(R) CAPITOLO 20: Antitesi perfette
Buio. Buio ovunque. Da qualche parte si sentono cadere delle gocce, con un ritmo lento e snervante. Poi ci sono io, immobile, incapace di muovere qualsiasi muscolo. Il panico mi pervade, facendomi venire voglia di urlare e chiedere aiuto, ma non riesco neppure ad aprire la bocca.
Passano minuti, ore, giorni, anni... chi lo sa. Mi sembra di essere qui da un'eternità. Nulla. Il nulla mi circonda. Il vuoto più totale mi avvolge, mi cattura e mi divora, istante dopo istante.
Ma improvvisamente qualcosa cambia: finalmente mi sento libera di muovermi, di poter scappare da quell'oscurità. Allora corro, corro veloce e senza meta, con la sola speranza di vedere una luce da qualche parte, di lasciarmi alle spalle quell'orrore. Ma poi vado a sbattere contro quella che mi pare al tatto una parete levigata. Quindi mi ritrovo a terra, leggermente tramortita dalla botta appena presa. Mi rialzo, barcollando e mi massaggio la testa.
"Kate, Kate.... perché scappi? Non lo sai che non esiste salvezza?"
Una voce. Poche spaventose e terribili parole. Sento un brivido scuotermi.
"Chi sei?!" urlo all'aria vuota, sentendo poi l'eco della mia voce pian piano svanire.
"Non è ovvio?" dice allora quella voce, che mi accorgo provenire chiaramente da dietro le mie spalle. Colta alla sprovvista mi volto di scatto e incontro due occhi azzurri, i miei...
"Chi..." sussurro spaesata.
"Non è semplice? Sono te," mi sorride maligna la mia perfetta copia, trafiggendomi nel petto con una spada.
Riemersi dal sogno svegliandomi di soprassalto. Avevo il fiatone e le mie mani corsero velocemente lì dove mi era sembrato di essere stata colpita dalla lama. Ovviamente era solo uno stupido sogno e non avevo nessuna ferita mortale. Sospirai, tranquillizzandomi.
Solo un sogno, uno stupido incubo....
Con ancora il respiro corto mi guardai intorno, notando che tutti dormivano ancora tranquilli, comodamente sdraiati nel loro letti. Alysha, al mio fianco aveva la faccia affondata nel cuscino, persa nei sogni. Fuori era ancora buio, dovevo essermi svegliata nel pieno della notte.
Mi sarei potuta sdraiare nuovamente per rimettermi a dormire, anche perché sarebbe stato utile riposare, ma avevo troppa paura di ripiombare dentro a quell'incubo: era dalla prima notte passata a Zentor che mi tormentava, sempre uguale, ma non per questo meno agghiacciante.
Decisi così di uscire dalla locanda per prendere una boccata d'aria e tranquillizzarmi. Attenta a non svegliare nessuno, recuperai una specie di scialle che le donne su Candor utilizzavano per coprirsi e sgusciai fuori dalla stanza. Da sola, nel buio totale del corridoio, mi sembrò di ricascare dentro al mio incubo, così, fregandomene dei rischi di essere vista, accesi sulla mano una piccola fiammella, illuminando fiocamente la zona. Attraversai rapida l'edificio, raggiungendo il giardinetto interno della locanda, finalmente all'aria aperta.
Mi misi seduta su una panchina, portandomi le gambe al petto, abbracciandole. Il mio sguardo correva distratto nell'oscurità della notte. Anche lì era buio, ma le stelle nel cielo creavano un tenue chiarore che permetteva di distinguere le sagome che caratterizzavano il giardino: un albero sorgeva in un angolo e da esso pendevano dei frutti di un bel colore rosso, che nel mio mondo non esistevano; altre panchine erano disposte intorno e il prato era pieno di piccoli fiorellini, che anche senza la luce del giorno si intuivano di un bel blu vivido.
Ma in quel momento, a causa dell'oscurità della notte e quella ancora più profonda del mio umore, non riuscivo a godermi quel bellissimo luogo. Un tempo amavo la notte, la trovavo affascinante e liberatoria, perché era il momento in cui potevo far finalmente crollare la mia maschera, non temendo più di essere scoperta dal mondo, ma in quel momento ero invasa dall'angoscia. Per la prima volta da giorni sentii davvero il peso della distanza da casa: mi mancavano i colori allegri e sgargianti degli edifici, mi mancava il mio luogo di pace sulla scogliera, il rumore del mare e il suo odore salmastro. Mi mancavano le mie abitudini, ma soprattutto mi mancava mio padre. L'avevo perdonato da tempo ormai, nonostante le sue bugie mi avessero ferita profondamente, così tanto che sicuramente avrebbero lasciato delle cicatrici. Guardare quel cielo, così profondamente diverso da quello di Majesten, mi metteva davanti agli occhi l'evidenza della distanza insormontabile che c'era con la mia vecchia vita.
"Non riesci a dormire?" mi chiese Christopher, sedendosi al mio fianco. Io sussultai, non essendomi accorta della presenza del ragazzo. Velocemente ritornai alla realtà, che era lontana anni luce, letteralmente, da casa mia.
"Mi dispiace, non volevo svegliarti..." mi scusai rapidamente. Nelle mie parole concitate riuscii ugualmente a percepire un po' di quella malinconia che mi aveva avvolta nelle sue spire fino a un istante prima.
"Tranquilla, ero già sveglio. Ho solo pensato che, forse, avevi bisogno di un po' di compagnia," mi rispose pacato, il volto rilassato rivolto dritto davanti a sé.
Io rimasi in silenzio, lasciando a mia volta il mio sguardo libero di perdersi nell'oscurità.
Una parte di me, quella che apparteneva alla ragazza sciocca che voleva solo fare disperatamente colpo sul ragazzo che le piaceva, avrebbe voluto dire qualcosa di intelligente, ma la Katherine orgogliosa e decisa mi portò a trattenermi, ignorandolo.
"Sei triste," asserì lui, interrompendo il silenzio imbarazzante che si era creato.
"No, io..." cercai di negare, con scarsi risultati.
"Non era una domanda, ma un'affermazione. Anche uno stupido se ne accorgerebbe," mi chiarì interrompendomi.
"Ah. Beh, allora sì, sono triste," ammisi affondando il viso tra le ginocchia. "Ma puoi biasimarmi?"
Lo sentii prendere un respiro profondo e muoversi al mio fianco irrequieto.
"No, non posso," disse alla fine. "So che qualcuno non ha preso molto bene la tua omissione. Mi dispiace. Vedrai però che passerà. Capiranno e poi ti perdoneranno. Ti ho perdonato io, lo faranno certamente anche loro," continuò cercando di consolarmi.
Rialzai il capo e lo guardai stupita. Non mi aspettavo certamente di ricevere parole compassionevoli da lui.
"Quale evento storico: Christopher O'Connor che cerca di consolare Katherine Forrest, non posso crederci!" mi trovai a ironizzare divertita, aprendomi finalmente in un sincero sorriso.
"Già... sono sorpreso pure io, in effetti," ridacchiò leggermente a disagio, evitando accuratamente di incontrare i miei occhi. Ebbi un fremito: mi faceva strano vederlo imbarazzato, quando per tutti quegli anni mi si era mostrato come un automa senza emozioni.
"Alysha dice di non avercela con me. Forse sarà anche vero, ma la sento fredda. L'ho delusa, probabilmente si è sentita un po' tradita. Ma almeno lei mi ha difeso. Gli altri invece è chiaro che non si fidano più di me e probabilmente hanno ragione. Poi tu mi conosci da molto più tempo, sai come sono fatta. Loro invece non sono abituati ai miei comportamenti stupidi: non hanno idea di quanto io possa essere idiota se mi ci metto d'impegno," ripresi a parlare, riallacciandomi alle parole precedenti di Christopher.
"Beh... non so se ti conosco così bene, sai. Mi sembri molto diversa dalla bambina di un tempo," puntualizzò.
"Infatti non sono più come allora... non del tutto perlomeno," assentii, pensando a quanto fossi cambiata negli anni, ma soprattutto nell'ultimo mese e mezzo.
"Di certo posso dirti che la Kate che conoscevo non si sarebbe pianta addosso come stai facendo tu ora," mi criticò, ma c'era cortesia nella sua voce. Non voleva offendermi, solo consigliarmi. Ma con il mio caratteraccio, la presi comunque male.
"Oh, beh, tante grazie! Si dà il caso che le circostanze siano..." esclamai risentita, talmente forte che il ragazzo al mio fianco dovette tapparmi la bocca per farmi tacere, temendo che svegliassi l'intera locanda.
"Okay, " ripresi con un tono decisamente più basso, "ma non mi sto piangendo addosso. Solo... non riesco a togliermi dalla testa la delusione nei loro occhi."
"Ah, Kate... ti sei attaccata sempre troppo al parere degli altri..." sospirò il ragazzo guardandomi con i suoi occhi che brillavano di una strana luce. "So di averti insultato talmente tante volte che sarebbe quasi impossibile tenerne il conto e che poche ore fa sono stato il primo a urlarti contro, dandoti della codarda egoista, ma ti assicuro che non ti devi vergognare per come sei. Sei buona, intelligente e unica. Di certo non sei una ragazza convenzionale, ma sono proprio queste tue particolarità a renderti speciale. Non ti preoccupare, passerà in fretta. Alysha ti vuole bene e con un po' di tempo tutti impareranno a farlo per come sei."
Con la bocca aperta mi persi nei suoi occhi, incapace di dire o fare qualsiasi altra cosa, completamente perduta. Non mi aspettavo parole così belle da lui. Poteva essere davvero la mia rovina quel ragazzo, ma forse anche la mia salvezza.
Rimasi lì a fissarlo, ferma, mentre il mio cuore si muoveva all'impazzata.
Mi chiesi se lui riuscisse a sentirlo.
Mi chiesi anche se, forse, mi fossi sbagliata sui miei sentimenti e se quello che provavo per lui fosse più di una semplice cotta.
Mi chiesi soprattutto, vedendolo avvicinarsi a me con lo sguardo puntato sulle mie labbra, se anche lui provasse quel miscuglio di sensazioni che in quel momento stavano vorticando nel mio cuore.
Ma non ebbi risposta alle mie domande, e non seppi neppure che sensazione mi avrebbe provocato la sua bocca sulla mia, perché quando mi resi veramente conto dell'imminenza di quel bacio totalmente inaspettato, balzai in piedi di colpo, distruggendo la magia del momento.
Potevo avere quello che desideravo, il bacio di Christopher, eppure mi ritrassi. Mi sembrava incredibilmente sbagliato, non mi sentivo pronta a un passo simile. In quel momento mi rimbombavano nella testa le parole di quella strana discussione che aveva avuto con Jasmine. Non sapevo praticamente nulla di lui, come potevo baciarlo? Ma la verità era anche che non mi sentivo per nulla preparata ad affrontare ciò che temevo mi avrebbe suscitato un simile atto.
"Forse è meglio rientrare, domani mattina ci dovremo svegliare presto," avanzai come scusa, stringendomi lo scialle intorno al corpo. Mi ci sarei nascosta volentieri sotto.
"Già... hai ragione," rispose lui dopo qualche istante, con un tono decisamente infastidito.
Mentre tornavamo dentro in silenzio, su di noi era calato un profondo senso di disagio e io iniziavo a chiedermi se avessi fatto davvero bene a ritrarmi: potevo aver perso per sempre quell'occasione. Assurdo, preoccuparmi tanto per un bacio mancato. Io! E poi con Christopher. La vita non smette mai di sorprenderti. Con un imbarazzato buonanotte ci salutammo, tornando di nuovo ognuno nel proprio letto.
Non mancavano molte ore prima dell'alba, ma non riuscendo a chiudere occhio, mi sembrarono infinite. Sentivo il respiro profondo di tutti quanti nelle orecchie e la cosa mi innervosiva. Non riuscivo a spegnere il cervello, ogni rumore, ogni pensiero era una distrazione che mi teneva sveglia. Era un incubo, per una che ama dormire, ma era comunque meglio che tornare a sognare di venire trafitta dalla propria sosia.
Quando mi alzai ero in coma, dopo forse un'oretta di sonno, e silenziosamente iniziai a sistemare le mie cose, insieme agli altri. Non che avessi chissà quali effetti personali, se non qualche cambio di vestiti che Zac ed Aly erano andati a recuperare il pomeriggio precedente, in vista della partenza.
Perché sì, stavamo per lasciare dopo appena pochi giorni quella bellissima, ma anche oscura, città. Dopo aver informato i miei compagni dell'esistenza del diario di Irvin, che ci avrebbe condotti dritti dallo Shidashi, era stata scontata la decisione di partire.
Scontata quanto la sorpresa e la delusione dei miei compagni alla scoperta della mia menzogna. Beh, io preferisco chiamarla omissione, ma la sostanza non cambia. Jasmine era stata la prima a prendersela con me, a quanto pareva la tregua tra noi due era già finita. Con mia grande sorpresa Alysha non aveva esitato un secondo a difendermi davanti a lei. Dopo anni di bullismo subito senza che nessuno prendesse mai le mie parti, non vi so spiegare l'emozione che provai in quel momento, vedendo il vero valore del rapporto che avevo creato con la ragazza dagli occhi indaco. Valore che io avevo sminuito mentendole. Sapevo di averla ferita, sapevo che non era tutto a posto con lei, tra noi c'era una freddezza che non avevo mai sentito prima e la cosa mi terrorizzava. Non volevo perdere un'amica leale come lei.
Jasmine non era l'unica ad aver reagito male però, Oliver non aveva detto nulla, ma mi era bastata la sua espressione per capire che avevo perso di credibilità davanti ai suoi occhi, mentre Zac... onestamente non avevo minimamente capito che reazione avesse avuto. Era snervante, delle volte quel ragazzo sapeva essere davvero indecifrabile.
Ma in quel momento il senso del dovere vinceva su tutto il resto e ognuno di noi avrebbe dovuto dare il massimo per la missione. Alla fine ero riuscita anche a saltare le pagine per scoprire subito qual era l'ultimo posto in cui era stato visto lo Shidashi e, come in realtà già sospettavamo, era custodito nella Domus Alba. O almeno, così era ai tempi di Irvin, noi potevamo solo sperare che le cose non fossero cambiate. La dimora dei famosissimi Veggenti ci aspettava.
C'erano fin troppi se, nella mia mente, ma almeno avevamo finalmente un obiettivo da raggiungere.
In breve tempo fummo pronti e prima ancora di rendermene conto stavo lasciando alle mie spalle le mura della città bianca di Zentor, per imboccare la strada principale.
Secondo una stima avevamo dedotto che ci sarebbero volute circa due settimane di cammino e avremmo dovuto seguire una strada lastricata fortunatamente diretta e, teoricamente, priva di pericoli, a differenza delle zone desertiche.
Quel giorno non parlai molto con i miei compagni, avevo capito chiaramente che nessuno aveva molta voglia di darmi attenzione. Lo accettavo, ma non potevo negare che la cosa mi feriva. Per distrarmi decisi di passare il tempo a esercitarmi con qualche incantesimo, stando attenta a fermarmi non appena incontravamo qualcun altro sulla via. Nelle pause invece tornai a leggere il diario di Irvin, per cercare di studiare tutti i particolari del viaggio della ragazza, in modo da essere preparati a qualsiasi cosa ci succedesse.
Dopo svariate ore di marcia, il sole era ormai sul punto di tramontare e io mi sentivo solo immensamente stanca e con una voglia pazza di riposare. Avrei tanto voluto avere la resistenza di Alysha, che sembrava essere a malapena indolenzita. In una situazione normale mi sarei avvicinata a lei per ridere e scherzare sulla mia goffaggine e debolezza, ma poiché evitava sempre accuratamente di incrociare il mio sguardo, decisi di non avvicinarla. Le dovevo almeno lasciare un po' di tempo.
Quando anche il secondo sole scomparse oltre l'orizzonte, tingendo tutto con i suoi tentacoli fiammeggianti, ci trovavamo in una zona rocciosa, troppo lontani da qualunque villaggio per trovare un alloggio decente. Zac, allora, estrasse nuovamente dalla sua ampia sacca le nostre tende portatili, che in un lampo furono pronte per ospitarci per la notte, mentre Oliver si era preoccupato di accendere un falò per scaldarci e cuocere il pasto.
Dopo cena, i miei compagni si ritirarono subito, stanchi della lunga camminata. Anche io lo ero, ma, forse per la paura di ripiombare di nuovo nell'oscurità del mio incubo ricorrente, non avevo la minima voglia di coricarmi e avevo quindi scelto di leggere un po' del diario.
Mi ero affezionata ormai a Irvin, ammiravo la sua determinazione e la voglia di emanciparsi. Lei e i suoi compagni erano stati davvero coraggiosi a lasciare tutto di loro spontanea iniziativa, pronti a correre qualsiasi rischio per seguire i loro sogni.
Ero appena arrivata al punto in cui la scrittrice di quel piccolo libro era giunta con i suoi due amici in prossimità della Domus Alba, quando captai un movimento che mi riportò alla realtà. Subito mi guardai attorno, circospetta, ma quando vidi la figura alta e muscolosa di Zac mi lasciai andare a un lieve sospiro, rassicurata.
"Hey," sussurrò con un piccolo sorriso.
"Hey," gli risposi storcendo il volto imbarazzata e mettendo da parte il libricino.
In silenzio mi si sedette a fianco, stupendomi: allora forse lui non ce l'aveva con me...
"Anche tu sei arrabbiato con me?" andai quindi dritta al punto, con tono indecifrabile e fissandolo con attenzione.
Il ragazzo mi guardò, senza tradire nessuna emozione, poi distolse lo sguardo, aprendosi in un sorrisetto soddisfatto.
"No, non sono arrabbiato con te," dichiarò alla fine con tono tranquillo. "Conosco fin troppo bene i tuoi sentimenti per non essere comprensivo nei tuoi confronti."
Sbuffai, un po' divertita e un po' scocciata. Scossi lievemente la testa e dissi ridacchiando: "Già, dimenticavo che tu puoi conoscere le mie emozioni e i mei sentimenti meglio di me. Ma dimmi... non ti stanchi mai?"
Lui a quel punto mi guardò confuso e mi sentii soddisfatta per essere riuscita a metterlo in difficoltà almeno una volta, mentre di solito sembrava essere sempre un passo davanti agli altri, con la sua maledetta empatia.
"Di cosa mi dovrei stancare?" mi chiese quindi, socchiudendo gli occhi chiari.
"Di essere sempre così comprensivo. Non ti viene mai voglia di ignorare quello che provano gli altri e pensare solo ed esclusivamente a quello che provi tu?" gli spiegai. Non voleva essere un'offesa, ero sinceramente curiosa di capire come riuscisse a sopportare un simile dono.
Zac intanto scoppiò a ridere, ma senza una vera allegria a colorare il suo sorriso.
"Certo che mi stanco! Anzi, io sono costantemente stanco," mi rivelò. "Ma l'empatia è un lavoro a tempo pieno. Lo so che mi vedi come il ragazzo perfetto, quello che fa sempre la cosa giusta per gli altri, ma ho avuto molti momenti di ribellione. Ho provato ad essere egoista, ignorare i sentimenti degli altri, ma... era più doloroso. Alla fine, ho capito che per stare bene devo accettarmi e agire di conseguenza a questo dono che la vita mi ha fatto. Ciò non toglie che vorrei semplicemente essere un ragazzo normale," mi confessò, muovendo nervosamente la gamba. Non doveva parlare molto spesso di come si sentiva, sempre concentrato sullo stato d'animo degli altri. "Non vale la pena invidiarmi, ma nemmeno compatirmi, e tu stai facendo entrambe le cose," aggiunse, inarcando un sopracciglio, leggendomi ancora una volta dentro.
Abbassai lo sguardo, imbarazzata, boccheggiando senza sapere che dire per tirarmi fuori dall'impiccio.
"Mi dispiace, non dovrei giudicarti in alcun modo, ma per me è difficile. E tu lo sai," dissi alla fine, inclinando il capo e guardando le stelle, che disegnavano costellazioni a me del tutto sconosciute. La brezza fresca della notte, mi scompigliò leggermente i capelli, lasciandomi scossa da un brivido. "Con il mio carattere schifoso riesco solo ad allontanare chi mi vuole bene..." mormorai, una fitta a tormentarmi il petto.
"No, non è il tuo carattere. Sei una bella persona e non è il tuo carattere il problema. Quello che fa allontanare tutti è l'atteggiamento che ostenti sempre. È il tuo comportamento che fa vedere agli altri una Katherine che in realtà non esiste," puntualizzò lui, appoggiando la mano sulla mia spalla.
Aveva ragione, diamine se aveva ragione. Ma era più forte di me, continuavo a rimanere bloccata negli stessi schemi che mi avevano intrappolata per metà della mia vita, quella vita che riuscivo a ricordare.
"Vorrei tanto saper cambiare..." sussurrai più a me stessa che al ragazzo al mio fianco.
"Mi spiace deluderti, ma non credo che sia una cosa che si possa "sapere" e nemmeno imparare. Il cambiamento è un processo spesso lento e non del tutto controllabile dalla nostra mente. Ma non ti preoccupare, sono piuttosto sicuro che la ragazza che ora è seduta al mio fianco sia già molto cresciuta rispetto a quella che avevo conosciuto nel giardino della Scuola Collettiva."
Nel parlare Zac mi sorrideva rassicurante e leggermente ironico, tanto da contagiarmi.
"Mi sei mancato, Adams," ridacchiai, finalmente rilassata. Mi sembrava che improvvisamente tutta la tensione che avevo provato vanamente a ignorare durante la giornata fosse svanita, lasciandomi finalmente un po' di pace.
"Già, in effetti è da un po' che non parliamo."
"Dal ballo," confermai. "In cui tra l'altro mi sembra di ricordare che tu mi avessi rivelato una certa cosa..." mormorai poi con un sorriso malizioso, alludendo chiaramente a una certa biondina di nostra conoscenza.
Nonostante fosse buio e non riuscissi a vederlo bene in volto, ebbi la chiara impressione che il bel viso del giovane fosse arrossito. Mi intenerii.
"Già... parli di, ehm... stai parlando di Jasmine, vero?" balbettò imbarazzatissimo, tanto che non riuscii proprio a trattenere un risolino. Assurdo che il ragazzo più impiccione mai esistito, sia per poteri che per carattere, fosse così vergognoso nel parlare di sé. O perlomeno, a parlare della sua cotta...
"E di chi, se no? Beh, sappi che hai la mia benedizione... forse," dissi dandogli una gomitata amichevole a cui lui rispose con un grugnito.
"E sentiamo... perché mai dovrei aver bisogno della tua benedizione?" bofonchiò poi, sotto sotto divertito dal mio repentino cambio di atteggiamento.
"Ma che domande. Sono tua amica e anche la persona più intelligente del gruppo. È assolutamente necessaria la mia benedizione," mi pavoneggiai, sfoggiando un sorriso di finta arroganza.
"Oh, a quanto pare anche la più modesta, giusto? Beh, ora però mi sorgono due domande, alle quali ti prego di rispondere, per placare la mia grande curiosità," disse con tono allegro e scherzoso.
"Ma certo! Su, esprimiti."
"Esprimiti? Davvero? Che linguaggio forbito signorina Forrest" scoppiò a ridere, seguito subito da me.
"Okay, potevo usare qualche parola migliore in effetti," ammisi.
"Bene, prima domanda: com'è che ora ti consideri mia amica?"
Oh. Immediatamente avvampai. Non mi ero neppure resa conto di essermi autodefinita così, però pensavo di potermi considerare tale. Evidentemente mi sbagliavo...
"Beh sai più cose di me di chiunque altro, perfino della sottoscritta..." risposi incerta, lasciando in sospeso la frase.
"Hey, stavo solo scherzando! È ovvio che ti considero mia amica!" mi tranquillizzò dandomi una spintarella amichevole, a cui risposi con più forza, tanto i suoi muscoli erano fatti di acciaio. Lo vidi lasciarsi andare a uno di quei suoi meravigliosi sorrisi, scaldandomi il cuore. Mi era davvero mancato quel ragazzo, con la sua simpatia accompagnata da quell'incredibile dolcezza, resa ancora più vivida dalla sua innata capacità di comprendere gli altri.
"E la seconda domanda?" feci io dopo un po'.
"Ah, ecco... Mi incuriosiva sapere cosa fosse cambiato. La prima volta eri assolutamente incredula e sconvolta dalla mia rivelazione. Pensavi che Jasmine fosse orribile, mentre ora dici che ho la tua benedizione..."
"Ah. Forse, e dico forse, un forse grande quanto Straix, potrei rispettarla un po'. Nel deserto ho visto un lato del suo carattere che non avrei mai pensato di trovare in lei e, sebbene io creda che non potremo mai andare d'accordo per più di qualche breve periodo, la sua reazione di ieri ne è stata la dimostrazione, sotto sotto penso di apprezzarla di più. O almeno, di disprezzarla di meno," spiegai, sorpresa di me stessa. "Però sia chiaro: non ho di certo dimenticato tutte le crudeltà che mi ha fatto con Elsa, né tantomeno l'ho perdonata."
"Capisco e ne sono felice. Lei... non è una brutta persona, solo che è... maledettamente insicura. Non so spiegartelo, credo che sia una cosa che si può capire solamente frequentandola," tentò di farmi comprendere con lo sguardo perso e un sorriso dolceamaro.
"Insicura... mi sembra così strano pensare in questo modo a lei. Ma non metto in dubbio le tue parole. In ogni caso devo dire che vi vedo bene insieme e lei è forse l'unica che riesce a farti uscire dai gangheri."
"Eh?!" esclamò lui, la mandibola a terra. Mi portai un dito davanti alle labbra, per fargli capire di non fare casino. "Non dirai sul serio? Certo, a me lei piace, non lo nego, ma io non ho alcuna speranza. E non perché mi consideri di poco valore, ma perché è chiaro che lei mi veda solo ed esclusivamente come un amico!" continuò a bassa voce.
Non credevo alle mie orecchie. Quel ragazzo doveva essere pazzo. Okay, erano davvero amici, ma... "Credi davvero che Jasmine si comporti così con tutti i suoi amici? A volte sembrate una coppia di sposini."
"Io n-non..." balbettò imbarazzatissimo, tanto da farmi ancora una volta tenerezza. "Ti prego, non mi va di parlarne, non ora..."
E di colpo mi sentii un po' in colpa per aver fatto così tanto l'impicciona quando un secondo prima mi lamentavo di lui. Di solito non era da me adottare un comportamento come quello, ma la mia curiosità quando veniva a galla era difficile da tenere a bada.
"Okay, scusami... sono stata un'impicciona," mi scusai abbassando il capo mortificata.
"Hey, tranquilla," mi sussurrò ancora una volta Zachary, mettendomi affettuosamente un braccio sulle spalle, riscuotendomi. "Che mi dici di te? Come va con il mio migliore amico?"
Se per le sue prime parole mi ero rilassata e rasserenata, a quelle successive mi irrigidii.
"Ehm... c-cosa vuoi dire?" balbettai. Repentinamente ci eravamo invertiti di posizione: era lui ora a domandare e io a morire dall'imbarazzo.
"Oh, ma dai! Pensavo l'avessimo superata questa fase!" si finse esasperato, scuotendomi un po', al che io mugugnai un sì.
"Ultimamente vi vedo abbastanza in sintonia, no?" mi stuzzicò ancora.
"Boh, non so. Almeno, oltre che a litigare, ora qualche volta parliamo anche," dissi, cercando di ostentare indifferenza, quando in realtà le mie labbra si trattenevano a stento nell'aprirsi in uno stupido sorriso da ebete.
"Ah sì, sì, certo... qualche volta parlate..." fece ironico con fare saccente.
"Hey, che vuoi dire?" lo spintonai amichevolmente con una risata isterica. Non riuscivo a cancellare dalla mente il momento in cui le sue labbra morbide e ben disegnate si erano avvicinate magnetiche e invitanti alle mie e io...
E io ero stata la solita idiota.
Ma avevo anche i miei buoni motivi.
"Nulla, nulla," mi rispose nel frattempo Mister Impiccione, del tutto ignaro, o almeno lo speravo, dei miei pensieri.
Per un po' rimanemmo in silenzio, non un silenzio imbarazzato, ma quello di due persone che stanno bene tra loro senza avere bisogno di parlare. E in quel silenzio iniziarono a rimettersi in moto tutti i miei pensieri, portandomi lontana dal buio della notte che avanzava sempre di più. E tra i tanti, uno più di altri iniziò a tormentarmi, tanto da costringermi alla fine a parlare.
"Senti... Tu sei il migliore amico di Chris e immagino la persona che lo conosce meglio, quindi... quindi volevo chiederti una cosa."
Lui mi guardò un po' stranito, ma mi fece comunque cenno di proseguire con un sorriso incoraggiante.
Io sospirai, sperando di fare veramente la cosa giusta, e gli rivelai: "So che nasconde qualcosa, un qualche segreto e so anche che tu ne sei a conoscenza." Presi un respiro per farmi coraggio e continuai: "Ieri, quando tornavo, ho sentito parlare Jas e Chris, e lei era arrabbiata perché diceva che O'Connor vi aveva mentito, che non si era liberato di Lui. Zac... di chi diamine stavano parlando?"
Al mio fianco il mio amico si raggelò immediatamente, tanto che anche la temperatura intorno sembrò abbassarsi di molto. Ma quella forse era solo una mia suggestione.
"Non so di cosa tu stia parlando," mormorò con una freddezza che normalmente non gli apparteneva.
Feci per ribattere quando sentii un rumore di passi che si avvicinavano a noi. Mi voltai e vidi a non troppa distanza la figura alta di Chris. A quel punto trattenni a stento un'imprecazione, perché con la sua comparsa non avevo più alcuna possibilità di mettere sotto torchio Zac. E io dovevo sapere cosa stava nascondendo il mio ex migliore amico.
"Sono piuttosto stanco, vado a dormire. Notte Kate, vi lascio soli," mi salutò intanto l'altro ragazzo, sorprendendomi con un bacio sulla guancia.
Quando mi resi conto che così facendo aveva preso al balzo l'occasione per sfuggire al mio interrogatorio, era ormai troppo tardi, lui era già quasi entrato nella sua tenda e Christopher mi aveva raggiunto, squadrandomi dall'alto.
Mi sentii immediatamente più agitata, e non riuscivo proprio a capire che cosa volesse da me. Mi aveva ignorato tutto il santo giorno, scansandomi come gli altri, cosa che potevo ben capire dato che mi ero ritratta dal suo tentativo di baciarmi. Ma, invece, in quel momento era lì, vicino ed allo stesso tempo lontano, una sottile barriera a dividerci. Non so che cosa fosse, probabilmente imbarazzo, indecisione, disagio... oppure attrazione. E io più osservavo il suo volto, fiocamente illuminato dalla luce del fuoco, più mi convincevo che quello doveva essere il ragazzo più bello del mondo. Naso dritto, tratti marcati ma al contempo gentili, morbidi capelli biondi arruffati e infine due cristalli di ghiaccio, freddi e caldi, duri e dolci, impenetrabili, ma senza fine... Erano una serie di antitesi perfette, proprio come lui: in fondo è proprio vero, gli occhi sono lo specchio dell'anima.
Esitai un po', ma poi mi decisi a rompere quel momento bello quanto assurdo e dissi: "Hai intenzione di stare in piedi tutta la notte? Dai siediti," lo invitai, un po' brusca. Avevo bisogno di mantenere quel rapporto distaccato e basato su battute e provocazioni: non avevo la forza di andare davvero nel profondo, non ancora.
Lui allora accennò un piccolo sorriso, che, diamine, lo rendeva ancora più affascinante. Possibile che solo in quel momento mi stessi veramente rendendo conto di quanta bellezza avevo sempre avuto sotto gli occhi?
Il ragazzo si sedette al mio fianco con il suo fare disinvolto e sicuro, aumentando la morsa che già mi serrava lo stomaco.
"Non vai a dormire? È tardi," mi domandò senza guardarmi.
Mi chiesi se lui fosse venuto per stare da solo e se io lo infastidissi.
"Lo so, ma non mi va. Se però vuoi stare da solo, tranquillo, me ne vado," gli risposi con un tono più duro di quello che avrei voluto e lo guardai in attesa.
Lui allora si girò verso di me, lasciando che i nostri occhi si incontrassero e mi guardò stupito. "Cosa, io non... ah, scusami, non volevo intendere quello. Era solo una domanda," mi chiarì, rendendosi conto del modo equivocabile in cui mi si era rivolto.
"Okay," sussurrai sentendomi subito meglio "E tu? Anche tu non riesci a dormire?"
"Non dormo molto di solito, anzi, da un po' di tempo soffro di insonnia," mi rispose.
"Da quanto?"
"Non molto... solo qualche anno," scherzò lui, provocandomi un debole risolino mentre lasciavo andare la testa all'indietro. D'un tratto sentii lo sguardo di Chris puntato su di me, che mi fece nuovamente imbarazzare.
Oh, andiamo, dove è finita la Kate tosta che non si fa intimidire da nessuno?
"Temi i brutti sogni?" mi chiese Christopher, centrando in pieno il punto.
"A dire il vero sì," risposi, abbassando lo sguardo, concentrando la mia attenzione sul lembo sciupato dalla mia morbida veste bianca.
"Ti va di parlarne?" mi chiese dolcemente.
Era davvero dolce... Christopher O'Connor dolce. Un paradosso, un eufemismo. Eppure, per quanto fosse surreale, decisi di non darci molto peso e di getto quasi risposi alla sua domanda. Quasi.
"Io credo..." iniziai, ma subito mi pentii, perché mi ricordai di quanto poco mi fidassi di quel bellissimo ragazzo dal viso d'angelo. I misteri che l'avvolgevano erano davvero troppi. "Io credo di no. Ma non ti preoccupare, non è nulla di grave."
"Va bene," annuì lui paziente. "Comunque, volevo farti una proposta: ti ho osservata oggi, ti stavi esercitando con i tuoi poteri e se non ti dispiace vorrei aiutarti e insegnarti qualcosa di nuovo. Almeno così riuscirai a cavartela con più facilità."
Rimasi interdetta. Era semplicemente un'idea meravigliosa. Avrei potuto migliorare le mie capacità e allo stesso tempo passare del tempo con Christopher, potendo scoprire magari che cosa stesse nascondendo. Ma mi sorprendeva che l'offerta venisse proprio da lui.
Accettai senza troppi indugi, e dato che nessuno di noi aveva voglia di andare a dormire, iniziammo subito le lezioni.
Era la prima volta che lo vedevo sotto quella luce e l'aria da maestrino gli donava particolarmente. Era interessante, sicuro, intelligente e brillante. Tra un insegnamento e l'altro scappava una battuta, una risata o un'occhiata e all'improvviso mi sentii quasi tornata nel passato, ai tempi della nostra preziosa amicizia. Solo che allora non provavo nulla di più che sincero affetto per quell'irriverente bambino dal cuore d'oro. Inoltre, ero incredibilmente sollevata dal fatto che lui non sembrasse troppo turbato, evitando accuratamente di accennare al momento di mancata intimità della notte precedente.
Dopo non so quanto tempo concordammo a malincuore di dover andare a letto, almeno per riposare un po', ma con la promessa di riprendere le nostre lezioni la sera successiva.
Spossata come non ero mai stata, mi sdraiai sul letto e in pochi istanti caddi nelle braccia di Morfeo. Quella notte non sognai oscurità e spade, ma feci un sogno particolare, che avevo la netta sensazione facesse parte dei ricordi che mi erano stati sottratti.
Mi trovavo in un confortevole salotto, all'interno di quella che sapevo essere la mia casa. Tra le mani avevo un piccolo pacchetto col fiocco, e sulle labbra un sorriso enorme che tentavo, senza riuscirci, di sopprimere. Davanti a me c'era la donna con il sorriso più dolce del mondo. Aveva gli occhi umidi. Era il suo compleanno e il regalo tra le mie mani era per lei. Passammo tutta la giornata insieme, a ridere, mangiare, giocare e abbracciarci.
Quando mi risvegliai la mattina dopo avevo in mente solo una parola: mamma.
Il nostro cammino verso la Domus Alba proseguì tranquillo per circa due settimane e sorprendentemente ho ancora un bellissimo ricordo di quei giorni. Furono faticosi e stancanti, eppure mi sentivo piena di voglia di vivere e determinata ad andare avanti.
Passavamo le nostre giornate a marciare, facendo ovviamente qualche pausa ogni tanto. Spesso ci imbattevamo in villaggi che più ci allontanavamo da Zentor più apparivano poveri e i loro abitanti sofferenti a causa di carestie.
Nonostante io già avessi scoperto l'esistenza di quella realtà tanto triste e macabra e l'avessi sperimentata in parte in prima persona, rimasi comunque colpita da quello che vidi: uomini con vestiti cenciosi e il volto sporco, magri all'inverosimile e che sembravano privi di forze. Le strade erano sporche, emanavano un olezzo insopportabile ed erano permeate da un clima di tristezza e degrado. Eppure, le persone si dimostrarono sempre disponibili e amichevoli, fornendoci talvolta comode sistemazioni.
Di villaggio, in villaggio, noi avanzammo sempre più, giorno dopo giorno ci avvicinavamo alla nostra destinazione.
E la sera, quando tutti andavano a dormire, io e Chris rimanevano alzati e lui mi insegnava sempre cose nuove, aiutandomi moltissimo. Per dirvene una banale, ero riuscita a evocare un globo luminoso: finalmente non dovevo più accendere fiammelle pericolose per fare luce. Ero una buona allieva e riuscivo a imparare in fretta, dimostrando ottime capacità magiche. Ma insieme alle mie facoltà anche qualcos'altro stava crescendo: ogni notte sentivo di essere sempre più legata a quel ragazzo. Mi sembrava di aver ritrovato il mio vecchio amico, eppure era anche qualcosa di più. Eravamo cresciuti e, se la vita ci aveva inizialmente allontanati, ora ci aveva portato a riavvicinarci in un modo del tutto imprevisto.
Piano piano anche il rapporto con gli altri rientrò nella normalità. Forse non ero la persona più popolare del gruppo, ma la tensione nei miei confronti si era attenuata fino a scomparire. La mia amicizia con Alysha era tornata quella di prima, anche se sapevo che ancora era perplessa e preoccupata dal mio comportamento nella città sacra.
Ma tra gioie e dubbi alla fine riuscimmo a scorgere le mura immacolate della dimora dei Veggenti, una fortezza di grandissime dimensioni, decorata con statue, fregi, bassorilievi e molte altre opere d'arte che contribuivano a rendere unico quel capolavoro architettonico.
Ed era arrivato il momento di entrare in cotanta maestosità.
ANGOLO AUTRICE:
Buongiorno! Anche questa settimana sono arrivati i nuovi aggiornamenti!
Kate ha finalmente raccontato tutto ai suoi compagni e, come era prevedibile, non tutti hanno preso bene le sue omissioni riguardo il diario di Irvin.
In un momento di tristezza per la ragazza, vediamo un inaspettato riavvicinamento con Chris che quasi porta a un bacio tra i due! Ma Kate ha reagito con un rifiuto. Quanti di voi se lo sarebbero aspettato? Siete d'accordo con la sua scelta?
Il capitolo termina con l'arrivo dei nostri Prescelti presso la Domus Alba e nel prossimo capitolo vi annuncio che ne vedremo davvero delle belle! Quindi preparatevi a un altro lungo capitolo pieno di colpi di scena e di un po' di... follia!
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