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Chapitre 14

«Ann?». Mi domandò Max, vedendomi arrivare insieme alla mia migliore amica.

«In persona, piacere». Gli porsi la mano, che lui strinse immediatamente.

«Come mai sei qui? E tuo fratello?». Era alquanto confuso.

«Sono arrivata ieri notte ed oggi ho trascorso tutta la giornata a dormire, a causa del jet lag. Theo è rimasto in camera sua perché non si sente molto bene ed in questi momenti vuole sempre essere lasciato da solo». Annuì, credendo alle mie parole.

«Speriamo si riprenda per domani». Sorrisi.

«Non sarà un mal di testa a fermarlo». Ricambiò il mio gesto. Nel frattempo vidi arrivare Charles, il quale, come l’olandese, mi guardava stranito. Gli diedi la stessa spiegazione ed insieme ci dirigemmo verso la sala ristorante dell'albergo. Ci accomodammo. Julie era alla mia sinistra, mentre la sedia alla mia destra era libera. Il monegasco ci stava parlando della sua conferenza, quando una voce lo interruppe. La sua.

«Ciao a tutti ragazzi, ho avuto un contrattempo, ma ora eccomi qui». Pierre sorrise e si accomodò al mio fianco, dopo avermi lanciato un’occhiata confusa. «Di cosa stavate parlando?». Charles mosse la mano, come a scacciare un pensiero.

«Niente di particolarmente interessante, in realtà».  Puntò lo sguardo su noi due. «Lei è Ann, la sorella di…». Il francese lo fermò.

«L'ho già incontrata.». In quel momento spostai lo sguardo inizialmente su Daniil, seduto al fianco di Romain, che mi guardava inquisitorio, e poi sulla mia mano sinistra che impugnava la forchetta. “Forse non è stata una buona idea presentarmi qui", pensai. Mi voltai a guardare gli altri ragazzi, ma loro sembravano non essersi accorti di nulla. «Non è così, Ann?». Prestai nuovamente attenzione al francese.

«Ehm…». Mi grattai la testa, imbarazzata, facendolo scoppiare a ridere e ricevendo un colpetto negli stinchi da Julie.

«Non hai sentito nulla, vero?». Scossi la testa, arrossendo.

«Stavo raccontando come ci siamo incontrati. Ho detto che tu eri seduta sulla panchina fuori all'edificio, ti ho affiancato ed abbiamo iniziato a parlare».

«Sì, è andata così». Risposi alla domanda che mi aveva posto in precedenza. Mi rivolse un sorriso e continuò a parlare con i due piloti. La mia migliore amica mi fece voltare verso di sé e mimò con le labbra “Stai tranquilla”. Annuii ed iniziai a mangiare la cena salutare che la dieta del mio preparatore atletico mi imponeva. Tuttavia, mi era passata la fame e solo vedere il piatto che avevo dinanzi mi faceva venire la nausea. In più, i dolori che conoscevo fin troppo bene avevano iniziato a farsi sentire. Le mestruazioni avevano scelto il momento migliore per presentarsi. Mi alzai e, dopo essermi scusata con tutti, mi chiusi in camera mia. Dopo aver buttato giù una pillola per calmare le fitte, mi stesi sul letto ed infilai gli auricolari, facendo partire la riproduzione casuale della mia playlist. Ad un tratto sentii la porta aprirsi e Julie apparire dinanzi a me.

«Che succede?». Si sedette sul letto e mi guardò. Le rivolsi un'occhiata e lei subito capì. «Bel problema, come credi di fare domani?». Sospirai.

«Correrò come tutti gli altri giorni. Questo è il mio lavoro e devo svolgerlo nel miglior modo possibile. Non mi fermerò certo per dei semplici dolori mestruali». Riferii, continuando a guardare dinanzi a me.

«Non so come tu faccia». Si stese al mio fianco. «Io non riesco nemmeno ad alzarmi e tu corri. Come fai?». Domandò e feci spallucce.

«Penso sia una questione di responsabilità e di senso di colpa, forse». Mi volsi a guardarla. «D'altronde sono qui grazie ad una bugia, se saltassi una gara, non potrei nemmeno dare una valida motivazione». Annuì.

«Sai, Ann…». Attesi che continuasse. «Sono davvero orgogliosa di te». Abbozzai un sorriso e feci per parlare, ma lei mi bloccò. «So cosa stai per dire, forse hai sbagliato a mentire sul tuo sesso, ma il talento è il tuo, non di certo di qualcun altro. Tu, in fondo, sei qui grazie alla tua bravura ed alla tua dedizione. Se poi quasi tutti quelli in Formula 1 sono troppo maschilisti per comprendere che tu valessi anche prima, non è certamente colpa tua. Tu hai ottenuto quello che meritavi, solo... in un modo piuttosto insolito».

«Credi riuscirò a mantenere questo segreto?». Chiesi e lei, inizialmente, non rispose.

«Dovresti cercare di rimanere sempre Theo, almeno in quest’ambiente. Capisco tu non voglia abbandonare completamente la tua identità, ma così non farai altro se non rischiare di essere scoperta. È del tutto impossibile gestire questa situazione». Mi alzai di scatto con la schiena, rimanendo sempre seduta sul letto.

«Hai ragione, mi hai fatto venire in mente un'idea». Mi guardò confusa ed io le sorrisi. Mi avvicinai al suo orecchio ed iniziai a raccontarle quello che era il mio piano. Annuiva ogni tanto e mi ascoltava attentamente, rimanendo sempre in silenzio. Quando conclusi, finalmente parlò.

«Credo sia piuttosto credibile, sì». Mi strinse a sé. «Io ti appoggerò».

«Non lascerò più spazio a qualsiasi altra follia». Ricambiai il suo gesto.

«Cerca di concentrarti unicamente sulla stagione e su nient'altro, devi ottenere una promozione il prima possibile». Inizialmente pensai a Pierre, ma subito dopo scossi la testa.

«Hai ragione, sono qui per farmi valere». Le risposi, sebbene non molto convinta.

«Ti ci vedo compagna di scuderia di Max, sai?». Ridacchiai.

«Non credo si libererà un posto per me. Almeno non quest'anno». Alzò un sopracciglio.

«Non vedo perché».

«Pierre è al suo primo anno, ha corso solo una gara, bisognerebbe dargli il tempo di ambientarsi, piuttosto che incolparlo fin da subito che sia troppo lento o che non sia un buon pilota. Non per forza il suo stile di guida deve adattarsi alla monoposto o viceversa». Lo difesi. «Un pilota può anche essere un campione, ma non riuscire a rendere in una vettura».

«Perché la prendi così tanto sul personale?». Domandò confusa.

«Perché quelli che rischiano la vita siamo noi, solamente noi conosciamo l’assetto di una monoposto, le sensazioni che ci dà e quanto essa sia adatta al nostro stile di guida. Pierre, che ha comunque dimostrato di essere molto bravo in Toro Rosso, potrebbe anche non trovarsi in Red Bull, ma ciò non lo rende un incapace». Sospirai.

«Magari in Red Bull io farei esattamente come lui, non possiamo saperlo». Conclusi.

«Mi dispiace, davvero, non volevo offenderlo o offenderti».
Sorrisi leggermente.

«Non preoccuparti». Ricambiò il gesto. «Che ne dici, maratona di serie tv?». Proposi e lei annuì.

«Che maratona sia». Circa a metà della prima puntata, però, entrambe ci lasciammo andare tra le braccia di Morfeo. Il giorno seguente sarebbe stato sicuramente movimentato.

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