(R) CAPITOLO 33: Apparenza
Avevo quattordici anni quando per la prima volta avevo sentito una strana connessione con la natura. Era come se la percepissi dentro di me, dal più debole soffio di vento, alla potenza del mare.
Mai in precedenza avevo sentito come tutto fosse collegato, ogni singolo gesto di ogni essere vivente era una tessera dell'immenso puzzle della vita. L'immagine complessiva però non la potevo vedere, ma solo intuire, perché ne ero parte io stessa.
All'inizio mi ero spaventata, sopraffatta dall'immensità di tutto ciò. Volevo correre da mio padre a dirglielo, ma poi all'ultimo mi ero trattenuta. Non avevo idea del perché lo avessi fatto, ma ora credo che fosse perché la parte di me che si era sopita, quella bloccata dal sigillo che il mio stesso padre aveva posto, stava cercando di tornare in superficie.
La cosa buffa era stata quando, dopo l'iniziale spavento, avevo imparato a controllare quel dono, utilizzandolo per trovare pace e armonia. Incredibile come le cose che sembrano inizialmente spaventose si rivelino poi le più preziose. E viceversa.
Quando varcai la soglia del palazzo reale mi sembrò di entrare dentro a un sogno. Era così bello, spettacolare, luminoso. La vita di corte era una vera giostra con le feste, i balli, l'eleganza... per non parlare di quei fantastici vestiti.
Ero veramente ingenua, purtroppo: presto avrei capito che quella realtà era molto meno splendente di quanto sembrasse.
La mattina dopo aver ricevuto dalle streghe le indicazioni fondamentali per il nostro ingresso a corte, giunsero nelle nostre camere delle domestiche che ci aiutarono a prepararci.
Ci volle circa mezz'ora per indossare quello stramaledettissimo, scomodissimo e stupefacente abito. Era da giorno, color verde chiaro, la gonna molto ampia e il corpetto davvero troppo stretto, che mi schiacciava il seno spingendomelo verso l'alto. Non avevo dubbi che fosse un ottimo espediente estetico, ma non ero convinta che facesse bene agli attributi femminili.
La cura dei capelli però fu decisamente la parte peggiore: me li sistemarono in una complicatissima acconciatura intrecciata e poi ci fissarono sopra un vistoso cappello piumato che mi mise parecchio in imbarazzo: era tanto brutto quanto era bello il vestito.
Provai a obiettare, ma mi risposero semplicemente che lo avrei dovuto tenere almeno fino a quando non saremmo stati presentati ai sovrani. Poi avrei potuto optare per un modello più semplice.
Un altro vero trauma si rivelò essere il trucco: era da più di un mese che non vedevo il mio volto abbellito dai cosmetici e l'enorme differenza mi turbò, perché mi resi conto che dovevo essere stata davvero brutta agli occhi degli altri.
Chissà con quale coraggio Chris mi stava quasi per baciare.
Mi rimproverai subito per aver fatto quel pensiero e ricacciai indietro a forza tutte le mie sensazioni legate a quel momento delicato.
Quando fui pronta mi portarono nella sala dove ci eravamo incontrati il pomeriggio precedente e mi stupii nel constatare di essere la prima arrivata. Ma non ero sola: con me c'era Fiorane. Anche se fino a quel momento non mi aveva rivolto direttamente la parola, avevo sempre percepito il suo sguardo analitico su di me. Per l'ennesima volta mi sentivo come un esemplare curioso da studiare e la cosa mi creava non solo fastidio, ma una vera e propria irritazione.
"Spero che ti sia trovata bene da noi," interruppe lei il silenzio, dopo avermi osservata per qualche minuto. Mi sentii agitata e sotto pressione come non mi accadeva da tempo. Speravo di aver superato la fase di ansia nel dover rapportarmi con degli sconosciuti, ma a quanto pareva mi sbagliavo.
"C-certo!" balbettai. "Siete stata davvero gentile con noi e le nostre sistemazioni erano... splendide!" aggiunsi con un sorriso tirato.
"Bene. Sai, Katherine, noi prendiamo molto seriamente il compito affidatoci dall'Albero. Abbiamo fede assoluta, perché sappiamo che ogni sua scelta è volta al meglio di tutti. Non credi?"
No, non lo credevo più. Non dopo quello che ci aveva spinto a fare. Non dopo avermi rubato il passato. Ma non potevo di certo dirlo: esisteva una sola risposta giusta a quella domanda.
"Assolutamente," mi costrinsi ad annuire, "il Salice è il più saggio di tutti, le sue scelte possono essere solo giuste." Cercai di evitare di far trapelare il mio sarcasmo.
"Già. Immagino sia stato complicato, voglio dire, scoprire del tuo passato, di avere dei poteri e subito dopo essere catapultata nel Viaggio."
"Come... come fa a sapere queste cose?" chiesi sconvolta.
"Oh, io so sempre tutto. So tutto di voi sei. Ogni vostra piccola debolezza. Quindi, come stai?
"No, non è stato facile, ma me la cavo," risposi dura. Non ero sicura di dove stesse cercando di andare a parare, ma mi fidavo sempre di meno di quella donna.
"Non ne dubito. Sei una ragazza speciale, giusto? Predestinata." Nonostante parlasse sorridendo, vedevo malignità nel suo sguardo. Sperai sempre di più nell'arrivo dei mei compagni.
"Non ho idea di che cosa stia parlando," risposi indietreggiando, mentre lei mi si avvicinava.
"Vero. Nessuno ti ha voluto ancora dire nulla, giusto? Povera piccola." Mi aveva ormai raggiunta e io mi trovavo con le spalle al muro, tremante.
"Sai, mi aspettavo qualcosa di meglio dalla Figlia dei Mondi. Non so, qualcuno di più tosto, tipo la tua amica Alysha, o almeno con un po' di charm, come la biondina. Invece sei tu, una ragazza timorosa e impulsiva."
I suoi occhi ora sembravano quasi del tutto neri, come se mancasse loro l'iride e vi vidi malvagità. Una piccola lacrima fece capolino minacciando di sgorgare, ma il mio orgoglio non mi permise di piangere. Non le avrei dato modo di umiliarmi ulteriormente.
"Ascoltami bene, ragazzina: non provare a opporti al Salice. Hai capito bene? MAI. Altrimenti penserò personalmente a rimetterti in riga," mi accarezzò il braccio con delle unghie che assomigliavano più a degli artigli. Trattenni il fiato, terrorizzata.
"Hai capito?" ribadì lei, con occhi pericolosi. Cosa diamine era? Di sicuro non una di noi.
"Sì," risposi, cercando di essere convincente. Meglio non farla arrabbiare ancora di più, chissà, magari si sarebbe potuta trasformare in un mostro o peggio.
"Bene," disse alla fine, dopo avermi fissato curiosa. Si allontanò un poco, ma poi lo sguardo le cadde sul ciondolo che portavo al collo. L'Albero della Vita che mi aveva dato mio padre e che mi aveva salvata in più di un'occasione.
Quando vide il mio pendente, il suo volto cambiò. Era rabbia, paura o semplice sconcerto? Non ne avevo idea.
"Che cos'è?" mi chiese con voce alterata. Istintivamente posai la mano sul gioiello, come per proteggerlo. Ricordavo benissimo il momento in cui mio padre me lo aveva dato e avevo ancora i sensi di colpa per come ero stata dura nei suoi confronti. In fondo, nonostante avesse sbagliato, quello che aveva fatto lo aveva fatto solo per il mio bene e io ero stata un'insensibile a trattarlo in quel modo.
"È solo un..." stavo per dire regalo, quando entrarono nella stanza anche i miei compagni. Tirai un sospiro di sollievo: non avevo idea del motivo per cui quella pazza si fosse agitata tanto nel vedere quel ciondolo, ma non volevo dirle cosa fosse. Dentro di me sentivo il bisogno di prendermene cura.
Con l'ingresso degli altri, Fiorane mi lanciò un'ultima occhiata di fuoco, ma poi tornò ai suoi modi gentili, dando le ultime direttive.
Pochi minuti dopo mi trovavo già su una carrozza, lasciandomi alle spalle quel luogo e l'inquietudine che mi aveva regalato. Avevo deciso di non pensarci più.
Tutti quelli che incontravo e che sembravano sapere qualcosa su di me mi apparivano completamente fuori di testa, ma mi avevano dato qualche piccola informazione in più sul mio futuro. Avrei fatto tesoro di quelle scoperte, però le avrei sfruttate solo in seguito: una volta ritornata a Majesten avevo tutte le intenzioni di scoprire cosa mi stessero nascondendo tutti, ma per il momento mi sarei concentrata su quello che dovevo fare per completare il Viaggio.
A corte venimmo accolti con grandi cerimonie e, nonostante mi venisse da ridere per il buffo modo di vestire dei servitori, ero davvero molto impressionata.
Quando scendemmo dalle carrozze notai per la prima volta come erano vestiti i miei amici. Se rimasi colpita dalla bellezza delle due ragazze che, a parte per i copricapi che indossavano, imbarazzanti come il mio, sembravano delle vere principesse, i ragazzi invece mi lasciarono senza parole. Vedendoli muoversi imbarazzati in quelle che di fatto erano delle calzamaglie, non potei evitare di scoppiare a ridere, beccandomi di rimando tre occhiatacce. Quattro se considero quella di un servitore stranito.
"Ma che bel cappello," mi punzecchiò Christopher, non appena mi fu accanto. Era la prima volta che ci parlavamo dal giorno prima e lo ringraziai mentalmente per aver pensato lui a rompere il ghiaccio, mantenendo per giunta un tono leggero.
"Bel pantalone... o dovrei dire calze," replicai con la stessa sua ironia. La verità era che nonostante fosse ridicolo, stava bene anche vestito in quel modo.
"Simpatica. Comunque, fossi in te, starei attenta a come ti muovi: il tuo davanzale rischia di esplodere da un momento all'altro," disse allora, facendomi l'occhiolino. Arrossii di botto, nonostante mi succedesse di rado.
Non ebbi però modo di replicare in alcun modo, dato che subito dopo venimmo interrotti e condotti nella sala del trono, per essere presentati ai sovrani.
Il re di Shailaing non aveva proprio nulla a che vedere con quello che avevo salvato - o che almeno speravo di aver salvato - a Mondeor: era abbastanza giovane, di bell'aspetto, dai modi cortesi. Eppure, mi sembrò subito molto superficiale. Ero appena entrata nel regno delle apparenze, neppure il falso perbenismo di Candor e Majesten poteva batterli in quel senso.
La regina non sembrava essere diversa: bellissima, ma esagerata nel trucco e nel modo di vestire.
Nonostante queste mie considerazioni – okay, in realtà erano delle vere e proprie critiche – i sovrani si dimostrarono assolutamente gentili e accoglienti, informandoci che potevamo partecipare tranquillamente a tutti gli eventi di corte, dai pasti alle feste, dalle battute di caccia ai giochi di gruppo. Mi sembrava di essere entrata più in un villaggio vacanze, che in una corte reale.
Dopo essere stati congedati, venimmo condotti nelle nostre camere. La mia, anche se è scontato dirlo, era magnifica. Grande, con uno splendido bagno annesso e un massiccio letto a baldacchino al centro, era il sogno di qualsiasi ragazza. Soprattutto di una che da fin troppo tempo si era abituata a dormire per terra o su scomode brande. In quel momento pensai che, forse, non sarebbe poi stato così male il mese che avrei dovuto passare a palazzo, tra tutto quello che avevamo passato sembrava che avremmo finalmente trovato un po' di respiro.
La prima cosa che feci, ovviamente, fu quella di farmi togliere lo stravagante copricapo, facendomi risistemare i capelli in modo più semplice. La cameriera era abbastanza sorpresa di ciò, probabilmente abituata a donne che miravano a essere il più vistose possibile. Non ero decisamente il tipo: un conto è vestirsi bene, un altro è strafare e diventare ridicoli. Non avrei dato a Chris nuovi motivi per prendermi in giro.
La seconda cosa che feci fu chiedere dove si trovassero i miei compagni: non esisteva che io fossi dentro quel luogo che sognavo da anni e che non lo visitassi tutto da cima a fondo, e volevo farlo in compagnia.
Stanca di una Kate depressa e sempre pronta a vedere il bicchiere mezzo vuoto, decisi che era il momento di divertirmi e godermi il posto in cui ero finita.
Così, passammo la mattinata a passeggiare per i corridoi del palazzo, ammirando gli affreschi alle pareti e gli sfavillanti lampadari di cristallo. Spesso incrociavamo dame e cavalieri, che ci guardavano curiosi. In fondo eravamo i nuovi arrivati e avrei scommesso che ci trovavamo già al centro del gossip.
Mi accorsi delle occhiate che alcune dame, probabilmente avvoltoi in cerca di un buon partito, lanciavano ai ragazzi e in particolare a Chris. Inutile negarlo, la cosa mi diede non poco fastidio. Sembrava non avessero mai visto un bel ragazzo.
Ma il meglio, per quanto riguarda il luogo spettacolare, e il peggio, per quanto riguarda le arpie, giunse quando uscimmo nel giardino. Eravamo in una posizione completamente diversa rispetto a quella in cui eravamo sbucati due giorni prima, per nostra fortuna piuttosto ignorata dalla corte. Invece quel giorno eravamo nella zona più vicina alla maestosa uscita sul retro del palazzo, in cui si trovavano larghi vialetti, fontane adornate da meravigliose statue, spesso usate la sera per fare bizzarri spettacoli con giochi di luce, e un laghetto con tanto di cigni e anatre. Era insomma il luogo perfetto per passeggiare sotto il sole e passare il proprio tempo a spettegolare, se eri donna, o a parlare di politica ed economia, se eri uomo.
Camminando sotto il caldo sole iniziai a sudare e mi domandai come facessero tutte quelle donne a non morire di caldo. Ma il calore mi invase con ancora maggiore prepotenza quando una esuberante dama si avvicinò a quello che era il mio cavaliere. Beh, non proprio il mio.
"Deleriin, frendeis as frendais," ci venne incontro la dama, utilizzando la lingua antica di quel regno, molto amata a corte. Aveva un sorriso accattivante. Veramente tanto accattivante. Troppo, considerato che si era rivolta fondamentalmente solo a Chris e che non gli toglieva gli occhi di dosso.
"Deleriin, gariez frendaire," rispose quella testa di ca... cavolfiore, esibendo un sorriso da capogiro. Che diamine stava facendo?
"Avevo sentito parlare del vostro arrivo, i rampolli delle isole Dorrown. Devono davvero essere meravigliose! Mi piacerebbe sentire qualche storia al riguardo..." disse con fare ammiccante. E indovinate chi continuava imperterrita a fissare? Già, lui.
"Con molto piacere, frendaire..." sorrise di rimando sempre il solito co... coniglietto. Coniglietto peloso e presto morto.
"Oh, che maleducata, non mi sono ancora presentata. Il mio nome è Gerienne," disse portandosi una mano al petto. Gatta morta al massimo livello, tanto che Jasmine era una dilettante al confronto. "Sono la cugina di secondo grado della regina, quindi se volete una mano per ambientarvi a corte, avete solo da chiedere," aggiunse, per poi andarsene ancheggiando nel suo meraviglioso vestito merlettato rosa pesca.
Stavo ribollendo. E credo che Chris se ne fosse accorto, a giudicare dallo sguardo divertito come mi lanciò.
Coniglio o no, era decisamente morto.
"Kate, penso tu stia esagerando. Gerienne non è poi così male," commentò Alysha. La guardai: nonostante fossimo lì da qualche giorno ormai, mi sembrava evidente che non riuscisse ancora a sentirsi a suo agio nel vestire i panni di una delicata fanciulla di corte. A Majesten non l'avevo mai vista indossare una gonna, figurarsi un vestito di quella portata.
"Come puoi dire così: è solo una gatta morta. Finta fino al midollo," replicai con tono astioso.
"Certo... Non è che sei solo gelosa?" commentò lei, esibendo un sorriso malizioso. Lo sapevo che prima o poi avrebbe tirato fuori quell'argomento, ci aveva impiegato anche troppo.
"Gelosa? E di che?" feci finta di nulla, guardando ovunque tranne che lei.
"Di chi, al massimo. E sappiamo benissimo entrambe la risposta, dico bene?"
"Non capisco di cosa tu stia parlando," continuai a fare l'ingenua.
"Kate Forrest, non osare fare la finta tonta con me!" mi redarguì con tono pomposo, con gli occhi ridenti.
"Davvero, non ho idea di quello che tu stia dicendo, io..." mi strinsi nelle spalle. Negare, negare fino alla fine.
"Kate!" mi interruppe lei con un tono che mi spinse a desistere. Si era pure fermata in mezzo al vialetto e il suo tono troppo alto aveva fatto già girare più di una persona. Ancora un po' e tutta la corte avrebbe avuto di che parlare per l'intera settimana.
"Okay, va bene, va bene, ma abbassa la voce! Io non sono gelosa. E soprattutto non c'è assolutamente nulla tra me e Chris," risposi, giocherellando con un filo tirato del mio guanto candido.
"Non vi ho visto sul punto di baciarvi, ma no, figurati. Ora ho anche le allucinazioni," commentò sbuffando la ragazza, grattandosi sgraziatamente il braccio.
"Alysha, piantala, non sta bene!" la misi in guardia, facendole capire di essere più composta. Era proprio un pesce fuor d'acqua in quel contesto. "E per quanto riguarda quella scena, è stato un quasi-errore, dimenticala. Tra me e lui non c'è nulla." In fin dei conti non era una grande bugia: non era ancora successo nulla di particolare. Ancora? Perché avevo aggiunto quella parola?
"Ah, sì? Allora perché lui ti sta guardando di sottecchi da quando siamo uscite?" Mi girai di scatto nella direzione che aveva indicato leggermente con il mento. Ed eccolo là, in tutta la sua bellezza, a discutere con Zac e un gruppo di altri giovani gentiluomini.
Non potei fare a meno di fargli una radiografia, incapace di negare la sua avvenenza. Come avevo fatto a non notarla per così tanto tempo?
E fu in quel momento che si girò nella mia direzione, beccandomi mentre lo stavo divorando con gli occhi. Mi voltai di scatto, presa dall'agitazione. Ma che mi prendeva? Non avevo più quattordici anni.
"Aly, mi ha beccato a guardarlo! Che faccio?!"
"Fai finta di nulla e salutalo," rispose lei, soffocando una risata.
"Cosa?! Stai scherzando?!" starnazzai. Presi un respiro profondo e aggiunsi: "Okay, ho deciso, lo ignoro." Non sapevo più dove guardare, come muovermi.
"Non fare la scema, girati e salutalo," ribadì lei, dandomi una spintarella.
"Non ci penso proprio," risposi cocciuta.
"Siete amici, è la cosa più normale che tu possa fare."
"Sì, ma non ne ho voglia," dissi allora, non sapendo quale altra scusa inventare.
"Oh, smettila di fare la bambi..." si interruppe, notando qualcosa alle mie spalle. "Kate, sta venendo verso di noi," mi avvisò quindi, dandomi un'altra gomitata. Non propriamente un gesto adeguato alle signorine che dovevamo cercare di essere, ma ve l'ho detto, non ci si trovava molto nei panni della giovane delicata e gentile.
"Davvero?" la voce mi uscì strozzata da quanto ero agitata.
"Sì."
"Dannazione! E che faccio?" chiesi in panico. Ripresi a giocherellare con il filo con maggiore forza, tanto da strapparlo dal guanto stesso.
Diamine, ho tirato tutti i fili!
"Cosa vuoi fare. Nulla. Comportati normalmente," riprese la mia amica, guardandomi come se mi fossi tramutata in un'idiota. E non aveva torto.
Respira. Devo essere normale. Normale. Respirare e sorridere e...
"Buongiorno ragazze."
"Ah... Chris. Ciao. Già in piedi?" dissi, girandomi. Evitai da subito il suo sguardo, non avendo dubbi che in quel momento mi si potesse leggere in faccia tutto quello che mi passava per la testa.
"Beh... sì. Sono le undici e mezzo," rispose confuso, inclinando leggermente la testa. Ennesima figuraccia.
"Oh, di già. Cavoli come vola il tempo!" risposi ridacchiando isterica. Stavo facendo un casino. Che diamine di problemi avevo? Io non ero così normalmente. Tanto meno con lui.
"Sì, davvero... Va tutto bene, Kate?" mi chiese allora. In effetti avrebbe dovuto essere proprio idiota per non accorgersi che mi stavo comportando in un modo a dir poco strano.
Ridicolo, puntualizzò la vocina nella mia testa.
Lì di idiota ce n'era solo una.
Cercai di riprendere un po' il controllo e mi sforzai di guardarlo negli occhi, anche se quei pozzi gelidi mi mandarono in tilt il cervello. Di nuovo.
"Certo," sorrisi nel modo più controllato possibile.
"Bene," rispose allora lui al mio sorriso. "Io pensavo di andare a esercitarmi un po' al poligono con il tiro con l'arco. Mi hanno detto che è davvero molto bello e ben fornito. Volete accompagnarmi?"
Perché continuava a guardare nella mia direzione mentre parlava? Feci per rispondere che ero una capra a tiro con l'arco, come lui ben sapeva, e che di sicuro non eravamo vestite in modo adatto, ma Aly mi precedette: "Mi piacerebbe molto, ma in questo momento dovrei trovarmi con Oliver quindi... sono sicura che Kate sarà ben contenta di farti compagnia."
E mi lasciò da sola lì, con lui. La prossima volta che lei avrebbe avuto bisogno di aiuto mi sarei divertita davvero molto a fargliela pagare.
"Andiamo?" mi fece cenno Chris, offrendomi, come da costume, il braccio. Non riuscivo neppure io a capire se fosse contento di stare solo con me o se sentisse il mio stesso imbarazzo. Non ci eravamo mai trovati noi due soli dall'altro giorno e non avevo idea di come comportarmi. Né tanto meno sapevo come si sarebbe comportato lui.
Accettai il braccio, ma subito dissi: "Lo sai che faccio schifo, vero?"
"Certo. Quale migliore occasione per imparare?" mi sorrise, facendomi l'occhiolino. Scoppiai a ridere.
"Vestita così? Non mi sembra molto comodo in realtà," obiettai facendo un cenno al bellissimo abito celeste che portavo.
"Per fortuna ci sono dei camerini con le divise adatte per l'attivit," rispose tranquillo lui. Come poteva avere sempre una soluzione a tutto?
"Anche per le donne?"
"Assolutamente: è considerato un passatempo molto di moda per i maschi come per le femmine." Non so perché, ma immaginavo una risposta simile. Sempre una soluzione a tutto.
"Bene, allora direi che non ho altre scuse," borbottai. Mi dovevo rassegnare a stare da sola in sua compagnia.
Shailaing era un mondo pacifico, in cui regnava un unico sovrano e vigeva la pace. Ciò nonostante, l'armata degli arcieri di Shail, la capitale del regno, era la migliore in tutta Straix. Non per nulla il poligono di palazzo era enorme e i gentiluomini, ma anche qualche coraggiosa nobildonna, si dilettavano in questa attività.
I responsabili del luogo ci offrirono dei vestiti delle nostre misure e con l'aiuto di alcuni assistenti presto ci trovammo pronti.
Dopo i primi cinque tiri disastrosi, Chris decise di venirmi in aiuto. Iniziò a darmi dei consigli, ma non servirono a molto. Stavo per scoraggiarmi, innervosita dalla mia incapacità, quando lui mi si avvicinò, mettendosi dietro di me e impugnando insieme l'arco. Mi sentii bruciare per via della sua vicinanza, la sua mano posta sulla mia, i nostri fianchi che si sfioravano. Non mi ero mai sentita tanto al posto giusto quanto nelle sue braccia, come se improvvisamente tutti i miei difetti, le mie mancanze e i miei errori fossero cose insignificanti. Iniziavo a capire che cosa potesse significare: l'amore è l'unica cosa importante e tutto il resto sparisce davanti a esso.
Non sapevo precisamente quale tipo di amore provassi per lui, ma non mi importava. Lo amavo, nel senso che lui era nel mio cuore, dal primo giorno in cui avevamo riso insieme. E pian piano si stava sempre più facendo strada in quel muscolo che mi batteva nel petto. Ne era una dimostrazione la velocità con cui pulsava il sangue nelle mie vene.
"Vediamo se anche così sbagli," mi sussurrò all'orecchio, provocandomi un brivido.
Non stavo neppure più pensando a mirare quando scoccai la freccia: colpii il centro.
"Cara mamma,
non so molto di te, se non il fatto che sei morta. Così mi hanno detto. Io non lo ricordo, ho dimenticato tutta quella che è stata la mia vita con te. Ti ho persa nel modo più assoluto possibile. Non so dove tu sia, non ho idea di che cosa ci sia dall'altra parte, ma spero che tu possa vedermi e ascoltarmi. Per questo voglio parlarti di me, ne sento la necessità.
Sono molto timida, sai? Forse ero così anche sulla Terra e quindi per te non è una novità, oppure la perdita della memoria mi ha cambiata in qualche modo.
Bene, ora ti parlerò dell'unica persona che quando ero piccola era riuscita a penetrare in tutte le mie difese. Ero al mio primo ricevimento, ero parecchio emozionata e in ansia, perché sapevo che avrei rischiato di rimanere da sola visto che non conoscevo quasi nessuno. Poi un bambino dai capelli molto chiari e tutti spettinati mi era venuto incontro, iniziando a tartassarmi di domande stupide e senza senso. In un primo momento pensai che fosse davvero fastidioso e rimasi sulle mie, ma a un certo punto non potei non scoppiare a ridere per via dell'ennesima idiozia che aveva detto a riguardo di uno dei tanti noiosi amministratori.
Neppure un mese dopo eravamo migliori amici e decisamente inseparabili. Non ho idea del motivo, ma quella peste si era messa in testa di diventare mio amico e diamine se ci era riuscito. Aveva superato quasi tutte le barriere che mi riparavano dalle altre persone.
Fu l'anno migliore della mia vita, o almeno di quella che riesco a ricordare. Passammo insieme ogni giorno, sempre pronti a vivere nuove avventure. O anche cose più tranquille. Spesso andavamo alla spiaggia e ci tuffavamo dalla scogliera. E tra le onde del mare mi sentivo libera come non mai, perché lui come me è un tumulto infinito, ma che contiene in sé una sua armonia speciale.
Quel bambino mi regalò il primo libro che ricordo di aver letto. Lo conservo ancora con una cura maniacale, da quanto è speciale per me. È solo grazie a lui se mi sono innamorata così follemente della lettura. O chissà, magari anche sulla Terra ero una lettrice accanita.
Piccoli e ingenui come eravamo, stavamo spesso sdraiati sulla sabbia a parlare del futuro, di quelli che erano i nostri sogni, le nostre speranze. Io sognavo di avere una libreria tutta mia. Lo sogno ancora, credo. In realtà non lo so più, sono cambiate così tante cose nella mia vita da allora.
Penso che tu molto meglio di me sappia che nulla è eterno, infatti quell'anno finì, portandosi via con sé anche il sorriso puro della bambina che ero. Io e il mio amico cominciammo a frequentare la Scuola Collettiva, iniziando a passare molto meno tempo insieme. Non so quanto tu sappia delle usanze di Majesten, ma l'Albero dei Mondi, che immagino tu conosca, aveva deciso che maschi e femmine fossero divisi negli studi. Onestamente non ne ho mai capito il motivo, ma del resto ultimamente capisco ben poco delle sue scelte.
Come stavo dicendo, iniziai la scuola e cominciò un periodo davvero difficile per me: la timidezza che credevo di aver vinto riemerse, facendomi rimanere sola. Ma non era solo questo: alcune bambine iniziarono a essere veramente cattive con me e tra scherzi, battute e prese in giro mi piegarono, perché in tutto ciò non avevo la forza per reagire. Una parte di me ancora pensa che fossi patetica, ma so che non devo farmene una colpa. Ancora oggi mi sento costantemente inadatta, inferiore, mai abbastanza. Mi chiedo se finirà mai...
Passai un periodo in cui mi sentii estremamente sola: papà non si accorgeva di tutto questo, un po' perché ero brava a nasconderglielo, un po' perché lo vedevo parecchio preoccupato per altro. Ora so di cosa.
May, la mia governante, mi stava molto vicina, ma un giorno se ne andò anche lei, all'improvviso senza una spiegazione apparente.
Mi rimaneva solo lui: Chris O'Connor. Sì, colui che era il mio migliore amico. Sottolineo era.
All'inizio la sua presenza era l'unica cosa che mi aiutava a superare le dure giornate, ma poi qualcosa cambiò, lui iniziò ad allontanarsi e quando cercai di parlargli... diciamo che lui se ne andò dalla mia vita per sempre.
A quel punto crollai. Tornavo da scuola e mi chiudevo in camera senza aver voglia di fare nulla. Fu allora che papà si rese conto che qualcosa non andava. Lo vedevo in difficoltà, ma, nonostante ciò, riuscì a starmi vicino, prendendosi un periodo di pausa dalla reggenza per dedicarsi a me. Devo solo a lui il fatto di essermi ripresa.
A lui e ai libri, accompagnati dalla mia fervida fantasia. Usai tutto questo per riempire un vuoto che sentivo divorarmi. Un vuoto che credo sia dovuto al passato che ho perso. A te che ho perso, mamma.
Alla fine, riemersi dal baratro in cui ero caduta e, aggrappandomi al poco che avevo, incominciai a costruirmi un'armatura e mi imposi di non essere mai più vulnerabile con nessuno. Finsi una Kate che non ero, una durezza che non mi appartiene e una presunzione che celava fin troppe insicurezze. Avevo imparato a sopravvivere almeno, ma di sicuro non a trovare la felicità.
Chris mi mancava. Lo odiavo per avermi abbandonato, ma mi mancava tanto. Ogni volta che mi ignorava alle feste sentivo una morsa al petto, ma negli anni la sentii sempre più debole, fino a essere capace di ignorarla del tutto. Ma avevo altri problemi pronti a rendermi difficile la vita.
Lo so che ci sono vite peggiori, persone che soffrono mille volte più di me. Ma sono fragile. Forse oggi meno di ieri, ma sono comunque fragile. E quel che ho vissuto a me è sembrato un macigno pesantissimo da sopportare.
Invece ora tutto ciò mi sembra impallidire rispetto a quello che ho vissuto dopo. Scoprire che la propria vita è tutta una stupida menzogna è quanto di peggio possa capitare. Crolla davvero tutto. Le certezze più basilari. Non so più quali ricordi siano reali e quali no, cosa sia vero e cosa bugia. Ma è quando non hai più nulla che puoi davvero rinascere e io mi sento così oggi. Nonostante il disastro della mia vita, ora riesco a fare sorrisi più ricchi di vita di pochi mesi fa, quando era tutto normale. E ho paura di tante cose, prima di tutto di quale strano futuro mi toccherà. Non riesco ancora a capire come io possa essere così importante. Mi fa ridere come cosa, per questo evito di pensarci. Evito di pensare a quasi tutto, concentrandomi solo sui piccoli problemi che sono capace di affrontare.
Eppure, ora non posso fare altro che pensarci. E penso a come tra non molto probabilmente tornerò sulla Terra, a casa nostra. Ma sicuramente non sono più quella di allora, anche se non la ricordo. Sono cambiata troppo.
Ho ucciso. Sembra una barzelletta a scriverlo, ma è vero. Ho le mani sporche di sangue e so che quel giorno ho perso qualcosa che non avrò mai più indietro.
Sono segnata, non è vero? Tutti mi dicono di no, ma io lo so che è così. Lo sento, dentro di me. Non sono più la stessa di prima, è come se fosse spuntato un punto nero nel mio cuore. Spero solo di poterlo contenere. Non devo diventare per forza una persona orribile solo perché ho fatto una cosa tremenda. Al contrario devo essere migliore.
Ed è con questa certezza che vado avanti giorno dopo giorno. E se tante cose stanno andando a rotoli, sto ottenendo altrettante cose preziose. Non mi sento più sola, non come prima almeno. Ora so che ci sono persone che mi vogliono bene e io ne voglio a loro. Ho trovato un'amica, una vera amica. Alysha è ancora un mistero per mille cose e io lo sono per lei, eppure so che posso contare su di lei, mi capisce meglio di chiunque altro. Beh, più o meno. Poi c'è Zac che può percepire tutto ciò che provo. Mi fa sentire parecchio indifesa in realtà, ma allo stesso tempo è bellissimo aver trovato qualcuno con cui non fingere, perché semplicemente non ha senso farlo. Voglio molto bene a quel ragazzo, so che ha un cuore d'oro e, anche se è brutto dirlo, a volte mi fa tanta pena: deve essere davvero difficile convivere con un dono come il suo.
Ma no, non è nemmeno lui quello che mi capisce di più in assoluto. È qualcuno che pensavo sarebbe rimasto fuori dalla mia vita per sempre dopo quello che era successo. Chris. Ancora lui. Sempre lui.
È difficile definire il nostro rapporto, quello che siamo... Siamo due anime unite da un legame ormai indistruttibile. Lo so. Ora lo so. Tra noi è un continuo di alti e bassi, abbracci e spintoni. Ci sono volte dove lo sento tanto vicino a me, altre tanto lontano. E non è solo colpa sua.
È che sono più confusa che mai riguardo ai miei sentimenti nei suoi confronti. La verità è che non sono nemmeno poi così confusa, ma che non ho il coraggio di ammettere la verità. Mi sono innamorata. Profondamente, e non perché lui è così terribilmente bello e affascinante. Non so perché me ne sono innamorata. Non so neppure dire cosa, a parte l'aspetto fisico, mi piaccia così tanto di lui.
Posso dire di essermene innamorata perché so che quando sono con lui non esiste nulla se non quel piccolo mondo di felicità e mi sento di nuovo quella bambina limpida e felice di un tempo.
So solo che amo il modo in cui mi fa sentire, la sintonia che abbiamo. Amo quando mi prende in giro, quando mi sorride, quando mi ricorda chi davvero sono. Amarlo mi fa paura perché non so cosa ci sia dall'altra parte. A volte penso che in questo caso non importi essere ricambiati, ma poi non riesco a smettere di desiderare un suo bacio. E non riesco a evitare di ribollire di rabbia e gelosia ogni volta che quella donnaccia gli si avvicina con il suo fare da gatta morta. Mi dico che lo fa solo per la missione, che le dà retta perché è una figura importante, ma non basta a tenere a bada la gelosia. La verità è che non ho mai desiderato tanto qualcuno come lui e il fatto che possa averlo qualcun'altra mi spaventa. Ma con la paura in fondo non andrò da nessuna parte.
Ora ti devo salutare mamma. Vorrei tanto ricordarti e ancora di più averti accanto. Spero solo che un giorno potrò rammentare quello che è stato. Grazie, spero tu, in un qualche modo, abbia sentito.
Kate
Appoggiai con un sospiro la penna sulla scrivania. Mi ero dovuta interrompere, altrimenti chissà dove sarei arrivata. Scrivendo avevo tirato fuori delle cose che non sapevo di avere dentro e ora avevo bisogno di tempo per metabolizzarle. Davvero provavo tutto quello per Chris?
Sapevo già la risposta.
Mi appoggiai allo schienale della sedia, lasciandomi andare in un grosso sospiro. Cosa avrei fatto a quel punto?
Un leggero tonfo alla porta mi ridestò dai miei pensieri. Mi alzai, confusa su chi potesse essere a quell'ora: il coprifuoco si era già attivato da tempo. Pensai potesse essere una cameriera, che magari aveva dimenticato qualcosa di importante da dirmi. Strano.
"Chi..." aprii la porta e mi morirono le parole in bocca.
"C-Chris!" balbettai sorpresa. "Che ci fai qui ora?" Ero agitata, appena qualche metro dietro di me c'era una lettera pronta a rivelarmi completamente davanti ai suoi occhi.
"Ciao Kate. Ti ho svegliato?" mi domandò lui, con un sorriso misterioso. Indossava abiti comodi, ma non era vestito da notte, a differenza mia, purtroppo.
"Ehm, no. Avevo poco sonno," risposi senza pensarci troppo.
"Perfetto. Allora possiamo andare in un posto," allargò il sorriso.
"Dove?" chiesi confusa.
"Tra poco lo vedrai," fu la sua criptica risposta, prima di prendermi per un braccio e trascinarmi con sé.
ANGOLO AUTRICE:
Benvenuti a palazzo!
Il regno dell'apparenza è pronto ad aprire le porte ai nostri sei Prescelti e loro, già dopo pochi giorni, vengono trascinati dentro questa realtà fatta di sfarzi e gelosie. Pare ne sappia qualcosa Kate...
Ma oltre al castello reale e a tutti i cortigiani che lo popolano, campioni nel far volare i pettegolezzi da un salone all'altro, all'inizio del capitolo abbiamo una scena del tutto inaspettata e dal sapore inquietante: cosa ne pensate di Fiorane? La rincontreremo?
Questo lo potrete scoprire solo aspettando i prossimi aggiornamenti. Dopotutto, chissà cosa succederà ora che Kate ha finalmente trovato il coraggio di dare un nome a quello che prova per Chis...
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