(R) CAPITOLO 41: Impotenza
"Ahi!" sbottai inarcando la schiena. "Ho capito il concetto, se faccio una cavolata quel bel pugnale mi buca la schiena. Va bene, non c'è bisogno di ricordarmelo ogni secondo."
La figura incappucciata dietro di me emise un grugnito come risposta. Di certo potevo dire di essere in ottima compagnia.
No, non ero morta. Mi avevano solo tirato in piedi per i capelli, urlato addosso le peggio cose, legato i polsi con dei lacci stretti e portata fuori dal palazzo. Ma, hey, ero viva!
Lo so, ve lo state chiedendo con grande interesse... perché il simpaticone del pony non mi ha salvata? Fidatevi di me, mai fidarsi di un cavallo, non importa se da piccola mi piacevano.
Ah, non vi stavate chiedendo questo? Vi interessa sapere invece perché i miei amici non mi hanno aiutata? Tranquilli, non sono traditori come il cavallo: avevano le loro ragioni.
"Sarebbe carino sapere dove mi stai portando..." mi lamentai dopo un po'. Il terrore stava ormai cedendo alla stanchezza, dato che stavamo camminando ormai da un bel po' attraverso un tunnel segreto – sì, direi che Shail ne è piena – e che la mancanza di pause si stava facendo sentire. Inoltre, dovevo essere ancora provata dopo la fatica immane di aprire un varco nella mente del gran simpaticone che avevo alle spalle mentre era ancora nel mondo dei sogni.
"Nessuna risposta? Strano, non me l'aspettavo," commentai ironica. "Posso sapere almeno chi sei? Voglio dire, se sono stata rapita ci dovrà essere una buona motivazione."
"Taci," ringhiò quello, premendomi ancora il pugnale sulla schiena. Storsi il viso in una smorfia di dolore.
Avevo passato buona parte del tempo di marcia ad auto-riempirmi di insulti. Sinceramente, in quanti sarebbero riusciti a farsi prendere in un modo così idiota? Farsi catturare perché ero rimasta schifata per una leccata di un pony - era davvero disgustosa e sentivo ancora il volto appiccicaticcio – era un errore ridicolo e imperdonabile. Mi ripromisi che, una volta uscita sana e salva da tutto quel casino, avrei cercato un modo per controllare i ricordi improvvisi, perché non potevo proprio permettermi di perdere il controllo così.
Per un secondo il mio pensiero volò a Chris e immaginai a come mi avrebbe voluta rinchiudere al sicuro ancora più di prima dopo quella mia stupidaggine, ma scacciai quelle riflessioni perché pensare a lui mi faceva sentire troppo in colpa e il rammarico non mi avrebbe aiutata a uscire da quella situazione.
Rimasi in silenzio per tutto il tempo rimanente, sapendo ormai che non avrei avuto risposte alle mie domande. Più di una volta avevo avuto la tentazione di entrare nuovamente nella testa del mio "rapitore", ma ogni volta avevo scartato l'idea, consapevole di non essere nelle condizioni adatte per sfondare nuovamente quel muro. Inoltre, se lui se ne fosse accorto, avrei rischiato ancora di più.
Dopo un po' finalmente giungemmo alla fine del tunnel, sbucando in uno spiazzo illuminato solo dalla tenue luce della luna. Mi guardai subito intorno, faticando inizialmente a mettere a fuoco quello che mi circondava. Eravamo nel bel mezzo del nulla.
Fui scossa da un brivido. Forse avevo fatto un errore di valutazione: non mi stava portando dove si trovavano le truppe dei rivoltosi, ma in un luogo isolato per uccidermi.
Iniziai a tremare e il respiro mi si fece pesante, mentre cercavo di capire come scappare.
"Dove... dove mi hai portata?" chiesi con voce incerta, cercando di capire le intenzioni del mio aguzzino.
Eppure... avevo sentito benissimo Nokolis mentre ordinava al ragazzino di portarmi alla base. Cos'altro poteva significare base? Sembrava più un quartier generale che un luogo dove compiere esecuzioni. E poi lui mi aveva visto già in precedenza al fianco di Titanne, sarebbe stato logico chiedere a lui sulla mia sorte prima di fare qualsiasi cosa.
Ignorandomi completamente, il giovane mi spinse in avanti, facendomi incespicare. Trascinavo i piedi, sempre più spaventata. Non avevo idea di dove diamine mi trovassi e, nonostante fossi una fata, ero provata e non conoscevo minimamente il mio avversario misterioso. Potevo cavarmela, ma non sarebbe stato facile. Inoltre, avrebbe mandato tutto al diavolo.
Stavo già sollevando con il pensiero un grosso masso alle spalle mie e del ragazzo, quando successe una cosa incredibile: lui sussurrò qualche parola strana e magicamente davanti a noi apparve un intero accampamento.
Si sentì un tonfo alle nostre spalle: era la pietra che avevo lasciato ricadere per la sorpresa. Altro che rimanere a bocca aperta: com'era possibile che avessero la capacità di occultare un intero accampamento? O anche solo di occultare qualcosa.
"Muoviti," sentii ringhiarmi nell'orecchio e io eseguii, ancora sotto shock.
"Chi diamine è questa?" chiese la sentinella a cui andammo incontro.
"Una dama. A quanto pare stava nelle scuderie per curare un cavallo mentre siamo arrivati. Ci ha sentiti parlare e non potevamo lasciarla libera, ma allo stesso tempo aspettiamo istruzioni dal capo su cosa fare di lei. Nokolis in questo momento ne starà già parlando con lui e verrà a comunicarci la decisione. Nel frattempo, è nostra prigioniera," spiegò con voce incolore il giovane alle mie spalle, stringendomi con più forza il braccio e attirandomi più vicina alla lama che aveva in mano.
"Diavolo. Questo è un bel casino. Per fortuna domani attacchiamo e poi finirà tutto. Poi queste puttanelle e i loro damerini avranno tutti quello che si meritano, proprio come noi," commentò con un sorriso sghembo l'uomo.
Domani. Come domani? Doveva essere tra due giorni in base a quello che avevo sentito nella conversazione tra Titanne e Nokolis. Questo cambiamento metteva tutto a rischio. Potevo solo pregare che ci fosse scritto un riferimento in quella dannatissima lettera, altrimenti sarebbe stato tutto un disastro. E io sarei stata spacciata.
Un altro uomo arrivò, pronto per accompagnarmi nella mia futura prigione. Stavamo camminando, quando a un certo punto i miei piedi si intrecciarono tra di loro e caddi a terra, mettendo le mani avanti.
"Razza di idiota, voi privilegiate non sapete neanche camminare?" sbraitò l'uomo, tirandomi un calcio sul fianco. Gemetti per il dolore: non c'era andato per nulla leggero. "Alzati puttanella." Mi afferrò per i capelli trascinandomi in piedi, mentre strillavo per il male.
"Rozzi, schifosi," ringhiai sottovoce, sperando di non essere sentita.
Mi spinsero infine all'interno di una baracca, in cui l'aria era fredda e umida. Senza tante cerimonie mi sbatterono per terra e mentre il solito ragazzo mi teneva d'occhio, continuando a puntarmi con l'arma, l'altro stava armeggiando con qualcosa in un angolo, che a giudicare dal tintinnio potevano essere solo delle catene. Odiavo il pensiero di venire incatenata, ma in quel momento non potevo fare nulla se non aspettare.
Purtroppo, la pazienza non è la mia qualità migliore.
E così nel giro di pochi minuti mi ritrovai sola in quel luogo buio, i polsi stretti da delle catene arrugginite, fissate al pavimento.
Cercai di prendere sonno ma, nonostante fossi stanca, non riuscivo a rilassarmi abbastanza. Non riuscivo a smettere di pensare agli altri, a cosa stessero facendo in quel momento. Il re avrebbe dato loro ascolto? Titanne sospettava qualcosa e avrebbe provato a fermarli? Ma soprattutto quello che più mi preoccupava era se loro sapessero che avevano anticipato il colpo di stato al giorno seguente.
Incredibile come la mia voglia di agire alla fine mi avesse posto nella condizione di rimanere estranea a tutto quello che stava succedendo. Da voler fare tutto io, alla fine mi ritrovavo lì, bloccata e assolutamente impotente. Oltre che in pericolo. Forse, dopotutto, Chris non aveva avuto tutti i torti a volermi tenere nelle retrovie: avrei decisamente creato meno danni.
Alla fine, crollai, la stanchezza prevalse sui dubbi e caddi in un sonno agitato.
Mi sento soffocare, chiusa in una morsa. Non riesco a vedere nulla, tutto è buio. Fino a questo momento non ho mai conosciuto la vera angoscia. Non so dove sono. Non so come respirare. Non so come scappare. Le mie urla muoiono in gola, perché nei polmoni non ho abbastanza fiato. Muta aspetto che arrivi la fine, ormai è impossibile ribellarsi. Aspetto, ma non arriva mai, lasciandomi nell'agonia. Mi chiedo se sia questo l'inferno, se questa sia la mia penitenza per il male che ho fatto, per l'uomo che ho ucciso. Voglio piangere, ma non mi sento più il viso. Sono persa, per sempre.
Una risata rompe il silenzio. Rabbrividisco e finalmente mi accorgo di avere ancora un corpo. Tremo tutta al suono di quel riso. Mi si ghiacciano le vene, perché quel suono è come ricevere mille pugnalate nelle orecchie. Grido, questa volta per davvero, e il suono della voce mi fa ancora più paura, perché racchiude la vera disperazione.
Emersi dall'incubo alzando il busto di scatto. Avevo il respiro affannoso e sentivo ancora il suono di quel ghigno malefico risuonarmi nelle orecchie. Era stato talmente realistico che mi chiesi se mi fossi davvero svegliata.
Mi ci vollero un po' di secondi per capire che in effetti quella risata era reale e che nella baracca in cui ero prigioniera c'era un'altra persona.
"Cosa... Fiorane?" domandai sgranando gli occhi con una voce impastata. Mi ci era voluto un po' per mettere a fuoco la figura, ma la treccia scura e il luccichio maligno negli occhi scuri erano tratti inconfondibili.
"Ben svegliata piccola. Hai fatto sogni piacevoli?" mi chiese con un sorriso beffardo la strega.
"Cosa ci fai qui?" chiesi sulla difensiva. Da quando avevamo avuto quel piccolo "confronto" alla Congrega mi ero chiesta più volte cosa fosse in realtà quella donna. A scuola avevamo studiato di tutto e di più riguardo ai Sette Mondi, tra cui anche le streghe della Congrega di Shailaing, ma li credevo solo personaggi con poteri magici ridotti rispetto a noi majestani, persone nelle cui vene scorreva, seppur in minima quantità, il sangue dei Monhar e delle Mahir. Nessuno aveva mai accennato ad artigli e ad altri aspetti demoniaci che avevo intravisto in Fiorane e che erano bastati a spaventarmi.
"Sono felice che tu sia qui, sai? Non pensavo che potessi essere così stupida da giocare di nuovo all'eroina solitaria come su Candor. La tua testardaggine sfiora l'idiozia, piccola."
Quindi sta funzionando, pensai. Non sospettano minimamente che non fossi da sola là nelle scuderie. Mi sentii subito un pochino più leggera: quella come minimo era una buona notizia.
"Cosa ci fai qui?" domandai nuovamente, sforzandomi di rendere ferma la mia voce.
"Quanta insistenza," ringhiò. Letteralmente: mi mostrò i denti, che però erano parecchio più acuminati di quelli di qualsiasi altra persona. "Ci lavoro, si può dire. Faccio la mia parte nella missione."
"Stai parlando di questa rivolta?" Era dunque anche lei una traditrice del re? Sapevo che i loro rapporti erano a dir poco ottimi, quindi perché fare una cosa del genere?
"Mi vedi come una traditrice, lo leggo nei tuoi occhi, ma ti sbagli perché non ho nessun vincolo di lealtà nei confronti del re. Ho un unico padrone e tu dovresti conoscerlo anche molto bene, Prescelta."
"L'Albero..." sussurrai, iniziando forse a capire. "La missione è il Viaggio, non la rivolta. Ma allora perché sei qui? Per aiutarmi a fuggire?"
La donna scoppiò a ridere, socchiudendo gli inquietanti occhi neri e buttando la testa all'indietro. Sembrava avessi fatto la battuta del secolo.
"Scusami." Disse tra le risa, mentre il petto prospero continuava ad alzarsi e abbassarsi come se le mancasse il fiato. "È che la tua ingenuità è davvero esilarante. Continuo a non capire come possa essere proprio tu quella della profezia. Scommetto che ti potrei battere veramente in un secondo."
"O forse semplicemente mi sottovaluti," sibilai punta nell'orgoglio. Ero stanca di sentirmi dire da tutti che ero inadatta. Forse era vero, o forse no. O forse iniziava davvero a non importarmi più del giudizio degli altri. Tanto meno di quella strega.
"Può darsi, ma se ti vedessi lì, rannicchiata a terra, incatenata e con lo sguardo di un cucciolo bastonato... e per rispondere alla tua domanda, no, non sono qui per liberarti, sono qui per assicurami che tu non scappi."
Fiorane iniziò a muoversi ondeggiando nel suo stretto completo di pelle nera, ornato di pizzi e merletti, per il ridotto spazio della baracca. La lunga treccia nera, segnata da pochi fili bianchi, dondolava in modo ipnotico alle sue spalle.
"Sono delusa da voi. Mesi di preparazione all'assalto, anni di speculazioni con Titanne per prepararvi una bella prova da superare, ma la state fallendo in modo veramente imbarazzante. Peccato, dovrete rimanere qua ancora un po'. Ammesso che sopravviviate."
"È questo il tuo compito nella missione allora. Mettere a rischio delle vite e la tranquillità di uno stato per far superare una prova a sei ragazzini? Che schifo," commentai, arricciando le labbra in un'espressione di disgusto.
"Come se questo fosse un mondo perfetto. Le rivoluzioni fanno parte della storia, l'odio fa parte delle persone. Io ho solo mostrato loro un modo per incanalarlo," alzò le spalle la strega, con un sorriso gelido.
Scossi il capo, a corto di parole. Dovevo cercare di rimanere concentrata sulle cose veramente importanti. "Da quanto tempo sono qua dentro?" chiesi allora. Da una piccola fessura tra la porta e lo stipite intravedevo la luce, quindi dedussi che ormai fosse giorno.
"Me la sono presa con comodo a tormentare i tuoi sogni," sghignazzò con sguardo folle la bruna. "È pomeriggio ormai. Tra poche ore calerà di nuovo il buio e inizierà l'attacco: non c'è più nulla che tu possa fare per fermare tutto. E anche i tuoi compagni, per colpa del tuo egoistico tentativo di dimostrare di potertela cavare da sola, non riusciranno a intervenire."
"Cosa diamine vuoi da me? Si può sapere perché ti diverti tanto a farmi del male? Dovresti aiutarmi, non farmi sognare di soffocare!" dissi sbattendo le catene con rabbia. Il pensiero che quella megera mi fosse entrata nella testa mi faceva ribollire, ma l'ira rimaneva comunque secondaria rispetto al timore che potesse avere ragione riguardo al nostro fallimento: se gli altri non fossero arrivati entro breve, Fiorane avrebbe avuto ragione e noi non avremmo mai potuto vincere.
"Sto solo cercando di farti capire qual è il tuo posto. La percepisco la tua tracotanza, sai? E la percepisce anche lui. Ti senti quasi superiore, migliore. Ma non è stato il Grande Salice a uccidere quell'uomo, sai? Sei stata tu. Questo non dovrebbe pregiudicare la tua fedeltà."
"Io conosco il potere del Salice, non mi metterei mai a un livello superiore. Le mie colpe mi tormentano la notte, puoi starne certa. Ma mandare dei ragazzini su un mondo con l'obiettivo di far loro uccidere qualcuno... mi spiace, ma non mi sembrano nobili intenzioni," risposi, storcendo le labbra secche. Avevo davvero bisogno di bere.
"Stolta! Ma prima o poi ti piegherai a ciò che è giusto," mi sgridò con enfasi, avvicinandosi e ponendo il suo viso perfetto davanti al mio. Feci fatica a reggere lo sguardo, ma non mollai.
"Ma ora, come dicevo, sono felice che tu sia qui: così posso portare a termine un altro mio compito." Il suo sguardo si spostò più in basso. Per un secondo pensai con orrore che mi stesse guardando il seno, ma, prima che mi salisse un conato di vomito, mi resi conto che si stava concentrando su ciò avevo appeso al collo.
Nel giro di un secondo quella pazza si fiondò su di me, allungando gli artigli - non sto scherzando, erano per davvero degli artigli – sul mio collo. Temetti che mi avrebbe lacerato la gola con quel gesto, ma in realtà mirava soltanto a sottrarmi il ciondolo regalatomi da mio padre.
Cacciai un grido, preparandomi a sentire la pelle lacerarsi, ma il dolore non arrivò mai. Non a me. Non appena le sue grinfie mi sfiorarono, dalla bocca le partì un urlo e fece un balzo all'indietro mostrando le zanne – no, ancora una volta non sto esagerando e quelle erano decisamente delle zanne.
"Che sortilegio hai fatto?" urlò piena di rabbia, tenendosi la mano diventata tutta rossa. Sembrava fosse rimasta ustionata.
"Non ho fatto nulla," mormorai allibita, mentre le catene mi trattennero dall'impulso di portarmi le mani al collo. Mi spuntò un sorriso: non avevo idea di cosa fosse successo, ma il suo dolore mi diede gioia. "E in ogni caso noi fate li chiamiamo incantesimi," aggiunsi guardandola con sguardo di sfida.
La donna, che non sembrava più tanto bella in quel momento, cacciò un altro urlo di rabbia. Poi decise di dare libero sfogo al suo sadismo lanciandomi dei dardi di pura energia addosso.
Mentre iniziavo anche io a urlare, per il dolore e per la sorpresa, mi chiesi come potesse avere quei poteri, che mai erano finiti nelle mani delle streghe. Poi il dolore coprì quei pensieri e mi rannicchiai sempre di più cercando di proteggermi. Non avevo la forza di reagire, stavo cercando di pensare a qualche incantesimo con cui controbattere, ma il bruciore era talmente forte che non riuscivo a ragionare.
Iniziai a odiare tutti. Pensai che mi avessero abbandonata. Pensai che se effettivamente avessero tenuto a me sarebbero stati lì ormai, con le truppe del re o meno. Mi chiesi come Chris, dopo tutte le sue lamentele, avesse potuto lasciarmi con il nemico per così tanto tempo. Forse alla fine la sua era stata tutta scena e io... non contavo poi molto.
Mi persi nel dolore fisico che mi distraeva da quello emotivo. Perché in quel momento, in cui mi sentii sola come non mai, capii fino in fondo quanto avevo bisogno degli altri.
Un boato scosse il terreno. Lo percepii a malapena. Ma i colpi della strega finirono. Sentii delle urla.
"Che diamine sta succedendo?!" urlò la mia aguzzina.
Dischiusi gli occhi.
Sentivo tutto il corpo intorpidito e bruciante, ma mi resi conto che stavo molto meglio di quello che mi aspettavo. Come era possibile? Era stato un inganno della mente? Era colpa sua anche il senso di abbandono più totale di cui ero stata vittima?
Un altro botto seguì il precedente. Altre urla. Conoscevo quei suoni: erano cannoni.
Il loro accampamento era sotto attacco.
Un sorriso iniziò a incresparmi le labbra secche.
"Mi dispiace deluderti Fiorane, ma non sono da sola questa volta." E scoppiai a ridere, perché sapevo che ce l'avevano fatta e che erano arrivati.
Due minuti più tardi mi ritrovai di nuovo sola nel casotto. A quanto pareva la strega ci teneva abbastanza alla rivolta che stava sostenendo, perché dopo avermi colpito con un calcio - quello aveva fatto davvero male - mi aveva piantata lì, correndo all'esterno urlando a destra e a manca. Poi la porta si era chiusa alle sue spalle e io ero piombata di nuovo nella penombra che faceva vedere a malapena le assi dissestate di legno delle pareti.
Quello era esattamente il momento che aspettavo dal giorno precedente: potevo liberarmi e correre incontro ai miei compagni. Magari nel frattempo dare anche una mano nell'attacco.
Ma scoprii presto di avere un grosso problema: non le ferite, che, come pensavo, erano poche bruciature e qualche livido sparso, ma bensì le catene rinforzate da un incantesimo – o stregoneria, come direbbe Fiorane – anti-magia. Doveva avermelo imposto mentre dormivo, in modo che non me ne accorgessi. Ero bloccata e non riuscivo a evocare neppure un globo luminoso per illuminare gli anelli di metallo che mi tenevano prigioniera.
I colpi e le urla che venivano da fuori mi ricordavano che mi conveniva liberarmi in fretta, se non volevo venir colpita e schiacciata da una palla infuocata o peggio.
Buffo: per tutta la mia vita ero stata convinta di essere una normalissima umana senza alcun potere. Erano passati solo quattro mesi da quando avevo scoperto il contrario e già non riuscivo più a fare a meno della magia. Ormai dipendevo tantissimo da essa, senza neppure accorgermene.
Cosa avrebbe fatto una persona normale?
Iniziai a guardarmi intorno alla ricerca di qualcosa con cui rompere le catene rugginose o aprire il lucchetto, ma con la scarsa visibilità che avevo era difficile individuare qualcosa di utile.
"Dannazione!" ringhiai, sbattendo le catene contro la parete, ma l'unica cosa che ottenni fu di scheggiare il legno e di massacrarmi i polsi. Ero davvero bloccata.
Stavo quasi per rinunciare e aspettare che qualche bel cavaliere mi venisse a salvare, quando un qualcosa di pesante e spigoloso mi cadde sulla spalla e mi rimbalzò a terra davanti agli occhi.
Con stupore mi resi conto, prendendola tra le mani, che si trattava di una chiave. Una chiave che sembrava perfetta per aprire il lucchetto delle catene.
"Ma che diamine..." mormorai confusa. Guardando meglio vidi che quel piccolo miracolo portava con sé un bigliettino, legato con un sottile filo luccicante.
La luce scarsa non mi permetteva però di vedere se ci fosse scritto qualcosa, per cui infilai il messaggio nel corpetto e mi affrettai a utilizzare la chiave.
"Sì!" urlai di trionfo quando scattò il meccanismo e le catene cascarono a terra con un tonfo.
Subito mi affrettai ad accendere una piccola luce e raggiunsi la porta fiondandomi all'esterno.
L'accampamento che avevo visto la sera precedente in quel momento era in fiamme. Uomini correvano da tutte le parti, cercando di scappare alla distruzione. Alcuni urlavano con rabbia, insultando Shail e il suo re. Altri invece imploravano pietà. E io in effetti ne provai per loro.
Ma non mi permisi di soffermarmici troppo: iniziai a correre, cercando di non farmi vedere e di evitare le fiamme e i dardi che arrivavano da nord. Avevo superato la metà del campo, quando vidi un drappello di soldati passarmi a fianco. Veloce mi nascosi dietro una tenda, sfruttando l'occasione per prendere fiato. Il fumo stava mettendo a dura prova i miei polmoni, tanto che iniziai a tossicchiare nervosamente, piegandomi in due.
Quando mi ripresi mi ritrovai una lama puntata al collo. Sbuffai. "Certo che ti diverti proprio..." mormorai.
"Taci!" mi ringhiò contro il giovane che mi aveva catturata a palazzo.
Poi attaccò.
ANGOLO AUTRICE:
Come promesso eccoci nel centro dell'azione!
Vi aspettavate ci fosse Fiorane, e il Salice, dietro tutta la cospirazione contro il re? Spero davvero di avervi colti di sorpresa!
Perdonatemi per il finale in sospeso del capitolo, ma vi prometto che manca davvero poco per la fine di questo primo libro della saga. Alcune domande avranno risposta, mentre per altre dovrete ancora aspettare. Ma alla fine vi assicuro che ogni cosa avrà una senso!
Alla prossima settimana, vi aspetterà un capitolo a dir poco scoppiettante!
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