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(R) CAPITOLO 2: Torta di mele



Sto camminando lentamente per le strade della Città, attirata come una calamita verso qualcosa. È notte e sono avvolta dal buio, a malapena riesco a distinguere dove metto i piedi. Nonostante ciò, so esattamente dove sto andando: dall'Albero dei Mondi.

Arrivo dinanzi al cancello che dà accesso al Giardino della Maxas. È chiuso, ma, appena mi ci trovo davanti, le due pesanti cancellate si spalancano, permettendomi di entrare. Come in trance, continuo ad avanzare sull'erba fresca che mi solletica i piedi nudi. Solo ora mi accorgo di indossare soltanto un leggerissimo vestito bianco, che svolazza intorno alle mie gambe per via della brezza notturna. Eppure, non sento alcun freddo, è come se fossi diventata completamente insensibile a tutto se non a questa sorta di richiamo sussurrante ed ipnotico che mi risuona in testa.

Il grande Salice si staglia davanti ai miei occhi in tutta la sua magnificenza e grandezza. Irradia un potere immenso e, nonostante sappia che è il protettore del nostro mondo, lo percepisco ostile, come se fosse un'entità ingannevole...

Però, quando mi trovo abbastanza vicino ad esso, uno dei suoi rami pendenti si protende verso di me per toccarmi delicatamente, facendomi una carezza. Un senso di pace e sicurezza mi pervade, portandomi a sorridere teneramente.

Mi sto talmente beando di questa sensazione, da non accorgermi che altri rami si sono avvicinati e hanno iniziato a toccarmi delicatamente. Mi abbandono al piacere di questa serenità nuova, finché a un certo punto il Salice inizia a farsi sempre più insistente e i movimenti delle sue fronde si trasformarono da dolci ad aggressivi. Inizio a ribellarmi, presa da un panico profondo, ma, per quanto cerchi di dibattermi, presto mi trovo completamente avvolta dai rami e non riesco più a respirare. Tutto si fa buio e l'unica cosa che riesco a sentire è il mio lacerante urlo pieno di angoscia.

Mi svegliai di soprassalto ansante e pervasa da un terrore cieco. Era stato solo un sogno, un incubo, ma la paura che sentivo ancora nelle ossa era terribilmente reale. Dopo aver lasciato rallentare il battito del mio cuore, guardai l'ora che segnava la sveglia appoggiata sul comodino. Le 5.36. Mi sarei dovuta rimettere a dormire, ma mi sentivo ancora troppo agitata dal sogno per riuscirci.

"Che razza di incubo" mormorai. Sentii l'impellente bisogno di una boccata d'aria fresca, così balzai giù dal letto e, sbattendo contro tutti gli spigoli possibili e rischiando di inciampare un paio di volte, raggiunsi il terrazzo della mia camera.

Da lì potevo vedere le vie silenziose del vicinato, caratterizzato da una serie di villette che non avevano molto da invidiare a quella in cui vivevo io. Il cielo, ormai di un colore dalle tonalità indico, che anticipava l'alba, illuminava fiaccamente le colorate case della Città, riflettendo ombre dai tratti inquietanti.

Respirai profondamente. L'aria fresca mi liberò per un attimo la mente, ma subito dopo ricaddi nella confusione più totale. L'incontro con May era stato talmente insensato che mi chiedevo se non me lo fossi sognato. Ma le sue parole continuavano a rimbombarmi nella testa, mischiandosi a quelle di mio padre e di Christopher O'Connor.

Insulti, rivelazioni e insinuazioni. Cosa avrei dovuto ascoltare? In cosa avrei dovuto credere?

Mio padre che mi metteva il dubbio di poter essere scelta, O'Connor che mi sminuiva e derideva, oppure la mia vecchia governante che con il suo ritorno aveva portato sconcertanti rivelazioni?

Non riuscivo a concepire l'idea che mio padre avesse potuto tenermi nascoste tutte quelle cose che mi riguardavano. Mi ero sempre completamente fidata di lui e non ne ero mai stata delusa. May, invece, mi aveva abbandonata, come potevo crederle? Eppure, il dubbio ormai aveva messo radici nel mio cervello e avevo difficoltà a sradicarlo. Decisi che alla prima occasione avrei comunque chiesto spiegazioni a mio padre, per avere una chiara smentita di tutto. Il problema era che avrei dovuto aspettare, perché non l'avrei visto prima della cerimonia e anche allora non avrei potuto parlarci. Come temevo mio padre era rimasto fuori casa tutta la notte, probabilmente oberato dalla mole di lavoro che comportava l'evento dell'anno.

Ma c'era una cosa che mi tormentava. Entrambi riguardo alla Scelta mi avevano incoraggiata a non dare per scontato di essere fuori dai giochi, anzi. Follia, ma... se ci fosse stata dietro della verità? L'eventualità mi terrorizzava.

Sorrisi. Certo che in tal caso sarebbe stata una soddisfazione vedere la faccia da pesce lesso che avrebbe fatto quell'idiota di O'Connor. Ridacchiai. Quel prepotente se la sarebbe davvero meritata una lezione simile, ma purtroppo se fossimo diventati entrambi Prescelti me lo sarei dovuto anche sorbire per il lungo Viaggio tra i vari Mondi. Da quando avevamo iniziato a odiarci, ci eravamo visti numerose volte, tra attività mondane e saltuari incontri per strada, ma passavamo il tempo cercando di evitarci e i pochi momenti trascorsi assieme erano solo occasioni per scambiarci frecciatine o iniziare a litigare. La sola idea di dover collaborare lui, o meglio con quello che lui era diventato, mi faceva impazzire.

Pensare a tali sciocchezze mi aveva fatto tornare il sorriso e mi sentivo molto più leggera ed ottimista. May doveva essere pazza, mio padre non era mai stato falso, Christopher era un cretino e io non sarei stata scelta dall'Albero. Nulla sarebbe andato storto, in fondo era il 6 maggio, il mio compleanno! Nulla poteva andare storto. Potevo fare a meno di festeggiare, mi bastava una giornata serena.

Un po' infreddolita, decisi di rientrare dopo essere stata scossa dall'ennesimo brivido. Vagai un po' nella camera, cercando di capire come impiegare il tempo fino alla sveglia, quando alla fine mi decisi ad afferrare un libro che avevo già letto due volte e mi misi a rileggere le scene più toccanti. Mi immersi a tal punto tra le pagine che mi staccai solo quando un fastidioso trillo mi perforò i timpani, facendomi imprecare. Dovevo iniziare a prepararmi: sarò stata anche la delusione dalla mia famiglia, ma di certo non avrei dato modo a nessuno di criticare il mio aspetto e comportamento durante la cerimonia.



Stavo guardando con evidente disappunto la mia immagine nello specchio: ero un disastro. Brutte occhiaie, capelli completamente in disordine e arruffati, sguardo perso. Sospirai. Ci sarebbe voluto un bel po' di lavoro.

Mi lavai i capelli e misi il balsamo per ammorbidirli, facendoli cadere, una volta asciugati e pettinati, in leggere onde castano chiaro, che mi arrivavano fino a metà schiena. Poi passai al trucco, mettendo del correttore per coprire al meglio gli aloni scuri sotto gli occhi, e quindi usai una buona dose di mascara per evidenziare le mie iridi color del mare. Terminai con un lucidalabbra rosa.

Il mio riflesso mi mostrava un'immagine decisamente migliorata.
Mi sorrisi, soddisfatta. Ero carina quando sorridevo, sembravo un po' più dolce. Peccato che le persone fossero abituate a vedermi nella mia versione fredda e distaccata, il volto sempre imbronciato. Quella che era la mia maschera di protezione a volte mi sembrava tanto una prigione.

Stranamente uscii di casa in anticipo e me la presi comoda nell'attraversare le strade rumorose della Città. Quel giorno si percepiva un'aria frizzante di eccitazione, generata come ogni anno da aspettative e curiosità. Avevo sentito persino dire che alcuni cittadini si divertivano a fare scommesse sui potenziali prescelti, facendo cadere quasi nel ridicolo quell'evento considerato da molti come sacro. Per quanto mi riguardava era solo una scocciatura che volevo togliermi, in modo da potermi mettere il cuore in pace e proseguire la mia tranquilla e noiosa vita, colorata dalle sole avventure che avevo davvero il coraggio di vivere: quelle dei romanzi che leggevo.

Sovrappensiero, non mi accorsi quasi delle tante occhiate che mi lanciavano le persone per strada: volente o nolente ero un volto noto a Majesten e purtroppo sapevo benissimo che tutti stavano già pensando a quando dovesse essere imbarazzante per me rovinare generazioni e generazioni di Prescelti Forrest. Ma avevo avuto anni per far pace con quell'imbarazzo e in quel momento desideravo solo che tutto finisse.

Quando arrivai nell'ampio giardino della scuola, mancava ancora mezz'ora all'incontro con la preside. Odiavo essere in anticipo perché la cosa mi metteva sempre a disagio, dato che non sapevo cosa fare nell'attesa, soprattutto visto che già altra gente era arrivata, e stavano tutti parlando a gruppetti, mentre io non avevo nessuno con cui dialogare. Andai quindi ad aspettare sul muretto vicino al cancello, ma sedermici sopra si rivelò più complesso del previsto per colpa dei sandali verde acqua dal tacco vertiginoso che indossavo. "Perché dovete essere così belle e dolorose allo stesso tempo?" mi lamentai a bassa voce, guardando le scarpe perfettamente abbinate al mio vestito senza spalline, che ogni tanto minacciava di scivolare e mostrare il reggiseno di pizzo bianco a tutti. Beh, non che qualcuno si stesse curando di me.

Cinque minuti dopo, mentre continuavo a mangiucchiarmi le unghie a disagio senza sapere come passare il tempo, due persone mi notarono non appena arrivarono vicino al giardino della scuola. Erano due ragazze, una molto alta e bionda, davvero bella, l'altra con i capelli rosso fuoco e un viso carino, che però quando si rivolgeva verso di me si tramutava sempre in un odioso ghigno di scherno. Le due fate si fermarono un attimo a guardarmi, poi vidi la rossa che, trascinando per un polso l'altra, con un sorriso maligno si avvicinò a me. Mi irrigidii, stringendo i pugni, ma mi costrinsi a mantenere un'espressione imperturbabile.

"Buongiorno, Elsa. Buongiorno, Jasmine," dissi con tono fermo e rilassato quando mi furono vicine. Le squadrai, proprio come loro stavano facendo con me. Mi disturbava ammetterlo, ma Jasmine Price era davvero stupenda con i capelli corti biondi perfetti e un vestito smeraldo che richiamava i suoi occhi che le stava da incanto, valorizzandola al massimo. Con piacere però potevo constatare che la sua amica aveva fatto una scelta decisamente meno azzeccata per l'outfit del giorno: forse nessuno glielo aveva insegnato, ma il rosa shocking faceva decisamente a pugni con i suoi capelli, tanto che quasi dava fastidio guardarla. Il che tutto sommato era un bene, almeno faticavi ad accorgerti di quanto fosse volgare con lo scollo che poco ci mancava arrivasse all'ombelico e uno spacco davvero troppo vertiginoso.

"Forrest," mi rispose Elsa, mentre Jasmine si limitò a sorridere. "Volevamo farti gli auguri, vero Jas?" la biondina annuì annoiata. "Non si compiono diciotto anni tutti i giorni, no?" aggiunse allora con un sorriso che non raggiungeva gli occhi. Non prometteva niente di buono.

Sospirai: se aveva deciso di darmi il tormento anche quel giorno, bene, io di certo non avevo voglia di lasciarglielo fare.

"Grazie." Sorrisi con il sorriso più falso della storia. Aspettavo l'attacco che sapevo sarebbe arrivato. Arrivava sempre, ogni volta che mi parlava da quando avevo undici anni.

"Sai, è così triste che tu non possa festeggiare... però in fondo forse è meglio così, almeno potrai evitare il fiasco dell'anno scorso. Poverina, deve essere davvero umiliante quando alla tua festa si presenta solo una decina di persone... chissà cos'avevano da fare tutte le ragazze quella sera," disse non trattenendo il sorriso malefico e cercando con lo sguardo man forte dalla sua compagna di cattiverie.

Tante volte nella mia vita avevo avuto il desiderio di spaccarle la faccia. Una volta ci ero anche andata vicino. Ma quel giorno non avrei permesso a nessuno di rovinare la mia immagine perfetta. Il mio orgoglio non lo avrebbe permesso.

"Forse erano tutte alla festa che avevi organizzato tu per la Giornata della Scelta?" domandai ironica, controllando la mia rabbia. Non c'era nessuno al mondo che odiavo così tanto come lei, neppure Christopher.

"Dici?" mi fece sorpresa. Diamine quanto volevo tirarle un pugno su quel suo ghigno irritante. "Jas non ci avevo pensato, però forse ha ragione. Che cattive che siamo state." Ora pure la falsa pentita. Insopportabile.

"Elsa, dai, non abbiamo fatto apposta, non eravamo state invitate e ci volevamo divertire anche noi quel giorno," la sostenette la bionda con quel suo atteggiamento infantile, mentre mi guardava sbattendo le ciglia.

"Chissà perché non vi avevo invitate... forse mi deve essere sfuggito il vostro nome," risposi con tono rilassato, aggrappandomi con tutta me stessa al sarcasmo. Dentro ribollivo, ma mai facevo cadere la maschera in loro presenza. Non più. E poi mi avevano fatto di peggio, ormai ci avevo fatto il callo.

"Comunque che carine che siete state a farmi gli auguri, non vi facevo così dolci," aggiunsi rimettendomi in piedi. "Ah, visto che ci siete rimaste male l'anno scorso, alla mia prossima festa sarete le prime che inviterò, non vorrei offendervi di nuovo." Mi aggiustai il vestito, lisciando le varie pieghe, mentre loro mi guardavano sorprese. Poi soffermai volutamente lo sguardo sul vestito di Elsa, storcendolo in un mal celato disgusto. "Però Elsa fammi un favore: mettiti qualcosa di più decente in quell'occasione, oggi sembra proprio che tu ti sia vestita al buio," suggerii fingendomi dispiaciuta.

Elsa stava evidentemente ribollendo di rabbia, mentre Jasmine stava cercando di trattenere un sorriso, probabilmente in disaccordo anche lei sullo stile dell'amica. Avevo ottenuto quello che volevo, così non lasciai alla ragazza modo di replicare e semplicemente mi allontanai, libera finalmente di sorridere soddisfatta.

Quelle due ragazze erano state il motivo principale dei miei problemi nel socializzare quando avevo iniziato la Scuola Collettiva: fin da subito mi avevano presa di mira con scherzi idioti e inutili dispetti a cui non avevo saputo reagire. Per certe cose mi sembrava di essere nata il giorno precedente: non avevo idea di come rispondere alle provocazioni né come farmi valere, quindi subivo, subivo, subivo. Non ho mai capito perché Elsa ce l'avesse tanto con me. Si trascinava dietro Jas, che la seguiva solo per darle man forte, delle volte anche controvoglia. Forse era invidiosa della figura di mio padre, non lo so, sapevo solo che appena poteva mi rendeva la vita impossibile. Non avevo alleati, nessuno aveva il coraggio di mettersi contro di lei, la figlia della preside. Lì dentro lei era più intoccabile di me. Inoltre, orgogliosa com'ero, non avevo mai avuto il coraggio di dire esplicitamente a mio padre che ero costantemente bullizzata.

Però dopo tutto quello avevo capito una cosa: ero forte. Potevo lasciarmi scivolare sulla pelle tutte le malignità che dicevano, potevo ereggere una barriera che mi rendeva intoccabile, che mi permetteva di allontanare tutta la tristezza e l'umiliazione. Così, quando decisi che ne avevo abbastanza, mi misi ad osservare, per imparare proprio da loro come si faceva ad essere capaci di mettere in difficoltà le persone. Ad essere temute e quindi anche rispettate. E da quando imparai non stetti più zitta e da loro vittima divenni loro nemica. Ogni volta che riuscivo a ribattere loro o a umiliarle, mi sentivo meglio e più forte. Non era una bella cosa, ne ero consapevole, ma era preferibile al sentirmi inutile e inetta di quando subivo le loro angherie.

Tentando di non cadere dai tacchi, cercai un angolo appartato dove sistemarmi. Mi avvicinai quindi a una grossa quercia, sotto la cui chioma c'era una panchina di pietra. Mi ci sedetti e poi svuotai la mente da tutto, per immergermi nella natura che mi circondava. Percepivo tutto ciò che mi stava intorno: la brezza leggera che accarezzava tutto, l'odore che aveva lasciato il diluvio del giorno precedente, il cinguettare degli uccellini, la linfa dell'albero. Connessa. In sintonia. Sentivo persino il palpitare rapido dei numerosi cuori agitati che battevano nel giardino della scuola.

Da sempre avevo questa dote particolare che mi permetteva di sentirmi come parte di un tutto, ma funzionava solo quando mi lasciavo andare, completamente. In quel modo riuscivo ad annullare tutto e allo stesso tempo a racchiudere tutto dentro di me.

Mi stavo completamente perdendo nell'immensità del mondo, quando avvertii un rumore che mi riportò alla realtà. Aprii gli occhi di scatto e mi ritrovai davanti un ragazzo bellissimo. Lucenti capelli neri, lineamenti decisi e spettacolari occhi di un verde chiarissimo. Le labbra generose e il sorriso sorpreso in cui si erano aperte mostravano una dentatura candida e perfetta. Era alto e muscoloso e indossava un paio di jeans scuri con una camicia candida.

Probabilmente stava cercando un po' di tranquillità proprio come me e di certo non si aspettava di trovare qualcuno in quel luogo.

"Scusami, non ti volevo disturbare, vado da un'altra parte..." disse portandosi una mano al collo, visibilmente imbarazzato.

"No, no aspetta! Se vuoi resta pure qui, non disturbi," mi sentii dire. Mi stupii: di solito non ero così gentile e disponibile. Probabilmente il suo aspetto terribilmente affascinante aveva avuto automaticamente una qualche presa su di me.

Lui mi sorrise osservandomi con i suoi luminosi occhi verdi ed io avvampai. Per tutti i Mondi se era carino! Peccato che fosse in contro luce e non riuscissi a osservarlo abbastanza bene, ma avevo la netta impressione di averlo già visto in giro...

"Tu sei Katherine Forrest, non è vero? Ho sentito spesso parlare di te. Io sono Zachary Adams, ma chiamami pure Zac," si presentò allora lui porgendomi la mano, facendomi sorridere con sincerità. Feci per stringergliela, ma un attimo prima mi bloccai.

Zac, Zachary. Ma certo, ecco chi è! Stupida io a non essermene accorta prima.

"Aspetta, aspetta. Tu sei quel teppistello che sta sempre con Christopher?" chiesi io mettendomi subito sulla difensiva e tirando indietro il braccio.

"Wow! Devo dire che mi hanno chiamato in svariati modi, ma teppistello mi mancava," rispose lui ridendo sorpreso. Non sembrava essersela presa e aveva una risata così bella e contagiosa che presto iniziai a imitarlo. Era strano, ma mi sentivo a mio agio con lui, pur essendo praticamente uno sconosciuto.

"Comunque, sì, sono io, ma puoi stare tranquilla, Kate, non sono qui per ucciderti per conto del mio migliore amico. Anzi, se è ancora valida, accetto volentieri la proposta di rimanere," riprese sempre con il suo fantastico sorriso.

Non potei fare altro che annuire. Si sedette a fianco a me senza staccare lo sguardo e per quanto illogico avevo l'impressione che mi riuscisse a leggere dentro.

Quante paranoie.

"Allora, preoccupata per la cerimonia?" mi chiese ammiccando.

"Sinceramente? No. Sono tranquilla. Sarà che sono sicura di non essere scelta e che quindi non dovrebbe esserci alcun imprevisto per me," risposi, rendendomi conto che era veramente così. I miei dubbi si erano pressoché dissipati, o perlomeno silenziati temporaneamente. "O magari è semplicemente per la mia sciocca idea che, essendo il mio compleanno, tutto deve andare a meraviglia," dissi ridacchiando, per cercare di sembrare simpatica.

"Come? È il tuo compleanno? Davvero?" Vedendomi tirare su le spalle in cenno di assenso, aggiunse sorpreso: "Auguri! Cosa ci fai qui da sola? Dovresti essere circondata da gente che ti festeggia!"

Ma dove viveva? Non lo sapeva che non avevo amici? Con chi avrei dovuto festeggiare?

"Ehm," iniziai imbarazzata, abbassando gli occhi, "mio padre sta organizzando la cerimonia ed è occupato e quindi..."

"Vorresti dire che non hai nessun'altro con cui passare il tuo compleanno?"

"No," dissi mantenendo lo sguardo basso e indurendo il tono.

Lui rimase in silenzio e allora lo guardai in viso. C'era pietà nei suoi occhi. Ho sempre voluto evitare di essere compatita, non riuscivo a sopportare l'idea che qualcuno avesse pena di me. In quel momento mi sentii tremendamente a disagio e stavo giusto pensando di andarmene, quando lui cambiò repentinamente espressione e con un grande sorriso disse: "Beh, in tal caso spero ti piacciano le mele!"

Schioccò le dita e un attimo dopo mi comparve davanti al naso una torta dall'aspetto delizioso e con un profumino che non vi dico. Mi allargai in un sorriso radioso. Iniziai a ridere e lui con me.

"Ma da dove arriva questa?" chiesi con il cuore a mille. Era la prima volta che una persona mi faceva un gesto tanto bello e lui neppure mi conosceva.

"Mia nonna, l'aveva sfornata appena sono uscito di casa," rispose tranquillo afferrandola. Un attimo dopo comparvero anche un coltello e due tovaglioli e Zac appoggiò tutto sulla panchina.

"Zac... Adoro le mele, ma non credo che tua nonna sarà molto felice quando vedrà sparito il suo dolce," protestai debolmente tra le risate.

"Ne farà un'altra, tanto per lei è un passatempo," sminuì lui alzando le spalle. Ridacchiai ancora e dopo averlo ringraziato iniziammo a mangiare la torta. "Tua nonna è davvero brava," affermai con la bocca piena, mentre mi godevo ad occhi chiusi il sapore.

"Sì, ci sa fare," rispose, riempiendosi di briciole. Era buffo: non sembrava per nulla uno dei soliti ragazzi carini che se la tirano, anzi appariva a tratti goffo e adorabilmente alla mano.

"Grazie mille," dissi nuovamente, un po' incredula. "Sei forse la prima persona della nostra età che si è mostrata così carina con me da quando..."

"Da quando Christopher è diventato ostile nei tuoi confronti?" mi chiese senza giri di parole.

"Esatto," risposi spalancando gli occhi. Anche quello era inaspettato.

"Mi spiace che le cose stiano così tra voi. Sappi che ho sempre pensato che lui abbia sbagliato con te. Però non essere troppo dura nei suoi confronti: ci sono state delle cose che l'hanno cambiato, ma questo non vuol dire che in fondo non sia una brava persona. Non è stato facile per lui," mi spiegò con calma. Evidentemente non sapeva esattamente tutto quello che era accaduto, altrimenti non avrebbe mai potuto parlare in quel modo.

"Neppure per me è stato facile. Ma io non l'avrei mai abbandonato, non lo avrei tradito spezzandogli il cuore. E, se aveva dei problemi, avrebbe dovuto parlarmene," lo attaccai, ritornando in uno stato di allerta, i muscoli tutti tesi.

"Non ho detto che abbia agito bene infatti. So che è difficile comprenderlo, ma neppure tu sei semplice da decifrare, sai? Devo essere sincero, appari molto diversa da come vieni descritta in giro," ammise guardandomi serio. Mi morsi le labbra a disagio: sapevo di non avere una grande reputazione, ma era sempre un brutto colpo sentirmelo dire.

"E cosa si dice di me?" chiesi, mantenendo un tono scherzoso, pronto a celare le mie insicurezze.

"Che sei fredda e un po' snob. Dicono che non permetti a nessuno di avvicinartisi." Abbassai lo sguardo, mi intristiva sapere di essere percepita così all'esterno, ma ormai mi ero costruita intorno talmente tanti muri che non sapevo più buttarli giù. O semplicemente l'idea di farlo mi spaventava. "Ma quello che percepisco io è una ragazzina gentile, simpatica e umile. Forse troppo introversa, ma una bella persona. Sbaglio?" Alzai lo sguardo, stupita da quelle parole e permisi al mio viso di addolcirsi.

"Sei forse una specie di saggio?" chiesi con un sorriso.

"Forse," rispose ricambiando sinceramente. Poi si alzò, fece sparire tutto e disse: "È meglio che andiamo, tra poco la preside inizierà il suo sermone."

"Vai pure, tra un attimo vengo anche io. E grazie ancora per la torta, era buonissima."

Quando se ne fu andato mi ritrovai sola con i miei pensieri, di nuovo. Sentivo uno strano calore ammorbidirmi il cuore e un sorrisino sciocco mi increspò le labbra. Non riuscivo a capire come fosse possibile che mi fossi sentita tanto a mio agio. Non ero più abituata a relazionarmi con i miei coetanei in modo rilassato. Zac mi piaceva, mi intrigava ed era riuscito a sorprendermi più volte in neppure venti minuti. Ma la cosa che più mi lasciava stranita era il fatto che mi ispirava tanta fiducia: non era da me abbassare così velocemente la guardia. Mi sembrava però che mi capisse in ogni singolo istante e che riuscisse a dire o fare la cosa giusta per farmi stare bene. Sembrava capace di leggere tutte le mie reali emozioni, il che era assurdo, a meno che...

Ma certo! Ero stata una stupida a non capirlo prima: doveva essere un mago con una particolare inclinazione verso l'empatia, non c'erano altre spiegazioni. Ne esistevano pochi con tale dote e solitamente erano figure molto potenti. Mi sentii subito ingannata ed iniziai a pregare che non avesse intuito troppo di me e non lo andasse a raccontare a Christopher. Ciò avrebbe potuto avere effetti disastrosi e nonostante le parole di mister empatia non mi fidavo per nulla del mio ex-amico.

Ma di lui? Nonostante il probabile inganno, sentivo ancora di potermi affidare a lui, per quanto fosse illogico.

Raggiunsi il resto dei miei coetanei proprio un attimo prima che la preside cominciasse il discorso, in cui ci elogiò per gli anni di studio e per la nostra bravura, facendoci un grande in bocca al lupo per la cerimonia ed augurandoci tante cose belle per il futuro.

Il futuro... riuscivo già a vedermi mentre dirigevo la libreria dei miei sogni, circondata da ogni genere di storia e magia. Da un po' avevo adocchiato un locale abbandonato che con una buona ristrutturazione sarebbe stato perfetto per accogliere tutti i libri che avrei voluto vendere. Dovevo solo superare quella giornata.

Finito il discorso, la preside per l'ennesima volta ci istruì su come ci saremmo dovuti comportare, ma non ascoltai molto, troppo presa a fantasticare sul mio domani. Alle nove e mezza partimmo in massa diretti al Giardino della Maxas, che ospitava il grande Albero dei Mondi. Mi sembrava di rivivere il sogno di quella notte, perché stavo percorrendo le medesime strade, ed iniziai ad innervosirmi. Sentii nuovamente la sensazione dei rami che mi soffocavano e il mio grido terrorizzato risuonarmi nella mente. Un brivido mi scosse, nonostante facesse caldo.

Giunti davanti ai grandi cancelli dorati, gli insegnanti ci disposero in ordine alfabetico, divisi come al solito tra maschi e femmine. Era strano vederci però tutti insieme, dato che avevamo passato anni costretti a rimanere separati dalle rigide regole sociali della Città.

Poi però i cancelli si aprirono, interrompendo le mie riflessioni, e io con un sospiro seguii gli altri, diretta verso il Grande Salice.



ANGOLO AUTRICE:

Ciao!

Siamo quindi arrivati al giorno della Scelta! Cosa accadrà al cospetto dell'Albero dei Mondi? Chi saranno i sei fortunati, o sfortunati, Prescelti?

Intanto Kate ci ha presentato tre nuovi personaggi importantissimi. Due davvero preziosissimi per i prossimi avvenimenti. Chi saranno?

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