(R) CAPITOLO 39: Indagini a corte
"Tutto fumo e niente arrosto."
Impossibile quantificare tutte le volte che ho sentito uscire queste parole dalla bocca di mio padre. Era una massima buffa ai miei occhi a quei tempi, perché non avevo la minima idea di cosa fosse un arrosto. Nessuno a Majesten lo aveva mai nominato, eppure lui mi rispondeva sempre che era un buonissimo piatto di carne e che magari un giorno lo avremmo mangiato insieme. Di solito sorridevo e annuivo, senza capire davvero, ma quel giorno iniziai a dare un senso a quelle parole.
Mamma.
Improvvisamente sentivo quella frase risuonarmi nella testa come se fosse pronunciata da una calda voce di donna. Ironica, dolce. Umana.
Non sapevo da dove mi fosse venuta quella certezza, ma ero convinta che in qualche modo mio padre avesse rubato quel detto dalla Terra, dove probabilmente si mangiava per davvero quello sconosciuto arrosto. Magari lo aveva sentito dire da mia madre chissà quante volte. Sorrisi impercettibilmente: era un pensiero stupido, ma mi riempiva il cuore, facendomi sentire un po' più vicino a quella famiglia che non aveva mai avuto modo di esistere per davvero.
"Tutto fumo e niente arrosto".
Mi calza proprio a pennello.
"Ci parlerò io," avevo detto ad Aly, per tranquillizzarla riguardo a Oliver.
Certo, come no.
Era passata almeno mezz'ora da quando io e il ragazzo ci eravamo incontrati per portare avanti la nostra parte del piano. Mezz'ora di un silenzio a dir poco imbarazzante.
"Quindi dici che è una buona idea andare nella sartoria?" chiesi, sistemandomi con disinvoltura un boccolo dietro l'orecchio. Notai con orrore che avevo le mani sudaticce.
"Sì, Kate. Sarà almeno la quarta volta che me lo chiedi," sbuffò il rosso, roteando gli occhi.
"Oh, già," dissi mentre cercavo di asciugare le mani sulla gonna, maledicendomi di non aver indossato i guanti. "Sai, è che mi preoccupa un po'."
"Davvero? Non lo avrei mai detto," disse il ragazzo, posando i suoi occhi su di me. Era la prima volta che li osservavo per davvero: se gli iceberg di Chris erano capaci di perforarmi l'anima, quei pozzi scuri non erano da meno. Marroni, ma talmente intensi da sembrare neri, penetranti. Rabbrividii.
"Scusa la banalità," dissi dopo un po', mentre mi devastavo con i denti il labbro inferiore.
"Tranquilla," mi rispose mentre iniziavamo a scendere le scale che portavano ai piani bassi, dove si tenevano le principali attività della servitù. Era un'idea che in effetti mi convinceva molto poco quella di entrare in quell'ala del palazzo, ma del resto era il luogo più intelligente in cui cercare Tersad.
"Certo che si nota proprio la differenza tra qua sotto e sopra, non trovi?" chiesi in un ennesimo tentativo di avviare una conversazione, guardando il legno vecchio e macchiato con cui erano fatte le scale. Non che si potesse vedere bene visto la luminosità ridotta, fornita solo da qualche torcia appesa alle pareti.
"Già," annuì il ragazzo. Stava iniziando davvero a innervosirmi: io avevo le mie difficoltà a fare conversazione, ma diamine, lui si stava proprio impegnando per complicare tutto.
"Che razza di mondo... tu cosa ne pensi?" riprovai, determinata a non demordere. Non ancora almeno, in fondo lo facevo per Alysha.
"Ci sono posti peggiori, ma preferisco le cose più semplici."
"Lo capisco. E pensare che morivo dalla voglia di visitare questo palazzo. Ora invece non vedo l'ora di andarmene. Aly credo proprio che lo abbia odiato dal primo istante.," mi girai a guardarlo con un sorriso che voleva essere un po' malizioso, ma che in realtà era solo imbarazzante.
"Suppongo di sì," tagliò corto lui. Che cavolo di problemi aveva? Gli stavo così tanto antipatica che gli costava fatica rivolgermi due sillabe in croce? Di solito ero io quella a cui serve strappare le parole di bocca.
"Beh, è normale, in fondo dopo quello che abbiamo passato su Mondeor questa superficialità sembra insulsa," mi costrinsi a dire. Mi ero auto inflitta una pugnalata per pronunciare quelle parole, mentre i ricordi del sangue tornavano a minacciare la mia mente. Sembrava passato un secolo, non solamente un misero mese...
"Okay, Kate, ora basta, davvero! Cosa stai cercando di fare? Cosa vuoi?" sbottò il ragazzo interrompendo i miei pensieri e lasciandomi senza parole.
"Eh? Cosa intendi?" Ormai avevamo terminato di scendere la scala ed eravamo arrivati in uno spiazzo piuttosto ampio, in cui si diramavano diversi corridoi. Per nostra fortuna all'ingresso di ognuno c'era un cartello che indicava dove conducevano.
"Non ci conosciamo bene noi due, quindi, visto che ci tieni tanto a fare conversazione con me, ecco una rivelazione sconcertante sulla mia persona: non sono un idiota." Spietato, lapidario.
"Non l'ho mai pensato!" risposi sulla difensiva, mentre ci inoltravamo nel cunicolo che portava il cartello con scritto <<reparto abbigliamento>>.
"Bene, allora non cercare innocentemente di farmi parlare di cose di cui è evidente che non voglio parlare. Non mi sembra di essere venuto da te a chiederti qualcosa dopo che hai ucciso quell'uomo, quindi fatti gli affari tuoi!" disse puntando le sue iridi scure nelle mie.
Uno a zero per Oliver Ward. E presto avrebbe vinto a tavolino, perché stavo per ritirarmi dalla partita.
"Va bene, Oliver," dissi alla fine, marcando con disprezzo il suo nome. "Mi spiace averti disturbato, ti lascio nel tuo silenzio idilliaco," conclusi non trattenendo il risentimento.
Non pensavo potesse essere così duro, non con me almeno: cosa gli avevo fatto? Dopotutto credevo che, seppur superficiale, ci fosse un buon rapporto tra di noi. Le sue parole mi avevano ferito, ovviamente, e lui di certo aveva torto a trattarmi così. Se non avesse nominato l'incubo che mi tormentava da quasi un mese sarei stata disposta a continuare a insistere per Aly, ma aveva davvero esagerato. Non avevo intenzione di continuare a farmi umiliare.
Da quel momento in poi continuammo a camminare in silenzio per qualche minuto e più ci avvicinavamo alla sartoria più sentivamo farsi forte una cacofonia di suoni. Io, nel frattempo, iniziavo già a pensare a cosa avrei potuto dire ad Aly riguardo al tipetto al mio fianco. Sì, lo so, stava passando un momento difficile, certo. Ma se tutti quelli che soffrono si sentissero in diritto di comportarsi da maleducati come lui, allora nessuno si parlerebbe più.
Finalmente arrivammo in quella che poteva essere definita a tutti gli effetti una fabbrica tessile. Enorme, oserei dire.
Abbassai lo sguardo sul meraviglioso vestito verde smeraldo che avevo indosso e sentii il disagio che mi cresceva dentro. Chissà quanto lavoro e quanta fatica erano stati spesi per realizzarlo, quanto sudore aveva bagnato la fronte di poveri uomini e donne per creare quel piccolo capolavoro. Pensai di moltiplicarlo per tutti i vestiti che avevo indossato. Poi di moltiplicarlo per tutte le persone che abitavano a corte.
Mi sentii mancare.
Abitavo in un mondo in cui la magia riusciva a rendere la vita di tutti estremamente più semplice, anche per me che credevo di non avere poteri. Non ero abituata alla fatica umana, a vedere gente sgobbare. E poi per cosa? Per essere trattati come esseri inferiori da quei palloni gonfiati della nobiltà. Tutto ciò mi nauseava e mi sembrava palese che non distasse troppo dallo schiavismo.
"Il mio valletto mi ha detto che la sorella dell'uomo che cerchiamo lavora nel reparto tinture," sussurrò Oliver al mio fianco, anche lui probabilmente colpito da ciò che stavamo vedendo. Annuii e mi avvicinai a una signora che stava appendendo degli abiti su una sbarra metallica, ognuno con il nome del suo destinatario.
"Scusi, potrebbe dirmi dove si trova la zona tintura?" chiesi con cortesia, accennando a un sorriso.
La donna si voltò nella mia direzione, sgranando gli occhi non appena mi vide. Durò solo un istante, perché subito dopo aveva chinato il capo, apparendo ancora più minuta di quanto già non fosse.
"Certo signora. Se continua a seguire la parete a destra troverà il reparto," mi rispose con voce tremante, mentre stringeva l'una con l'altra le mani paffutelle.
Il mio disagio crebbe, ma ringraziai e tornai da Oliver, riferendogli quello che mi aveva detto la donna. Insieme seguimmo le sue indicazioni, avanzando tra il rumore dei macchinari e le persone indaffarate.
"Non ci posso credere. Sparito. In viaggio per delle commissioni. Che fesseria," scossi il capo, incredula. "Quel bastardo è stato intelligente, non c'è che dire. Avrà pensato che il suo povero valletto potesse parlare e lo ha allontanato."
Me lo immaginavo quel maiale, mentre prendeva il servo per la collottola e gli intimava di andare lontano per un po'. Lo sguardo sadico e minaccioso. Quell'uomo sarebbe stato capace di qualsiasi cosa per perseguire i propri obiettivi. In fondo mi aveva quasi violentato, poteva essere capace anche di...
"Oh per tutti i Mondi!" mi voltai verso Oliver sconvolta, portando la mano a coprirmi la bocca. "Non credi che potrebbe averlo ucciso, vero?"
"Io... non lo so Katherine..." sussurrò il ragazzo, senza guardarmi in faccia. Poteva sembrare quasi tranquillo, ma il corpo in tensione lo tradiva, come il labbro che aveva reso quasi sanguinante a furia di mordicchiarlo.
Un brivido mi scosse, poi mi costrinsi ad allontanare quei pensieri dalla mente: non potevo fare nulla per il povero Tersad, se non fermare Titanne. Più pensavo a quell'uomo più mi veniva la nausea, considerando il fatto che avevo pensato potesse anche piacermi.
Tornammo in silenzio nelle nostre stanze, a prepararci per la cena. Chiusi la porta della camera a chiave: ormai era diventata un'abitudine in quanto la paura di visite spiacevoli da parte di Titanne mi aveva reso più accorta del solito. Per fortuna, fino a quel momento, non lo avevo incrociato da nessuna parte, ma stava arrivando la cena e ci avrei scommesso l'anima che quella fortuna sarebbe presto finita.
Ma Titanne non era l'unica cosa che mi turbava in quel momento: vedere il mondo dei vari servitori di palazzo mi aveva davvero toccato. Il Viaggio mi stava aprendo gli occhi sempre di più su com'era davvero la vita nei Sette Mondi. Apparenza di perfezione che nasconde orrori. Oppure orrori che devastano la bellezza. O ancora apparenza che si nutre della bellezza.
Candor, Mondeor, Shailaing. Non sapevo quale fosse peggio.
Sapevo solo che la realtà era davvero diversa da quella che ci era stata raccontata. C'era tanto bello da scoprire nella dimensione di Straix, certamente, ma anche tanto marcio. Crudeltà insensata.
E mi chiedevo anche se ci fosse qualcosa che noi potessimo fare per cambiare tutto quello, per rendere i Mondi posti migliori. Forse... magari ero destinata a qualcosa del genere...
Scossi il capo, confusa. Non sapevo neppure da dove mi venisse un simile pensiero. La pazza della Congrega delle Streghe mi aveva definito predestinata, ma dubitavo che fosse per qualcosa di simile. Quando vedevo il negativo nelle persone mi sentivo totalmente impotente. Dopotutto non si può cambiare quella che è la natura "umana". E con umana voglio includere tutti gli individui dei Sette Mondi.
Mentre iniziavo a prepararmi per la cena, decisi di pensare a qualcosa di più produttivo, tipo a cosa fare a quel punto, visto la sparizione di Tersad. Quale pista avremmo dovuto seguire?
Quella domanda ebbe risposta solo il giorno seguente, durante la successiva riunione tra noi ragazzi: a quanto pareva Aly e Zac avevano scoperto che anche una mezza dozzina di persone a corte era coinvolta nel complotto e io e Oliver avevamo il compito di raccogliere informazioni su di loro.
I successivi tre giorni proseguirono senza grossi passi avanti e di quegli uomini scoprimmo poco e nulla. Osservandoli potevo dedurre che erano delle semplici pedine nelle mani del vero macchinatore, Titanne, personaggi abbastanza insulsi e quindi supposi facilmente corruttibili. Ma non avevo idea di come avvicinarmi a loro senza destare sospetti e purtroppo, da quello che avevo potuto osservare seguendoli, non sembrava avessero contatti diretti con chi stava organizzando quella che si stava rivelando a tutti gli effetti una congiura.
Per fortuna eravamo solo noi quelli che non facevamo grossi passi avanti: Chris e Jas erano stati bravi con Gerienne – no, non mi faceva piacere – ed erano riusciti a parlare con il sovrano in persona. Potevamo solo sperare che potessero ottenere anche la sua fiducia oltre che la sua attenzione.
Aly e Zac invece cercavano di seguire le mosse di Nokolis, ma era più semplice a dirsi che a farsi. Avevano scoperto però che ogni giorno, all'orario di cena, il cospiratore riceveva delle missive, provenienti dall'esterno del palazzo. A portarle era una misteriosa figura incappucciata che veloce sgusciava via ogni volta, senza lasciare traccia.
"Se riuscissimo a rintracciarlo in qualche modo, potremmo vedere da dove viene e probabilmente trovare il luogo in cui è radunato il piccolo, o non così piccolo, esercito di Titanne," disse Aly, stringendo i pugni. Mi aveva detto che aveva provato più volte a trovarne le tracce, ma, nonostante le sue buone capacità nel campo, era stato inutile.
"Già, e, se riuscissi a lavorarmi bene il re, potrei convincerlo a seguirmi e mostrargli tutto ciò. Certo è che non abbiamo ancora una prova diretta del coinvolgimento di Titanne, che è il nostro obiettivo principale," aggiunse Chris, assottigliando gli occhi. Ogni volta che nominava il nome di quel maiale sapevo a cosa stesse pensando, lo dimostrava l'odio che si espandeva a macchia d'olio nel suo sguardo.
"A dire la verità il nostro obiettivo è fermare la congiura" precisò Jas, inarcando un sopracciglio.
"Ma va? Si dal caso che sia Titanne a capo di questo colpo di stato!" rimarcò Chris irritato, la gamba che non stava ferma, preda di un tic nervoso.
"E allora?! Se riusciremo a fermare tutto ciò, Titanne o non Titanne, noi potremo andarcene da qui. Per quanto mi piacciano questi vestiti, vorrei tornarmene a casa il prima possibile e siamo solo a metà del Viaggio. Quindi, non so che cosa tu abbia contro di lui, se sei geloso o altro, ma non ti permetterò di rendere tutto più complicato di quanto già non sia."
"Jasmine, non mi provocare, non sai di cosa stai parlando," ringhiò il ragazzo, la voce di un tono più bassa del solito. Sapevo che si stava trattenendo dallo scoppiare, sapevo quanto Chris stesse lottando ogni giorno contro la voglia di andare a spaccare la faccia al Lord traditore. Lo vedevo nelle occhiate piene di odio che dirigeva verso quell'uomo, da come stringeva i pugni tanto da lasciarsi i segni sui palmi. Lo capivo perché era lo stesso odio che provavo io e il pensiero che lui potesse passarla liscia faceva ribollire anche me.
"Dobbiamo per forza rivelare il coinvolgimento di Titanne. Suppongo che, se non lo facessimo, il Salice potrebbe considerare la prova non conclusa e preferirei non correre questo rischio," si intromise Zac, con un tono che non ammetteva repliche. Lo guardai e lui ricambiò lo sguardo, lanciandomi un'occhiata di intesa. Mi si bloccò il respiro: aveva capito, non sapevo quanto, ma di sicuro aveva capito che qualcosa doveva essere successo. Doveva aver percepito le nostre emozioni riguardo all'uomo e aveva avuto la presenza di spirito di risolvere quel diverbio.
"Spero abbiate ragione," disse alla fine Jasmine, tornandosene a sedere con fare contrariato. "Ma mi auguro che qualcuno di voi abbia qualche brillante proposta riguardo come trovare le prove su di lui."
Cadde il silenzio nella stanza, mentre ognuno di noi cercava di trovare una soluzione.
"Come pensavo," disse alla fine la bionda alzando gli occhi al cielo, "non ne avete la minima idea, ora voglio vedere come..."
"La lettera!" esclamai interrompendola. Gli occhi di tutti si puntarono su di me, perplessi.
"Nella lettera è probabile che ci siano dei riferimenti a Titanne. Anzi, se potessimo leggere quelle lettere potremmo anche sapere come pensano di portare avanti il piano," spiegai come se fosse evidente, sorpresa di non averci pensato prima.
"Sì, ma... Kate come pensi di prendere quella lettera?" chiese Aly.
Un'idea ce l'avevo, ma certo non mi entusiasmava. "Potrei usare l'invisibilità. Nessuno mi vedrebbe, il tipo mascherato non potrebbe neppure capire chi sono."
"Invisibilità? E da quando sei capace di renderti invisibile?" alzò la voce Jasmine.
"Suppongo da un po'... in realtà da prima di lasciare Majesten," risposi, vergognandomi al ricordo di quando mi era successo la prima volta. Beh, a dirla tutta, anche unica.
"Quante volte l'hai fatto esattamente?" mi chiese Oliver curioso. Wow, improvvisamente mi parlava.
"Beh... una," mormorai, imbarazzata. "Però sono sicura che se mi esercitassi un po' potrei farcela. In fondo imparo in fretta."
"Non sono sicura che possa funz..." disse Aly, ma venne interrotta da Chris.
"State scherzando, vero?! Non starete prendendo seriamente in considerazione questa follia?"
"No, ma solo perché comunque non saremmo in grado di rintracciare quel tipo incappucciato. Però di per sé non è una cattiva idea," disse Zac, cercando si placare Chris per l'ennesima volta.
"Altrimenti potrei direttamente infiltrarmi nella stanza di Titanne e cercare prove lì," aggiunsi spavalda. Non mi piaceva l'uscita di Chris, mi aspettavo sostegno da parte sua.
"Stai scherzando, spero!" si alzò di scatto dalla poltrona vellutata su cui era stravaccato da mezz'ora. "Tu sei completamente pazza se credi che ti lascerò fare una cosa simile!"
Oh, sì, adesso sì che è furioso.
Per quanto fosse tenera la sua preoccupazione, l'irritazione che provavo era troppo forte. "Tu non mi impedisci proprio di fare nulla!"
"Davvero, non ho parole," commentò Jasmine.
"Ci mancava solo questa," sospirò Aly.
"Okay, ora basta," si intromise Zac, prendendo nuovamente il controllo della situazione. "Avrete tempo di discutere dopo, fidanzatini."
Arrossii e abbassai subito lo sguardo, mentre sentivo quello di Chris ancora astioso fisso su di me. Mi faceva strano venire definiti in quel modo, in fondo stavamo insieme da pochi giorni e purtroppo avevamo avuto solo un tempo limitato per godere della reciproca compagnia.
"Bene. Ora, siamo tutti stanchi e stressati, quindi cerchiamo di mantenere la calma ed essere lucidi e logici per il bene di tutti. Kate ha sicuramente ragione: mettere le mani su quella lettera può significare avere una prova fondamentale da presentare al re. Certo, anche così non abbiamo la certezza che ci creda. Dobbiamo trovare il loro esercito," disse Zac mentre rifletteva, trascinando i piedi sul pavimento di marmo pregiato che brillava alla luce del lampadario di cristallo.
"Come pensi che potremmo farlo?" chiese Oliver pensieroso.
"Un'idea ce l'avrei..." disse Aly. "Certo, rimane un rischio: non conosciamo la figura incappucciata, potrebbe essere molto più pericolosa di un semplice messaggero."
"A cosa hai pensato?" domandai curiosa.
"Ecco, beh, è vero che non siamo riusciti a rintracciarlo fuori dalle stalle, ma quando arriva dentro il palazzo ce lo abbiamo proprio sotto gli occhi. Quindi..."
Quasi un'ora più tardi avevamo finito di stendere il nostro piano, che con un po' di fortuna avrebbe potuto essere vincente. Gli altri ragazzi iniziarono a lasciare la stanza, finché rimanemmo io e Chris da soli.
Un silenzio pieno di accuse iniziò a infastidirmi le orecchie. La mente. Il cuore.
Il ragazzo biondo non mi guardava, gli occhi intenti a osservare il grandioso affresco sulla parete di fronte. Lo osservai, fregandomene del fatto che lui se ne accorgesse.
Lo avrò detto un milione di volte, ma era bellissimo. I ciuffi ribelli tenuti a bada dal gel gli davano un'aria fin troppo seria, ma la camicia mezza slacciata lasciava comunque trasparire il suo stile trasandato-sexy che tanto amavo. Il volto era duro, ma, da quando conoscevo la dolcezza che era capace di far trasparire dal suo sorriso, non mi trasmetteva più un senso di presunzione e iniziavo davvero a riconoscere quell'espressione come la maschera che era. Anche lui era un bravo attore, proprio come me. Attori della vita di ogni giorno, troppo orgogliosi per mostrare le loro fragilità. Eppure, con lui più di una volta la mia maschera era caduta a terra e anche la sua si era fatta da parte per lasciar parlare il cuore.
Ma non in quel momento, stava indossando il suo travestimento migliore. Impenetrabile come sempre. Sapevo che era arrabbiato, ma vedendolo così ancora mi venivano dei dubbi sulla sua vera capacità di provare sentimenti.
Assurdo dopo tutto quello che avevamo vissuto, ma ancora una parte di me, sciocca e codarda, si faceva ingannare.
"Chris," lo chiamai titubante. Mi venne fuori un sorrisetto imbarazzato anche se avrei desiderato risultare seria.
"Mmh-mmh," mugugnò, continuando a mostrarsi più interessato ai colori sgargianti dalla battaglia raffigurata sulla parete, che a me.
"Vedo che apprezzi molto l'affresco," commentai quasi divertita.
"Mmh-mmh," fu ancora la risposta.
Sbuffai, infastidita. Delle volte poteva essere proprio infantile, sembrava... beh, me.
Controvoglia mi alzai e andai a pormi davanti a lui, coprendogli la visuale.
"Pensi di andare avanti a mugugni?" chiesi, mettendomi le mani sui fianchi e guardandolo severa. Il suo sguardo passava attraverso me, come se fossi trasparente.
"Mmh-mmh," ribadì per la terza volta.
"Perfetto," ringhiai e mi sedetti sulle sue gambe, come se nulla fosse.
"Ma che diamine! Ahi, questa gonna è pesantissima!" disse lui, risvegliandosi dal letargo.
"Ah, allora sai parlare," ironizzai, roteando gli occhi.
"Non puoi semplicemente lasciarmi in pace? Non ho voglia di parlare con te," rispose evitando ancora il mio sguardo. "E alzati, mi fai male!" cercava di spingermi via con le braccia, mentre muoveva le gambe infastidito.
Continuai a fare resistenza e impuntandomi dissi: "E allora dammi retta!"
"Cosa non capisci di lasciarmi in pace!" aggiunse con voce sofferente. Padre mio, quante scene...
Mi alzai e mi avviai tranquilla verso la porta, convinta che mi avrebbe fermato, ma stavo già imboccando l'uscita e l'unica cosa che lui fece fu sospirare di sollievo. Mi bloccai, titubante, combattuta tra orgoglio e desiderio. Perché nonostante mi avesse infastidito il suo atteggiamento dall'inizio della riunione, non avevo nessuna voglia di far finire così il nostro incontro: volevo parlare, anche litigare se necessario, ma poi risolvere. E quindi perdermi ancora una volta nel suo abbraccio, mentre la dolcezza delle sue labbra mi portavano in una dimensione meravigliosa.
NO, mi dissi, se non mi ferma non sarò io a pregarlo. Me ne vado.
"Davvero? Mi lasci andare così? Sola per i corridoi tra l'altro?!" esplosi invece, incredula. Incredula di lui e incredula di me stessa. Presa dalla foga sbattei la porta alle mie spalle, chiudendoci nuovamente dentro.
"E allora? Tanto pensi di potertela cavare da sola, quindi vai," mi rispose lui gelido. Che grandissimo imbecille.
"Sei proprio un idiota," affermai. "Se ce l'hai con me per prima okay, ne possiamo parlare, ma ora stai davvero esagerando."
"Ah, lo so. Lo so benissimo. Ma cerco solo di adottare il tuo stesso linguaggio," mi guardò negli occhi per la prima volta. Non l'avesse mai fatto...
"Io non faccio così, Chris!" dissi alzando gli occhi verso l'alto, come implorando al soffitto di aiutarmi.
"No? È davvero un peccato. Io che pensavo che avessi detto quella scemenza di infilarti nella camera di Titanne solo per esagerare e farmela pagare. Ma se non è così allora nulla, sei solo fuori di testa." Mentre parlava si era alzato dalla sedia e stava avanzando verso di me deciso.
"Non sono una ragazzina indifesa, Chris," ringhiai, "e devi imparare a capire questa cosa!" Lo spintonai, non riuscendo ad allontanarlo di nemmeno un millimetro, mentre io mi ritrovai a indietreggiare, fino a sbattere contro la porta.
"E allora è un buon motivo per andare a infilarsi nelle situazioni più pericolose?" ribatté lui, ormai lasciando libera la rabbia.
"Sto solo cercando di rendermi utile, di fare la mia parte per lasciare questo posto. È così difficile da accettare per te?"
Come poteva non capire che per me tutto quello era importante? Ero stata in panchina per tutta la vita e quella era la mia opportunità per dimostrare quanto valevo.
"Renderti utile? Come se fino ad ora non avessi fatto nulla! Ti sei fatta quasi ammazzare su Candor per renderti utile. Hai una vaga idea di quanto mi sono spaventato quando hai perso i sensi o quando ti ho trovato ferita in quella specie di santuario? E su Mondeor? Ogni volta che mettevi piede in battaglia tremavo al pensiero di non vederti più. E qui, per scoprire le macchinazioni di quel porco, ci è mancato poco che ti violentasse! Direi che ti ho lasciato fare la tua parte fin troppo, sono stufo di temere sempre per te!"
Rimasi letteralmente senza parole. La gola mi si chiuse, lasciandomi senza respiro e con l'inaspettata voglia di piangere. L'unico suono che sentivo era il mio cuore che batteva all'impazzata.
Mai, mai qualcuno al di fuori di mio padre mi aveva fatto capire che teneva tanto a me, che il pensiero che mi potesse succedere qualcosa lo avrebbe distrutto. Era una sensazione bellissima e al contempo terribile. Ti faceva sentire potente e amata, ma allo stesso tempo ti chiudeva in una trappola di responsabilità.
"Mi dispiace," dissi dopo una quantità di tempo indefinita. La mia voce era tremante, spezzata. "Ma noi non siamo ragazzi normali, Chris." Presi più coraggio e appoggiai la mia mano sul suo petto, accarezzandolo delicatamente. Lui mi guardava, fuoco e ghiaccio lottavano nei suoi occhi e io ancora una volta mi persi nella duplice natura di quel ragazzo, capace di passare da uno stato a uno completamente opposto. Mi faceva uscire di testa. Mi stava facendo perdere la testa per lui.
Anzi, l'avevo già persa da tempo.
"Non abbiamo il lusso della tranquillità. Non ora. Siamo in una realtà assurda, instabile, pericolosa. Ma se siamo qui significa che ognuno di noi può affrontare le prove che ci vengono poste davanti. Non mi puoi chiedere di tirarmi indietro ora. Forse avresti potuto chiederlo alla bambina che ero otto anni fa, ma non alla ragazza che sono ora. Ho bisogno di mettermi in gioco, anche se la posta è alta. E ho bisogno che tu lo capisca e che mi stia accanto in questo," continuai, calma ed emozionata al tempo stesso. Sentivo sotto il palmo della mia mano il suo cuore che batteva furioso, stordendomi.
"Non era la vita che volevo. Volevo solo comprarmi una libreria e costruirmi una vita tranquilla e felice. Ma ora sono contenta che l'Albero mi abbia scelta, perché tra i mille drammi della mia vita ho trovato una piccola favola grazie a te." Pronunciai le ultime parole in un sussurrò, sorpresa di me stessa e del coraggio che avevo avuto ad espormi così.
Alzò gli occhi, forse più sorpreso di me. Mi guardò un po' senza parlare, studiandomi con attenzione. Non capivo cosa stesse pensando, se fosse felice o meno, se quella mia smielata lo avesse spaventato o sciolto.
Rimasi lì, nel dubbio, sotto il suo sguardo attento.
Poi mi ritrovai schiacciata tra il suo corpo muscoloso e la porta di legno intagliato. Non respiravo, i suoi baci non me ne davano la possibilità, trascinandomi nella passione con loro.
Le nostre mani si muovevano frenetiche, cercando di farsi spazio tra i tessuti dei vestiti. Non avevo mai pensato di poter essere la ragazza che chiudeva una sfuriata con la lussuria, ma evidentemente non avevo mai avuto al mio fianco qualcuno come Chris.
Non sentivo più nulla: non la porta spigolosa che mi premeva sulla schiena, non il bruciore del viso dovuto alla sua barba corta. Non sentivo neppure la paura.
L'unica cosa che rimaneva era l'affanno, le farfalle che svolazzavano non solo nello stomaco, ma in tutto il mio corpo, e lui. In quel momento il mondo iniziava e finiva in lui e nient'altro aveva importanza.
ANGOLO AUTRICE:
Buongiorno cari lettori, ci siamo! La storia sta per arrivare al suo termine! Ve lo aspettavate? Di cose ne devono ancora succedere, ma siamo arrivati agli ultimi capitoli e quindi preparatevi a tanta azione da adesso in poi.
I nostri Prescelti hanno finalmente elaborato un piano e nel prossimo capitolo vedremo lo stesso messo in atto. Andrà tutto come previsto? Lo scoprirete alla prossima! Nel frattempo spero vi siate goduti queste 4500 parole, tra l'indisponente Oliver (ve lo aspettavate da lui un simile comportamento?) e un preoccupatissimo Chris.
Alla prossima settimana!
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