Chapitre 24
«Allora, quando si parte?». Domandò emozionato Charles, circondando, in un gesto euforico, le spalle di Pierre, facendolo così scoppiare a ridere.
«Tra un'ora. Credo dovremmo avviarci verso l'aeroporto». Rispose Julie, sorridendo. «Tu vieni con noi?». Si riferì a me e scossi la testa. I ragazzi mi guardarono straniti.
«Io ho il jet, viaggio con Stephan ed Amélie». Scossi le spalle.
«Perché non vieni con noi?». Max alzò le sopracciglia, in attesa di risposta.
«Ho un'intervista per la televisione della capitale, Julie lo aveva dimenticato». Volsi lo sguardo verso Pierre, che mi sembrava piuttosto deluso da quella mia affermazione. «Ci vedremo poi in Cina». Sorrisi.
«Ci dispiace, se l'avessimo saputo prima avremmo scelto un altro giorno». Disse Charles, ma io scossi la testa.
«Non preoccupatevi ragazzi, non vi è alcun problema«. Gli diedi una pacca sulla spalla. «Siete davvero carini, comunque». Sorrisi.
«Theo, andiamo?». Apparve Stephan ed io mi voltai verso di lui. Annuii.
«Divertitevi ragazzi!». Esclamai, prima di sorridere e di allontanarmi in compagnia del mio preparatore atletico. Gettai, però, un ultimo sguardo a Pierre, che abbozzò un leggero sorriso e mi fece un cenno di saluto con le dita vicino al capo.
«Devi raccontarmi qualcosa?». Domandò l'uomo al mio fianco ed io lo guardai confusa. «Non sono cieco e sono più grande di te di dieci anni, qualcosa la capisco«. Mi guardò negli occhi. «È successo qualcosa tra te e Pierre?». Spalancai la bocca. Era davvero così evidente?«Dovete essere un po' più discreti, se volete tenerlo nascosto». Mi fece l'occhiolino, deridendomi, ed io arrossii. «Sa che sei-». Non lo feci terminare.
«No!«. Urlai, ma poi mi ricomposi. «No, non lo sa. Per lui io sono semplicemente Theo». Annuì, scuotendo ripetutamente il capo.
«Sei davvero affezionata a lui, non è così?». Mi strinse a sé, era un gesto che faceva spesso quando eravamo lontani da occhi indiscreti.
«Sì». Afferrai le ultime valigie e le infilai nella mia vettura. Entrammo ed io mi tolsi la parrucca. D'altronde nessuno mi avrebbe riconosciuto.
«Ann, non devi dimenticare il motivo per cui tu sei qui, perché stai facendo tutto ciò». Ingranai la marcia e mi avviai verso l'aeroporto, dove ci sarebbe stato il jet privato ad attenderci. «Non mandare all'aria tutti i tuoi sacrifici».
«Non lo farò, non è mia intenzione. Comunque non c'è nulla tra me e Pierre e non ho alcuna intenzione di far nascere qualcosa. Io mi distrarrei e lui verrebbe ferito una volta scoperta la verità. E poi lo sai, non sono affatto tipo da relazione, metto sempre il lavoro al primo posto». Gli sorrisi. «I miei sentimenti non intaccheranno la mia carriera. Non ora che ho ottenuto ciò che volevo fin dall'inizio». Annuì e lasciò cadere lì il discorso. Giungemmo all'aeroporto e ci avviammo verso il nostro jet. Entrati, ci sedemmo sui sedili e rilasciammo un sospiro di sollievo.
«Sai, forse non è poi così male questa vita». Parlò lui.
«Forse no». Sorrisi.
«Mi raccomando Stephan, non presentarti a casa mia per nessuna ragione al mondo. Sarò io a venire da te, con la scusa del lavoro». Dissi prima di salutarlo.
«Non preoccuparti e tu non farti sgamare!». Scherzò lui ed io risi. Gli lasciai un bacio sulla guancia ed entrai in casa. Avevo un po' di tempo per sistemare tutto e per cambiarmi. Iniziai a svuotare la valigia e, quando mi resi conto che i ragazzi sarebbero ben presto arrivati, afferrai il mio amato jeans ed un top bianco e li indossai. Sistemai i capelli e mi truccai leggermente. Dovevo essere almeno presentabile. Mio fratello Karl era uscito per fare delle compere, ma sarebbe tornato giusto in tempo per le visite. Bussarono alla porta, doveva essere lui. Scesi in fretta le scale e, quando lo ebbi dinanzi ai miei occhi, lo abbracciai di slancio.
«Karl!». Mi lasciò un bacio sulla fronte e ricambiò l'abbraccio.
«Come stai, Ann?». Domandò, una volta allontanatosi da me.
«Sto bene, un po' stanca, ma sto bene». Gli sorrisi. Afferrai le buste della spesa che aveva in mano e le posai sul tavolo. «Tu, invece? Come va con il lavoro?». Iniziai a sistemare gli acquisti.
«Tutto bene, sto ancora facendo gli straordinari e ben presto avrò una promozione». Mi disse lui, aiutandomi.
«Te lo meriti, Karl. Hai lavorato sodo per aiutarmi, facendo orari improponibili. Non so davvero come ringraziarti». Gli sorrisi amaramente.«Anche dandoti tutti i miei stipendi, non riuscirei a restituirti gli anni che hai vissuto volendo accontentare me, anziché pensare a te stesso».
«Ann, l'ho fatto perché era giusto così. Avevi un talento non indifferente, io non potevo farti crescere senza farti coltivare quella tua passione. Sono sicuro che, a parti invertite, avresti fatto la stessa identica cosa». Lo abbracciai e proprio in quel momento sentimmo una voce.
«Stiamo interrompendo qualcosa?». Domandò la mia migliore amica.
«Julie, hai ancora le chiavi di casa?». Ridacchiò mio fratello, appena lei fece capolino, in compagnia dei piloti, in cucina. Fece spallucce.
«Non mi pare di averle mai restituite». Mi colpii la fronte con una mano.
«Non mi sorprenderebbe se fossi entrata in casa di notte». Dissi io e Karl iniziò a ridere. Ben presto si ricompose ed andò a presentarsi ai ragazzi, che ci guardavano straniti ed imbarazzati.
«Non vi mangio mica». Esclamò mio fratello, ma certamente la sua figura imponente non incuteva sicurezza. «Piacere, sono Karl». I ragazzi si presentarono e subito dopo andai a salutarli anche io.
«Ma la bellezza allora è di famiglia». Esclamò Charles, per poi essere colpito negli stinchi da Pierre. Mi trattenni dallo scoppiare a ridere. «Che c'è? È vero! Per favore non presentatevi tutti e tre insieme o la mia nomea di più bello del Paddock potrebbe crollare. Già Theo da solo potrebbe disintegrarmi, quindi al massimo presentatevi uno alla volta». Continuò lui e Max si colpì la fronte con una mano. Pierre scosse la testa, esasperato.
«Ah, davvero? Nessuno ce lo aveva mai detto». Karl rivolse lo sguardo divertito verso Julie, che volse la testa, imbarazzata. L'olandese li guardò confusi. La mia migliore amica aveva avuto una cotta per mio fratello per molti anni e lui ne era a conoscenza. «Comunque ragazzi, parlatemi un po' di voi. Io non seguo la Formula 1, non ne ho mai avuto il tempo». Mi gettò uno sguardo, per poi sorridermi dolcemente. «Per chi gareggiate?». A prendere la parola fu, ovviamente, Charles, che sembrava aspettare quella domanda da ormai troppo tempo.
«Io per la Ferrari». Karl si toccò il mento. Sapevo cosa stesse per dire e mi coprii il volto.
«Tu e Theo amici del nemico, devo dire che non me lo sarei mai aspettato». Il monegasco alzò un sopracciglio.
«Io e Theo siamo entrambi tifosi Mercedes». Si toccò il petto e spalancò la bocca, con fare teatrale.
«Non lo avrei mai detto». Riferì Max e Pierre lo appoggiò. «Almeno di Theo».
«Sa essere professionale». Feci spallucce.
«Io guido per la Red Bull». Continuò Max, sorridendo soddisfatto.
«Anche io». Disse semplicemente Pierre, abbozzando un leggero sorriso.
«Vi piacciono anche altri sport o siete solo per la Formula 1?».
«Seguiamo un po' di tutto, ma sicuramente il calcio è quello che preferiamo». Parlò il francese e gli altri annuirono.
«A Theo piace anche la Moto GP, non è così?». Mi domandò Karl ed io annuii.
«Sì, tifa Valentino Rossi». Charles sorrise.
«Anche Lando esce pazzo per Valentino! Credo che la sua camera sia tappezzata di suoi poster». Tutti ridacchiarono.
«Oh sì, lo so». Dissi. «Penso che lui e mio fratello se la contendano». Risi. «La prima volta che si sono incontrati lui e Theo portavano entrambi il cappellino di Valentino. Sono scoppiati a ridere ed hanno continuato per la loro strada». Continuammo a parlare, fino a quando non si fece tardi. Karl ci salutò ed andò a lavorare e noi ragazzi mangiammo ed iniziammo a guardare un film, ma ben presto si addormentarono tutti. Mi alzai e mi avviai nel giardino, dove vi era un dondolo. Andai a sedermi lì e ben presto qualcuno mi affiancò.
«Ti disturbo?». Non dovetti neanche voltarmi per capire chi fosse. La sua voce l'avrei riconosciuta tra mille.
«Affatto, siediti pure». Obbedì. «Qualcosa ti turba?». Notai con la coda dell'occhio che si stesse mordendo il labbro e passando continuamente la mano tra i capelli. Scosse, però, la testa. Mentiva, ma preferii non indagare maggiormente. Me l'avrebbe detto lui, se avesse voluto parlarne. Rimanemmo in silenzio a lungo, fino a quando lui non disse una frase, che mi lasciò pietrificata.
«Credo di essermi innamorato di Theo». Spalancai gli occhi ed il mondo mi cadde addosso. Sarei dovuta essere felice di quella sua dichiarazione, ma, in realtà, avrei preferito che quelle parole non fossero mai uscite dalla sua bocca. Ero a conoscenza dei sentimenti di Pierre, ma sentirlo dire da lui faceva un altro effetto. E mi faceva sentire in colpa, tremendamente in colpa. Lo avrei fatto soffrire e lui non lo meritava. «Sì, lo so, è assurdo che io venga qui e dica queste parole a te, che sei sua sorella, ma non ce la facevo più a tenerle dentro di me». Mi guardò con i suoi occhi azzurri. «Eppure, non è l'unica persona per cui provo qualcosa. Non ho la più pallida idea di cosa fare». Sapevo che quello che stavo per dire mi avrebbe ferito, ma era meglio così.
”Devi lasciarlo andare. Theo non è adatto a te...». Mi rivolse uno sguardo interrogativo. Volevo piangere, ma dovevo trattenermi. «Theo è un po' il playboy della situazione, ti ferirebbe, è meglio che tu gli stia lontano. Fidati, lo conosco meglio di chiunque altro». I suoi occhi si scurirono e le sue pupille si rimpicciolirono e lo vidi trattenere le lacrime. Avevo ferito entrambi e mi odiavo. Non mi sarei mai perdonata per ciò.
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