzi, mi raccomando, non divertitevi troppo. Non vorrei distruggeste qualcosa». Affermò Charles, appena ritornato in salotto, mentre ci guardava, con un sopracciglio alzato. Io ridacchiai. Scosse la testa e si voltò a guardarmi, divertito. «È sempre la stessa storia, mi domando ancora perché io li inviti».
«Decisamente non per esserti di compagnia». Sorrisi e poi mi voltai ad osservarli. «Come credi sarà quest'anno per te in Ferrari?». Ripuntai il mio sguardo verso di lui. Si passò una mano sul volto.
«Temo sotto le aspettative. Spero di sbagliarmi, ma la penalità e la monoposto non competitiva come credevamo non ci renderanno la vita semplice». Annuii, appoggiandomi con un fianco alla poltrona dietro di me. Aprii bocca per parlare, ma qualcuno bussò alla porta. Alzai un sopracciglio, guardando confusa Charles, che, dopo un attimo di smarrimento, si colpì la fronte. «Avevo dimenticato avessi invitato anche Pierre!». A quel nome mi bloccai sul posto. Pierre era lì? Ciò significava che lo avrei rivisto e, onestamente, non credevo di essere pronta. E, probabilmente, non lo era neppure lui, perché ero sicurissima che Charles non lo avesse avvertito della mia presenza. Sentii i due salutarsi ed una risatina da parte di Pierre.
«Inizio a sospettare che tu dia loro dei sonnif-». Si interruppe non appena mi vide, attirando l'attenzione di tutti gli altri piloti. Avvertii George tossire e Lando muovere leggermente la poltrona, quasi volesse osservarci meglio. Ci guardammo per davvero pochi istanti, sebbene fosse apparsa un'eternità, senza sapere cosa dirci. Io mormorai un rapido "Ciao", mentre lui portò le dita alla testa, facendo il suo solito gesto di saluto. Sospirai, ero convinta che Charles, rendendosi conto della situazione in cui ci trovassimo, non lo avrebbe invitato. Ma, d'altronde, lui era il suo migliore amico, ero stata stupida io a sottovalutarlo. Pierre spostò ben presto gli occhi verso un punto indistinto della stanza, mentre io rimasi ad osservarlo di sottecchi. Se già dal cellulare mi era apparso diverso, dal vivo lo era ancora di più. I suoi capelli erano più chiari e la sua pelle più abbronzata. Persino i suoi occhi mi apparivano più scuri, forse perché avevano perso il loro luccichio. Ancora una volta mi ritrovai a constatare che fosse diventato più bello e, in realtà, non sapevo neppure dire se ciò potesse essere possibile. Non mi sentivo colpevole di qualcosa, avevo semplicemente scelto l'opzione migliore per il mio futuro, ma, quando lui puntò nuovamente il suo sguardo nei miei occhi, mi maledissi mentalmente di aver preso una decisione troppo affrettata. Sapevo che lui non contestava la mia scelta, non avrebbe mai potuto o dovuto, ma di non averne parlato prima con lui. Nonostante gli avessi promesso che non avrei agito d'impulso, lo avevo fatto ugualmente. Ancora una volta non ero riuscita a mantenere la mia parola e stavolta sapevo che lui non mi avrebbe perdonata. Ero brava solamente a provocargli dolore, quando non lo meritava. Pierre era la persona più buona e più sincera che io avessi mai conosciuto, mentre io ero un completo disastro. Pensavo unicamente al mio bene, mentre il francese avrebbe rischiato la vita per me e me lo aveva rivelato più di una volta. I miei pensieri furono interrotti da Charles che parlò.
«Ragazzi?». Solo allora mi resi conto che anche Pierre era assorto, perché saltò leggermente sul posto alle parole dell'amico. Entrambi alzammo lo sguardo ad osservare il monegasco, attendendo che parlasse. «Avete intenzione di venire o no?». Alzai un sopracciglio, mentre Pierre parlò.
«Venire dove?». Charles indicò il divano. C'era spazio per una sola persona. Mi grattai la testa. Io non parlai, mentre Pierre, sempre senza guardarmi, mi disse di andarmi a sedere. Io scossi la testa, rifiutando.
«Vai pure tu, posso rimanere all'in piedi». Prima che potesse controbattere, George parlò.
«Potete sedervi entrambi. Pierre si metterà tra Alex e Charles e tu...». Si voltò verso di me. «...Tu ti siederai sulle mie gambe. Problema risolto». Serrai le labbra, mentre il francese, senza dire nulla, andò a prendere il suo posto. Io, abbastanza in imbarazzo, mi avvicinai al britannico, che colpì le sue gambe con una mano e mi fece sistemare.
«Cosa avete intenzione di fare?». Domandò Alex, spostando lo sguardo dal suo cellulare. Charles sorrise malizioso e ci guardò.
«Qualcuno ha voglia di giocare a FIFA?».
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