Chapitre 4
Entrai e subito apparve Pierre, seguito da Daniel e Charles, che non avevo ancora avuto il piacere di conoscere. Subito dovetti ammettere che fosse ancora più bello dal vivo. In realtà lo erano tutti loro. Scossi la testa per scacciare quei pensieri e subito mi resi conto dell'assenza del mio compagno di scuderia.
«Daniil?» Domandai io. Max appoggiò un braccio sulle mie spalle.
«Era impegnato a bere la vodka insieme a Kevin e Kimi, dovremmo fare a meno di lui». Risi.
«Mi spiegate come fate a stare uno con la maglia a maniche corte e l'altro a petto nudo?». Chiese ad un tratto Charles, guardandoci confuso.
«Siamo del nord, semplice». Sorrisi.
«Mi sembri Marcus». Borbottò il monegasco ed io scossi la testa divertita. Nel frattempo Max si era allontanato da noi, per recarsi in cucina.
«Ho preparato per tutti noi l'insalata, spero vada bene». Annuimmo. D'altronde, il giorno seguente avremmo corso e, come se non bastasse, se avessi mangiato anche solo una cosa non salutare, Stephan mi avrebbe, come minimo, crocifissa.
«A cosa giochiamo, ragazzi?». Chiesi io, per poi andarmi a sedere sul divano.
«FIFA, siete d'accordo?». Alzai il pollice. Era un gesto che facevo spesso quando dovevo esprimere un mio giudizio, a volte senza neanche rendermene conto. Essendo tutti d'accordo, Max fece scegliere alla sorte i due che dovessero iniziare. Il vincitore della prima sfida, si sarebbe poi sfidato con un altro nella seconda, andando così avanti. Uscimmo io e Daniel, quindi ci stringemmo la mano e poi l’olandese ci porse i nostri joystick. Me la cavavo abbastanza in quel gioco, essendo cresciuta con un fratello maggiore e molti cugini maschi. Scegliemmo le nostre rispettive nazionali ed iniziammo.
«E Marcus Berg segna, portando in vantaggio la Svezia!». Urlai io, facendo ridere gli altri presenti, tranne Daniel, che ancora non era riuscito a sfondare la mia barriera difensiva. «Black Marcus, ancora lui, incredibile doppietta. 2-0 Svezia». Continuai io, imitando una vera e propria telecronaca.
«Daniel, mi dispiace, ma ti sta proprio distruggendo». Rivelò Charles, poggiandogli una mano sulla spalla. Ridacchiai. "Se sapesse che sono una ragazza…", pensai.
«Mancano pochi minuti prima della fine della partita, Larsson passa la palla a Quaison, che decide di tirare. Ed è gol! È gol! 3-0. Partita conclusa. Tutti negli spogliatoi, grandissima Svezia». Tutti scoppiarono a ridere ed io li seguii. «Mi sono divertito molto Daniel». Mi guardò male ed andò a sedersi su uno sgabello. Poco tempo dopo, però, iniziò a ridere anche lui.
«È la prima volta che un pivello mi batte, ma devo farti i complimenti». Feci finta di fare un inchino.
«Ora contro chi devo giocare?». Charles alzò la mano. Scelse l'Italia, non potendo selezionare la nazionale del Principato. Il monegasco era un degno avversario, riuscì più volte a superare i miei difensori, tuttavia, senza mai segnare.
«Jorginho, Jorginho, Jorginho… Insigne! 1-0 per me». Gridò Charles, imitandomi. A causa dei suoi festeggiamenti, però, aveva perso la palla e quindi i miei calciatori avevano iniziato a correre verso la metà campo avversaria.
«Tankovic segna e riporta la parità a questa partita straordinaria. Il Tevez svedese realizza una rete spettacolare, destabilizzando completamente il portiere». Rimanemmo su quel risultato a lungo tempo, fino a quando non riuscii a segnare un altro gol.
«Andersson entra e spacca. 2-1 Svezia e partita finita». Sorrisi al monegasco, che mi porse la mano.
«Mi dispiace Pierre, ora tocca a me. Devo battere Theo». Risi alle parole di Max, mentre il francese rimase impassibile.
«Vedremo». Dissi.
Era una partita bilanciata, il risultato era fermo al pareggio senza gol da ormai molto tempo e mancavano davvero pochi minuti al termine della partita. L'olandese approfittò di una mia distrazione e corse verso la mia metà campo, ma riuscii, per fortuna, a sottrargli la palla. «Svanberg recupera la palla, non la passa a nessuno, non si fida. Corre, destabilizza il portiere e tira. Ed è gol! Incredibile Svezia, tre vittorie consecutive». Mancava l'ultima sfida, quella contro Pierre. Nazionale svedese contro quella francese.
«Pronto?». Mi disse lui ed io annuii. Neanche il tempo di iniziare che segnò un gol. Griezmann. 1-0 per lui. Non esultò, rimase in silenzio. Dopo pochi minuti, però, arrivò il pareggio. Berg. 1-1. Con la coda dell’occhio lo vidi mordersi la lingua, per concentrarsi. Sorrisi, lo trovavo estremamente carino. Doppietta di Griezmann. 2-1 per la Francia. Feci un respiro profondo. Durante l'attacco della Francia, riuscii a rubargli il pallone ed a correre verso la sua metà campo. Ekdal. 2-2. Era decisamente una partita combattuta, entrambi volevamo fortemente vincere. Peccato che fossi più brava di lui. O che avessi semplicemente più fortuna. Infatti, approfittando di una sua azione sbagliata, mi procurai un altro gol e vinsi quella partita e quel mini campionato. Al termine di quella sfida, mi porse la mano ed io gliela strinsi.
«Sei davvero fortissimo, ci hai battuti tutti». Riferì Max, passandomi il piatto di insalata che avrei dovuto mangiare. La afferrai.
«Be’, con Pierre è stato più difficile. È molto bravo». Gli sorrisi e lui mi imitò. Aveva un sorriso davvero stupendo.
«Spero tu non sia così bravo anche a calcio, altrimenti è meglio che non giochiamo più». Continuò Max e risi.
«Francamente non saprei dire se sono bravo, semplicemente che me la cavo. In Svezia il calcio è quasi un culto, d'altronde siamo il primo paese scandinavo in cui si è sviluppato. Da noi il periodo gelido, a differenza che in Finlandia, dura meno e quindi abbiamo più possibilità di giocare all'aperto. In genere, in tutte le famiglie svedesi è insegnato il calcio, anche alle ragazze, spetta poi a noi mandare avanti la tradizione. È una cosa un po' buffa, però è il nostro modo di affrontare la difficile vita scandinava». Rimasero tutti ad ascoltarmi. «Poi da noi in inverno il sole sorge molto tardi e tramonta presto, mentre in estate sorge verso le 3 di mattina e tramonta alle 23, quindi a volte giungi a non distinguere neanche più l'orario».
«Deve essere davvero difficile vivere lì». Parlò Charles ed io annuii.
«Ma siete davvero tutti biondi con gli occhi azzurri in Svezia?». Chiese, di punto in bianco, Daniel ed io risi.
«Gli svedesi, in genere, lo sono, poi però ci sono molti svedesi “ibridi” che sono scuri. Però sì, la maggioranza è esattamente come me». Mi indicai e sorrisi. «O come Marcus». Volsi la testa verso Charles. Parlammo ancora a lungo, fino a quando non mi resi conto che si fosse effettivamente fatto tardi e che sarei dovuta ritornare nella mia camera, per evitare di giungere stanca alle prove del giorno seguente. Salutai quindi tutti, ringraziai Max dell’ospitalità e mi incamminai verso le scale, che avrei preso per tornare al mio piano. Non dovevo camminare molto, perciò ben presto mi trovai davanti alla mia stanza. Vi entrai e, dopo essermi chiusa dentro, tolsi la mia parrucca, indossai il mio amato pigiama e mi stesi sul letto. Mi addormentai in fretta, pensando unicamente alla magnifica giornata che avevo trascorso.
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