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(R) CAPITOLO 30: L'ombra



Mi continuavo a rigirare nel letto, incapace di prendere sonno. Ero inquieta quella notte e non riuscivo davvero a capirne il motivo. Negli ultimi giorni le cose sembravano essere migliorate, eravamo riusciti ad arrivare all'accampamento vicino ai monti sacri e quindi a portare a termine quella che era stata la nostra missione. Il clima del gruppo era strano, per una volta sembravo io quella con meno tensioni con gli altri. Mentre Zac e Jas si evitavano e Alysha cercava a tentoni di riavvicinarsi a Oliver, ancora sconvolto dalle sue azioni, io avevo invece finalmente ritrovato la mia amica e recuperato il rapporto con il mio amico d'infanzia.

Dopo quanto era successo quel giorno, avevamo avuto delle difficoltà a spiegare tutto ai nostri altri compagni garenniti, ma alla fine un po' di condizionamento mentale aveva risolto tutto. Dopo aver dato una degna sepoltura a Giddeof, avevamo ripreso il cammino, procedendo stranamente senza intoppi. Poi una volta giunti alla meta vi ci eravamo stabiliti per trascorrere qualche giorno di necessario riposo. Ma non avevo dubbi che presto ci avrebbero rispediti in battaglia.

Eppure, non era quello a preoccuparmi. Quella notte percepivo come una nota stonata nell'aria, un presagio che mi faceva stare all'erta. E ultimamente temevo particolarmente le mie sensazioni negative.

Mi alzai di scatto dalla branda cigolante su cui ero seduta. Ero insofferente per il non riuscire a prendere sonno. Io, che ero una dormigliona per natura, non sopportavo più di soffrire fin troppo spesso di insonnia, che fosse per causa di incubi o di strani presentimenti.

Così alla fine presi la decisione peggiore possibile: mi infilai il mantello per ripararmi dall'aria fredda e uscii fuori dalla tenda.

L'accampamento era avvolto nel silenzio, interrotto solamente dall'ululato del vento che soffiava forte e attorcigliava i miei lunghi capelli. L'aria fresca di montagna era pregna di quello che ormai avevo capito essere l'odore di quei luoghi: un misto di fumo, sangue, ferro e sudore. Terribile, ma a cui ormai mi ero abituata.

A quell'ora il campo aveva un aspetto inquietante e ombre scure si allungavano a terra, come se fossero spettri. Rabbrividii. La luna era ridotta a un sottilissimo spicchio quella notte e rischiarava a malapena la strada davanti a me, ma non osai usare la magia, per paura di essere vista da qualcuno.

Quell'accampamento era il più importante di tutto l'esercito Garennita e per questo era anche di dimensioni enormi. Ai miei occhi appariva davvero sterminato e, dopo tre giorni, non ero ancora riuscita a orientarmici. Avrei rischiato seriamente di perdermi nel girovagare così senza meta, ma accettavo il pericolo, pur di evitare di passare la notte a rigirarmi nel letto.

Dovevano essere passati già un quindici minuti buoni quando intravidi una figura davanti a me, non troppo lontana. Per un secondo pensai che sarebbe stato meglio tornare indietro, volevo evitare di trovarmi in una situazione spiacevole, ma prima che potessi arretrare anche solo di un passo la figura incappucciata si fermò e lentamente si volse nella mia direzione.

Avevo trattenuto il fiato tutto il tempo, terrorizzata, ma quando vidi un ciuffo di capelli chiari sbucare dal cappuccio e gli occhi di ghiaccio inconfondibili tirai un sospiro di sollievo.

Lentamente mi avvicinai, fino a trovarmi a pochi passi da lui.

Dopo esserci fissati per pochi secondi lui mi fece un grande sorriso, dicendomi: "Avevi paura, eh?" Era divertito, probabilmente per come lo avevo guardato spaventata mentre si girava.

"Stupido, non avevo paura. Solo non muoio dalla voglia di essere stuprata o uccisa!" risposi io a bassa voce, cercando di nascondere l'evidenza dei fatti, ma soprattutto di non ridere a mia volta.

"Tranquilla, ti avrei vendicata in tal caso," mi rispose lui ironico, anche se nei suoi occhi leggevo una serietà che mi faceva pensare che, in fondo, non stesse poi così scherzando. La cosa mi fece sentire stranamente protetta.

"Allora sì che sarei contenta," gli risposi alzando gli occhi al cielo, permettendomi un piccolo sorriso. Le sue labbra si incurvarono di rimando.

Si era creata una strana tensione tra di noi, sentivo una sensazione che conoscevo bene, ma che mai era stata così forte e mai mi ero preoccupata così tanto di fermare. Ero attratta, ma non volevo che succedesse qualcosa tra di noi, non ancora. E penso che per lui fosse la stessa cosa, in fondo avevamo appena ritrovato un po' di equilibrio dopo anni.

Dopo istanti interminabili lui, sempre sorridendo, mi chiese: "Anche tu non riesci a dormire?"

Annuii, delusa ed al contempo grata per la fine di quel momento troppo intenso, e gli chiesi della sua insonnia.

"Bah, per la stanchezza crollavo durante la marcia, ma si vede che, ora che ci siamo riposati, quella infame ha deciso di ritornare a torturarmi. Amen, ci sono abituato" alzò le spalle con noncuranza.

Iniziammo a passeggiare fianco a fianco per i vicoli scuri, tra una tenda e l'altra.

"Ho una strana sensazione sai. Un senso di angoscia, come se percepissi una minaccia in agguato," confessai, sperando che, parlandone, quel disagio sarebbe sparito.

"Normalmente ti direi che è solo suggestione, ma ho imparato a fidarmi dei tuoi presentimenti. Là su quella scogliera avevi avuto ragione. Non mi sento di mettere in dubbio il tuo sesto senso," mi rispose, la fronte corrugata, mentre rifletteva. "D'altra parte, in questo momento non vedo grandi pericoli. Suppongo basterà tenere gli occhi ben aperti."

"Non posso dire che tu mi abbia tranquillizzato, ma sì, hai ragione. Qualsiasi cosa sia ce ne accorgeremo," sospirai. La mia collana non aveva dato cenni di vita dopotutto, non avevo motivo di pensare subito al peggio.

"Già," confermò lui. Poi, cambiando argomento, disse: "Kate, vorrei chiederti una cosa. Si tratta di Zac e Jasmine: è da un bel po' ormai che mi sono accorto che qualcosa non va tra di loro, ma nessuno dei due pare intenzionato a farmi capire cosa. È questo il problema di avere degli amici in grado di percepire sentimenti o pensieri: sono muri invalicabili. Tu sai qualcosa?"

Sentii il volto andare in fiamme al ricordo dell'episodio tra i due ragazzi. Mi innervosiva ancora pensarci, perché davvero non sopportavo di vedere una bella persona come Zac soffrire per una superficiale ragazza insensibile.

"Mmh... potrei sapere cosa c'è dietro. Solo non sono sicura che sia giusto che io te lo dica," risposi titubante, giocherellando con il laccio del mio mantello.

"Come, scusa? Quindi tu davvero sai qualcosa! Ho chiesto così per chiedere, ma non mi aspettavo tu mi rispondessi di sì. Non riesco a crederci, si fidano più di te che di me, è ridicolo!" si scaldò, esattamente come avevo previsto.

"Shhh, abbassa la voce che sveglierai tutti! Chris, stai tranquillo, non me lo hanno raccontato. Diciamo che ero nel posto giusto nel momento giusto. O nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Dipende dai punti di vista," risposi con il fine di tranquillizzarlo.

In realtà capivo il fatto che la ragazza e Zac avessero preferito non raccontare a Chris quello che era successo, considerato il fatto che in teoria Jasmine era anche destinata a sposarsi proprio con lui. In realtà, in tal proposito, Zac mi aveva confessato il giorno prima che gli era venuto il timore che la fata tenesse a Chris più di quanto lasciasse intendere, ammettendo che forse si era sbagliato quando me ne aveva parlato al ballo. Io sinceramente non sapevo più che pensare: dovevo ammettere che nell'insieme, tralasciando quel disgustoso bacio che avevo visto nella camera di Chris al Palazzo Cittadino, vedevo i due ragazzi comportarsi sempre come amici e nulla più. Ma potevano benissimo essere degli ottimi attori.

"Sono ancora più confuso di prima. Cosa può essere successo, insomma loro bisticciano molto spesso, ma non mi sono mai sembrati così tanto lontani come ora..." mormorò di rimando, mostrando una vera e profonda preoccupazione per i suoi amici. "Se tu mi rivelassi qualcosa magari potrei aiutarli..."

"No, Chris. Non ci provare, non posso," misi subito le mani avanti prima che mi convincesse a spifferare tutto. "E poi dubito che tu possa cambiare in qualche modo la situazione: è una cosa che devono risolvere da soli."

"Okay, okay. Ci ho provato almeno," sembrò rassegnarsi deluso.

"Chris. Posso farti io ora una domanda?" azzardai, vincendo la titubanza iniziale.

"Certo," rispose subito senza esitazione, guardandomi in attesa.

Ero imbarazzata a chiederglielo, ma era un dubbio che ormai mi tormentava da tempo e che negli ultimi giorni si era fatto ancora più intenso.
"Tu e Jasmine... Cosa c'è tra di voi?"

Ero spaventata da quella domanda, temevo di essere stata inopportuna o di fare la figura dell'impicciona o di apparire troppo interessata, ma soprattutto temevo la sua risposta.

Ammetto che fui persino tentata di invadergli la mente e di carpirne i pensieri, ma mi trattenni. Sarebbe stato come violare la sua intimità e non mi sembrava di averne il diritto, in particolare ricordando come aveva reagito quel giorno alla Domus Alba.

"Siamo solo amici. In pratica i nostri genitori ci hanno costretto a crescere insieme e abbiamo imparato a volerci bene. È una delle persone a cui sono più affezionato e le devo molto."

Il mio cuore era sobbalzato alla parola amici, come risollevato. Ma non mi sentivo rassicurata al cento per cento. Tutt'altro.

"Chris, voi due siete fidanzati!" esclamai, mantenendo un tono basso.

"Sì, certo, ma... è solo una facciata, non abbiamo davvero interesse in quel senso l'uno per l'altra," mi rispose con uno sguardo incuriosito. Sicuramente stava pensando che ero gelosa di Jas. Diamine di ragazzo, se lo stava pensando aveva assolutamente ragione, purtroppo.

"Uhm... E chiaramente gli amici si baciano," bofonchiai, irritata al punto da essere incapace di trattenermi. La gelosia non mi si addiceva, pensavo di non esserne per nulla il tipo, eppure una fiammella dentro di me si era accesa ed era pronta a bruciare ogni cosa se il ragazzo al mio fianco mi avesse dato modo di intendere che provava qualcosa per Jasmine. Non mi era mai successo in passato di sentire quel fastidio dentro di me e la cosa mi faceva impazzire.

"Scusa?" mi domandò di rimando, fermandosi e girandosi verso di me.
Feci lo stesso e lo fissai dritto negli occhi, per nulla intimorita:
"Vi ho visto, nel palazzo, prima di partire, mentre stavi andando a letto con lei," dissi digrignando i denti, i pugni stretti per trattenere la furia senza controllo dentro di me.

"Cosa? Io e lei non siamo mai andati a letto insieme!" spalancò gli occhi.

"Certo, come no," replicai guardando in alto e sbuffando forte.

"No. Effettivamente no. Non so cosa tu possa aver visto, ma sono sicurissimo del fatto che non lo abbiamo mai fatto!" era stato talmente sicuro nel dirlo che quasi mi convinse.

"Beh, anche se fosse, avete comunque fatto qualche cosa. Ricordo bene il vostro bacio appassionato."

"Non ho mai negato di averla baciata. Anzi, a essere precisi era stata lei a baciare me."

"E tu non hai disdegnato."

"Immagino di no," rispose di getto. Poi, vedendo la mia espressione nella tenue luce della luna, aggiunse esasperato: "Oh, non ti aspetterai davvero che io ti stia a spiegare il motivo di certi miei comportamenti. Tanto mi crocifiggeresti a priori."

"Io non sto crocifiggendo proprio nessuno, sei assolutamente libero di fare quello che vuoi. A me non importa nulla," gli risposi muovendo le braccia da una parte all'altra.

"Ah, davvero? Sai, non si direbbe," disse ammorbidendo il tono.

Finsi una risata, sentendomi avvampare. "Non dire sciocchezze, non potrei mai essere gelosa di te." Oh, grande bugia... quanta paura avevo che mi si leggesse in faccia. Per fortuna il buio poteva difendermi.

Allora lui sorrise. Era soddisfatto per chissà cosa. Poi iniziò ad avvicinarsi pericolosamente a me, gli occhi lampeggianti che mi fecero contrarre tutti i muscoli.

Accostò la bocca al mio orecchio, provocandomi un brivido lungo tutta la spina dorsale, il suo respiro caldo che mi solleticava la pelle del collo, e mi sussurrò:
"Peccato. La cosa non mi sarebbe affatto dispiaciuta." Mi lasciò, ciliegina sulla torta, un piccolo bacio appena sotto l'attaccatura dell'orecchio. Mi sciolsi e gelai nello stesso momento. Quella volta non sarei resistita alla tentazione di baciarlo, ne ero sicura. Lo odiavo per quello, ma cavolo se lo desideravo!

Fu un rumore quella volta a salvarmi. Un fruscio che attirò la mia attenzione e mi risveglio dalla trance.

"Chris," mormorai allontanandomi. "Ho sentito un rumore. C'è qualcuno."

E poi la vidi: un'ombra tra le ombre della notte. Una figura incappucciata che si muoveva furtiva lungo i profili delle tende.

"Guarda là!" lo esortai bisbigliando. Chris seguì la direzione del mio dito, strizzando gli occhi. Poi, vedendola anche lui, li spalancò leggermente. Ci guardammo: qualcosa non ci convinceva affatto e sentivamo il bisogno di controllare. Ci capimmo all'istante e iniziammo a seguire con circospezione quel tipo sospetto.

Si muoveva con lentezza, ma sicuro di dove stesse andando. Forse era solo un soldato e io avevo letto decisamente troppi libri che parlavano di congiure, ma da quando avevo visto quella sagoma la mia inquietudine era aumentata in modo esponenziale.

Noi la seguivamo a una distanza tale da evitare di essere scoperti, ma allo stesso tempo da non perderla di vista. Ero terrorizzata di fare un passo falso da un momento all'altro o anche solo che i miei stivali fossero troppo rumorosi. In tal caso saremmo finiti in guai seri. Molto seri.

Presa dalla preoccupazione non mi accorsi subito che l'ombra ci stava portando nella parte più interna dell'intero accampamento, dove alle tende si sostituivano edifici in legno nei quali alloggiavano i più importanti generali dell'esercito, i ministri, i consiglieri e lo stesso re.

Quando eravamo giunti all'accampamento qualche giorno prima, ci avevano condotti direttamente nell'alloggio reale, in modo da consegnare l'importante messaggio della nostra missione. A differenza di come mi ero aspettata, la casetta di legno era scarna, priva di particolari comodità, essenziale e povera. Doveva essere davvero un re guerriero, come veniva dipinto, dedito al popolo e sempre pronto all'azione.

Eppure, quando lo avevo visto entrare nella nostra stessa stanza, ero rimasta un po' delusa: sembrava, stanco, i tratti del volto segnati da tantissime piccole rughe. I suoi occhi erano spenti, quasi rassegnati. Mi domandai che autorità potesse mai esercitare un uomo simile.

Poi però lo avevo sentito parlare e avevo capito gli sguardi carichi di ammirazione che i suoi soldati gli rivolgevano. Era saggio, calmo, controllato, ma in un qualche modo incredibilmente autoritario. Rispettabile.

La figura misteriosa che stavamo pedinando si fermò esattamente in prossimità dell'alloggio del sovrano, lontano quanto bastava per non essere visto dalle due guardie che controllavano l'ingresso. Purtroppo, entrambe erano profondamente addormentate.

Incompetenti, pensai storcendo la bocca, ma un attimo dopo dovetti trattenermi dal cacciare un urlo, poiché l'ombra fece improvvisamente un balzo verso le sentinelle e tagliò a entrambe la gola.

Chris, mi premette una mano sulla bocca, stringendomi forte da dietro e ciò, nonostante tutto, riuscì in piccola parte a tranquillizzarmi, permettendomi di riprendere il controllo. Una figura misteriosa, l'alloggio del sovrano, due guardie sgozzate. Non c'era bisogno di essere una divoratrice di libri e film d'azione e avventura per capire cosa significasse. Dovevamo assolutamente fare qualcosa.

Ogni titubanza venne vinta dall'adrenalina che mi invase non appena l'assassino varcò l'ingresso, diretto verso la sua vera vittima.

Non avevamo bisogno di parole per capire quello che dovevamo fare: in pochi secondi fummo anche noi all'interno e con sorpresa non trovammo nessuno. La piccola saletta di ingresso sembrava assolutamente vuota.

Sulla parete in fondo c'era la porta che conduceva alla stanza del sovrano, che dormiva insieme al suo servitore. Era chiusa.

Poteva significare solo due cose: o l'assassino era già entrato in quella stanza, prestando addirittura attenzione a chiudersi la porta alle spalle, oppure doveva essere da qualche parte lì con noi. Nascosto.

Infatti, non appena ci avvicinammo a quella porta di legno scuro, ci attaccò. Sbucò fuori dal nulla, balzando addosso a Chris, il riflesso di una lama a un soffio dalla gola del mio amico. Non fui abbastanza veloce per reagire, presa fin troppo alla sprovvista, ma per fortuna gli anni di allenamento del ragazzo gli salvarono la vita. Non so come, ma riuscì a gettare a terra l'uomo, il quale però riuscì velocemente a rimettersi in piedi, con una mossa a dir poco acrobatica. Dal modo in cui si muoveva non avevo dubbi che fosse molto più agile e pericoloso di noi due. Sembrava una perfetta macchina assassina.

E noi avevamo un grande problema: eravamo disarmati. Non avevamo speranza. O quasi.

Tutto si fermò per tre secondi. Poi lo scontro cominciò.

Io e Chris andavamo di calci e schivate, pugni e salti, mentre il nostro avversario cercava continuamente di affondare la sua arma luccicante nella nostra carne. A un certo punto ricevetti un calcio sul fianco, tanto forte da mandarmi lunga distesa a terra, dopo aver rotolato per qualche metro. Sentii un dolore forte, che mi mozzò il respiro, ma quando cercai di rialzarmi a fatica notai che poco più lontano c'era un coltello, appoggiato su un tavolino di legno. Non avrei voluto usarlo, ma eravamo in grande difficoltà e ogni aiuto o strumento sarebbe stato utile. D'impulso attirai a me la lama con la telecinesi, senza fatica, afferrandola con forza. Per quanto odiassi le armi, non potevo tirarmi indietro in quel caso, ormai non si trattava più solo della vita del sovrano, ma anche della nostra. Dovevamo per forza fermare il sicario.

Lottando contro il dolore lancinante al fianco mi ributtai nel mezzo del combattimento.

Stavamo per avere la meglio, una parte di me si sentiva già trionfante nel vedere come stavamo tenendo a bada l'omicida. Non potevo fare errore peggiore.

Eravamo talmente presi dal combattimento da non accorgerci del rumore della porta della zona letto che si apriva, cigolando.

"Non ti ho pagato per farti beccare da due ragazzini," disse una voce seria, prendendoci tutti alla sprovvista. Sorpresi, io e Chris ci allontanammo dal nostro avversario, prendendo una buona distanza di sicurezza, e girammo il volto verso colui che aveva parlato.

Non ci potevo credere. Si trattava del servitore personale del re che teneva stretto davanti a lui il sovrano stesso, puntandogli una lama al collo. L'anziano monarca aveva gli occhi sbarrati, ancora sotto shock per quello che stava accadendo, guardandoci con una muta richiesta di aiuto nello sguardo.

"Voi due siete del gruppo nuovo giusto? Quelli appena arrivati con quel messaggero. In effetti sembravate svegli, bravi. Ma purtroppo questo non vi salverà," il traditore si rivolse direttamente a noi, come se fossimo delle semplici scocciature.

"Non c'era alcun bisogno del tuo intervento. Nessuno mi ha mai sconfitto e non saranno certo questi due a farlo," parlò per la prima volto la figura incappucciata, facendomi trasalire. Aveva una voce graffiante che metteva i brividi e trasudava malignità.

"Davvero? Io invece credo che fosse fondamentale il mio intervento, dato che ormai hai rovinato il mio piano originale. Quindi, come si usa dire, è il momento di passare al piano B."

E pronunciando quelle parole gettò a terra il monarca, come se fosse un sacco di patate, fiondandosi quindi dritto su di me.

Non me lo aspettavo, ma per fortuna ebbi i riflessi abbastanza pronti per evitare al pelo la lama diretta verso il mio collo. Una ciocca dei miei capelli cadde a terra, ed era terrorizzante il pensiero che al loro posto poteva esserci la mia intera testolina. Va bene, forse non mi avrebbe potuto decapitare con quel pugnale, ma ciò non voleva dire che non sarebbe riuscito a tagliarmi la gola. Il risultato sarebbe stato lo stesso: io morta.

Mi misi in guardia, puntando davanti a me il coltello, mentre prendevo le distanze da quello sporco essere. Come diamine avevamo fatto a finire coinvolti in quella situazione assurda? E pensare che non sapevamo neppure i fini di quella piccola congiura. Nel delirio della lotta mi resi conto che vicino a noi Chris si stava invece scontrando con quello che avevo dedotto essere un assassino assoldato dal servitore ribelle. Invece, a terra, il re sembrava come pietrificato, come se fosse troppo sconvolto per prendere parte allo scontro. Mi chiesi se quell'essere schifoso che continuava a cercare di trafiggermi con la lama lo avesse drogato, in modo che non potesse opporre resistenza, o se fosse solo il terrore a inebetirlo.

Ero in difficoltà, ma principalmente perché ero costantemente distratta dal cercare di capire come se la stesse cavando Chris. Per poco non ci mancò che il mio avversario mi colpì al fianco, ma riuscii a schivare l'attacco con un balzo laterale. Saremmo potuti andare avanti così ancora per molto, se solo io non mi fossi resa conto di qualcosa che mi pietrificò dall'orrore: il mio amico era stato colpito e buttato a terra da un potente calcio che lo esponeva alla lama del nemico. Non sembrava essere in grado di schivarla abbastanza velocemente e io, presa dalla disperazione, agii d'impulso: mi buttai al suo fianco creando uno scudo di energia, che ci proteggesse entrambi. Avevo fatto l'idiozia di usare la magia, per giunta sotto gli occhi del re. Mi sarei preoccupata delle conseguenze solo dopo essere uscita da quella tenda sana e salva.

"Stai bene?" domandai a Chris, guardandolo preoccupata e ponendo una mano sul suo petto. Per quei due secondi mi sembrò quasi che tutto si fermasse, un momento nostro, anche in mezzo alla tempesta potevano essere un punto fermo. Ma poi venni richiamata alla realtà e girandomi mi resi conto del mio grande errore: avevo lasciato libero di agire il servo traditore.

"A loro due penserò dopo. Il mio obiettivo sei tu," disse proprio in quel momento questi al re, al quale si era avvicinato terribilmente. "Doveva ucciderti il mio sicario, ma non posso negare che questa sarà una grandissima soddisfazione." E alzò la lama, pronto ad abbassarla dritta nel petto del monarca inerte.

Chris era bloccato, ancora stordito dal colpo ricevuto. Anche l'assassino incappucciato era fermo. Nessuno avrebbe fatto nulla. Potevo farlo solo io. Solo io potevo provare a fermarlo. Era il re. Il popolo ne aveva bisogno, pensai.

E lo feci, velocemente presi la mira e tirai il coltello contro il mio obiettivo. Non sbagliai. I miei lanci di solito non erano mai stati un granché, ma quella volta fu un lancio perfetto.

E lui crollò a terra davanti ai miei occhi.

Avevo fatto quella cosa maledetta che non avrei mai voluto fare. L'avevo fatta anch'io alla fine.

Mi sentii mancare la terra sotto i piedi e pensai di stare per svenire, ma in realtà ero finita nel vortice. In quel vortice. Avevo compiuto la missione. Tutti noi lo avevamo fatto: eravamo sporchi, ma liberi di andare oltre e lasciare quella terra di sangue e morte.



ANGOLO AUTRICE:

Lo devo dire, è stato davvero doloroso scrivere questo capitolo. Doloroso perché sapevo come sarebbe finito, doloroso perché so cosa significherà per Kate la sua azione, doloroso perché immagino cosa avrebbe potuto significare per me.

Inizialmente non avrei voluto rendere Kate una "assassina". Però, la storia deve seguire il suo corso e questo evento, questa sua "scelta", sarà fondamentale per il percorso di crescita della fata. 

Il lato positivo è che abbiamo detto addio a Mondeor (o almeno per questo libro...) e che la prossima settimana ci addentreremo in un altro mondo: Shailaing. 

A sabato prossimo!

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