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(R) CAPITOLO 23: Riflesso



Ero avvolta dell'oscurità. Intorno a me sembrava esserci il nulla. Un secondo prima mi trovavo in una piccola ma riccamente adornata sala, con al centro, poggiato su un soffice cuscinetto, lo Shidashi. Io ero lì, con le dita della mano destra pronte a sfiorare quella sfera luminosa. Poi il contatto, ed era sparito tutto.

Io ero di nuovo al buio.

Da qualche parte si sentiva un ticchettio, probabilmente delle gocce d'acqua che cadevano al suolo. Provai l'impulso di tapparmi le orecchie, ma mi accorsi di non potermi muovere.

Fu allora che capii: ero finita dentro al mio incubo.

O forse, più probabilmente, il mio incubo era una specie di sogno premonitore, che mi aveva messo in guardia sulla natura dell'ultima prova. Peccato che me ne stessi accorgendo solo in quel momento.

Iniziai a sudare freddo, il battito del mio cuore che accelerava sempre più. Mi sentivo del tutto impotente in quel luogo tetro e ne soffrivo terribilmente. Se le cose fossero andate come il mio sogno, io alla fine sarei morta. Sarei stata uccisa dalla mia perfetta copia.

Oppure potevo cambiare le cose?

Proprio come accadeva ogni notte, mi sentii improvvisamente libera. E allora feci l'unica cosa che potevo fare, quella che l'istinto mi comandava: correre. Volevo scappare da quel posto assurdo, andarmene, mettermi in salvo.

Ma anche quella volta andai a sbattere contro una parete dura. Nonostante me lo aspettassi, fu un brutto colpo, tanto che caddi a terra. Mi alzai velocemente e tentai di dirigermi in un'altra direzione. Fu inutile: un'altra parete.

Allora mi fermai a riflettere un secondo: un qualcosa di diverso rispetto al sogno c'era, ossia che quella era la realtà e nella realtà io ero in grado di controllare le mie azioni. Probabilmente potevo cambiare gli avvenimenti del sogno. Potevo difendermi da qualsiasi demone.

Alzai la mano e feci comparire sul mio palmo una palla di fuoco, con la quale riuscii a illuminare ciò che avevo attorno. Scoprii dunque con orrore che mi trovavo in una stanza dalle pareti nere e lucide, nelle quali non si scorgeva nessuna porta. Ciò significava che non esisteva una via di fuga.

Dovevo per forza affrontare... me.

"Che razza di posto è questo..." mormorai con gli occhi spalancati.

Fu allora che sentii un rumore alle mie spalle. Mi girai velocemente, illuminando lo spazio buio, ma non scorsi nulla. Ero sola.

Un altro fruscio, un breve rumore di passi, un sogghigno... Iniziarono a susseguirsi una serie di rumori, eppure non sembrava esserci nulla intorno a me. Ero sola.

Se quel mostro che mi assomigliava stava cercando di spaventarmi devo ammettere che ci stava riuscendo alla perfezione. Un tremito continuava a scuotermi le membra e, nonostante cercassi di mantenere la calma, mi stavo facendo prendere dal panico.

"Dove sei? Esci fuori!!" mi ritrovai a urlare cercando di mantenere un tono sicuro, ma la mia voce risuonò più simile a un gracchiare di cornacchia.

Fu allora che una crudele risata si diffuse nell'aria intorno a me.

"Vieni fuori!" urlai ancora, questa volta con più decisione, mentre l'eco rimbombava decine di volte.

"Sono qui," sentii dire dalla voce dei miei incubi alle mie spalle.

Mi voltai velocemente, ponendo una mano davanti a me e protendendo l'altra a illuminare la figura che avevo di fronte.

Mi sembrava di trovarmi davanti a uno specchio. Avevo di fronte la me che facevo conoscere, quella che era stata per anni la mia maschera di protezione da tutti.

Lo stesso sorriso freddo, gli occhi distanti, l'espressione sarcastica, un sopracciglio alzato...

"Eccomi. Sono qui. Sono te," sogghignò divertita.

"No..." iniziai ad arretrare. "Non sei me. Io non sono te. Non sono così..."

Era forse più spaventoso rendersi conto che quello che avevo davanti agli occhi era quello che mostravo a tutti, che il sapere che quella mia copia mi avrebbe presto trafitta con la spada che aveva al fianco.

"Oh, sì invece. Sono proprio quello che tutti vedono di te. Una meraviglia, no?" disse sarcastica avanzando di un passo.

"Non sono più così..." mormorai, cercando di convincere me e lei. O meglio, ancora me.

"Davvero?" mi chiese con una breve e fredda risatina. "E immagino che sia proprio per questo che adesso hai trovato tanti amici. Aspetta, ma dove sono? Non riesco a vederli.," fece guardandosi intorno, fingendosi stupita. Poi si rigirò verso di me, aprendosi in un ghigno. "Oh. Non ci sono."

"Smettila..." mormorai ferita. Sapevo che la loro assenza non era colpa mia, ma avevo sofferto per così tanto la mancanza di amici nella mia vita che quelle parole mi colpirono comunque. Ero sempre stata sola e desiderato qualcuno accanto... Qualcuno che mi volesse davvero bene. "Perché lo stai facendo?"

"Facendo cosa?" mi domandò lei sbattendo le lunghe sopracciglia con falsa innocenza.

"Perché mi stai dicendo queste cose?" sibilai con rabbia. L'aggressività mi nasceva dentro ogni volta che qualcuno riusciva a lacerarmi dentro. Era successo con mio padre. Prima ancora con Chris.

"Perché è la verità. Perché io sono il riflesso delle tue più grandi paure. E a quanto pare ciò di cui hai più paura sei tu stessa. Curioso, no?"

"Io non ho paura di me stessa," mi difesi assottigliando lo sguardo.

"Oh, sì invece, mia cara ragazza struzzo. Hai paura di quello che vede il mondo di te. E soprattutto hai paura di essere davvero una persona così: ingestibile, incomprensibile, fondamentalmente destinata a stare sola. Ti rivelo una cosa: è proprio così che appari a tutti."

Non mi ero accorta di aver trattenuto il fiato, mentre la ragazza mi rivolgeva quelle durissime parole. E forse aveva davvero ragione, nessuno avrebbe voluto stare accanto a una come me. Nessuno mi avrebbe mai voluto bene. E la colpa era mia...

Intanto lei mi aveva raggiunto e mi fronteggiava. Eravamo talmente vicine che i nostri nasi quasi si sfioravano. Quando mi resi conto della nostra vicinanza, feci un ennesimo passo indietro, ma finii contro una delle pareti color ossidiana di quella specie di prigione. Senza batter ciglio, lei mi si avvicinò ancora di più e mi passò una mano con delicatezza tra i capelli, spostandomi una ciocca dietro all'orecchio.

"Così bella... eppure così sottovalutata. Un vero peccato, sai? Potresti far battere il cuore a chiunque, ma fatta come sei chi mai potrebbe amarti? In fondo è per questo che Chris continua ad allontanarti, no?"

Trattenni il respiro, colpita sul vivo. Ogni sua parola era una freccia conficcata dritta nel mio petto.

"Non mi importa cosa prova Chris per me," risposi, ma ormai non ci credevo più neppure io.

"Bugia, bugia, bugia. Certo che ti importa. Vorresti che lui si innamorasse di te. Tu lo sei di lui, no?" ridacchiò, allontanandosi di scatto da me.

"No. Ovvio che no," dissi con tono insicuro. Ma la verità era che io non ero in grado di affrontare la questione. Non ero in grado di affrontare il fatto che uno dei miei più grandi sogni fosse proprio quello di stare con lui e di sentire le sue labbra sulla mia bocca. Non ero in grado di affrontare quello che mi si agitava nel petto ogni volta che lo vedevo. Lo odiavo. Per tutti i mondi, se lo odiavo. Era una persona instabile, insensibile e... e il mio cuore si fermava a ogni suo tocco. In quei giorni di cammino verso la Domus Alba qualcosa era cambiato. Mi ero...

No, non lo avrei mai ammesso. Mai.

"Certo, zuccherino. Sicuramente no," la mia copia mi sfottò, rigirandosi verso di me.

"Come me ne posso andare da qua?" domandai, spostando lo sguardo lontano dai suoi occhi perforanti, in cui non potevo non leggere la verità.

Non ricevendo risposta, riportai gli occhi lì, dove prima c'era quel demone, ma era sparito nel nulla.

Allora iniziai a tremare davvero. Non ero di certo così stupida da credere che se ne fosse andata definitivamente. Quindi in giro c'era una pazza armata di spada che molto probabilmente era intenzionata a uccidermi.

Un fruscio impercettibile e improvvisamente mi sentii afferrare alle spalle e, senza che avessi il tempo di capire cosa stesse veramente succedendo, mi ritrovai una lama lucente puntata alla gola, mentre da dietro la Kate-mostro mi teneva stretta, torcendomi un braccio.

"Non puoi andartene. Siamo dentro la tua testa," mi sussurrò maligna all'orecchio, avvicinando ancora di più la lama al mio collo. Tentai di divincolarmi, ma sembrava del tutto inutile.

Stavo per morire.

Fu allora, quando quasi mi ero arresa all'evidenza dei fatti e a quella luminosa spada che si stava sempre più avvicinando, che sentii nuovamente un calore doloroso bruciarmi la pelle del petto. Confusa, non ebbi tempo di riflettere su quel particolare, perché ormai il taglio della spada mi aveva tracciato un sottile segno rosso sul collo.

E nel mio grido di dolore e paura uscì tutta la mia disperazione.

Una potente onda d'urto partì da me, o più precisamente dal ciondolo dell'Albero della Vita, e mi salvò, mandando a sbattere contro la parete color pece la mia aguzzina.

Io crollai invece a terra in ginocchio, ma con una nuova scarica di adrenalina mi rialzai in piedi in fretta, fissando attentamente la figura della ragazza accasciata contro la parete. Riaccesi un globo luminoso, dato che l'attacco dell'altra me mi aveva fatto spegnere la sfera di fuoco. Potevo di nuovo vedere nella tenue illuminazione la prigione che mi intrappolava.

Non ci volle molto neppure a lei per riprendersi e, senza indugi, si gettò contro di me con estrema foga, puntando la sua spada di acciaio.

Questa volta però non mi feci trovare impreparata e riuscii, con un banale trucchetto magico insegnatomi da Chris, a duplicare la sua arma, che comparve nella mia mano destra, pronta a parare il colpo in arrivo.

Da lì iniziò un terribile scontro, scandito da ritmi ferrei. Avevamo lo stesso stile, la stessa tecnica, le medesime doti. In fondo lei era me e io ero lei e sarebbe stato impossibile prevalere. Conoscevamo entrambe le mosse che avrebbe fatto l'altra e inizialmente pensai che quello scontro sarebbe durato in eterno. Ma mi sbagliavo: io mi stavo stancando in fretta, mentre lei sembrava essere fatta di ferro. Era evidente che non fosse umana.

Iniziavo a essere stremata e così la mia avversaria riuscì a crearsi un varco nella mia debole guardia, ferendomi. Era un semplice graffio alla spalla, ma dopo pochissimo riuscì a infliggermi un taglio più profondo nel braccio. Gemetti. Ormai lo sapevo, ero spacciata. Non sarei riuscita ad andare avanti ancora per molto.

Infatti, dopo aver parato a fatica una nuova raffica di fendenti, uno riuscì a superare la mia guardia e mi penetrò brutalmente il fianco. Quando sentii il terribile dolore invadermi il corpo capii con assoluta certezza che sarei morta. Non ce l'avrei mai fatta. Non così. Io ero allo stremo e qualsiasi colpo sarebbe stato nullo. Era la fine.

Forse fu proprio nella calma accettazione della mia prossima dipartita che ebbi un'idea. Magari non avrebbe mai funzionato, ma non avevo nulla da perdere. Sarei stata sicuramente sconfitta, a meno che non fossi uscita dai miei schemi. Se avessi agito in un modo insolito per me, forse avrei potuto vincere.

E sapevo benissimo cosa non avrei mai fatto: essere scorretta. Mio padre era un uomo d'onore e mi aveva trasmesso i suoi valori, insegnandomi a non attaccare mai qualcuno a tradimento. Non era bello andare contro i miei principi, ma poteva essere il solo modo che avevo per salvarmi la pelle

Quindi iniziai a indietreggiare, allontanandomi barcollando da quella figura malvagia e mi lasciai cadere a terra in ginocchio, una mano posta sul fianco, dove mi sgorgava a fiotti il sangue. Intanto la mia avversaria si stava avvicinando con arrogante lentezza, sicura di avere la vittoria tra le mani.

Lasciai che lei si avvicinasse e chiusi gli occhi, concentrando tutte le mie forze in un punto alle sue spalle.

Quando ormai era a un passo da me e stava già alzando la spada per darmi il colpo di grazia, agii, provocando un gran rumore sulla parete in fondo, dove avevo trasferito una scarica di energia.

Stupita, la mia brutta copia si girò e allora, approfittando della sua distrazione, mi alzai in piedi velocemente e le conficcai la lama nel petto.

I suoi occhi incontrarono i miei e mi trasmisero tutta la sua enorme sorpresa per la mia azione. Non potei trattenermi dal sussurrare: "Non siamo uguali. Io non sono solo così, io sono molto di più."

E insieme cademmo a terra.



Quando riaprii gli occhi mi ritrovai nella stanza dove era costudito lo Shidashi, il quale si trovava lì davanti ai miei occhi in tutta la sua bellezza. Sapevo bene, però, che quella volta avrei potuto prenderlo tra le mie mani senza dover affrontare nessuna nuova prova. Ormai ero riuscita a superare tutti gli ostacoli posti in sua difesa.

Peccato che non sarei mai riuscita a raggiungerlo: non avevo più forze. Che cosa ridicola: ero così vicina al mio obiettivo, eppure così lontana. Tutto era ormai irrimediabilmente perduto. Sapevo cosa sarebbe successo: sarei rimasta lì incosciente a dissanguarmi e quando alla fine i miei compagni avrebbero raggiunto quella stanza – non avevo alcun dubbio sul fatto che ce l'avrebbero fatta - mi avrebbero trovata morta. Che stupida che ero stata...

Sapevo di essere stata vittima di un incantesimo, ma era davvero più forte del buon senso? Perché ero andata lì da sola? Perché ero stata così sciocca da commettere quell'errore?

Tutto presto iniziò a diventare sfocato e con il fianco in fiamme scivolai a terra priva di sensi.



"Kate, Kate! Andiamo, svegliati, Kate!" sentii ripetere con veemenza e preoccupazione dalla voce di Christopher O'Connor. Un calore confortante dava sollievo alla ferita che aveva provocato quella che avevo creduto essere la mia morte.

Quella che sarebbe sicuramente stata la mia morte, se quel ragazzo non mi avesse trovata.

Sentivo la bocca arida e un sapore orribile mi rendeva insopportabile deglutire, eppure mi sforzai di dire qualcosa, per far capire al mio salvatore che ero sveglia.

"S-se ques-sto è il p-paradiso, allora mi chiedo come debba essere l-l'inferno," mormorai a fatica, con ironia.

Immediatamente il bel mago distolse gli occhi dalla mia ferita e li puntò dritti nei miei, facendomi trattenere il fiato.

Mi guardò per attimi che sembrarono essere lunghi secoli, con un'intensità tale da farmi tremare. Mi scrutò con attenzione, con un fare quasi incredulo, ma poi si lasciò andare a un grandissimo sorriso di sollievo, un sorriso che non vedevo su di lui da troppo tempo.

"Purtroppo per me sei ancora in questo mondo. Mi toccherà sopportarti ancora per molto tempo," rispose sarcastico anche lui, ma mantenendo sempre quell'espressione gioiosa.

Ridacchiai coinvolta da quel clima di felicità. Ero viva! Nonostante tutto ero viva. Viva grazie a lui.

Finite le risate, il suo sguardo si fece molto più serio e ritornò a concentrarsi sulla mia ferita, ormai meno grave e indubbiamente in via di guarigione. Non potevo fare a meno di notare la rigidità che traspariva da tutti i suoi movimenti.

Dunque, non mi potei trattenere dal domandare: "Che c'è? Cos'hai?". La mia voce era un debole sussurro, ma nel silenzio della stanza sembrò rimbombare.

Lui fece come se non avessi detto nulla. Mi ignorò totalmente, continuando a curarmi, anche se con gesti più bruschi.

"Chris, cosa succede?" chiesi di nuovo con maggiore insistenza e con una veemenza tale da alzarmi sui gomiti. Ma quel gesto mi produsse una fitta al fianco e io non riuscii a trattenere un gemito.

"Diamine Kate, stai ferma!" esclamò rabbioso contro di me, trafiggendomi con i suoi occhi-iceberg.

Ammutolii, mio malgrado, e distolsi i miei, incapace di reggere quello sguardo. Lentamente mi riappoggiai a terra, rifiutando il suo aiuto.

Non capivo come fosse possibile che, nel giro di pochi secondi, fossimo passati da una risata a un clima di gelo assoluto. Eravamo immobili, io sdraiata con il volto diretto verso il soffitto affrescato, lui seduto immobile a pensare a non so cosa.

"Non ce l'ho con te. Ce l'ho con quella ragazzina, Kyra. Si può sapere che diamine aveva nel cervello?! Perché ti ha fatto fare tutto questo da sola? Se solo fossi arrivato un po' più tardi saresti morta! Morta!" si sfogò, spingendomi a posare gli occhi su di lui. Spalancai la bocca priva di parole, così stupita da quella reazione: era dunque quello il motivo della sua rabbia? Si era forse... preoccupato per me? A tal punto, poi? O era altro?

"Da quando ti interessa tanto?" ribattei con freddezza, mettendomi sulla difensiva.

"Hai idea di cosa sarebbe successo se tu fossi morta? Era a rischio tutta la nostra missione!" continuò lui, evitando di dare una risposta vera alla mia domanda.

Dovetti ingoiare un boccone amaro alle sue parole, ma mi riusciva comunque difficile credere che quel ragazzo fosse davvero così indifferente alla mia incolumità. Lo leggevo nei suoi occhi, nel sollievo che continuavo a scorgervi e anche nella sua stessa rabbia.

"La tua bocca dice una cosa, ma i tuoi occhi parlano d'altro," dissi, lanciandogli un'occhiata ammiccante.

"Cosa vorresti dire?" mi chiese dunque, con un pizzico di aggressività. Sarà che ero appena andata incontro alla morte, ma mi impressionai ben poco a quelle parole, tanto che mi spuntò un allegro sorriso.

"Lo sai benissimo."

"?" mi chiese guardando il mio fianco che stava curando, ma lasciandosi andare a un sorrisetto malizioso. Il suo sorriso in quel momento mi fece comprendere finalmente cosa ci vedessero tutte quelle ragazzine in piena crisi ormonale in lui. Era così... terribilmente affascinante. Bello, indubbiamente, ma non solo quello. Era molto di più... Con quei suoi occhi, con quel suo ghigno, mi sentivo sciogliere. Faceva perdere ogni controllo mentale. Desideravo saltargli al collo e baciarlo. Dopo averlo baciato nella prova dell'oblio non desideravo altro che risentire la sensazione delle sue morbide labbra sulle mie, che mandavano in tilt tutto il mio corpo. Volevo un bacio vero, un bacio che mi avrebbe fatto dimenticare ogni cosa. Ogni dannatissimo problema. Quello poteva essere il vero oblio. Lui era un magnete e io ero irrimediabilmente attratta da lui.

Ma nonostante queste e tante altre emozioni si fossero impossessate di me, io tentai di mantenere il possesso delle mie facoltà: non mi sarei comportata come la bambinetta cotta del solito Don Giovanni di turno.

"E se anche fosse?" chiesi, alzando lievemente un sopracciglio e intensificando istintivamente il mio sguardo.

"Beh, se così fosse, forse, e dico forse, potresti anche avere ragione," mi rivelò avvicinandosi col viso al mio, prendendomi del tutto alla sprovvista. Sentii il battito del mio cuore accelerare e per qualche secondo riuscii a dimenticare il dolore che mi divorava le forze.

Ma non potevo farmi battere così.

"Io ho sempre ragione," sibilai con un misto di dolcezza e di rudezza.

Cadde il silenzio, un silenzio pieno di sottintesi ed emozioni. C'era qualcosa tra di noi, una connessione speciale, che sopravviveva sempre nonostante fosse costantemente messa alla prova. La scena nella sua camera era per me già un lontano ricordo, un episodio che perdeva tutta la sua drammaticità ogni volta che incontravo il suo sguardo sollevato.

"Mi dispiace tanto, Kate. Per quello che è successo l'altro giorno nella mia stanza. Non posso credere di averti fatto del male. Zac mi ha detto che avevi un grosso livido sulla spalla," disse a un certo punto, la voce scossa da un lieve tremito. I suoi occhi si velarono di vergogna, mostrandomi quanto si sentisse in colpa. Ma, anche se non aveva voluto farmi del male, cosa era successo quel giorno?

"Mi hai appena salvato la vita. Direi che ti posso perdonare," risposi con il volto mascherato da indifferenza.

"Non dovresti. Sono stato uno stronzo con te. E scusami per le parole che ti ho detto a Zentor. È evidente che avevi ragione tu," continuò lui, non guardandomi. Era una mia impressione o le sue guance si stavano riempiendo di qualche chiazza rosata?

"Non potevi saperlo. Detto questo, sì, sei stato uno stronzo. Cosa è successo nella tua camera?"

"Ho... ho perso il controllo," mi disse, senza in realtà spiegarmi nulla. Dovevo insistere, forse era la volta buona per scoprire qualcosa, ma, nonostante grazie alle magie di guarigione del ragazzo iniziassi a sentirmi meglio, ero veramente a pezzi. La fatica delle ultime ore si sentiva tutta e non ero sicura di essere in grado di reggere quel discorso. Così gli chiesi: "Dove sono gli altri?"

Chris, visibilmente sollevato del mio cambio di argomento, mi raccontò cosa era successo a loro mentre io ero via.

Al mattino si erano svegliati con totale tranquillità ed erano andati a fare colazione. Non vedendomi si erano preoccupati e Aly mi aveva cercata in camera, trovandola vuota. Aveva notato subito l'assenza di alcuni miei oggetti personali e dopo aver ficcanasato un po' aveva scovato la piantina della Domus, con l'accesso ai sotterranei evidenziato. Non c'era voluto molto alla mente sveglia della ragazza per rendersi conto di cosa fosse successo ed era corsa a chiamare gli altri.
Tutti insieme si erano preparati velocemente, pronti ad avventurarsi nei sotterranei, riuscendo a evitare tutti gli ostacoli posti dall'Onorevole Varyen.

Giunti all'interno del percorso che conduceva nella stanza dove ci trovavamo, avevano superato tutte le prove: la prima non aveva dato loro problemi perché erano talmente di fretta da non lasciarsi incantare dallo splendore delle ricchezze. La stanza delle trappole erano riusciti ad attraversarla grazie a un particolare incantesimo fatto da Oliver, che aveva permesso loro di identificare il giusto percorso. Nel tunnel delle voci erano sopravvissuti grazie a Jas, e al suo controllo mentale, ed erano quindi giunti al penultimo step, la tentazione dell'oblio. Kyra li aveva accolti, rivelando anche il vero motivo per il quale avevo fatto la pazzia di affrontare tutto quello da sola. Poi li aveva spinti nella prova. Lì Chris si era liberato in fretta, mentre gli altri erano ancora nel mondo dei sogni, persi nelle loro speranze. Lui avrebbe voluto aspettarli, però le porte che conducevano alla stanza dello Shidashi si erano spalancate e lui mi aveva scorto a terra, circondata da un lago di sangue. Subito era intervenuto con tutti gli incantesimi di guarigione che conosceva e, per fortuna, la ferita sembrava essere prossima alla guarigione. Il sangue perso era comunque troppo e avrei avuto bisogno di molto riposo, secondo lui.

"Da quanto tempo sono qua dentro?" mormorai debolmente, rendendomi conto di essere stata persa nei meandri della mia mente molto più a lungo di quanto avessi pensato.

"Due giorni, penso. Ma in realtà non ne ho la minima idea, il tempo qui sotto sembra non passare," mi rispose Chris, aggrottando le sopracciglia con fare pensieroso.

Lo guardai, forse vedendolo davvero per la prima volta. E mi sentii improvvisamente investire da una fortissima emozione, una completa e totale gratitudine. Mi aveva appena salvato la vita. Mi aveva salvato da quel nulla cosmico in cui stavo volteggiando.

"Chris," richiamai la sua attenzione, visto che era concentrato sulla mia ferita. Lui mi guardò con un punto di domanda stampato in faccia e io allora con tutta la sincerità che potevo esprimere dissi: "Grazie, mi hai salvato."

I nostri occhi si incatenarono nuovamente, questa volta dotati di una tale forza che anche volendo non sarei riuscita a distogliere i miei. Sembrava che ogni schermo di protezione fosse caduto e che fossero rimaste solo le nostre essenze, che si univano in un puro e raro momento di sincerità.

"Non avrei mai potuto lasciarti morire, non avrei mai sopportato la tua morte," mi rispose e quelle parole mi suonavano di una verità sconcertante.

Il nostro momento di intimità venne però interrotto da dei rumori che provenivano dalla stanza accanto, seguiti da più voci che urlavano il mio nome.

Senza che avessi il tempo di capire qualcosa mi ritrovai sommersa da un corpo minuto e vigoroso.

"Aly..." mormorai sorpresa.

"Per tutti i Mondi, Kate cosa ti è successo?! Stai bene? Quella piccoletta, come ha potuto farti affrontare tutti le prove da sola! Come stai?" mi travolse con le sue parole.

"Non prendetevela con lei, non è colpa sua," risposi triste per la sorte di Kyra. Avrei tanto voluto liberarla. Sentii gli occhi riempirmisi di lacrime, cogliendo quel mio momento di debolezza. Ero disarmata: a quanto pareva mi era servito arrivare a un passo dalla morte per riuscire ad abbattere la mia armatura.

"Oh, Kate. Avrei dovuto avere fiducia in te fin dall'inizio," si scusò, sospirando. Mi ritrovai avvolta dalle sue braccia, mentre mi chiedeva per l'ennesima volta come stessi, al che io risposi che ero stata meglio, ma che potevo sopravvivere.

Arrivarono anche gli altri e venni sommersa dalle domande e dalle scuse. Mentre raccontavo tutto, o quasi, sentivo su di me lo sguardo di Chris, ritiratosi in disparte. Lo tenni d'occhio, per fortuna aggiungerei, perché a un tratto lo vidi iniziare ad avanzare verso lo Shidashi.

"No! Chris non farlo!" urlai rapida per bloccarlo.

Lui si fermò immediatamente e mi guardò confuso. Io, che ormai ero in grado di stare seduta, tentai di alzarmi in piedi, anche se con un equilibrio molto precario.

"Non toccarla. Nessuno di voi la tocchi. Vi porterebbe dritti verso la vostra paura più grande e non è necessario," lentamente mi avvicinai a lui, scansando i tentativi degli altri di fermarmi. Il fianco mi faceva male, anche se in modo sopportabile, ma mi sentivo sul punto di perdere i sensi, a causa probabilmente del troppo sangue perso e delle energie consumate. Da quanto tempo non mangiavo? Ero totalmente ricoperta e incrostata di sangue e mi resi conto di non aver mai avuto un aspetto così disgustoso. Ciò nonostante, raggiunsi il mago e dissi: "Posso prenderlo io per tutti: il mio demone l'ho già affrontato."

Faticando raggiunsi l'oggetto sacro, superando il ragazzo biondo, e senza indugiare lo presi in mano. Era incredibilmente leggero e mi sentii subito invadere da una forza sconvolgente che mi fece dimenticare ogni dolore e debolezza. Sorrisi raggiante agli altri e feci loro cenno di raggiungermi. I miei amici lo fecero, scambiandosi però occhiate piuttosto perplesse.

Io invece ero assolutamente tranquilla, improvvisamente consapevole di cosa avrei dovuto fare.

Un desiderio. Esprimere un desiderio. Un piccolo semplice desiderio.

E fu così che, prendendoci tutti per mano, io chiesi all'oggetto miracoloso di trasportarci lontano da quel pianeta candido in superficie, ma molto più oscuro nei suoi angoli nascosti, per trasferirci in un altro, teatro di guerra e devastazione, con una natura selvaggia da sfondo.

Chiesi che ci inviasse su Mondeor.



ANGOLO AUTRICE:

Ebbene sì, siamo giunti al termine dell'avventura su Candor!

Questo è uno dei miei capitoli preferiti in assoluto, principalmente perché affronta un lato della nostra Kate molto particolare, anche un po' contorto se vogliamo, e spero sinceramente che si sia capito tutto quello che volevo far intendere.

Vediamo anche l'arrivo del principe azzurro della situazione, che salva la donzella e... inizia a flirtare con lei. Come pensate che si evolverà il loro rapporto nei prossimi capitoli?

Vi aspetto la prossima settimana con l'ultimo capitolo revisionato e con uno del tutto inedito! Inizieremo così ad addentrarci nel selvaggio Mondeor e preparatevi, perché le minacce saranno dietro ad ogni angolo!

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