Chapitre 40
Non sono mai stata un'amante delle scelte affrettate, ma la proposta di Nico mi era apparsa talmente tanto allettante che non avrei potuto far altro se non accettare. E poi era l'opzione migliore per me, considerato il fatto che Pierre, con o meno il mio consenso, avrebbe rivelato la mia identità. Almeno non mi trovavo impreparata e potevo auspicare a qualche altra categoria in cui essere me stessa, sebbene non fosse la Formula 1. Avevo bisogno di sentirmi sicura e sapevo che con l'opzione che Nico mi offriva lo sarei stata.
Ora dovevo solamente trovare il modo di dirlo a Pierre. Era stato lui a consigliarmi, o meglio ad urlarmi contro, di rivelare la mia identità, ma non credo che il suo intento fosse quello di farmi andare via da quell'ambiente. Lui sperava di farmi entrare o in Mercedes o in Ferrari o in qualsiasi altra scuderia che fosse disposta ad offrirmi un sedile, ma io sapevo che non potevo farmi sfuggire la possibilità di correre quasi certamente in Formula E e sicuramente nella Extreme E. Quella era la mia carriera ed ero l'unica a poter prendere delle decisioni che potessero essere a me favorevoli. Eppure, sentivo che Pierre non l'avrebbe accettato tanto facilmente. Era una questione che dovevamo risolvere insieme, ma ancora una volta avevo agito per conto mio. Tuttavia, per quanto potessi amarlo, non volevo rischiare di rimanere per sempre fuori dal Motorsport. Quella era la mia passione, la mia unica ragione di esistere e non volevo, e non potevo, far scegliere i miei sentimenti, perché mi avrebbero portato sulla strada sbagliata, ne ero certa.
E mentre pensavo a cosa avrei detto a Pierre, bussai alla sua porta. Non dovetti attendere molto, perché ben presto mi venne ad aprire, mentre si stropicciava gli occhi.
«Ti ho svegliato?». Domandai, mentre mi faceva accomodare. Scosse la testa, ma quando lo guardai con più insistenza, annuì. «Se vuoi posso tornarmene in camera, parliamo domani, non è un problema». E forse speravo mi dicesse di sì, così da poter avere tutta la notte per ragionare sulle parole da usare, ma la sorte non fu dalla mia parte.
«Non preoccuparti. Se sei venuta qui, è perché è importante. Riguarda quegli impegni di cui mi hai parlato oggi pomeriggio?». Mi sedetti sul divano e lui mi seguì.
«Sì». Puntai il mio sguardo nel suo. «Charles ha chiamato Nico». Alzò un sopracciglio, non capendo. «Rosberg». Emise un semplice "Ah" e mi fece cenno di continuare. «Era nel paddock oggi e mi ha chiesto di incontrarci. È per questo che sono uscita prima. In realtà avrei comunque chiesto a Chris di concedermi delle ore di riposo, siccome non sto proprio al massimo fisicamente, ma non è questo il punto».
«Non ti senti bene?». Mi chiese leggermente allarmato.
«Direi di no, ma ho preso le pillole. Ora sono in una condizione decente, quindi fa nulla, non preoccuparti». Cambiai discorso. «Tornando a prima, ci siamo incontrati nella sua camera di hotel, è quella accanto alla mia».
«E cosa ti ha detto?». Sospirai.
«Mi ha detto di rivelare la mia identità». Iniziai.
«Visto? Te l'avevo detto anche io». Mi interruppe.
«Non mi ha detto solo questo».
«Ti farà ottenere un sedile in Formula 1, magari in Mercedes?». Chiese quasi speranzoso ed a me si spezzò il cuore a quella che sarebbe stata la mia dichiarazione. E forse lo notò anche lui, perché la sua espressione si fece più seria, e più delusa. «Qualcosa mi dice che non è così».
«Non può garantirmi nessun sedile in Formula 1, è fuori dalle sue corde. Perderebbe troppo la Formula 1 con me come pilota, è meglio per me che mi allontani».
«Cosa?». Urlò ed io dovetti fermarlo per il braccio.
«Non ho finito». Si calmò per un po', anche se potevo notare la sua gamba andare su e giù, segno che era molto nervoso. «Mi ha proposto un sedile in Formula E, nel Team Venturi di Susie Wolff, anche se ha detto che non è certo, e poi uno per l'Extreme E nella sua stessa scuderia».
«Quindi fuori dalla Formula 1? Definitivamente?». Annuii. «Io e Charles, anche George se vuole, faremo di tutto per farti rimanere, proveremo a parlare ai t-». Lo interruppi, ponendo una mano sulla sua, che aveva iniziato ad agitare freneticamente.
«È inutile, ti ringrazio, ma non ce n'è bisogno».
«Perché? Potrem-».
«Perché ho già firmato il contratto di Nico». Dissi di getto e lui rimase con la bocca aperta.
«Quindi è finita?». Annuii, anche se sospettavo che la sua domanda non si riferisse unicamente alla mia carriera in Formula 1. «Perché hai firmato?».
«È la mia carriera, Pierre, e questa mi sembrava l'opportunità migliore. In Formula 1, almeno per i prossimi due anni, non mi vorranno ed io non posso rischiare di rimanere senza lavoro. Nico mi ha offerto un sedile ed io non ho potuto fare altro se non accettare. Sono sicura che mi troverò bene nel nuovo amb-». Mi interruppe.
«Sarà sicuramente così. Ora, se non ti dispiace, mi piacerebbe andare a dormire». Si alzò e si avvicinò alla porta, per aprirla. Mi avvicinai a lui e lo guardai negli occhi, ma spostò lo sguardo. Lo avevo ferito, di nuovo, ma questa volta non mi sentivo colpevole. Avevo fatto ciò che era giusto e lui, con il tempo, lo avrebbe capito. Doveva solamente far passare quella che era la delusione. Non immaginavo, però, che potesse averne così tanta.
«Bravissimo Theo, ottima gara, siamo davvero molto soddisfatti». Sorrisi e ringraziai Chris. Ben presto si avvicinò anche Helmut e mi disse solo "Buon lavoro", per poi andarsene. Non sapevo se ritenermi felice o meno alla sua esclamazione, ma decisi di prenderla in maniera positiva. D'altronde ero arrivata quinta, direi che potevo ritenermi più che orgogliosa del lavoro che avevo fatto. Lo stesso non si poteva dire di Pierre, che era uscito e non era riuscito a concludere la gara. Sapevo che in parte fosse anche colpa mia, che fosse arrabbiato per ciò che gli avevo detto, ma non mi sentivo in colpa. Più che altro, non riuscivo a comprendere tutta quella sua ira nei miei confronti. Che dovevo fare, rischiare di rimanere senza sedile? Max, invece, si era posizionato terzo ed era davvero soddisfatto del suo lavoro. Ciò poteva significare solo due cose: o mi avrebbe lasciato tornare a casa senza problemi oppure da lì a pochi minuti avrei ricevuto un messaggio. Ed ancora una volta la fortuna non fu dalla mia parte, perché il mio cellulare vibrò. Lo accesi e lessi “Camera mia tra 30 minuti”. Feci un'espressione disgustata. E pensare che lo trovavo anche simpatico all'inizio. Incredibile come le persone si possano dimostrare completamente diverse da ciò sembrano. Se non altro, grazie al fatto che mi fossero arrivate le mestruazioni, avrei risparmiato gran parte della tortura e quella fu una delle poche volte in cui mi ritenni fortunata di averle.
Mi preparai in fretta, salutai la scuderia e corsi verso la mia vettura. Dovetti sembrare davvero disperata, perché in molti si voltarono a guardarmi. Tra questi anche lo stesso Pierre. Gli gettai uno sguardo impassibile e continuai a camminare a passo veloce, sentendo i suoi occhi bruciarmi la schiena. Vibrò di nuovo il cellulare. Lessi.
“Spero tu non abbia detto nulla a Pierre o sai cosa accadrà”.
Dovevo assicurarmi che il francese non entrasse in camera di Max per nessun motivo al mondo. Mandai lo stesso messaggio a George ed a Charles.
“Pierre non deve andare in camera di Max, per favore, mantienilo”.
Sapevo che avrebbero capito. Guidai verso l'albergo. Ben presto, in anticipo di appena due minuti, mi ritrovai davanti alla porta della camera dell'olandese, mentre lo attendevo.
«Vedo che hai iniziato a comprendere cosa sia la puntualità, temevo di doverti comprare un orologio». Camuffai un conato di vomito ed annuii semplicemente. Mancavano solo due gare, era inutile ribellarsi. «Forza, entra, non ho tutta la giornata. Il mio jet parte tra un'ora, non ho intenzione di perderlo». Feci come mi aveva detto. Chiuse la porta alle mie spalle e mi sbatté, violentemente, contro di essa. Colpii la testa, ma tacqui. Fece scontrare le nostre labbra, ma io le serrai ed iniziai a trattenere, con tutta la forza che mi era rimasta in corpo, il desiderio di piangere. Non volevo mostrarmi debole dinanzi a lui. Non dinanzi ad un mostro come lui. Con la sua mano iniziò a soffocarmi, costringendomi ad aprire la bocca e ad assecondare i suoi movimenti. Nel frattempo iniziava a spogliarmi, ma io cercavo di fermarlo. «Cosa cazzo stai facendo?». Urlò, mentre mi dava uno schiaffo. Una lacrima solcò la mia guancia.
«H-ho il c-ciclo». Balbettai, mentre lo sentii sbuffare. Circondò nuovamente il mio collo con la sua mano destra e, stringendo, lasciandomi solo poco ossigeno, mi costrinse a inginocchiarmi dinanzi a lui. Sapevo cosa mi aspettava e non potevo sentirmi più umiliata di così.
«Da brava troia quale sei, sai esattamente cosa devi fare, non è così?». Non risposi. «Ho detto, non è così?». Urlò.
«Sì». Dissi e lui mi diede un altro schiaffo.
«Così impari che mi devi rispondere quando ti parlo. Se vuoi che ti rovini il bel faccino che hai, sei sulla strada giusta». Iniziò a sbottonarsi i jeans ed io ingoiai la saliva. Nessuno mi avrebbe mai fatto dimenticare.
Angolo autrice
Buona Pasqua a tutti i miei cari lettori/le mie cari lettrici! Lo so che sono stata poco presente, ma per farmi perdonare oggi pubblicherò due capitoli. Prendetelo come un regalo di Pasqua!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e fatemi sapere che ne pensate con un commento, se volete.
~Aury💞
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