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Chapitre 16

«Ti disturbo?». Mi domandò, senza entrare. Non sapevo neanche come fosse arrivato così velocemente, i box erano piuttosto distanti.

«No, affatto». Gli sorrisi e gli feci cenno di accomodarsi. Solo allora, però, mi resi conto dell'assenza della mia migliore amica. Ero convinta fosse nel Paddock, ma non avevo minimamente idea di dove si trovasse con precisione. «Hai visto Julie, per caso?». Annuì. 

«È nel box di Max». Fece spallucce e scossi la testa, divertita. Era proprio incorreggibile. 

«Ho visto la tua sesta posizione». Riferii, abbassando la parte superiore della tuta.  «Sei soddisfatto?».

«Sì, è buona, ma i problemi sulla monoposto sono molti e sono evidenti. Ho bisogno di miglioramenti e di ritrovare il feeling». Iniziò a dondolare sui piedi. «E tu? Come giudichi la tua sessione?».

«Bwoah». Esclamai, senza neanche rendermene conto. Lo vidi ridacchiare.

«È tipico di voi scandinavi allora». Disse ed io lo guardai confusa. «Hai detto 'bwoah'». Mi fece notare. Abbozzai un sorriso.

«Non lo diciamo volontariamente, è un'interiezione che pronunciamo quando dobbiamo tradurre mentalmente un concetto dalla nostra lingua madre all'inglese». Spiegai. 

«Quindi neanche Kimi si rende conto di dirlo?». Annuii. 

«È qualcosa di automatico, nessuno di noi può controllarlo». Scrollai le spalle.

«Forte». Esclamò, continuando a sorridere. Entrambi non parlammo per un tempo indefinito, fino a quando non mi feci coraggio e gli domandai il motivo di quella sua visita. D'altronde non mi risultava avessimo programmato qualche incontro e non vi era alcun motivo apparente per cui lui dovesse essere lì. «In realtà non lo so». Rispose, grattandosi il capo. «Ho seguito semplicemente l'istinto e sono venuto qui, ma se ti arreco noia, posso anche andarmene». Scossi la testa e gli sorrisi, per tranquillizzarlo.

«Puoi rimanere, era solo per comprendere il motivo di questa tua visita, tutto qui».  Sospirai. «Se vuoi possiamo andare a prendere qualcosa al bar, c'è ancora tempo prima dell'inizio della seconda sessione».

«È un’ottima idea». Sorrise. Iniziai a camminare verso l'uscita e lui mi seguì. Incrociai con lo sguardo Amélie, ma non mi avvicinai. Le avrei parlato con calma dopo le seconde prove libere, prima di allenarmi con Stephan. Pierre seguì i miei movimenti con gli occhi e notò la mia addetta stampa. «Chi è lei». Domandò ad un tratto, facendomi sobbalzare.

«Uhm… la mia PR. Franz l'ha assunta, è nuova qui». Annuì.

«È carina, non credi?». Feci spallucce. Quella sua affermazione mi diede fastidio e non poco. «Credo tu non sia d'accordo con me». Rise. Mi volsi a guardarlo e notai che gli occhi azzurri, che trovavo fortemente attraenti, fossero in quel momento chiusi. Pierre aveva diversi modi di ridere, a seconda dell'intensità, della persona o dell'oggetto della nostra discussione. In genere si limitava a socchiudere gli occhi, lasciandosi andare ad una risata contenuta, oppure arricciava il naso, quando rilasciava un risolino. Altre volte, quando ridacchiava, proprio come in quel momento, chiudeva gli occhi, mentre, quando rideva a crepapelle, chiudeva gli occhi ed arricciava il naso. Era buffo, ma mi piaceva.

«Non è il mio tipo, ecco».Risposi. “Tu lo sei”, pensai.

«E com'è il tuo tipo, allora?». Maledissi mentalmente la mia lingua lunga. Non sapevo che rispondere, mi aveva presa alla sprovvista. Decisi, allora, di girarci intorno.

«Beh, diciamo che, innanzitutto, ha lineamenti del viso troppo marcati ed io, invece, prediligo quelli più dolci. E poi preferisco di gran lunga gli occhi chiari a quelli scuri e lo stesso vale per il colore dei capelli, meglio tendente al biondo che al castano scuro». Conclusi e lui mi sembrò soddisfatto. «Ed il tuo, invece?».

«Non ce l'ho». Rispose. «Non mi importa solo l'aspetto fisico in una ragazza, ma come lei mi faccia sentire quando sono al suo fianco. Vorrei sentirmi amato e rispettato, vorrei che fosse la mia fidanzata e, al contempo, la mia migliore amica. Vorrei poterle parlare di tutto, senza alcun problema, vorrei che mi capisse al volo e mi tirasse su il morale quando tutto sembra andare per il verso sbagliato. Soprattutto, però, vorrei non mi nascondesse mai nulla, perché se c'è una cosa che odio è la menzogna». Spalancai gli occhi, anche se per pochi istanti, e mi sentii come se fossi stata scoperta in flagrante mentre rubavo dei pezzi di ricambio della Red Bull per portarli alla Toro Rosso. In quel momento avrei voluto scomparire. «Credi che sia banale?». Domandò ad un tratto.

«Ehm, no, credo sia davvero bello». Gli sorrisi. «Tutte le ragazze sognano un ragazzo così». Abbozzò un sorriso.

«Eppure sono ancora single». Rise. “E per fortuna”, pensai.

«Non avrai trovato quella giusta». Feci spallucce. «Vedrai che prima o poi la troverai». Poggiai una mano sulla sua spalla, per confortarlo. Puntai lo sguardo dinanzi a me e notai che fossimo ormai arrivati. «Ora è meglio entrare». Annuì e mi seguì. Andammo a sederci ad un tavolino e, quando stavamo per riprendere il nostro discorso, qualcuno piombò nel bar come una furia. E chi poteva essere se non Charles, che a quanto pare faceva troppo uso di caffeina.

«Per fortuna siete qui, mi stavo annoiando da morire». Disse, gettandosi di peso sull’unica sedia rimasta libera. «Di cosa stavate parlando?». Accavallò le gambe e per poco non fece cadere il tavolino. Io e Pierre ci guardammo e scoppiammo a ridere. Il monegasco ci guardò male.

«Sei davvero incredibile Charles». Disse il francese, asciugandosi le lacrime agli occhi.

«Unico, direi». Continuai io, non riuscendo a smettere di ridere. A quel punto anche lui si unì a noi.

«A volte sono un po' iperattivo, lo ammetto». Affermò lui. Scossi la testa e mi ripresi, ritornando seria.

«Stavamo parlando del nostro tipo di ragazza ideale». Parlò Pierre, rispondendo alla sua precedente domanda.

«Com'è nato questo argomento?». Chiese.

«Aveva fatto un commento sulla mia nuova PR, mi ha chiesto se la pensassi come lui ed io ho detto che non era il mio tipo e quindi la sua domanda, poi, è stata spontanea». Charles annuì. «Posso conoscerla?». Pierre ricominciò a ridere ed io scossi la testa, esasperata. Proprio in quel momento giunse il cameriere a prendere le nostre ordinazioni.

«Io vorrei un cappuccino». Disse il francese e Charles si accodò.

«Io prendo un caffè classico, non zuccherato». Feci un leggero sorriso. Il cameriere annuì e si allontanò.

«Qual è il tuo tipo ideale, Charles?». Domandò Pierre, appoggiando la schiena alla sedia. Il monegasco fece spallucce.

«Non credo di averne uno. La ragazza deve piacermi e basta, poi che sia bionda o mora, abbia gli occhi azzurri, verdi o castani,  non mi importa». Abbozzai un sorriso. «Voi l'avete?». Domandò e Pierre affermò di pensarla allo stesso identico modo. Allora Charles si voltò verso di me ed attese che parlassi.

«Come ho detto a Pierre, ho un tipo ideale, ma credo sia dettato maggiormente dal fatto che la persona che mi piace rientra in quei canoni. È chiaro che deve piacermi non solo per il suo aspetto fisico». Il monegasco poggiò una mano sulla mia spalla e la strinse.

«Oh, il nostro Theo è innamorato. Ce la presenterai un giorno?».“È proprio davanti a te, pensai. Risi, annuii e lui si illuminò. Era proprio buffo.


Angolo autrice
Ho deciso di pubblicare oggi, non solo perché era ormai tempo che non lo facevo, ma anche e soprattutto in onore della vittoria di Pierre. È stato grandioso, mi ha emozionato e mi ha fatto vivere con il fiato sospeso fino all'ultimo secondo. Merita tutta questa gioia e questo successo, perché ha lavorato sodo per ottenerlo.
Ne approfitto per ringraziarvi del vostro supporto e per chiedervi scusa della mia poca attività. Purtroppo sto attraversando un periodo particolare e si sta dimostrando difficile per me scrivere. Cercherò di farlo, però, per voi ed anche per me stessa, nella speranza di riuscire a distrarmi.
Ci vediamo presto, spero prestissimo.
Con amore,
Aurora 💞

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