(R) CAPITOLO 32: Battiti
Nella vita chi è che non sogna di essere invisibile, una volta ogni tanto? Pensare di andare dove si vuole senza essere visti e fare quello che si desidera senza rischiare di essere giudicati. Essere invisibili può dare una strana libertà.
Ma non era così per me. Io non desideravo essere invisibile, lo ero stata per davvero troppo tempo. Aveva un che di ironico il fatto che tra i miei nuovi poteri ci fosse proprio quello dell'invisibilità.
Per anni avevo vissuto in mezzo alla gente senza mai essere vista davvero, costantemente a disagio e inadeguata.
A scuola non esistevo, quando ero fortunata. Il resto del tempo ricevevo solo occhiate di antipatia. Ai ricevimenti cercavo di scambiare parole cortesi, fare una bella impressione, ma alla fine ero sempre in un angolo, sola e con una voglia pazza di scappare.
La mia vita oscillava di continuo dal fastidio per non essere notata dagli altri al voler allo stesso tempo sparire per davvero, libera di non dover mantenere una facciata perfetta.
Mi aveva sempre fatto male il fatto che gli altri non si sentissero minimamente interessati a me da considerarmi, ma con il tempo mi ci ero abituata, lo avevo accettato con paziente rassegnazione e avevo imparato a stare da sola. Mi piaceva talmente tanto stare da sola che ero arrivata quasi al punto di non sopportare la compagnia degli altri.
In quel momento, invece, tutto a un tratto le cose erano cambiate: le persone mi guardavano con un nuovo interesse e, se all'inizio la cosa mi aveva un pochino esaltata, ora mi metteva soltanto in imbarazzo. Da mesi ormai avevo perso la possibilità di stare da sola, dato che, ogni volta che provavo a isolarmi e chiudermi in me stessa, arrivava sempre qualcuno, trascinandomi fuori dal mio mondo per gettarmi in quello reale.
Il pomeriggio precedente, quando la strega ci aveva accolto, mi aveva lanciato una strana occhiata, curiosa e indagatrice, come se ci fosse qualcosa di particolare in me da scoprire. Ma non mi facevo illusioni, non ero davvero io a suscitare interesse, ma solo la profezia che sembrava riguardarmi. Non ne avevo dubbi: era lo stesso sguardo che mi rivolgevano tutte le persone che erano al corrente di ciò che avrebbe potuto essere il mio futuro. Io, Kate, non la fata destinata a grandi cose, ero però ancora invisibile. Come sempre.
E anche in quel momento mi sentivo così, seduta nella mensa della Congrega per il pranzo, con tutti gli occhi posati addosso.
Era da quando eravamo entrati che sentivo quei tipi inquietanti lanciarmi occhiate continue, scrutandomi e mormorando tra di loro. Sicuramente sapevano più cose su di me che la sottoscritta, ma non mi importava. Non in quel momento. Ero solo un corpo che camminava vuoto. Non mi importava più di nulla.
Eppure, tra tutti quelli sguardi uguali, ce n'erano alcuni diversi, che però mi facevano solo stare peggio.
Tutta una vita, o almeno la parte che ricordavo, l'avevo trascorsa a lamentarmi di come nessuno mi guardasse mai per davvero, ma, da quando certe persone avevano iniziato a farlo, la cosa mi faceva sentire ancora più a disagio. Fottutamente vulnerabile, scoperta e fragile.
Nessuno aveva mai avuto il permesso di vedere le mie debolezze. In quel momento tre persone si stavano avvicinando troppo al mio cuore.
Aly, Zac e Chris. Non so quale dei tre mi preoccupasse di più.
Soffocata nella mia stessa pelle, facevo finta di nulla, cercando di allontanare dalla mia mente ogni pensiero su di loro. Ogni paura.
Pensino pure quello che vogliono, non possono aiutarmi.
Appena terminammo il pranzo, mi alzai velocemente per evitare il più possibile quei tre e mi incamminai con passo svelto verso la stanza che mi era stata assegnata. Volevo solo chiudermi dentro e sparire. Per davvero. Ma sparire anche da me stessa. Dubitavo fosse possibile.
Non riuscivo a togliermi di dosso la sensazione che mi avevano dato quei tre sguardi, diversi, ma allo stesso tempo tutti uguali. È vero, mi guardavano in modo differente, ma non ero convinta che fosse il modo giusto.
Tutti e tre avevano visto lati di me che nessuno aveva mai sospettato esistessero, ma non erano riusciti neppure lontanamente a vedere tutto quello che c'era all'interno dei miei molti strati. Intorno a me c'era una corazza invincibile, fatta da numerosi livelli e che mi proteggeva dal mondo, lasciandomi però incredibilmente sola.
Era quello che ero, sola. Profondamente sola, perché nei momenti difficili non esisteva davvero nessuno capace di aiutarmi. Non perché non volessero, ma perché nessuno era capace di leggermi davvero dentro e vedere ciò che ero.
E che cosa sono? mi chiedevo io in continuazione. Speravo che il tormento che mi logorava da dentro finisse, ma non dava minimamente cenno di diminuire.
Con le lacrime che premevano già pronte a sgorgare, scoppiai in pianto non appena mi chiusi la porta alle spalle.
Mi sembrava di soffocare. Priva di forze mi lasciai crollare a terra, scossa dai singhiozzi e tremando da capo a piedi. Da quando la mia vita aveva preso una piega così inaspettata e assurda?
Avevo condotto una vita vuota e solitaria, non bella, ma io avevo imparato ad apprezzare quella quiete che la caratterizzava, mi dava un senso di sicurezza, era un punto stabile a cui affidarmi. In quel momento tutto ciò che avevo era confusione e senso di colpa.
Non riuscivo più a vedere i colori. Mi sentivo schiacciata da un senso di impotenza, dalla colpa e dall'orrore.
Majesten è un mondo particolare, esalta tutte le virtù, ma in realtà è tutt'altro che perfetto. I suoi abitanti sono persone presuntuose e arriviste, eppure non sono assassini. Il rispetto per la vita è sempre stata la cosa più importante per noi cittadini, forse proprio perché conoscevamo bene il potere della natura e quindi non potevamo fare altro che averne cura, in tutte le sue forme. Quindi non c'erano mai stati omicidi nella Città. Mai. Certo le isole erano un caso a parte, ma all'interno delle mura della Città nessuno, e dico nessuno, avrebbe mai compiuto un simile atto.
Anche per questo ero così distrutta, ero venuta meno a uno dei principi fondamentali su cui verteva la mia vita. Tutti noi, chi in un modo chi nell'altro, ne eravamo usciti feriti: il Viaggio si stava dimostrando qualcosa di molto diverso rispetto a quello che ci eravamo aspettati, invece di innalzarci l'anima ce la stava torturando.
La mia vita, da quel fatidico giorno in cui avevo posto fine a una vita umana, era crollata pezzo dopo pezzo ed era sempre più difficile sopportarlo. Avevo sempre recitato la parte della persona forte, ma in verità ero fragile e tutto quello che era successo mi stava devastando. Eppure, nonostante le mie debolezze, non ero ancora crollata del tutto, stavo reagendo in qualche modo e avevo imparato ad andare avanti. Si può solo andare avanti. Forse lo stavo facendo unicamente per dimostrare di non essere il fallimento che tutti avevano sempre creduto fossi, o forse perché per la prima volta da anni avevo incominciato a sentire le cose con un'intensità elettrizzante tanto da farmi innamorare come non mai della vita. È nei momenti peggiori che capiamo quanto è forte dentro di noi il desiderio di vivere.
Avevo l'assoluta certezza di non poter mollare, ma il dolore era un ostacolo, non riuscivo più a vedere i colori perché la luce dentro di me in quel momento si era tanto affievolita da riuscire a vedere a malapena la strada che avevo davanti. E, metaforicamente parlando, se fossi inciampata? Sarei riuscita a rialzarmi?
Un primo singhiozzo mi scosse, seguito subito da un altro. Portai le mani, prima abbandonate morte in grembo, al viso e presto le ritrovai bagnate dalle lacrime. Solo un momento di debolezza, solo uno, pensai. Poi mi sarei ripresa.
Me lo promettevo, sperando che le lacrime si portassero via con loro il ricordo del sangue che mi macchiava le mani e di quegli occhi che mi accusavano, umani come i miei.
Come avevo potuto farlo? Uccidere è così terribilmente sbagliato, non importava che la vittima fosse buona o cattiva: chi ero io per fare da giudice?
Potevo solo sperare che almeno tutto ciò mi avrebbe resa più forte, alla fine di tutto.
Ma per il momento le lacrime sembravano non volersi fermare e mi sentivo avvolta dal freddo, che mi cresceva da dentro. Forse veniva dal mio cuore, che stava diventando di ghiaccio.
Ero ancora in quello stato quando sentii qualcuno bussare alla mia porta. Sussultai e mi disperai, perché non potevo proprio farmi vedere così da anima viva: mi sentivo morire al solo pensare di mostrare tanta debolezza.
"Chi è?" domandai soffocando i gemiti e cercando di controllare la mia voce tremante.
"Sono Chris. Mi apri?" mi rispose la voce dall'altro capo della porta.
Soffocai un altro gemito.
Fantastico e ora cosa mi invento?
"Non mi va di parlare adesso..." risposi, sperando che lui demordesse. Ma lo conoscevo abbastanza bene da sapere che non lo avrebbe fatto.
"Kate, va tutto bene?" mi domandò infatti con tono teso.
"Sì, stai tranquillo. Tutto a posto." A meraviglia, aggiunsi nella mia mente. Come cavolo poteva chiedermi se era tutto a posto?
"Kate, aprimi. Subito," ribadì con un tono che sembrava non ammettere repliche. Infatti, non ne ebbe, rimasi zitta, troppo impegnata a tenere a bada quel pianto incontenibile.
Mi girava la testa, vedevo tutto un po' sfocato e le orecchie incominciarono a fischiarmi, stordendomi ancora di più.
Sentii a malapena il rumore della porta che si apriva e non mi accorsi che Chris era entrato fino a quando non mi ritrovai tra le sue braccia. Fu il suo abbraccio a permettermi piano piano di riprendere coscienza della realtà.
"Lo so, è terribile," mi sussurrò all'orecchio, mentre mi accarezzava i capelli. Non provò a consolarmi con parole inutili, dicendo che non era stata colpa mia o che non avevo perso la mia innocenza. Mi resi conto che ero stata davvero pessima a offrire il mio supporto a tutti gli altri fino ad allora, le mie parole non avrebbero mai aiutato nessuno a perdonarsi. Non ci si può perdonare per qualcosa di simile: lo si può solo accettare, con il tempo.
E tutto sommato eravamo in qualche modo fortunati, perché non eravamo soli. Insieme, tutti insieme, potevamo andare avanti. Non sarebbe stato facile, ma le cose sarebbero migliorate. Lo dovevo credere per forza.
Avevamo bisogno di questa speranza e, in quel momento, per la prima volta, fui davvero grata di essere finita in quell'avventura con tutti loro. Sì, persino con Jasmine. Non avrei potuto desiderare compagni migliori.
Non ero più la Kate di tre mesi prima, ma avrei imparato ad apprezzare quello che stavo diventando. Forse non sarebbe stato poi così male: forse, se davvero la mia luce interiore si stava spegnendo, qualcuno sarebbe stato così generoso da donarmi un po' della sua.
Mi persi e mi ritrovai mille volte in quell'abbraccio, mentre il mio respiro si faceva piano piano sempre più regolare. A un certo punto Chris mi prese in braccio e mi portò sul letto, facendomi sdraiare. Lui si mise accanto a me, stringendomi forte.
Sarei potuta nascere e morire tra le sue braccia.
Mezz'ora più tardi avevo smesso completamente di piangere, ma lui era ancora lì, al mio fianco. Una parte di me si sentiva veramente imbarazzata, dato che non eravamo mai stati vicini in quel modo per così tanto tempo, e la sua vicinanza rischiava di mandarmi in tilt un secondo sì e l'altro pure. Ma un'altra parte di me non si era mai sentita così tanto a suo agio con qualcuno e non si sarebbe voluta spostare per nessun motivo al mondo.
"Dovremmo fare qualcosa," dissi a un certo punto. Avevo bisogno di sentire la sua voce. "Mi stai vedendo piangere più spesso adesso di quando ero bambina."
Sentii il suo viso stendersi in un sorriso. Sorrisi a mia volta.
"Sei diventata proprio una piagnucolona," mi prese in giro, usando però un tono gentile. La sentivo, la paura di ferirmi era lì.
"Già, hai proprio ragione. Da piccola quante volte avrò pianto davanti a te? Due? Tre?"
"Quattro," mi corresse. "La prima è stata quando sei scivolata sugli scogli e ti sei sbucciata per bene il ginocchio. Come se non ti avessi ripetuto mille volte di stare attenta."
"Mmh," mugugnai. "Dai, lo sai che ero una bambina spericolata. E poi quel potente soffio di vento è arrivato all'improvviso."
"Sì, sì, me lo avrai ripetuto cento volte," annuì ridacchiando. "Ciò non toglie che io te lo avessi detto. Comunque, invece, la seconda volta avevi litigato con tuo padre perché non voleva che fossimo amici: aveva paura avessi una brutta influenza su di te."
"Beh, non che avesse torto," sorrisi. Sarò stata anche spericolata, ma molte delle pazzie che avevo fatto da ragazzina le avevo fatte solo per colpa sua, e penso che, se avesse potuto, mio padre lo avrebbe appeso al muro per una settimana. Ma Chris era pur sempre figlio di Sally O'Connor.
"Già," rise anche lui. "La terza è stata quando hai visto il livido che avevo sulle costole e, anche se non mi hai detto nulla, so che sapevi che erano stati i miei genitori. Ti ho adorata per quello..." mormorò, questa volta con tono più triste. Rimasi in silenzio, senza sapere cosa dire, proprio come allora. Non c'erano parole davanti a cose di quel tipo.
"La quarta è stata uno dei primi giorni di scuola, quando sei scoppiata dopo giorni di prese in giro e solitudine," disse con tono dolce, facendomi capire che sapeva quanto in effetti mi avesse fatto male tutto quello.
"Cinque," dissi io dopo un po', guardandolo. Lui rispose al mio sguardo, confuso.
"Dai che te lo ricordi. Il giorno in cui mi hai spezzato il cuore e io ti ho tirato uno schiaffo," dissi sorridendo. Era la prima volta che ne parlavo così liberamente. La cosa sorprese sia me che lui, a giudicare dalla O che formava le sue labbra.
"Chiudi la bocca," lo rimbeccai ridendo.
"Scusa, solo che è strano vederti scherzare su quello," disse, ancora sorpreso del mio cambiamento.
Sorrisi, timida. "Non so, forse dopo tutto quello che abbiamo passato negli ultimi mesi devo aver ridimensionato quello che è successo. Insomma, da un giorno all'altro ho scoperto che metà della mia vita è una menzogna, sono stata scelta per il Viaggio e ho acquisito poteri che ancora devo imparare a controllare. Per non parlare di quello che è accaduto dopo la nostra partenza. Perciò una litigata tra due undicenni mi sembra poca cosa ora."
Chris mi guardò con una curiosità nuova. Poi il suo volto si allargò in un enorme sorriso che mi mozzò il fiato. Era bellissimo.
I suoi occhi chiari mi bucavano l'anima e mi sentii incredibilmente scoperta, come se lui potesse davvero leggermi dentro. Battei in ritirata, appoggiando la testa sul suo addome, allontanandomi dal suo sguardo.
Il mio corpo si era irrigidito e divenni acutamente consapevole di ogni centimetro di pelle a contatto con la sua. Avvampai, desiderando di scappare, anche se sapevo che nel profondo non avrei voluto essere da nessun'altra parte.
Dopo qualche minuto di silenzio, per quanto mi riguardava estremamente imbarazzante, disse: "Sei cresciuta davvero bene, piccola Dothui."
Mi mancò il respiro: e quello cosa doveva significare? Imbarazzata e a disagio, optai per l'ironia: "Davvero? E io che pensavo che tu non mi sopportassi." Mi girai verso di lui, esibendo una sicurezza che certamente non avevo. Avevo davvero paura di sbilanciarmi troppo e finire per rovinare tutto. Avevo deciso di reprimere i miei sentimenti, ma se anche lui li avesse provati? Cosa sarebbe successo? Davvero avremmo rovinato la nostra amicizia ritrovata da poco, o l'avremmo potuta trasformare in qualcosa di migliore?
"Certo, è una mia abitudine stare abbracciato con le persone che non sopporto," rispose inarcando le sopracciglia con fare allusivo.
"Ah, quindi avevo ragione: non mi sopporti," sottolineai, avvicinandomi inconsapevolmente al suo viso. Solo in quel momento mi resi conto di quanto fossimo vicini, tanto che sentivo il suo respiro sfiorarmi la pelle. Il mio cuore incominciò a battere all'impazzata, facendomi temere che lui se ne accorgesse.
"No, non ti sopporto," disse in un soffio, avvicinandosi a sua volta e facendomi venire i brividi lungo tutto il corpo.
"Neppure io ti sopporto," sussurrai, anche se sapevamo bene entrambi che era una bugia enorme come Straix.
"Lo so," rispose a pochi centimetri dalla mia bocca. Non riuscivo a credere che stesse succedendo davvero. Mi ero chiesta un sacco di volte come baciasse e mi sentii sul punto di svenire quando mi resi conto che stavo per scoprirlo.
I nostri respiri erano diventati un tutt'uno, come i battiti dei nostri cuori.
Chiusi gli occhi, rapita in quel momento, ma rimasi immobile, incapace di fare il primo passo. Lo sentii avvicinarsi sempre più, il suo profumo che mi inebriava e...
"Kate, dobbiamo andare nel... oh," ci interruppe una voce, facendoci sussultare. In un attimo avevamo già preso le distanze, seduti ai due capi opposti del letto, senza guardarci. Mi sentivo bruciare le guance dall'imbarazzo.
"OH," disse di nuovo con maggiore enfasi la figura minuta incorniciata da una lunga chioma corvina.
"Aly, mmh... Chris era qui solo per... stavamo solo parlando, ecco," dissi concitata, guardando sconvolta la ragazza. In realtà anche lei sembrava sotto shock, probabilmente più di me, ma poi le spuntò il suo solito sorriso furbo e disse: "Certo, ovviamente." Trattenne a fatica una risata e io, di rimando, la fulminai con gli occhi.
"Beh, ero passata per dirti che tra poco ci troveremo nel salone ovest, ma vedo che sei... che siete occupati. Ci vediamo tra dieci minuti." E se ne andò strizzando l'occhio e lasciandomi nell'imbarazzo più totale.
"Non posso crederci, Kate e Chris... wow. E io che mi preoccupavo per lei... del resto un po' dovevo aspettarmelo," percepii i pensieri di Aly, mentre si allontanava. Sbuffai: un'amica fantastica.
"Wow, ecco, è stato abbastanza..." iniziò Chris alle mie spalle. Ero davvero troppo codarda per guardarlo.
"Imbarazzante, sì," lo interruppi, alzandomi di scatto e dirigendomi in bagno. "Preparati, dobbiamo andare, suppongo sia arrivato il momento."
Mi chiusi la porta alle spalle, emettendo un grosso sospiro. Che diamine era successo? Non era la prima volta che mi trovavo così vicina a baciarlo, ma era la prima volta che non ero stata io a tirarmi indietro. Se non fosse arrivata Aly poi che sarebbe capitato? Scossi la testa, preferendo non pensarci al momento. Mi sciacquai il viso, notando di avere gli occhi gonfi per le lacrime e rimpiangendo di non avere a disposizione dei trucchi per rimediare a quelle terribili occhiaie che mi solcavano il volto.
Quando uscii dal bagno Christopher se ne era già andato via e tirai un sospiro di sollievo. Non avrei davvero saputo come comportarmi.
Quel ragazzo mi stava facendo impazzire.
Fiorane, la donna che ci aveva accolti e un po' spaventati il pomeriggio prima davanti al palazzo, nonché capo della stessa Congrega, stava davanti a noi, affiancata da quelle che sembravano essere le sue consigliere. Era molto bella, anche se ormai sulla cinquantina, con una lunga treccia che le scendeva lungo la schiena. Indossava un abito scuro pregiato, ricco di decori e ricami: l'abbigliamento di una Grande Signora. Noi ragazze invece eravamo abbigliate con un semplice vestito, lungo fino ai piedi, ma molto comodo e leggero. Non avevo dubbi però che molto presto avremmo dovuto cambiarlo.
"Spero che abbiate passato una buona notte e che abbiate gradito questa giornata passata come nostri ospiti," ci accolse cortesemente.
Assentimmo, ringraziandola. La Congrega, per quanto fosse tenuta ad aiutarci, si era dimostrata fin troppo disponibile nei nostri confronti, assegnandoci subito una camera ciascuno, stanze davvero comode e confortevoli, nelle quali avevamo finalmente potuto avere un po' di meritato riposo. La sera prima, non appena io mi ero sdraiata nel letto, ero crollata in un sonno profondo e mi ero svegliata solo quella mattina, sul tardi, saltando perfino la colazione.
"Bene, allora, dato che vi siete riposati, credo che sia il caso di parlare del vostro ingresso a corte."
La strega ci disse che ci avrebbe garantito un accesso a palazzo per la mattina successiva, grazie alla benevolenza dei sovrani nei suoi confronti e a qualche altro trucchetto, che immaginai essere fin troppo simile a quelli da noi utilizzati per accedere all'accampamento su Mondeor. Ci garantì che, una volta arrivati nella dimora reale, avremmo potuto godere di tutti i servizi della corte, con tanto di alloggi, servitori e vestiti a volontà. Ma stava a noi muoverci al suo interno, evitare di far suscitare dei dubbi sul nostro conto e soprattutto ottenere posizioni di sempre maggiore rilievo. Ci mise in guardia sul posto pericoloso in cui stavamo entrando, dove complotti e scandali erano all'ordine del giorno. E infine consegnò un piccolo promemoria a ciascuno di noi, in cui vi era la storia delle nostre identità false, raccomandandoci di studiarle per bene entro il giorno dopo. Per una volta le cose sembravano quasi semplici, ma già mi chiedevo dove ci sarebbe stata la fregatura.
Appena ci congedò, mi ritirai nella mia camera, fuggendo sia da Chris che da Aly. Non avevo idea di come affrontare nessuno dei due. Cosa avrei detto alla mia amica? E come mi sarei dovuta comportare con Chris? Mi sarei applicata per trovare risposta a quelle domande più tardi, ma per il momento mi sarei limitata a scoprire chi fosse Katerina delle Isole Dorrown, rinchiudendo in un posto sperduto della mia testa tutti i problemi che mi affliggevano, che, come al solito, erano veramente troppi.
Tutti e sei venivamo dallo stesso luogo, le lontane isole Dorrown appunto, giustificando così il fatto che ci conoscessimo. Christopher e Zac sarebbero stati cugini, rispettivamente il figlio e il nipote del barone che possedeva l'isola centrale. Oliver e Jasmine invece sarebbero stati fratellastri, figli del possidente dell'isola più grande. Io e Aly saremmo state invece le figlie dei proprietari delle rimanenti zone insulari. Di fatto eravamo dei giovani ereditieri e ciò ci avrebbe certamente garantito una buona posizione tra i vari cortigiani. Inoltre, le isole Dorrown erano così lontane da essere piuttosto sconosciute allo stesso sovrano, così che sarebbe stato più facile perpetrare l'inganno.
Fortunatamente avevamo studiato abbastanza la geografia e la storia di Shailaing da poter sostenere le varie conversazioni con gli altri nobili, ma dovevamo stare comunque attenti, perché scommettevo che ci sarebbero state persone pronte ad attaccarsi a ogni piccolo errore per farci affondare.
Ma noi saremmo stati più furbi.
ANGOLO AUTRICE:
Che dire... Non odiatemi per aver interrotto per l'ennesima volta un possibile bacio! Ogni cosa ha il suo tempo e il loro non è ancora arrivato (e chi lo sa se mai arriverà 😈).
In realtà ci sono tante cose importanti in questo capitolo, dal concetto dell'invisibilità, che mi è tanto caro, al momento di rielaborazione di Kate riguardo ai fatti accaduti su Mondeor. Di sicuro l'intromissione di Chris e il loro riavvicinamento, e che avvicinamento, avrà una grande influenza sui capitoli che seguiranno, quindi preparatevi a delle belle!
Vi aspetto settimana prossima, le sorprese non mancheranno!
P.S. Non lo faccio mai di solito, ma inizio a sentirmi in colpa al riguardo: grazie mille a chi mi legge!
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