(R) CAPITOLO 31: Colpevole
La luce mi accecava e io stringevo con forza gli occhi chiusi. Mi sembrava tutto così confuso e mi girava la testa.
Era un sogno? Il mio sogno? Doveva esserlo per forza.
Una lama che lacera la carne.
Un liquido rosso che inizia a sgorgare dalla ferita.
Il corpo senza vita.
Una lacrima lungo il mio viso.
"Kate, Kate! Alzati, veloce!"
Una voce squarciò il telo immaginario che mi avvolgeva, trascinandomi verso la follia.
Ero in un parco. Era bello, anzi meraviglioso. Come diavolo ci ero finita?
Mi guardai intorno e vidi gli altri, confusi e ancora assonnati. Dovevano essere nel pieno del sonno quando io...
Non ora.
"Dove cavolo siamo, Chris?" domandò, sbadigliando Jas.
"In un posto dove decisamente non dovremmo essere," rispose lui sbrigativo, mentre si guardava intorno circospetto.
"Oh, andiamo bello, non fare il misterioso: che è successo?" chiese Zac, stropicciandosi gli occhi.
Non avevano ancora capito...
Sarei voluta scappare, prima che loro si rendessero conto di quello che avevo fatto, ma non potevo. Sentivo su di me un macigno che mi soffocava. Forse era il peso del sangue che avevo versato...
"Siamo a Shailaing," risposi invece. Chris allora si fermò, improvvisamente, focalizzando la sua attenzione su di me. Il suo sguardo era tremendamente preoccupato e quello mi faceva stare solo peggio. Distolsi subito gli occhi dai suoi.
Nel frattempo, gli altri avevano iniziato a collegare le tessere del puzzle, a giudicare dai loro sguardi sorpresi e allo stesso tempo impietositi. Li avevo guardati in quello stesso modo quando erano stati loro a uccidere?
"Kate..." mormorò Aly, a corto di parole. Aveva realizzato cosa avevo fatto. Se eravamo arrivati in quel nuovo mondo significava che avevamo portato a termine la missione. Io avevo ucciso. Semplice, inequivocabile azione. Sapevo che mi capiva, che tutti loro potevano capire. Eravamo davvero tutti nella stessa barca ormai, solo che questa iniziava a essere piena di falle e non sarebbe mancato ancora molto prima che affondasse. E in quel momento mi sarebbe tanto piaciuto affondare da sola.
Feci solo un cenno noncurante, nascondendo il mio dolore. Stavo male. Sarei stata anche peggio più tardi, ma non potevo lasciarmi andare e crollare. Non in quel momento: gli altri forse non se ne erano accorti, ma potevamo essere in guai seri.
"Siamo nel giardino del palazzo reale di Shail. Dobbiamo andarcene il prima possibile, prima che le guardie ci scoprano," dissi, iniziando anch'io a studiare il posto, in allerta.
Non avevo riconosciuto subito il luogo, ma solo perché ero sconvolta. Quello era stato lo scenario di molti dei miei viaggi mentali durante la mia adolescenza. Avevo letto una quantità esorbitante di libri ambientati in quel luogo fantastico e ne ero rimasta così affascinata che a un certo punto non mi era più bastato solo immaginarlo, ma avevo sentito il bisogno di vederlo con i miei occhi. Ovviamente allora non avevo alcuna speranza di andarci di persona, così un giorno mi ero recata nella biblioteca della Città e avevo cercato tutte le immagini possibili. Avevo trovato quindi moltissime illustrazioni che raffiguravano quegli immensi giardini, caratterizzati da spettacolari fontane e da un fiabesco labirinto, ed ero riuscita perfino a trovare qualche fotografia, scattata di nascosto da qualche esploratore del nostro mondo.
Non avrei mai pensato di vedere quella bellezza con i miei stessi occhi.
"Accidenti, sta arrivando qualcuno!" esclamò Chris, sentendo come me dei passi avvicinarsi.
Eravamo perduti: poco lontano c'era un boschetto in cui potevamo sperare di ripararci, ma non vi saremmo mai arrivati in tempo.
Vidi i miei compagni guardarsi intorno, sgomenti, alla ricerca di un rifugio. Non potevamo nasconderci, lo sapevo benissimo, non c'erano vie di fuga. Ma dovevamo almeno provarci.
Iniziai a correre il più veloce possibile, ringraziando mentalmente Spezzaossa per averci preparato con tanta durezza. Seguita dagli altri cinque, continuai a muovere le gambe verso quel miraggio di salvezza alberata.
Ma, come avevo temuto, quando eravamo appena a metà strada le guardie erano apparse da dietro l'angolo del palazzo e ci avevano visto. Un vocione ci intimò di fermarci.
Mi girai nella direzione dei soldati, che, nonostante la buffa e sgargiante uniforme colorata, apparivano tutt'altro che amichevoli.
"Ragazzi, muovetevi!" incitò Zac, affannato per la corsa.
Per un secondo credetti che ce l'avremmo fatta, davvero, ma, quando sentii una freccia sibilare poco distante dalla mia spalla sinistra, capii che eravamo spacciati.
Al primo dardo ne seguì un altro, questa volta a un soffio dalla testa di Jasmine e una terza si conficcò a terra, proprio dove un secondo prima c'era Oliver. Non stavano provando a colpirci, gli arcieri reali erano addestrati alla perfezione e raramente sbagliavano un tiro. Erano colpi di avvertimento, ma non avevo dubbi che, se non ci fossimo fermati, le prossime frecce non avrebbero bucato solo l'erba brillante.
"Dobbiamo fermarci e respingerli," disse allora Jas, bloccandosi sul posto, per poi girarsi verso le guardie.
Mi fermai anche io e la tirai per un braccio. "Che diamine fai? Non possiamo rischiare di farci prendere!" la rimproverai.
"Non abbiamo alternative, rischiamo di essere colpiti da un momento all'altro!" disse lei risoluta. La guardai allibita: pensavo di essere io quella che era sul punto di perdere la testa, di certo non me lo aspettavo da lei.
"Ma che problemi avete? Correte sciocche!" fu il commento carino di Aly.
"Ci colpiranno se continuiamo così," esclamò la bionda, lasciandosi però trascinare da me, dietro agli altri.
"Non se evochiamo uno scudo di protezione. Non se ne accorgeranno nemmeno, semplicemente penseranno di avere delle frecce danneggiate," disse con un sorriso furbo Oliver. E infatti un secondo dopo una sottile barriera ci avvolse, garantendoci di arrivare sicuri al bosco.
Non appena giungemmo al riparo degli alberi, mi fermai guardandomi intorno freneticamente e cercando di orientarmi.
Gli altri apparivano confusi e preoccupati perché le grida delle guardie si avvicinavano sempre di più. Non eravamo per nulla al sicuro e sapevo benissimo che non lo saremmo stati fino a quando non fossimo usciti dalla proprietà reale. Per fortuna io sapevo come farlo.
"Da questa parte" dissi agli altri, rimettendomi a correre inoltrandomi all'interno della boscaglia. "So che esiste un passaggio segreto attraverso un albero non molto lontano da qui, che conduce direttamente al paese qui vicino. Se riusciamo ad arrivarci prima che loro ci raggiungano, saremo salvi," chiarii con voce affannata per la corsa.
"E chi ci assicura che loro non ci seguiranno anche lì dentro?" mi chiese Chris, raggiungendomi e mettendosi al mio fianco.
"Il fatto è che nessuno su questo mondo dovrebbe conoscere il passaggio. Lo usavano solo i Viaggiatori provenienti da Majesten, per potersi muovere più facilmente dentro e fuori dal palazzo mentre documentavano questa meraviglia di giardino," gli spiegai. Sapevo che mi stavano luccicando gli occhi, quel luogo per me era sempre stata una meta turistica proibita e beh... Tutto a un tratto non lo era più. Dopotutto quel diavolo di Viaggio aveva i suoi vantaggi: finalmente potevo scoprire tutti quei Mondi sulle cui storie, immagini e foto avevo sbavato un'intera vita.
Chris mi guardò un attimo, stupito di come sapessi tutte quelle cose, poi scoppiò a ridere. Mi conosceva troppo bene per non capire i motivi per cui ero così informata su quel luogo.
Avrei tanto voluto poter rispondere a quella risata, ma un peso opprimente continuava a premermi sul cuore, rendendomi perfino difficile respirare. Da quando quella lama, la lama che io avevo lanciato, aveva colpito il petto di quell'uomo, un senso di malessere aveva preso possesso di me, stordendomi. Sapevo che non appena saremmo stati al sicuro il senso di colpa mi avrebbe schiacciato del tutto, ma per ora cercavo di relegarlo in una scatola dentro la mia testa e di non pensarci.
Alle nostre spalle le guardie sembravano avvicinarsi sempre di più, nonostante fosse per loro difficile capire dove stessimo andando, dato che Oliver aveva cominciato a gettare degli incantesimi di confusione per ostacolarli. Mancava ancora poco per arrivare al posto giusto e, nonostante non fossi mai stata in quei giardini, mi sembrava di conoscerli come le mie tasche. Alla faccia di chi dice che lo studio è inutile.
Finalmente sbucammo in una piccolissima radura, al cui centro si trovava un imponente albero.
"È quello?" mi chiese Aly, fermandosi colpita dalla bellezza di quel gigante.
"No," dissi con un sorrisetto, "è quello," e indicai un piccolo acero, mezzo rovesciato su di un lato, che si trovava proprio al limitare di quell'ameno spiazzo erboso. Mi avvicinai, con una certa reverenza. In uno dei miei romanzi preferiti quello era il tunnel che usavano i protagonisti per incontrarsi nelle loro notti d'amore. Era come un luogo sacro per me.
"Non vedo nulla," disse Zac, perplesso, fissandomi con fare interrogativo. Tutti mi stavano guardando allo stesso modo. Alzai gli occhi al cielo e dissi: "Se non fosse che da un momento all'altro potrebbero arrivare quei tipi dalle uniformi ridicole, vi farei rimanere qua fino a quando lo trovate, ma vista la situazione mi accontenterò di mostrarvelo."
Mi abbassai avvicinandomi alla base del tronco e un secondo dopo mi ero infilata nell'apertura che conduceva sottoterra, coperta da frasche e posta in una posizione tale da essere totalmente celata. Nessuno l'avrebbe mai notata a meno che non sapesse cosa cercare.
La discesa fu più accidentata di quanto mi aspettassi, tanto che ruzzolai per un po' prima di fermarmi.
"Kate! Stai bene?" sentii la voce di Christopher preoccupata giungere dall'alto. Sorrisi lievemente, mi piaceva che lui si preoccupasse per me, ma in quel caso non ce n'era bisogno.
"No, un albero mi ha appena divorato!" gridai di rimando sarcasticamente, mentre scuotevo via il terriccio dai vestiti. "Pensate di muovervi o volete aspettare le guardie?" li canzonai poi.
Neppure due minuti dopo eravamo tutti qualche metro sottoterra. Apparentemente al sicuro. E uso apparentemente perché era abbastanza difficile capirlo dato che...
"Accidenti è buio pesto!" proruppe Jasmine. "Non si vede nulla."
La ringraziai mentalmente per l'acuta osservazione che aveva fatto, come se noi non ce ne fossimo già accorti da soli. Sospirai spazientita.
Un bagliore iniziò a diffondersi nel passaggio in cui eravamo appena finiti e mi guardai intorno per individuarne la provenienza. Oliver aveva appena creato un piccolo globo luminoso, permettendoci così di vedere l'ambiente in cui ci trovavamo.
Era un tunnel scavato nella roccia, ma a differenza di come me l'ero aspettato sembrava tutt'altro che sicuro: era vecchio e sul punto di crollare, viste le numerose crepe. Sperai solo che avrebbe resistito almeno il tempo a noi necessario per uscire vivi da lì.
Guardai verso l'alto e riconobbi il punto da cui eravamo scesi, trovando impossibile però vedere la luce della superfice. Per tornare indietro sarebbe stato necessario arrampicarsi e senza attrezzatura non sarebbe stata certo una passeggiata. Avrei potuto levitare, ma gli altri? Dunque potevamo solo andare nell'altra direzione, seguendo quel lunghissimo corridoio che sembrava non avere fine. Pregai che non ci conducesse in un'altra situazione problematica.
"Bene, direi che c'è solo una strada da seguire," borbottò Chris, creando a sua volta una piccola palla di luce, aumentando la capacità di visione.
Non ho idea di quanto tempo passammo effettivamente in quel tunnel angusto, ma mi sembrò un percorso interminabile. Eravamo avvolti dal silenzio, spaventati dall'ignoto e tesi come le corde di quegli strani strumenti che, come sapevo dai miei studi, usavano sulla Terra nelle orchestre.
Appena usciti da un mondo pervaso dalla guerra, ci eravamo abituati a temere ogni cosa, perché ormai sapevamo che un pericolo poteva sbucare da dove meno ce lo si poteva aspettare. Il mese passato, invece di renderci più forti, mi sembrava che ci avesse solo distrutti, fratturati non tanto nel fisico quanto nello spirito. Eravamo stati gettati fuori all'improvviso dalla nostra zona di comfort ed era stato un vero trauma per noi, perfino per Alysha che aveva già dovuto affrontare la morte anni prima.
Il tempo che trascorremmo là dentro fu terribile, perché stavo conducendo una lotta con me stessa nel cercare di tenere intrappolate tutte quelle emozioni che minacciavano da un momento all'altro di uscire dalla scatola in cui le avevo rinchiuse, pronte a sopraffarmi.
Per quanto cercassi di pensare a qualsiasi altra cosa, non riuscivo a togliermi dagli occhi l'immagine dell'uomo che avevo ucciso. I suoi occhi spalancati. Il suo sguardo vuoto. La bocca aperta in un muto urlo. Il rumore del ferro che taglia la pelle. Il tonfo di un corpo che cade. La chiazza di sangue che si allarga...
Lo rividi che mi parlava, mi malediceva e mi accusava. Sapevo di avere fatto la cosa giusta da un lato, ma non riuscivo a togliermi dalla testa il fatto che avrei potuto mirare a una gamba o alla mano, insomma colpirlo non mortalmente, ma solo per fermarlo. E poi era servito davvero a qualcosa quello che avevo fatto? O magari il sicario aveva comunque posto fine alla sua missione? Forse il re era morto comunque.
Il tormento a cui ero sottoposta era causato da me stessa, perché io ero vittima, giudice e carnefice. Per quanto ci provassi, non riuscivo a fuggire dalla sensazione di avere le mani sporche di sangue.
Ma sapevo di non essere sola in quella situazione: anche i miei amici stavano vivendo da giorni la stessa guerra intestina, portandola avanti in silenzio, rispettosi del tormento degli altri.
E così quel passaggio segreto, quel cunicolo oscuro, divenne un luogo di espiazione, nel quale cercammo di lasciarci alle spalle quello che avevamo dovuto compiere per sopravvivere, proiettandoci in avanti, verso la nostra prossima avventura.
Ma non sarebbe stato facile. Fisicamente stanchi dopo quelle che mi erano sembrate ore di cammino, iniziammo a intravvedere la luce della superficie, lasciandoci alle spalle le tenebre, mentre dentro di noi ci sarebbe voluto molto più tempo per alleggerire quel peso che ci schiacciava l'anima.
Il tunnel iniziò a dirigersi verso l'alto e dopo non molto sbucammo all'esterno, ritrovandoci circondati da grossi massi, che, gettati un po' a caso, riuscivano a nascondere l'apertura da cui eravamo usciti.
"Ora dobbiamo capire dove siamo finiti," disse Zac, guardandosi intorno. Per sua fortuna io sapevo esattamente dove ci trovavamo.
"Siamo nella campagna che circonda il paese di Shail. Poco più in là dovremmo incontrare il sentiero che conduce direttamente al portone ovest," dissi indicando alle mie spalle.
Tutti si girarono in quella direzione. Anche a quella distanza si potevano vedere il grandioso palazzo dal quale eravamo appena scappati, un capolavoro di architettura che penso nessuno in tutti i Sette Mondi sia mai riuscito a eguagliare.
"Però, ne abbiamo fatta di strada," commentò Chris. "Sono curioso di sapere quanta ne dovremo ancora fare."
"Dobbiamo andare alla Congrega delle Streghe. Come avevamo deciso prima di partire: là vi sono le uniche persone che ci possono aiutare e che su questo pianeta abbiano idea di chi siamo," disse Jasmine.
Shailaing era il primo Mondo in cui giungevamo già sapendo quale fosse il nostro scopo: come prescelti era fondamentale che imparassimo a muoverci all'interno di una corte e che imparassimo a gestire tutti gli intrighi e i discorsi politici. Avevamo un mese esatto per introdurci a corte come dei Lord e delle Lady e imparare il più possibile. Ma soprattutto era nostro compito venire a conoscenza di un qualche importante segreto, entrare nelle dinamiche nascoste dell'élite di Shailaing. Al termine del mese l'Albero ci avrebbe automaticamente condotti a Namawi, a patto di soddisfare le sue aspettative. Altrimenti credo che saremmo rimasti lì fino a quando non avrebbe deciso diversamente. Per quanto mi affascinasse quel Mondo, non vedevo comunque l'ora di ritornare a Majesten, quindi desideravo decisamente evitare un soggiorno più lungo del necessario.
Come era chiaro il nostro obiettivo, lo era anche il modo in cui avremmo dovuto procedere per riuscire a essere ammessi a palazzo: in quel mondo la magia era molto rara, ma non del tutto assente. Con ogni probabilità ciò era dovuto ad antichi contatti degli abitanti di quel mondo con i Majestani, che affascinati da Shailaing, avevano deciso di trasferircisi, portando con loro anche il nostro sapere magico. Dopo secoli tutti coloro che avevano ancora dei poteri in quel mondo si erano riuniti nella grande e potente Congrega delle Streghe. Non fatevi ingannare dal nome, utilizzavano solo magia bianca e non erano tutte donne. Solo che, stranamente, per una volta c'era un sistema matriarcale.
La Congrega aveva una assidua corrispondenza con il nostro Mondo e tra i loro compiti, nel rispetto della figura sacra del Salice che anche loro veneravano, c'era appunto quello di accogliere ogni anno i sei Prescelti e di garantire loro l'ingresso a corte.
A noi, dunque, restava solo il compito d trovarla.
"Se non mi sbaglio, la loro base si dovrebbe trovare a due o tre ore di cammino da Shail. A giudicare da quanto ci siamo allontanati dal paese direi che siamo già a metà strada," rifletté Chris.
"Ragazzi, ma non dovremmo esserci portati dietro una mappa di questo posto? Eravamo d'accordo così," chiesi io, guardando Zac, dato che era lui il responsabile di tutti gli oggetti magici che ci eravamo portati da casa.
Il ragazzo mi guardò, con un sorriso triste: "Ehm, Kate, non so se non te ne sei ancora accorta, ma siamo tutti ancora vestiti da notte. Compresa tu. Tutto ciò che avevo è rimasto nella tenda, i miei vestiti come la sacca magica contieni-tutto."
"Oh," avvampai io, rendendomi conto che indossavamo solo semplici vestiti di tela, una casacca e pantaloni larghi. Il mantello che avevo indossato prima di uscire dalla tenda l'avevo levato durante il combattimento e il mio abbigliamento era sporco e lacero in più punti. Ero stata talmente assorbita da tutto quello che era successo in quelle ultime ore, dall'uomo che avevo ucciso al cambio improvviso e destabilizzante di ambiente, da aver perso quasi completamente il contatto con la realtà. Era arrivato il momento di riscuotersi.
"Accidenti, adoravo quelle tende," borbottò Alysha incrociando le braccia al petto. Tutti gli aiuti che ci eravamo portati per il Viaggio si erano volatilizzati, rendendo la nostra avventura ancora più complicata.
"Beh, credo che la prima cosa da fare sia procurarci dei vestiti adeguati, non possiamo andare in giro conciati in questo modo," disse pratico Chris.
Pochi secondi dopo ci trovammo avvolti da un'illusione che ci faceva apparire gente normale del popolo. Noi ragazze indossavamo vestiti con la gonna ampia e busti soffocanti, mentre i ragazzi larghe camice e stretti gilet, stivali e pantaloni comodi.
"Che c'è?" domandò Jasmine con un'alzata di spalle, quando tutti ci girammo nella sua direzione perplessi. "Così non dobbiamo preoccuparci di rubare gli abiti a qualcuno," spiegò.
"Bene, problema risolto," annuì Zac, trattenendo un sorrisetto. "Ora dobbiamo solo capire dove andare."
"Direi che è il caso di tornare sulla via principale."
Circa mezz'ora più tardi imboccammo una strada laterale che, a detta dei due anziani viandanti che avevamo incrociato poco prima, conduceva alla nostra meta. Neppure un'oretta di cammino e saremmo arrivati a destinazione.
Senza accorgermene mi ero trovata davanti di qualche metro rispetto agli altri, dato che mantenevo un ritmo sostenuto, nonostante fossi stanca per la tanta strada già fatta. Probabilmente andavo così velocemente solo perché non vedevo l'ora di arrivare e speravo che a quel punto avrei potuto finalmente avere la possibilità di stare da sola e dare sfogo a tutto il mio dolore. Mi sentivo come una bomba sul punto di esplodere e non sapevo quanto ancora sarei resistita.
"Kate!" sentii a un tratto chiamarmi dalla voce di Christopher. Mi si era affiancato mentre ero troppo distratta per accorgermene e ora camminava al mio fianco, mantenendo il mio passo. "Cosa c'è?" gli risposi io con un tono un po' più freddo di quanto avrei voluto.
"So che probabilmente non vorrai, ma credo che dovremmo parlare."
"Di che cosa?" chiesi fingendo di non capire, sebbene sapessi benissimo dove volesse andare a parare.
"Di quello che è successo nella tenda del re," chiarì lui, anche se dal suo tono si capiva chiaramente che sapeva che io avevo già inteso.
"Non capisco cosa possa esserci da dire al riguardo. Ho ucciso," il semplice sentirmelo dire mi diede la nausea. "Mi fa stare male? Sì. Starò bene? Sì. Non c'è altro da aggiungere."
"Oh, andiamo. So come sei fatta. So benissimo che in questo momento stai cercando di fuggire da te stessa e dal problema, ma questo non sistemerà le cose," proruppe lui, alzando gli occhi al cielo e chiaramente decidendo di continuare a tormentarmi.
"Touchè. Sono fastidiosamente razionale, lo so. Sono arrivata all'accurata conclusione che non ci sia alcun modo per cancellare quello che ho fatto. Accetto le conseguenze delle mie azioni. Starò bene prima o poi, ma di sicuro il pensarci continuamente ogni secondo non mi è di aiuto, quindi ti pregherei di smetterla di provare a tirare in ballo l'argomento," spiegai io. Era la verità, in un certo senso, ma non completamente. Il problema non stava nell'accettare le conseguenze, ma nell'accettare le mie azioni. Il che era molto più difficile.
Aveva ragione, stavo scappando, ma solo perché non volevo scoppiare davanti a tutti. Non me lo sarei mai permessa.
Chris appariva sorpreso dalle mie parole. Conosceva bene la vecchia me, ma molte cose erano cambiate da allora. "Kate, abbi fiducia in me: parlami, io posso capire e ti servirebbe."
Persi la calma. Ero così spaventata di ammettere quello che provavo che gli urlai praticamente contro: "Tu ti sei sfogato? No. Gli altri lo hanno fatto? No. E allora vorrei tanto sapere perché io dovrei farlo." Lo guardai e nei suoi occhi mi parve di scorgere dell'esasperazione oltre alla preoccupazione. Bene, allora se ne sarebbe presto andato. "Lasciami in pace," gli dissi per concludere, con un tono duro che non ammetteva repliche. Poi me ne andai avanti, affrettando ancora di più il passo.
"Ebbene, eccoci arrivati," mormorò Oliver, con tono reverenziale.
Davanti a noi si ergeva un imponente fortezza di pietra scura. Nonostante rispetto al palazzo reale apparisse minuscola, la costruzione faceva comunque una certa scena: era stato un regalo della famiglia reale alla Congrega diversi secoli prima, per sancire un rapporto di rispetto e reciproco aiuto. Infatti, i regnanti di Shailaing erano da tempo in ottimi rapporti con quel gruppo particolare di donne e uomini che, con la loro magia, riuscivano a garantire la sicurezza dei cittadini. Di sicuro non erano consapevoli che quelle stesse persone utilizzavano spesso la magia per manipolare la realtà e le loro menti, permettendo per esempio ogni anno l'ingresso di sei sconosciuti giovani nobili, senza sollevare alcun sospetto.
"Quindi... dovremmo bussare al portone secondo voi?" chiesi intimorita.
"Mi sembra l'idea migliore. Voglio dire, entrare di nascosto non mi pare carino," ironizzò Jasmine.
Non trattenni l'ennesima alzata di occhi al cielo. "Come se tu fossi una persona carina," mugugnai.
"Come, scusa?" ribatté lei. Oh, cavolo, mi aveva sentito...
"Non ho detto nulla," feci la finta ingenua, ma senza trattenere un sorrisetto furbo. Ero proprio in vena di litigare, un modo perfetto per sfogarmi.
"Ma brutta schifosa come ti permetti..." si inalberò lei, avvicinandosi minacciosa. L'avrei accolta con piacere...
"Smettetela!" sbottò allora Chris, guardandoci con sguardo ammonitore. "Credo che ci siano problemi più importanti da risolvere di chi ha detto cosa, giusto?" disse lanciandoci un'occhiata che pretendeva una risposta. Sbuffai: perché diamine non si faceva i cavoli suoi?
"Giusto?" ribadì perentorio, vedendo che non accennavamo a rispondere.
"Sì," rispondemmo insieme, con tono scontroso e sguardi fiammeggianti. Prima o poi avremmo avuto modo di regolare i conti.
"Bene e allora direi che sia il caso di andare a chiedere ospitalità," disse quindi, con tono stanco. "Un po' di riposo farà bene a tutti, suppongo," aggiunse poi con un sospiro. Mi sentii in colpa, forse se stava così era anche per come lo avevo trattato poco prima. Mi rabbuiai ancora di più.
Ci avvicinammo al portone, un po' titubanti, con l'intenzione di bussare a quegli imponenti battenti.
"Chissà come sono..." mi mormorò Aly. Sembrava molto spaventata e mi chiedevo il perché. Magari sull'isola in cui viveva c'erano strane leggende sulle streghe, in fondo avevo letto di come si tramandasse che alcune di queste avessero aspetti orribili e si cibassero addirittura di bambini. Da quel che sapevo non era questo il caso, ma chi lo poteva dire? Un brivido mi percorse la schiena.
"Penso che tra poco lo scopriremo," risposi a bassa voce alla ragazza.
"Già. E prima ancora di quanto vi aspettiate," sentimmo dire da una voce sconosciuta che proveniva dalle nostre spalle.
Ci girammo tutti di scatto, spaventati.
"Salve, sono Fiorane. Benvenuti nella nostra Congrega," ci sorrise la donna davanti a noi.
ANGOLO AUTRICE:
Benvenuti a Shailaing!
Eccoci già arrivati al terzo mondo tappa del Viaggio.
In questo primo capitolo di questa quarta e ultima parte del primo volume della saga MAJESTEN, ci immergeremo in una realtà molto differente da quella a cui ci eravamo abituati negli ultimi capitoli. Per un po' sangue e morte verranno messi da parte, per venire sostituiti da merletti e intrighi di corte. Quello che più amo di questo romanzo è stata proprio la possibilità di sfruttare ambientazioni tanto diverse, ma ai miei occhi parimenti affascinanti. Spero apprezzerete i prossimi capitoli!
Alla prossima settimana!
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