(R) CAPITOLO 24: Assassina
Io e Aly ci stavamo muovendo tra la fitta e rigogliosa vegetazione della Foresta di Urudan, posta al centro di Nirban. Pensare che il resto di quel continente fosse devastato dalla guerra mi sembrava impossibile, osservando la natura incontaminata che mi circondava. Cullata dal dolce cinguettio degli uccelli e incuriosita dal fruscio di qualche strano animale, mi facevo strada, spostando con il pensiero i numerosi rami che ostacolavano il nostro passaggio. Nel frattempo, le cicale non interrompevano mai il loro concerto.
"Dannazione!" esclamai, inzaccherandomi il pantalone nero di fango, dopo aver sbattuto per sbaglio il piede in una pozza melmosa. "Amo la natura, ma sono pur sempre una ragazza di città," sbuffai, scuotendo la gamba per sgocciolarmi, ma in realtà peggiorando soltanto la situazione.
Alysha, poco più avanti di me, scoppiò a ridere. "Quanto ti lamenti, principessina. È solo fango, non ti fa nulla. Piuttosto, ringrazia il fato di non aver ancora visto qualche animale pericoloso: ce ne sono più di quanti puoi pensare da queste parti," mi ricordò, mettendomi in guardia.
In fondo era la prima volta che mi addentravo così tanto tra gli alberi, lasciando la piccola radura in cui ci eravamo accampati da ormai cinque giorni
Dopo che lo Shidashi ci aveva trasportati su Mondeor, seconda tappa del Viaggio, ci eravamo ritrovati in un ambiente selvaggio, circondati da immensi alberi e da un tetto di foglie dai colori intensi. Però, mentre i miei compagni si guardavano intorno con stupore e sospetto, io ero crollata: la stanchezza, ma soprattutto il troppo sangue perso, erano tornati a farsi sentire una volta spariti gli effetti benefici della mistica sfera di Candor
Ero rimasta priva di sensi per ben due giorni, durante i quali Oliver si era preso cura di me con le sue potenti cure magiche. Al mio risveglio, ancora intontita, mi erano stati propinati da Chris degli strani frutti di un poco invitante color verdognolo, ma che si erano dimostrati incredibilmente nutrienti, facendomi fare rapidamente il pieno di energie.
Mi ci era voluto un po', ma mi ero ripresa alla grande. Avevo scoperto che, mentre io ero fuori combattimento, gli altri si erano dati da fare per ispezionare la zona, perlustrando il territorio prossimo al nostro accampamento di fortuna. Purtroppo, però, pur avendo capito, grazie all'identificazione della flora locale, dove eravamo collocati nell'enorme pianeta di Mondeor, nessuno era ancora riuscito a individuare la direzione da seguire per uscire dalla foresta.
"Fidati, ultimamente il fato è proprio l'ultimo che vorrei ringraziare," mugugnai in risposta, pensando a quante noie mi stesse dando negli ultimi mesi.
Sbucammo in un ampio spiazzo erboso. Iniziai a esplorarlo, analizzandolo attentamente con lo sguardo. Sembrava sicuro: nessuna bestia in vista, niente tane sospette e il tetto di foglie, posto decine di metri più in alto, sembrava lasciare un'apertura abbastanza larga da cui si intravedeva il cielo terso.
"Penso vada bene qua," dissi girandomi verso la mia amica, che mi osservava appoggiata a un robusto tronco di un albero.
"Ne sei sicura?" mi domandò, spostandosi dietro l'orecchio una ciocca sfuggita alla sua coda alta. Con l'attillato corpetto in cuoio che le stringeva il busto, sembrava davvero nel suo habitat naturale. Una vera guerriera di altri tempi.
"Sì, è il posto migliore che abbiamo visto per ora. Non ha senso continuare a cercare," le risposi avvicinandomi, un sorriso elettrizzato a segnarmi il volto.
"No, non mi riferisco alla radura. Mi chiedo se te la senti davvero di farlo: non sono sicura tu sia abbastanza in forze per questo," mi spiegò, inarcando le sopracciglia per la preoccupazione. Zac mi aveva detto che l'aveva vista davvero terrorizzata quando ero svenuta giorni prima.
"Aly, davvero, sto bene. Quegli orribili fruttini verdi devono essere una botta calorica enorme, perché mi hanno messo in sesto più velocemente di quanto non abbia fatto il tuo amichetto Oliver. E lui è molto bravo," sdrammatizzai. Però era vero, mi sentivo davvero in forma e credevo che in parte ciò fosse dovuto alla mia sempre maggiore padronanza dei miei poteri. Da quando avevo spezzato il sigillo mi sentivo più forte, completa.
"Amichetto Oliver? Cosa mi dovrebbe significare, scusa?" sbuffò la ragazza, guardandomi storta.
"Nulla. Sembrate solo molto amici," dissi facendo spallucce. Non le avevo mai detto nulla riguardo al ragazzo fulvo, ma dentro di me ancora coltivavo il sogno che lei ricambiasse la sua cotta. Forse, con il tempo...
"Allora, come funziona? Inizi a muovere le braccia come se fossero ali?" mi schernì, cambiando completamente discorso. Scoppiai a ridere, iniziando ad arretrare e ponendomi al centro della radura.
"Più o meno, dai," le risposi facendole l'occhiolino, un attimo prima di fare un salto.
Mi lasciai trascinare dalle molecole d'aria sempre più in alto, mentre ruotando su me stessa ridevo spensierata, i capelli mossi dal vento.
Non mi ero mai sentita così libera fino ad allora.
Era già la terza volta che volavo, ma la prima mi era stata fatta dimenticare e la seconda non avevo avuto modo di godermela appieno, tesa per colpa del pavimento pieno di trappole un metro sotto di me. Invece, lì in quel posto esotico, assaporai il puro piacere che dava la sensazione dell'aria che scorreva ora con delicatezza ora con forza sulla mia pelle e che mi scompigliava la chioma, facendomi sentire leggera come una nuvola.
Mi mossi dapprima un po' insicura tra le cime degli alberi, sfiorando con i piedi le grandi foglie verdi, ma poi, prendendo confidenza, mi alzai sempre di più, fino a giungere a un'altezza tale che mi permetteva di vedere molte delle terre circostanti. Dappertutto scorgevo chilometri di fitta foresta, la quale sembrava essere senza fine, tranne a occidente, dove potevo già vedere l'immenso mare ridotto a una sottile linea all'orizzonte. Verso sud-ovest, invece, c'era la pianura, che mi mostrò un terribile spettacolo: la guerra.
Nonostante la distanza riuscivo a identificare i tre fronti di battaglia e i numerosi accampamenti mi apparivano come poco più di puntini neri. Sentii il mio sorriso scomparire dal volto, con nel cuore la consapevolezza di cosa significava tutto quello: distruzione, morte, odio. Un brivido mi scosse, ricordando che presto saremmo dovuti andare anche noi lì, tra quei condannati a morte. Condannati dall'odio assurdo degli esseri umani.
Mondeor è un pianeta immenso, i cui quattro territori principali sono separati tra loro da un'immensa distesa d'acqua. Questa è talmente grande che, con le modeste conoscenze nel campo della navigazione di cui si disponeva, nessuno era ancora riuscito ad attraversarla, così che si erano andati a formare quelli che noi di Majesten chiamavamo i Quattro Imperi, ognuno di essi del tutto all'oscuro dell'esistenza degli altri.
Lo Shidashi aveva deciso che la nostra missione avrebbe avuto luogo negli Imperi dell'Ovest, famosi per la natura selvaggia e per essere da anni scenario di una durissima guerra.
Quello che vedevo mi poneva davanti a una realtà che non potevo più negare: non tutto era così perfetto come mi ero abituata a pensare in anni di pace e benessere a Majesten. Da quando avevo incontrato quella ragazza a Zentor quella amara consapevolezza aveva iniziato a farsi strada dentro di me, sciogliendo poco alla volta la benda che per tutto quel tempo aveva limitato la mia vista. Iniziavo a vergognarmi di aver tanto disprezzato la mia vita, senza mai vedere per davvero quanto avessi e quanto fossi stata fortunata.
Mi mossi un po' al di sopra delle cime dei maestosi alberi della foresta, ma ero troppo in alto per individuare dei sentieri attraverso quella fitta vegetazione. Come sempre l'osservazione di un aspetto rendeva immediatamente ciechi su molti altri. Mio padre me lo diceva spesso: lo chiamava Principio di Complementarità. Diceva che era un concetto fisico di cui era venuto a conoscenza durante la parte del suo Viaggio passata sulla Terra. Chissà, forse glielo aveva insegnato mia madre.
In ogni caso, quel principio non mi era mai piaciuto: il pensiero di non poter avere il controllo su tutto allo stesso tempo mi mandava in bestia. In quel momento, invece, mi rendevo conto che non avevo mai avuto il controllo su un bel niente della mia vita. Avevo sempre focalizzato l'attenzione sulle cose sbagliate, perdendo di vista le vere incognite su di me. Forse, senza accorgermene, stavo continuando a farlo.
Bugiardo o meno, papà ha sempre avuto ragione su questi aspetti.
Sbuffai: quei pensieri erano solo una distrazione. Lanciando un ultimo sguardo a tutta la vista di cui godevo da lassù, iniziai una lenta e attenta discesa, facendo lo slalom tra rami e foglie grandi quasi quanto me.
"Oh," sentii sospirare di sollievo Aly. "Sei tornata."
"Te l'avevo detto," le risposi con un sorriso.
"Ora che so che sei sana e salva, posso dirlo: è una figata!" esclamò con gli occhi luccicanti.
Scoppiai a ridere di gusto, inclinandomi in avanti. "Già, questi poteri sono grandiosi."
"Ammetto che quando ti ho vista volteggiare nel nulla mi sono presa uno spavento, ma poi... diamine quanto ti invidio in questo momento!" riprese lei a macchinetta per l'entusiasmo. Invidiarmi... nella mia vita erano stati troppi a invidiarmi, non volevo si aggiungesse anche la mia unica vera amica.
"Senti, Kate, non è che puoi fare volare anche me? Ti sarei debitrice. Beh, o meglio, ancora più debitrice di quanto già non sia," mi chiese tra le risate, ma con una seria speranza negli occhi.
"Adesso non corriamo troppo," le risposi grattandomi il capo. "Non sono ancora così brava, okay?" Vedendo il suo volto spegnersi deluso, mi ritrovai però ad aggiungere: "Ancora. Un giorno lo sarò e allora ti farò spiccare un gran bel volo Aly."
Vidi la ragazza sorridermi grata, sciogliendo un po' il mio cuore. Non mi sentivo più così sola da quando c'era quella esuberante ragazza nella mia vita. Non potevo chiedere una compagnia migliore per il Viaggio.
Mentre ci avviammo verso il luogo in cui eravamo accampati, le spiegai cosa avevo visto dall'alto. Dovevamo parlarne anche con gli altri, ovviamente, ma di certo ci saremmo dovuti dirigere verso sud-ovest: era la direzione che ci avrebbe permesso di uscire dalla foresta più velocemente e allo stesso tempo anche quella che portava al più vicino fronte di guerra, ossia quello che vedeva fronteggiarsi i soldati della Garenne, grande regno dell'immenso territorio di Nirban in cui ci trovavamo, e i pericolosi selvaggi delle Cinque Tribù, invasori provenienti dalle Isole Crozel. Poco distante c'era anche il fronte con un altro attore di quella guerra distruttiva: la ricca nazione di Becco d'Aquila, nome dovuto alla particolare forma evocativa dell'isola in cui si trovava.
Con la mente ritornai a due anni prima, quando la signorina Filler, insegnante di storia dei Mondi, ci aveva spiegato la situazione attuale degli Imperi dell'Ovest.
"Ragazzi, come ben sapete, gli Imperi dell'Ovest sono costituiti da quattro territori principali: l'estesa Nirban, su cui convivono in pace i due regni Garenne e Trettorn, le isole Crozel, la cui popolazione è organizzata nelle Cinque Tribù, l'isola di Nagavi e la prospera isola di Becco d'Aquila."
Un brusio di risate si diffuse per la classe, facendo storcere il naso alla giovane insegnante. "Ragazzi, lo so, il nome è alquanto particolare, ma vi auguro di non scontrarvi mai contro i loro abitanti: nomi ridicoli a parte, sanno essere davvero spietati e farebbero qualsiasi cosa per il potere."
Il silenzio scese nell'aula: come al suo solito la signorina Filler era riuscita a guadagnare l'attenzione di tutti, non solo quella di una secchioncella come me.
"Ed è per questo, signorina, che hanno deciso di invadere la Garenne, giusto?" domandò curiosa Emma Vold, una mia compagna di classe che amava fare la saputella.
"Certo, proprio come hanno deciso di fare anche le tribù. Invece Nagavi ha invaso Trettorn, territorio di passaggio. L'obbiettivo di tutti è però lo stesso e, diversamente da quello che si può pensare, non è allargare il loro dominio. Qualcuno sa dirmi che cosa vogliono davvero tutti loro?"
Impaziente, alzai la mano. Emma non era l'unica che amava mostrare le proprie conoscenze.
"Signorina Forrest, prego," mi diede la parola la professoressa, con un sorriso compiaciuto.
"La Pietra di Gorferm. È custodita in un santuario nel nord della Garenne. La leggenda dice che chi la possiede può diventare il padrone degli Imperi, perché dona un potere impareggiabile. Per questo è anche chiamata Pietra del Potere," spiegai coinvolta. Incredibile quante cose imparavo passando gran parte del mio tempo libero a leggere.
"Eccellente, Katherine," mi elogiò annuendo soddisfatta. "Come immagino tutti voi abbiate già studiato nel corso di oggetti magici, la Pietra di Gorferm è stato un dono dei nostri avi majestani ai Garenniti, proprio come le reliquie sacre agli abitanti di Candor, o Excalibur e tanti altri oggetti ai Terrestri. La Pietra è un amplificatore di volontà, quindi in effetti garantisce a chi la possiede delle abilità sorprendenti, che in un mondo privo di magia come Mondeor non possono trovare uguali. Possiamo solo sperare che Garenne e Trettorn, tra loro alleate, riescano a resistere all'invasione da parte dei territori insulari. Ne va della sicurezza dell'intero pianeta."
Dopo di che l'insegnante iniziò a raccontarci le tappe fondamentali di quella guerra spietata, spiegandoci come i regni della Nirban erano stati sempre più schiacciati dagli attacchi provenienti da sud ed est.
Anni di guerra avevano portato solo distruzione e povertà in un territorio prima meraviglioso e prospero. Tutto per il potere.
"Siamo arrivate finalmente," sospirai, accedendo alla radura dove ci eravamo stanziati. Le nostre magiche tende espandibili erano pronte per accoglierci per la prossima fredda notte. Jas stava armeggiando con il braciere: era da qualche giorno che stava cercando un qualche altro modo per cucinare il cibo e tenerci al caldo senza usare il fuoco vero e proprio. Dopotutto eravamo in una foresta e per quanto le fiamme tenessero lontane le bestie indesiderate, erano comunque troppo pericolose.
"Siete tornate," commentò raddrizzandosi. "Spero tu abbia qualche novità, splendore, perché questa storia di cercare un'alternativa al fuoco mi sta facendo impazzire," mi disse passandosi le mani sui pantaloni di tela. Poi si girò verso Aly: "E il tuo amico Oliver non è d'aiuto."
Sentii la ragazza al mio fianco irrigidirsi. "Ma che diamine di problema avete tutti oggi!" sibilò, soffiando fuori con forza l'aria dal naso.
"Qualcosa di utile c'è, Jasmine. Gli altri sono nella tenda?" chiesi trattenendo un risolino. Alysha aveva capito benissimo a cosa alludevamo, poi il fatto che non lo volesse ammettere era tutto un altro discorso.
"Sì, stanno pensando a come sopravvivere ancora per un po' dentro questa foresta. E anche a come uscirne," mi rispose, indicando con il capo la tenda più vicina. "Ovviamente ora vengo con voi, quei maschilisti la devono smettere di fare piani e lasciarmi fuori a fare le faccende di casa per tutti!"
Annuii. Aly, invece, fissò la biondina in cagnesco per tutto il tempo prima di entrare nell'ampia tenda. Incredibile: avevo trovato una persona che sopportava i modi di Jasmine meno di me.
"Le due esploratrici della giornata sono di ritorno!" annunciò Jas, spostando il lembo di tessuto che ci permetteva l'ingresso.
Al centro vidi tutti i ragazzi raggruppati intorno al tavolo, sul quale era stesa la cartina degli Imperi dell'Ovest. Per fortuna Zac era stato provvidente nel preparare i bagagli per il Viaggio e nella sua sacca c'era davvero qualsiasi cosa utile.
Al suono della voce squillante di Jasmine si voltarono tutti verso di noi e solo per un istante i miei occhi incontrarono quelli di Chris, fermandomi il cuore.
Stai per caso insinuando che io sia in qualche modo interessato a te?
Mi si era impresso in modo indelebile quello che ci eravamo detti sul pavimento lucido della stanza dello Shidashi. Un momento intimo che non avevamo mai vissuto prima di allora, forse neppure quando eravamo bambini.
Non avrei mai potuto lasciarti morire. Non avrei mai sopportato la tua morte.
Lui si era sbilanciato molto, eppure io riuscivo solo a pensare a quanto mi fossi esposta io. Sapevo che i miei occhi avevano parlato, mostrando quanto fossi vulnerabile a lui. Riuscivo a pensare soltanto a come avessi abbassato l'armatura davanti a lui e... e in quel momento non riuscivo a fare altro che imbarazzarmi. Non sapevo più come affrontare i miei sentimenti, soprattutto dopo quello che avevo vissuto nei sotterranei. La dolce pressione delle sue labbra sulle mie...
Scrollai il capo: non era stato davvero lui, era stato come un sogno. Eppure, non riuscivo a togliermelo dalla testa.
"Ci avete messo tanto," commentò Chris, stiracchiando le lunghe braccia.
"Non è stato così facile trovare il punto giusto," rispose Aly, stringendosi nelle spalle. "Ma almeno Kate ha le informazioni che ci servivano."
Attirata la curiosità di tutti, raccontai tutto quello che avevo visto, anche se non era molto. Ma era quanto bastava per decidere il da farsi.
"È un peccato che Kate non sia riuscita a individuare degli eventuali percorsi da seguire, ma del resto ce lo aspettavamo. Adesso sappiamo la direzione da prendere, strada facendo troveremo la via," disse Zac, il dito puntato sulla mappa, indicando all'incirca dove ci trovavamo.
"Esattamente. Dovremo stare il doppio più attenti, ma animali pericolosi a parte questa zona dovrebbe essere ancora sicura," puntualizzò Jasmine, la faccia storta in una smorfia di disgusto. Se c'era qualcuno lì dentro che non sopportava la foresta e la sua fauna era senza dubbio lei.
"Usciti dalla foresta ci troveremo in una zona pianeggiante e scoperta. Può essere parecchio pericoloso, quindi dobbiamo stare più alla larga possibile dal fronte. Le Cinque Tribù non ci vanno leggere con gli attacchi e amano tendere imboscate," Chris tracciò con il polpastrello quello che approssimativamente sarebbe stato il tratto da seguire. "E infine arriveremo agli accampamenti militari della Garenne."
"Dobbiamo partecipare alle battaglie, non è vero?" chiese Oliver, con lo sguardo un po' spento. Capivo davvero la sua preoccupazione, l'ultima cosa che volevo fare era combattere, per di più in una guerra che non aveva nulla a che vedere con me.
"Temo di sì," risposi invece, passandomi una mano sul volto. "Come abbiamo già deciso nel nostro ritrovo nel Palazzo Cittadino. Cos'altro dovremmo fare nel mondo della guerra?"
Oliver annuì, prendendo un grosso respiro. Il silenzio era caduto nella stanza. Nessuno di noi voleva affrontare quello che ci si prospettava.
"Almeno affiancheremo la Garenne," disse a un certo punto Aly, per cercare di trovare il lato positivo. "Possiamo dire che loro sono i buoni. O comunque la parte lesa, essendo stati attaccati."
Annuimmo tutti, chi con più convinzione, chi con meno, e andammo avanti a discutere sul da farsi, pronti a partire già la mattina successiva.
Ma lo spettro dell'imminente futuro non ci lasciò per tutto il resto della giornata e sarebbe diventato solo più insistente con il passare delle ore.
La mattina dopo, nel silenzio rotto dai nostri sbadigli, preparammo in fretta le ultime cose e lasciammo per sempre la nostra cara radura per rivolgerci verso l'ignoto.
In realtà il primo tratto che percorremmo quella mattina lo conoscevamo già, perché Zac e Chris nelle loro esplorazioni avevano tenuto traccia della zona circostante. Ma da dopo pranzo iniziammo ad addentrarci in un territorio sconosciuto, con unico riferimento la direzione che la bussola, stretta nelle mani di Chris, ci indicava.
Il tempo fortunatamente sembrava passare più in fretta del previsto, forse perché tra una chiacchera e l'altra l'atmosfera era piacevole come non mai. Non pensavo di potermi divertire tanto, ma tra tutti riuscimmo a tirare fuori una sfilza di aneddoti divertenti che mi fecero scompisciare dalle risate.
Allora è così che si sta, quando non si è degli emarginati sociali.
Ma anche le risate hanno il loro prezzo e il dolore insistente al fianco sinistro ne era la prova. E non ero l'unica a essere già affaticata a metà pomeriggio, tanto che dopo aver trovato uno spiazzo ampio e invitante, decidemmo di prenderci una mezz'oretta di pausa.
Esausta, mi buttai melodrammaticamente a terra, proprio al limitare dell'erbosa zona ovale, così da riprendere fiato. Tenni un po' gli occhi chiusi, le estremità delle mie labbra leggermente rivolte all'insù.
Mi lasciai avvolgere dai rumori della foresta, sentendomi fondere con la morbida terra sotto di me. I palmi delle mani sfioravano il granuloso terriccio, mentre sottili fili d'erba mi solleticavano dispettosi il collo.
Sono a casa.
Sono sempre a casa quando mi fondo con te, O Madre Natura.
Poi non pensai più, i pensieri venivano sciolti nella totalità.
Il tutto.
Sono il tutto.
Meraviglia.
Un flusso senza fine che mi prendeva con sé.
Eppure, c'era qualcosa di diverso quella volta.
C'era qualcosa di sbagliato.
Negatività... come poteva esserci dell'oscurità intorno a me? La natura era pura. Né buona, né cattiva, solo pura. Cosa poteva intaccarla in quel modo? Cos'era quella nota stridente che uccideva tutta l'armonia?
Facendone quasi una questione personale, indagai, ricercando quella sorgente tenebrosa. Quello che sentivo era... odio.
Odio...
Cosa c'entra l'odio?
Analizzai tutto, alla ricerca, impuntandomi con sciocca perseveranza. Le voci dei miei compagni, un ramo che si rompeva, una sequenza di battiti d'ali. Poi...
Poi lo sentii.
Aprii gli occhi di scatto e feci giusto in tempo a urlare un "Attenti!" allarmato, che una figura nascosta nella chioma degli alberi saltò agilmente giù, atterrando a pochi passi dai miei amici.
Senza che me ne fossi accorta ero già in piedi e stavo correndo nella loro direzione, pronta a estrarre dal piccolo fodero il pugnale che per precauzione tutti avevamo sempre a portata di mano.
Con una reattività fuori dal comune, Chris eresse una barriera invisibile intorno a Jas, deviando la traiettoria del coltello che il nostro assalitore aveva lanciato. Se il Monhar non fosse stato così pronto, in quel momento la lama avrebbe trafitto impietoso il petto della biondina.
Invece, grazie al suo salvataggio inaspettato, guadagnammo un attimo di vantaggio, che bastò per raggrupparci e prepararci allo scontro.
Ma per nostra sfortuna comparvero dai rami altri guerrieri, che, con acrobazie degne dei migliori artisti di strada, ci raggiunsero sul nostro stesso piano.
"Maledizione," sibilò Aly, equipaggiandosi con la sua amata spada mentre noi la coprivamo. Ero pienamente d'accordo con la sua esclamazione: erano almeno il doppio di noi e a guardarli sembravano letali come il veleno.
Mi sembrò di risentire nuovamente la voce della signorina Filler, mentre ci descriveva i bellicosi abitanti delle Isole Crozel.
Sono guerrieri nati. Anche assassini, se necessario. Crescono nella guerra, le battaglie sono la loro realtà fin da quando sono infanti. Spietati. Letali. Selvaggi.
Ed erano veramente così: indossavano pelli, che avvolgevano a malapena i loro corpi, sporcati volontariamente di terra per mimetizzarsi meglio con la foresta. Volti spigolosi, induriti dalla determinazione spietata che illuminava i loro occhi. Avevano coltelli, lance e spade lunghe e sottili. Erano primitivi, ma proprio per questo molto più pericolosi.
Loro sono la fonte di odio che ho sentito, pensai rabbrividendo.
Spaventata, lanciai un'occhiata a Chris, la cui mano era stretta intorno all'impugnatura dell'affilato pugnale. "Cosa ne dite, la magia questa volta la usiamo?" mormorai, tenendo a bada il tremore della mia voce.
"Sì," mi rispose con un grugnito. Fu come ricevere un via libera per tutti: io e Chris duplicammo in un attimo la spada di Aly, Zac lanciò il suo coltello sfiorando la gamba di uno dei nostri assalitori, mentre Jasmine e Aly corsero insieme nella mischia. L'unico a rimanere imbambolato fu Oliver, ma non avevo tempo di preoccuparmene, potevo solo sperare che non fosse così inebetito da farsi infilzare come uno spiedino.
In risposta al nostro attacco, anche i selvaggi corsero verso di noi e nel giro di pochi secondi mi trovai circondata da nemici.
Vorrei poter dire che l'istinto ebbe immediatamente la meglio sulla paura e che con nervi fermi affrontai il mio avversario. Vorrei poter dire di essere stata portata da una sicura consapevolezza delle mie capacità e del mio potere. Vorrei poter dire che non vacillai neppure per un istante. Ma la verità è che andai nel pallone: era la prima volta che affrontavo davvero qualcuno. Fino ad allora avevo solo ricevuto lezioni di scherma e combattimento e gli unici scontri che avevo avuto non erano stati davvero reali, essendosi svolti dentro la mia mente e quella di Aly.
Non ero pronta a essere gettata dentro alla guerra, io ero troppo distante da quella realtà per potermi sentire preparata ad affrontarla.
Eppure, dovevo trovare un modo per cavarmela, dato che uno di quegli uomini senza nome mi si era parato davanti, deciso ad affondare la sua lama nel mio fianco. Le ore di allenamento avevano però fortunatamente dato i loro frutti e riuscii a schivare l'attacco roteando su me stessa. Ma quello era solo l'inizio, perché il mio avversario con fredda determinazione mi attaccò ripetutamente, mettendomi a dura prova. Ma probabilmente, per mia estrema fortuna, gli insegnati di scherma di Majesten erano decisamente più bravi di quelli delle Cinque Tribù, perché quando iniziai a riacquisire maggiore confidenza in me stessa e a riprendere la calma, almeno in parte, le mie capacità si dimostrarono nettamente superiori. Riuscii a metterlo alle strette e alla fine, con una finta, a portarmi alle sue spalle, calandogli l'elsa sulla testa, abbastanza forte da stordirlo.
In quel breve scontro mi ero allontanata abbastanza dagli altri e quando mi girai vidi per primi Zac e Chris che combattevano schiena contro schiena, utilizzando al contempo spada e magia. Impercettibilmente la morsa che avevo allo stomaco si allentò, dandomi modo di tirare un piccolo sospiro di sollievo.
I nemici che scorgevo ancora in piedi erano una decina, dato che uno era prigioniero dei rami di un albero, mentre altri due giacevano totalmente privi di sensi a terra. Ma, nonostante ciò, i miei amici erano chiaramente in difficoltà e quello non era di certo uno scontro alla pari.
Quando vidi che uno dei guerrieri a terra si stava riprendendo e che si stava preparando ad attaccare alle spalle Jasmine, non mi trattenni e urlai: "Jasmine, attenta!"
Senza pensare mi lanciai in direzione della mia ex nemica e con uno scudo magico bloccai la lama dell'aggressore. Al mio fianco la ragazza si era girata giusto in tempo per capire cosa stesse succedendo, ma si era subito dovuta riconcentrare sugli altri che la attaccavano, voltandomi le spalle.
Intanto l'uomo di fronte a me, che si era ripreso dalla sorpresa e dal contraccolpo, mi fissò con folle ira. Perché mi odiava senza neppure conoscermi? Era quello ciò che più mi sconvolgeva.
Quando lui mise a punto un nuovo attacco, mirandomi con un fendente, io mi ritrovai costretta a difendermi e a reagire, ignorando il mio turbamento.
Interposi la mia spada a proteggermi e nel momento in cui le nostre armi si scontrarono incrociai gli occhi di quel bruto.
I guerrieri delle isole Crozel, uomini dallo spirito selvaggio e dall'indole bellicosa, incapaci di provare pietà per gli avversari. Cuori di pietra e sguardi pieni di odio.
Mi ci volle un secondo per capire che era davvero così.
Odio. In lui, in tutti loro, vedevo solo odio.
Allora, forse spinta dalla paura o forse dalla furia, con una potente onda d'urto respinsi indietro il mio avversario che cadde a terra svenuto.
Quindi mi girai verso Jas e iniziai a combattere al suo fianco. Lo scontro non fu semplice e presto mi ritrovai di nuovo da sola, tallonata da due nuovi avversari. Eppure, dentro di me, sentivo una nuova forza farsi strada, quella consapevolezza che in un primo tempo avevo temuto di non avere.
Ormai stanca di quel ripetitivo intrecciarsi delle lame, chiamai a raccolta le mie energie in via di esaurimento e feci uscire dal terreno delle radici che imprigionarono i miei due avversari al suolo.
Un piccolo sorriso mi si aprì sul volto: non era la prima volta che provavo a fare un simile incantesimo, ma non mi era mai riuscito così perfettamente.
Fu un attimo di distrazione, ma presto avrei capito che in guerra non ci si può permettere di scollegare la mente, neppure per un tempo apparentemente insignificante.
"Attenta, Kate!" sentii urlare dalla voce di Chris.
Tre secondi.
Un secondo per realizzare, due per girarmi, tre per vedere una lama che si avvicinava al mio volto.
Tre secondi.
Chiusi gli occhi, la mente totalmente svuotata da qualsiasi cosa. Sarei morta davvero quella volta?
Ma il colpo fatale non arrivò mai. Tutto ciò che sentii fu il rumore di una lama che lacerava la carne e un gemito strozzato. Senza capire aprii gli occhi e ciò che vidi mi atterrì.
Ancora oggi, dopo tutto quello che ho passato e le innumerevoli avventure che rendono quella scena terribilmente remota, se chiudo gli occhi posso rievocare l'immagine che mi si presentò allora.
La prima cosa che attirò la mia attenzione fu il sangue, rosso e viscoso che si allargava velocemente, formando una pozza a terra. Poi incontrai gli occhi ormai vuoti di colui che avrebbe potuto essere il mio assassino. Occhi privi di vita.
Alzai lo sguardo e vidi, sconvolta, la minuta figura di Alysha. Alysha, la mia amica. Alysha, colei che mi aveva salvato la vita, ma aveva condannato la sua diventando un'assassina.
Quando il mio sguardo si intrecciò al suo, mi aspettai di dover affrontare occhi pieni di lacrime e un'anima sconvolta. Mi aspettavo di vederla crollare per il senso di colpa di ciò che aveva fatto. Aveva ucciso.
Fu sconvolgente, invece, rendermi conto di quanto mi stessi sbagliando: la sua figura trasmetteva forza e incuteva timore e ciò che lessi nelle sue gemme color indaco era solo la più assoluta indifferenza. Sentii un brivido di paura irrazionale scuotermi le ossa con forza.
"Aly..." mormorai senza sapere cosa dire. Avrei dovuto ringraziarla, eppure il suo sguardo gelido mi ghiacciava le vene.
"È la guerra," disse soltanto la ragazza. Poi si girò, facendo roteare i suoi lunghi capelli corvini e si diresse a dare man forte agli altri, che erano alle prese con gli ultimi avversari ancora in piedi.
"Dobbiamo andarcene via il prima possibile da qui. Non ci vorrà molto prima che i nemici riescano a liberarsi e riprendersi e probabilmente ne arriveranno altri. E poiché Alysha ha ucciso uno di loro penso vorranno vendicarsi," disse Jasmine con sguardo preoccupato. Era la prima volta che la vedevo in quel modo: i capelli arruffati, il volto sporco di terra e sangue, i vestiti strappati e sgualciti. Ma del resto eravamo tutti molto provati, dopo quell'imboscata.
Era stato il primo vero e proprio combattimento della nostra vita e, sebbene nessuno avesse particolarmente voglia di affrontare l'argomento, era anche la prima volta che vedevamo un'uccisione vera e propria.
Da quando la sua lama aveva messo fine alla vita di quel barbaro, Aly sembrava essere diventata un'altra persona: il suo volto, solitamente allegro e gentile, era diventato una maschera imperturbabile. Era altera, sicura di sé e avrei scommesso spietata. Odiavo ammetterlo, ma ero intimorita dalla persona che mi trovavo davanti e non la riuscivo più a riconoscere. Credevo di aver imparato a capirla, ma mi sembrava chiaro che mi fossi sbagliata. Aveva ucciso un uomo e lo aveva fatto per salvarmi la vita, ma ciò che non riuscivo a comprendere era la sua totale noncuranza apparente riguardo a quello che stava succedendo.
"Jasmine ha ragione," concordò Zac, lasciando correre lo sguardo stanco tra gli alberi.
I guerrieri che avevamo sconfitto erano stati storditi tutti da un incantesimo di Oliver, e li avevamo legati tra gli alberi. Per fortuna la magica sacca senza fondo di Zac conteneva anche una discreta quantità di corda, pure piuttosto resistente.
Il corpo invece... Chiusi gli occhi, ricacciando indietro la bile. Quegli occhi spenti: non avrei mai potuto lavarli via, mi avevano come macchiato.
I ragazzi si erano preoccupati di sistemarlo dietro alle frasche, in modo che non fosse così in evidenza. Oliver, una volta fatto ciò, sembrava essere sul punto di rimettere tutto il pranzo, pallido da far paura. Lo capivo profondamente.
Così, tutti in fretta ci accingemmo a eliminare le nostre tracce, allontanandoci da lì.
La marcia era faticosa tra gli alberi e noi procedemmo in un clima di ansia e tensione. Per quanto non lo avessimo ancora detto ad alta voce, avevamo capito tutti che il fatto che dei guerrieri delle Isole Crozel erano riusciti ad attraversare la foresta significava che potevano invadere da un momento all'altro i territori della Garenne. La guerra in quel mondo si faceva sempre più complessa e spietata e noi presto avremmo avuto un posto in prima fila per lo spettacolo.
Non avevamo ancora idea di come entrare in un accampamento, né di cosa avremmo dovuto fare per davvero per superare quella tappa orribile del Viaggio e volare al mondo successivo. Ma per il momento la cosa che più contava era mettere molta strada tra noi e gli aggressivi guerrieri delle Cinque Tribù. Ero ancora disgustata dallo sguardo di puro odio che mi aveva rivolto quel combattente. La spietatezza ingiustificata che era alla base di quel popolo mi destabilizzava, perché non c'era modo per me di comprenderla.
Nella marcia tra gli alberi ognuno di noi sembrava intento a riflettere e io non facevo eccezione. Le mie psicoanalisi interne mi portarono alla convinzione che dovevo parlare con Alysha. Capire cosa le stesse accadendo era un mio dovere come sua amica e inoltre dovevo ancora ringraziarla per quello che aveva fatto per me.
Prendendo coraggio, affrettai il passo per raggiungerla e una volta al suo fianco mi concessi qualche istante per osservarla.
No, non mi ero sbagliata. Era veramente cambiata drasticamente e mi faceva... paura. I suoi meravigliosi occhi indaco erano fissi sulla strada, risoluti e determinati. Le spalle erano più dritte del solito, il passo deciso e sostenuto. Ma non era solo quello: era soprattutto l'impressione che fosse emerso un nuovo lato della sua personalità, un lato negativo e profondamente contorto. Un lato oscuro e tormentato.
"Hey, ciao," dissi, cercando di colorare con un po' di allegria la mia voce. Accennai perfino a un piccolo sorriso, ma probabilmente era passato inosservato, visto che Aly non mi rivolse altro che un secco "Hey", senza spostare gli occhi dal sentiero davanti a noi.
Cercando di non scoraggiarmi presi fiato e dissi: "Senti, ti volevo ringraziare. Prima, nella radura, mi hai salvato la vita. Se non fosse stato per te ora io non sarei qui..." Assurda la fragilità del filo a cui è attaccata la nostra esistenza: basta solo un piccolo gesto, per cambiare incredibilmente la realtà.
"Di nulla," mi rispose secca. Era evidente che la sua intenzione era di chiudere lì il discorso per essere lasciata da sola, ma io mi costrinsi a non demordere.
"Beh, in verità volevo anche... beh, mi volevo scusare. Non hai idea di quanto mi dispiaccia per quello che è successo. Se non mi fossi stupidamente distratta tu non avresti dovuto fare... beh, hai capito cosa. Sappi che nessuno ti vuole giudicare, e io non riesco a immaginare come tu ti senta, ma so che hai bisogno di parlare di ciò che è... beh, che è successo." Mi sentivo veramente in colpa: adesso lei soffriva, ne ero sicura, ed era tutta colpa mia, mia e solo mia.
"Hai detto più beh che altro. Comunque, non ti scusare, non devi. Non ce n'è bisogno, non ho nessun problema, sto benissimo," mi rispose, con voce incolore.
"Non c'è bisogno che tu menta, Aly. È chiaramente impossibile che tu stia bene. Non stai bene e soprattutto ti stai comportando in modo strano."
"È vero che sono diversa dal solito, ma ciò non significa che io stia male. Anzi, sto benissimo."
"Ma per favore! Tu non puoi stare bene, non è possibile che tu sia così insensibile! Hai appena ucciso un uomo Alysha!" sbottai perdendo la calma e mandando al diavolo tutti i buoni propositi di avere tatto. Non riuscivo a capacitarmi di tanta insensibilità e freddezza. Pensavo di conoscerla.
"E quindi non mi giudicate, eh?" ridacchiò, gelida. "Quanta ipocrisia. Tu mi stai giudicando, perché tu vuoi che io stia male, che io sia distrutta dalla mia azione. Cos'è, hai forse paura che la tua amica sia un'assassina?"
La verità mi colpì con forza, certo, ma non più della consapevolezza di avere una totale sconosciuta davanti ai miei occhi, una persona ben distante dall'Alysha Torn conosciuta in quei mesi.
"Fammi un favore Kate, smettila di guardarmi in questo modo e mettiti bene in testa che siamo in mezzo a una guerra e che nella guerra c'è una sola legge: uccidere o morire," aggiunse, fissando i suoi occhi dritti nei miei.
"Non si può uccidere un uomo e non provare nulla..." ripetei, probabilmente più a me stessa che a lei, con un groppo in gola e una gran voglia di aver ragione.
"Forse hai ragione. Ma, sai, non era il primo uomo che uccidevo."
E, sganciata la bomba, riprese a camminare con passo veloce, lasciandomi lì ferma senza parole, sconvolta e incredula.
Intorno a me la natura selvaggia viveva, con intensità e forza. Dentro di me una parte capì che si sarebbe presto spenta per sempre.
ANGOLO AUTRICE:
Benvenuti a Mondeor!
Nuovo mondo, nuova missione ancora da scoprire!
Cosa accadrà ai nostri Prescelti? Alysha tornerà normale? Cosa nasconde il suo passato di tanto oscuro?
Lo scoprirete nelle prossime settimane, mano a mano che ci addentreremo sempre più in questo nuovo pianeta!
Ciao e al prossimo aggiornamento!
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