(R) CAPITOLO 19: Bianco macchiato
Caro diario,
sono libera, finalmente! Me ne sono andata da Zentor e non puoi capire quanto ciò mi renda felice. Niente più costrizioni, niente più sciocche regole, niente più ordini dal mio assente e pretenzioso padre!
Sono passati solo due giorni da quando ho lasciato la mia casa, ma mi sembra molto di più. Sono già sulle tracce dello Shidashi.
Il viaggio non sarà facile e sono sicura che mio padre sarà già sulle mie tracce, perciò dovrò evitare le grandi città e i luoghi troppo conosciuti, allungando inevitabilmente il percorso. Ma non sarò sola in questa avventura: Kyra e Cordan mi hanno seguito. Mi ci è voluto parecchio per convincerli, in particolare la reticente Kyra, decisamente restia a voler lasciare la sua casa, ma alla fine ha ceduto. Ha detto che lo faceva solo per non lasciarmi da sola, ma secondo me il motivo principale è un altro: lo fa per il Desiderio. Spera che la leggenda dello Shidashi e della sua capacità di esaudire un desiderio sia vera. Anche io lo spero e sono convinta che lo stesso valga per suo fratello Cordan. Tutti noi abbiamo un desiderio che vogliamo vedere realizzato.
Io sono determinata come non mai a trovare quell'oggetto mistico. Trovarlo e usarlo.
Solo grazie a questo posso...
"Hey, Kate, noi stiamo andando, vieni?" mi prese di sorpresa Aly. Io di scatto chiusi il diario che avevo tra le mani e lo coprii con le braccia, colta sul fatto.
Lei mi squadrò sospettosa, ma non fece commenti, lasciandomi con il respiro in gola. I tonfi accelerati del mio cuore mi assordavano.
"Allora?" mi incitò lei, inarcando il sopracciglio destro. Mi rilassai: quell'espressione la faceva solamente quando era divertita per qualcosa.
"No, Aly, andate pure senza di me. Non mi sento ancora molto bene, vi raggiungerò più tardi," le risposi, la colpa che mi divorava dall'interno.
Cercai di regolarizzare il mio respiro e ritrovare la calma, cancellando quel mio atteggiamento decisamente troppo sospetto.
"Oh, padre mio, aiutami tu. Kate, sei davvero l'unica persona che si può ammalare in questa situazione. Che poi, sono tre giorni che stai chiusa in questa stanza: si sei un po' pallida, ma non mi sembri poi così a terra. Sicura che non ci sia altro? Non hai voglia di uscire? So che non vedevi l'ora di visitare questo mondo!" mi disse gesticolando. Forse dopotutto non era solo divertita, ma anche preoccupata. Una stilettata in più al mio cuore.
"Ti prometto che questo pomeriggio verrò con voi in biblioteca, ma preferisco riprendermi per bene questa mattina. Non so perché io stia così... forse sarà una conseguenza per lo scontro avuto con gli spiriti," mentii nuovamente, non guardandola in faccia. Strinsi con forza la copertina del diario che stavo nascondendo.
"Certo..." disse storcendo la bocca, non capii se per il ricordo di ciò che le era successo nel deserto o se per il mio atteggiamento "Beh... io vado. Ci vediamo a pranzo."
Chiuse la porta con troppa forza e capii che, anche se a parole non l'aveva detto, si stava davvero spazientendo con me. E ne aveva tutte le ragioni.
Abbassai lo sguardo sul mio grembo, scoprendo il libretto consumato che stavo leggendo prima di essere interrotta.
Era il diario che avevo trovato nella biblioteca qualche giorno prima. Da quando avevo quell'oggetto tra le mani avevo iniziato a comportarmi in modo strano e, nonostante ne fossi completamente consapevole, non potevo fare a meno di continuare ad agire in quel modo stupido.
Avevo rubato quel piccolo tomo dalla biblioteca e non l'avevo mostrato a nessuno, tenendolo esclusivamente per me, facendo attenzione a non farmi scoprire dagli altri. Avevo passato giorni interi chiusa in una stanza fingendo di star male solo per procedere nella lettura, la quale andava comunque a rilento dato che avevo spesso delle interruzioni.
Perché mi comportavo così? Non ne avevo idea. Sapevo solo di non riuscire a fare altrimenti.
Riaprii lentamente il libretto, facendo scorrere lentamente le pagine con estrema delicatezza, ritornando al punto in cui ero arrivata. Avevo sete di sapere come fosse andata quella storia e di dove si trovasse lo Shidashi.
Mi immersi nuovamente nella lettura, scorrendo lo sguardo tra le parole scritte in una grafia elegante e ricercata. Mi accoccolai tra le morbide lenzuola dal letto e in pochi istanti entrai nella mente dell'autrice.
Erano passati pochi minuti quando il libro mi scomparì dalle mani, lasciandomi basita.
Mi guardai intorno e vidi sulla soglia la figura tremendamente famigliare di Chris al cui fianco levitava il diario scomparso.
"Bene bene, cosa abbiamo qui..." iniziò lui con un sorrisetto beffardo, afferrando l'oggetto che mi aveva sottratto e iniziando a sfogliarne le pagine.
Rapida mi districai tra le lenzuola e, rischiando di volare giù dal letto scricchiolante, mi misi in piedi, incurate di avere indosso solo una leggera camicia da notte. "Ridammelo!" gridai.
"Mmh... un diario, vediamo..." continuò lui ignorandomi, scrutando con gli occhi le pagine consumate dal tempo. Poi a un tratto si irrigidì e alzò gli occhi, fissandomi penetrante.
"Spero tu abbia una buona spiegazione per l'aver tenuto tutti noi all'oscuro di questo. Sai come raggiungere lo Shidashi e non ce lo hai detto?" mi accusò gelido.
Io rimasi zitta, non sapendo cosa rispondere: ero consapevole di non avere una buona motivazione.
"I-io..." balbettai fissandolo con una faccia da pesce lesso.
"Uh, bene," dichiarò lui freddamente, per poi girarsi e uscire dalla porta con passo deciso.
Rimasi qualche secondo bloccata, poi però mi riscossi subito e gli corsi dietro.
Mi fiondai fuori dalla stanza con la veste da notte tutta stropicciata e i capelli scarmigliati, andando quasi a sbattere contro la parete di fronte, ma non importava: dovevo fermarlo.
"Chris! Fermati! Dove stai andando?!" gli gridai facendolo bloccare sugli ultimi scalini.
"A dire agli altri che tu sai dove si trova lo Shidashi. Almeno possiamo smetterla di estenuarci sui libri," disse semplicemente, per poi riprendere ad avanzare a passo spedito.
Colta dal panico lo chiamai con voce stridula e lo rincorsi, rischiando di cadere e rotolare giù dalle scale, spezzandomi così l'osso del collo.
Per cercare di fermarlo prima che varcasse la porta della locanda, disperdendosi così nella folla di cittadini, mi aiutai con l'aria, comandandola a mio piacimento, così da permettermi di raggiungere appena in tempo il ragazzo.
"Chris, fermati!" lo pregai, afferrandogli con forza il braccio. Lui si bloccò, guardando dall'altra parte, l'arto rigido e in tensione sotto la mia presa.
"Perché dovrei?" mi domandò allora con voce distaccata, mettendomi i brividi.
"Ti prego entra... proverò a spiegarti," gli risposi implorante, cercando di convincerlo. Faceva senso anche a me sentirmi usare un tono simile, ero davvero disperata.
Lui stette zitto e allora gli strattonai con più forza il braccio, facendolo voltare verso di me. Poi, con un coraggio che non credevo di avere, gli afferrai il mento facendo in modo che mi guardasse negli occhi.
"Per favore..." sussurrai.
Lui mi guardò negli occhi per qualche istante, quasi smarrito, poi di scatto voltò la testa sfuggendo alla mia presa.
"Va bene," acconsentì, senza guardarmi, facendomi esultare interiormente.
Ritornammo in silenzio nella camera, mentre io non riuscivo a farmi venire in mente nulla per giustificare il mio comportamento. Dovevo improvvisare, oppure ammettere la verità.
Lui si sedette subito su una sedia, le braccia conserte e lo sguardo incupito dalla rabbia. Io invece, tormentandomi le mani, mi misi seduta sul letto.
"Ebbene?" mi incalzò impaziente, trafiggendomi con i suoi occhi. Era chiaramente deluso.
Io mi strinsi nelle spalle sospirando. Poi presi coraggio e aprii bocca.
"Ho trovato questo diario il primo giorno, nella biblioteca. Ho aspettato che chiudesse, come puoi immaginare, e poi l'ho portato via, senza dire nulla a nessuno. Sinceramente non so spiegarti perché ve l'ho nascosto... ho solo questa sensazione di doverlo tenere per me fino a quando non capirò dove si trova lo Shidashi."
"Quindi tu hai mentito a tutti solo per una stupida sensazione?" mi interruppe alzando un sopracciglio.
Sospirai. "So che sembra assurdo, ma sì. O meglio... io volevo dirvelo, da subito, ma ogni volta era come se qualcosa me lo impedisse. Sento di dover essere io a trovare quell'oggetto, di potervelo dire solo dopo averlo individuato."
"Quindi in tutto ciò ti stai anche godendo la lettura, non pensando magari di saltare dei pezzi per capire subito quello che serve alla nostra missione, giusto?" mi chiese, sottolineando un'altra delle cose assurde che stavo facendo.
Mi morsi l'interno della guancia, consapevole di non essere credibile, ma io ero sincera. "Io... senti lo so che non ha senso, ma anche questo non riesco a farlo. Sento di doverlo leggere tutto, passo dopo passo e..."
"Balle. Mi stai rifilando una cazzata dopo l'altra. Credi che io sia così stupido?" mi interruppe, con un palese disprezzo che mi squarciò il cuore.
"Ma io non sto..." cercai di difendermi, ma lui per l'ennesima volta non mi lasciò finire.
"Per il Salice... tu ci credi veramente?! Tu sei davvero convinta di quello che mi dici. Non ci posso credere..." scosse la testa pensoso e deluso.
"Certo che sono convinta, è la verità!" esclamai, affondando le unghie nel palmo della mia mano.
"La verità... la verità non esiste, non nel mondo soggettivo. E oggettivamente quella che mi hai raccontato non lo è. Vuoi sapere quale è la verità secondo me? È che volevi fare tutto da sola, perché per tutta la vita ti sei abituata a fare così. La verità è che avevi voglia di distaccarti dagli altri, leggere, estraniarti, perché sei sempre stata così. La verità è che dopo non ce lo hai detto solo perché avevi paura della nostra reazione e sei andata avanti a mentirci. La verità è che questo fa di te una grandissima codarda. Ma il vero problema è che hai talmente poca consapevolezza di te stessa da non riuscire ad accorgerti di come tu sia realmente."
Mi sentii come se fossi appena stata trafitta al petto. Quelle parole mi avevano ferito ed erano state un terribile colpo al mio orgoglio, ma mi aveva appena descritta. Tutto quello che aveva detto era sempre stato parte di me. Pensavo che quella volta fosse diverso, ma... forse stavo solo mentendo a me stessa. Forse non c'era nessun motivo soprannaturale che mi aveva portato a passare giorni attaccata a quel diario, ma solo il mio più puro e semplice egoismo.
Eppure, non mi sentivo così. Nel mio cuore mi sentivo diversa, tutta quella situazione mi sembrava così diversa.
"Oh, certo, perché tu sì che sei sincero! La verità, la verità... parli tanto, ma tu quale verità hai?" gli inveii contro balzando in piedi e gesticolando come una pazza. Anche lui si alzò, fronteggiandomi "E se anche tu avessi ragione, se anche fosse vero che io mi sia comportata in questo modo solo perché sono sempre stata abituata ad essere sola, allora questa è anche colpa tua," lo accusai puntandogli l'indice contro "Sei stato tu ad abbandonarmi e quindi a causare il mio fottutissimo isolamento che tanto denigri. Quindi taci, idiota incoerente pompato in gonnella!"
Quando finii la mia sfuriata stavo tremando, il cuore che palpitava nel petto era quasi sul punto di scoppiare.
Chris era rimasto lì fermo, senza battere ciglio. Poi disse, con lo sguardo perso fuori dalla finestra: "Tu non puoi capire."
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. La solita risposta/non-risposta che presupponeva una qualche mia mancanza di intelligenza. Allora andai davvero su tutte le furie.
"Oh, certo. Che stupida, io non posso capire. Sai che ti dico? Vai, fallo, corri a dire tutto agli altri. Ma per favore, lasciami in pace," detto ciò, lo spinsi di lato e mi fiondai fuori dalla porta, che feci sbattere con la sola forza della mente.
In pochi secondi ero già in mezzo alla strada e, come un'incosciente, mi mischiai tra la folla senza badare a dove stessi andando.
Qualche decina di minuti e parecchie lacrime di rabbia dopo mi posi il problema di dove fossi finita. Guardandomi intorno, finalmente più calma, mi resi conto di essere in una zona sconosciuta della città: le case in quella zona di Zentor erano fatiscenti, i muri bianchi macchiati di scuro o ingialliti.
Nelle vie sporche e tristi c'erano ben pochi passanti e avevano tutti un aspetto piuttosto dimesso e un viso inquieto.
Ora so esattamente di che luogo si trattasse: un classico sobborgo malfamato di una città. Ma allora conoscevo soltanto la ricchezza e il benessere della Città a Majesten, dove tutti gli abitanti vivevano bene, chi più chi meno. Mai avrei immaginato esistessero luoghi simili e ancor meno in un posto come Candor, sempre così pronto a ostentare la perfezione.
Disorientata cercai di avvicinarmi a una giovane donna vestita poveramente, per chiederle informazioni, ma lei non appena mi vide affrettò il passo e girato un angolo sparì dietro a un edificio. Inizialmente rimasi interdetta, ma poi rammentai che dovevo avere tutto tranne che un aspetto rassicurante, scarmigliata e vestita com'ero. O meglio, svestita...
Sbuffai, come al solito scocciata dalla mia inettitudine e anche irritata per non aver avuto abbastanza tempo per imparare da Yvonne degli incantesimi di orientamento che, in occasioni come quelle, mi sarebbero stati utilissimi.
Non sapendo cosa fare mi misi a camminare, sperando di raggiungere al più presto una zona conosciuta o almeno più rassicurante.
Fu allora che sentii un grido terrorizzato di donna.
Senza pensarci troppo corsi veloce nella direzione in cui credevo si trovasse la persona in pericolo, ma mi immobilizzai non appena apparve davanti a me una scena orribile: un uomo barbuto e con il volto dai tratti duri stava cercando di abusare della ragazza a cui avevo cercato di chiedere indicazioni. In mezzo alla strada, in pieno giorno.
Mentre lei si dimenava lui, grande e muscoloso, cercava di tenerla ferma, colpendola ripetutamente con pesanti schiaffi al volto.
Rimasi immobile, guardando la scena incapace di muovermi, mentre la ragazza subiva l'aggressione.
Sembrava così disperata e anche stanca, come se fosse sul punto di lasciarsi andare, diventando solo un giocattolo nelle mani di quell'uomo.
Per fortuna, dopo qualche secondo di shock, riuscii a riprendere possesso della mia ragione e a capire di trovarmi davanti a una scelta: scappare via velocemente per evitare di farmi vedere ed essere attaccata da quel mostro, oppure intervenire e aiutare la ragazza. Scelsi senza pensarci troppo la seconda opzione.
Velocemente mi nascosi dietro a un edificio, guardandomi intorno per trovare qualcosa di utile. Mi cadde l'occhio su una bottiglia di vetro ancora integra e vuota a terra.
Mi concentrai e immediatamente quella si sollevò. Poi prese a muoversi fluttuando, dirigendosi verso l'orribile scena come da miei ordini. La ragazza, nel frattempo stava quasi per smettere di opporsi, e vedevo il suo volto macchiato di sangue, anche se non capivo dove fosse ferita.
La bottiglia era ormai arrivata a destinazione e allora la feci sbattere violentemente in testa all'omone, sperando bastasse. Quello si irrigidì immediatamente e, facendomi emettere un sospiro di sollievo, crollò subito a terra esanime, lasciando andare la sua vittima, che però cadde con lui.
Allora corsi accanto alla poveretta che, tremando, stava cercando di rimettersi in piedi, appoggiandosi completamente al muro alle sue spalle, che fino a un attimo prima aveva rappresentato la sua prigione.
"Aspetta, ti aiuto io!" le dissi afferrandola per un fianco e tirandola su.
"G-grazie..." sussurrò quella con la testa bassa, la voce più ferma di quanto mi aspettassi. "Chi sei?"
"Mi chiamo Kate. Tu?"
Lei alzò il volto imbrattato dal sangue che, mi resi conto, aveva perso dal naso, e puntò lo sguardo su di me, gli occhi sorprendentemente consapevoli. A parte per il liquido rosso che le macchiava la faccia non sembrava per nulla una donna che aveva appena subito un'aggressione.
"Che cosa sei? Come hai fatto a far fluttuare quella bottiglia?" mi domandò invece, diffidente.
Mi raggelai, sentendo il mio volto impallidire. Avevo sperato che con quello che le stava capitando non avrebbe fatto caso alla piccola magia innocente, ma del tutto inadatta a quel mondo, che avevo eseguito.
"Che cosa? Fluttuare la bottiglia? No, devi aver visto male, la stavo tenendo in mano" mentii, accennando una risatina noncurante.
"No. L'ho visto: stava fluttuando. Poi un secondo dopo sei comparsa tu," asserì lei con convinzione, riuscendo a stabilizzarsi senza più l'aiuto del muro.
"Senti... non so cosa dirti. Probabilmente essendo tu in una situazione non... piacevole, diciamo, avrai visto male. Ma andiamo, su, gli oggetti non possono fluttuare!" esclamai cercando di mantenere una maschera imperturbabile. Poi, prima che potesse ancora proseguire con la manifestazione dei suoi dubbi, le domandai: "Ma piuttosto, come ti senti? Ti ha fatto del male? Il tuo naso?"
La vidi sbattere le palpebre accigliata, per poi scuotere lievemente la testa e rispondermi con voce flebile: "Sto bene... credo. Sono cose che capitano, in posti come questo."
"Posti come questo? Cosa intendi?"
"I quartieri malfamati. Qui, la delinquenza, di qualsiasi tipo, è la quotidianità," mi spiegò, corrugando perplessa la fronte.
"Io non... non pensavo esistessero posti simili," mormorai abbassando il viso, non riuscendo a conciliare la mia visione del mondo con la realtà.
"Ah, allora tu sei una di loro... Una di quelli nella gabbia d'oro. Devo dire che non ne hai l'aspetto..." mi squadrò dall'alto in basso, ricordandomi com'ero conciata. "Cosa ti porta qui, principessina? Pensavo che voi dei piani alti steste nel vostro mondo perfetto, senza avventurarvi nell'ignoto," riprese, fissandomi con i suoi occhi di un azzurro slavato.
"Io... mi sono persa," risposi infastidita per l'atteggiamento quasi disgustato che aveva adottato nei miei confronti.
"Oh, povera principessina... immagino tu sia sconvolta per ciò che hai trovato qui," commentò ironica, facendomi spazientire.
"Mi sembra proprio che, se non ci fosse stata la povera principessina, tu a questo punto avresti molti più danni di un naso sanguinante e delle vesti strappate. Quindi sarebbe il minimo aspettarsi un ringraziamento, mentre invece sto ricevendo solo critiche da una persona che non mi conosce neppure."
Quella continuò a guardarmi per alcuni istanti con durezza, ma poi emise un sospiro profondo e disse, volgendo lo sguardo altrove: "Hai ragione, scusa. Grazie. Ti sono debitrice e se hai bisogno di un qualche aiuto conta pure su di me."
Prese dunque a pulirsi alla meglio il viso, togliendo malamente il sangue, che però ormai era in gran parte incrostato.
"Prego. E senti, lascia stare, ti aiuto io. Ma prima allontaniamoci da qui, il tipo potrebbe svegliarsi da un momento all'altro," dissi, indicando con il capo la figura a terra. La ragazza, assottigliando le labbra annuì.
Ci allontanammo dal luogo del crimine e io l'aiutai a camminare, sorreggendola. Quando mi sembrò che ci fossimo distanziate abbastanza, ci fermammo e le pulii al meglio possibile il volto, giusto quanto bastava per circolare senza fare spavento a tutti.
Nel frattempo, sfruttai l'occasione per chiederle: "Senti, non vorrei passare per un'approfittatrice, ma mi hai detto che se avessi avuto bisogno di qualcosa potevo contare su di te. Vorrei soltanto chiederti quale direzione seguire per tornare nel centro della città."
Lei sembrò pensare qualche secondo a che risposta dare ed infine disse: "No, non ti dirò dove andare, te lo mostrerò. Meglio essere in compagnia in questo quartiere: anche se prima sei riuscita ad aiutarmi non vuol dire che tu sia in grado di proteggerti qui. Non ne sei abituata," mi rispose con voce ferma. Se non l'avessi visto con i miei occhi non avrei mai creduto che quella ragazza, fino a pochi minuti prima, era stata sul punto di essere violentata. Non sembrava per nulla scossa e la cosa mi impressionò parecchio: per essere così indifferente a una tale scelleratezza voleva dire che effettivamente avvenimenti simili erano all'ordine del giorno in quelle sudice vie.
"Immagino tu abbia ragione. Ti ringrazio, anche se non vorrei esserti di peso: se hai un impegno, non voglio farti perdere tempo," dissi.
"Non essere stupida, principessina. Non devo andare da nessuna parte. Ti porto ai piani alti, andiamo," rispose brusca lei, iniziando a camminare.
La seguii rapidamente, in silenzio. Al mio fianco la giovane, che notai essere di poco più alta di me, procedeva anche lei in silenzio, assorta nei suoi pensieri.
Taci, Kate, taci. Non disturbarla, pensai imbarazzata dal silenzio.
"Senti, ma... come ti chiami? Non me lo hai ancora detto."
Per il Salice! Perché non tengo mai la boccaccia chiusa?
Lei doveva aver pensato la stessa identica cosa, perché sbuffo, roteando gli occhi chiari.
"Dabhei," disse però dopo qualche secondo, tornando a guardare la strada.
"Dabhei..." mormorai, "significa..."
"Speranza," concluse lei, prevenendomi. "Come se ci potesse essere davvero una speranza per quelli come me, che devono lottare ogni giorno per sopravvivere."
"Credo di non essere la persona più indicata per esprimere un parere su questo argomento, ma penso comunque che non bisognerebbe mai abbandonare la speranza: se manca quella, la vita perde completamente di senso," diedi la mia opinione. Trovavo il suo nome davvero bellissimo e lo vedevo come un prezioso tesoro per lei.
"Hai ragione principessa: non sei la persona più adatta per trattare questo argomento," borbottò, calciando una piccola pietra lungo la strada.
"Non chiamarmi in quel modo," la rimbeccai subito, detestando il nomignolo, "E comunque non riesco ancora a capire. Come può Candor essere teatro di una tale povertà? Gli abitanti dovrebbero tutti aspirare alla purezza," indagai incapace di tacere.
"La realtà è ben diversa da come la dipingono. Dovresti imparare a diffidare della perfezione: dove si ostenta tanta purezza di solito c'è solo tanto marcio da nascondere e, fidati, qui su Candor ce n'è in abbondanza," mi chiarì fredda e lapidaria, sorprendendomi con le sue dure parole.
"È davvero così diffusa la povertà e la delinquenza in queste terre?"
Quella scoppiò a ridere, ma senza allegria, poi rispose: "Noi siamo il bianco macchiato di un mondo candido. Noi non esistiamo, siamo come invisibili. Ma proprio per questo siamo numerosissimi. È come una malattia degenerativa, tra un po' finiranno le vernici bianche con cui dipingere gli edifici e tutto il mondo che voi eccelsi conoscete crollerà."
Con quelle parole mi mise una terribile inquietudine e mi venne la pelle d'oca. Mi sapeva molto di apocalittico quella dichiarazione. Inoltre, mi dava anche molto da pensare, facendomi rendere conto che effettivamente le sue parole trovavano un effettivo riscontro con la realtà che conoscevo: banalmente anche io cercavo di celarmi sotto una maschera di totale perfezione, nascondendo una lunga serie di problemi, complessi e sofferenze, oltre che numerosi difetti.
"Sei piuttosto pessimista per portare un nome come il tuo," commentai alla fine.
"Ho sempre pensato che i miei genitori avessero sbagliato nello scegliere come chiamarmi. Ma, ahimè, il destino con me ha voluto giocare con i contrasti," ironizzò con una certa teatralità, facendomi spuntare un piccolo sorriso.
"Può essere... oppure ti vuole dare un segno: smettila di vedere così brutto tutto quanto e cerca di scappare da dove abiti, se lo odi così tanto," le suggerii, sperando di farle capire che poteva avere di più dalla vita se solo avesse provato a ottenerlo. Mi sembrava abbastanza tosta per affrontare tutto.
La vidi però rabbuiarsi. "Se solo potessi scappare..." mormorò sembrandomi per la prima volta fragile.
"Ma a proposito di questo... cosa ha fatto scappare te?" riprese, tornando a un tono più energico e brioso.
"In che senso?" la guardai interrogativa.
"Beh, non ci vuole molto per capire: il tuo aspetto scarmigliato, il fatto che ti sia persa... denotano chiaramente una fuga improvvisa e istintiva. Hai la camicia da notte, quindi suppongo tu sia scappata dal luogo in cui abiti. Mi chiedo solo quale sia il motivo," mi spiegò alzando le spalle, mettendomi a disagio per il fatto che ci avesse azzeccato.
"Ho... litigato con un amico, diciamo."
"E tu, per una semplice litigata, sei corsa via ancora vestita da notte? Non credi di essere un po' esagerata?" mi criticò facendomi avvampare.
"Beh, quando si tratta di lui nulla è mai così semplice, tanto meno una discussione. Insomma... avevo i miei motivi," mi difesi stringendomi le braccia al petto.
"Ne sei proprio sicura? A me sembra tanto una scusa," ghignò divertita dal mio evidente imbarazzo.
"Io credo invece che tu stia sputando sentenze un'altra volta, senza conoscermi e senza tanto meno avere idea della situazione," mi irritai sempre di più. Non ero sicura mi stesse troppo simpatica quella tipa.
"Già... forse hai ragione. Ma non credo di essere andata troppo lontano dalla realtà," affermò con un sorriso soddisfatto. Poi però, tornando seria, mi disse: "Vuoi un consiglio spassionato? Se davvero quella persona con cui hai litigato è tuo amico, cerca di andargli incontro. Per averti fatto scappare così, vuol dire che ci tieni davvero a lui. Non so cosa sia successo, ma cerca di capire il suo punto di vista, magari ti potrà insegnare qualcosa."
Rimasi impressionata dalle sue parole che mi fecero anche riflettere: Chris si era comportato davvero male con me, aveva usato parole dure e non aveva dato credito al mio punto di vista. Ma del resto, la prima ad aver sbagliato ero stata io e le mie spiegazioni in pratica erano state inconsistenti. Forse, in parte, aveva anche ragione, in fondo sapevo che Chris non aveva sbagliato dicendo quelle cose, erano la pura verità. Davvero non sapevo più che pensare.
"Ti facevo una tipa che manda al diavolo tutti alla prima occasione," commentai alludendo ai suoi modi bruschi.
"Infatti," rispose non nascondendo del tutto la sua amarezza, " È per questo che non ho molti amici."
"Io non..." provai a scusarmi, ma mi interruppe prima ancora di finire la frase.
"Eccoci qua. Là davanti c'è il Palazzo del Consiglio, immagino che tu riesca a orientarti da qui."
Mi guardai intorno e mi resi effettivamente conto di essere arrivata in un punto da cui non avrei fatto fatica a tornare alla locanda.
Mi girai nuovamente verso la giovane donna che mi aveva aiutata. Era una tosta. Aveva un controllo di sé e una capacità di resilienza invidiabile. Forse non era simpatica, ma sentivo una forte curiosità nei suoi confronti, mi sarebbe piaciuto sapere di più di lei.
"Allora ti ringrazio, Dabhei. Magari un giorno ci incontreremo nuovamente: ho come la sensazione che questa non sarà l'ultima volta che sentirò il tuo tono pungente," la salutai con un sorriso incerto.
Lei lo ricambiò: "Già, lo credo anche io, principessina. In fondo devo ancora scoprire cosa nascondi: ovviamente non ho dimenticato la storia della bottiglia volante."
Alzai gli occhi al cielo, ma dentro sentii saltarmi il cuore in gola.
"In caso ti volessi incontrare, come posso rintracciarti?" le chiesi d'impulso.
"Non puoi. Ma se ti avventurerai nella parte buia è probabile che da qualche parte salterò fuori. Per il momento, però, addio," mi rispose ridendo, come se il fatto di fare tanto la misteriosa fosse esilarante.
"Addio," la salutai scuotendo il capo, infastidita quanto divertita.
E così ci separammo, dirigendoci in direzioni opposte.
Mentre camminavo verso la locanda, rimuginando sulle parole della ragazza, sentii, nella via oltre l'angolo della strada, delle voci che attirarono la mia attenzione.
"Smettila di fare l'idiota Christopher e dimmi quello che le hai detto. Se l'hai fatta scappare in quel modo deve essere qualcosa di grave."
Era chiaramente la voce di Jasmine ed ero piuttosto sicura si riferisse a me. A quel punto mi affacciai oltre il muro per spiare, senza farmi vedere, la scena. I due erano una davanti all'altro, lei con le braccia conserte e visibilmente irata, mentre lui stava appoggiato alla parete con fare non curante.
"Nulla Jasmine, te l'ho già detto. Abbiamo solo discusso per una sciocchezza. Sai che abbiamo un rapporto un po'... complicato," spiegò Chris alla fata bionda, tamburellando le dita su un ginocchio sollevato.
"Va bene, ora basta. Potrai pure ingannare gli altri, ma non me. Non so se c'entri con questa storia, ma so che è comunque un argomento di cui dobbiamo discutere: ci hai mentito, a me e a Zac. Non ti sei mai liberato di Lui," sbottò la ragazza puntandogli un dito contro.
Vidi Chris irrigidirsi in modo impercettibile, ma lo conoscevo abbastanza per accorgermene.
"Non dire sciocchezze. Sai bene che me ne sono liberato."
"Invece no. So bene che è ancora lì: l'ho visto con i miei occhi pochi giorni fa, quando sono entrata nella tua mente pensando di doverti liberare da qualche spiritello. Non di certo da quello."
Christopher sussultò, poi con un sospiro triste annuì, confermando quello che aveva appena detto Jas.
"Sì, vi ho mentito, ma solo in parte. Ora sono cambiate davvero le cose. Lui non è più quello che intendevamo. Ora sono libero, come vi ho detto, ma quello che è successo ha lasciato delle conseguenze. Diciamo che ha lasciato questo nuovo Lui. Ma tranquilla, è controllabile."
"Ah, sì? A me sembri abbastanza in difficoltà invece," commentò Jasmine, preoccupata.
"Sì. Ho solo qualche problema quando... È solo che, quando rimango ferito da qualcosa è facile che Lui mi sovrasti. Ma sto imparando a riprendere il controllo in fretta," ammise, passandosi una mano tra i capelli. Jasmine annuì, capendo e si appoggiò anche lei al muro, al fianco di Chris.
"Quando rimani ferito, eh?" ripetè dopo un po' la biondina.
"Ti conosco Jas, quando fai così non promette nulla di buono per me," disse con tono più basso il ragazzo, tanto che lo sentii appena. Aveva gli occhi chiusi e il volto contratto, in attesa.
Lei allora si avvicinò al ragazzo e gli sussurrò qualcosa che non riuscii a sentire all'orecchio. Quando si staccò aveva un sorriso a mille denti, mentre il ragazzo era arrossito violentemente.
"No, no, no e no. Devi smetterla di farti mille film mentali," negò scuotendo con forza il capo, i capelli biondi che splendevano come oro alla luce.
"Se non avessi ragione non avresti reagito così," rise di gusto lei.
Lui alzò gli occhi al cielo, poi si lasciò andare a un piccolo sorriso e infine disse: "Andiamo, dai. Raggiungiamo gli altri alla locanda e vediamo se ci sono delle novità."
Lei annuì e insieme, con mio grande orrore, fecero per dirigersi nella mia direzione.
Il primo pensiero che ebbi fu che sarei stata spacciata. Il secondo che ero perseguitata dalla sfortuna. Il terzo che una volta in una occasione simile ero riuscita a rendermi invisibile.
Allora, nel panico, tentai di concentrarmi e di rendermi di nuovo tale. Cercai di immaginarmi trasparente, mi comandai di sparire, pregai la mia magia di funzionare e...
"Kate!" esclamò Jas, vedendomi.
Merda, merda, merda.
"Hey! Siete qua! Stavo tornando alla locanda," li salutai, facendo finta di non aver sentito nulla di quel dialogo strano che avevano avuto. Sentivo caldo al volto e sperai vivamente di non essere arrossita, nonostante fosse una rarità per me. E poi ero furiosa con me stessa, in particolare con la mia magia: cosa serviva avere delle doti singolari come leggere nel pensiero e rendersi invisibili, se poi non si era in grado di utilizzarli all'occorrenza? Almeno grazie alla Price qualcosa sulla telepatia l'avevo capita, ma come avrei imparato a controllare l'invisibilità?
"Da quanto sei qui?" chiese brusco Christopher, perforandomi con i suoi cristalli ghiacciati.
"Direi una manciata di secondi. Ho sentito solo che qualcuno si stava avvicinando e mi sono bloccata. Poi siete comparsi voi," spiegai cercando di non far vedere quanto stessi mentendo.
"E si può sapere dove eri finita? Diamine temevano ti fossi persa! Stai bene?" mi strigliò invece Jasmine con la sua fastidiosa voce acuta. Però poi si aprì in un sorriso e io lo ricambiai: dopo l'esperienza nel deserto mi sentivo stranamente più ben disposta nei suoi confronti.
"E infatti mi ero persa. Sto bene, ma quello che ho visto... penso vi sconvolgerà un po' tutti. Ma adesso non è il momento di parlarne," dissi rabbrividendo per l'aver ripensato a quei quartieri scuri.
"Okay... va bene. Adesso torniamo alla locanda: gli altri saranno ancora preoccupati per te," annuì Jasmine. Mi squadrò: "Inoltre devi decisamente cambiarti e darti una sistemata..."
Abbassai il volto, guadando la camicia non solo sgualcita, ma anche sporca. Ero talmente scossa che non riuscii neanche a provare vergogna.
Ci incamminammo e io procedevo dietro di lei, mentre la mia mente saltellava continuamente tra due punti spinosi: ero imbarazzatissima, sicuramente Chris aveva detto a tutti del diario, ma dall'altra parte ero rimasta completamente sconvolta dal discorso appena origliato, che metteva in luce degli aspetti di Chris a me del tutto sconosciuti, ovviamente creandomi altri dubbi giganteschi, invece che chiarire quelli che già avevo.
Il ragazzo in questione procedeva al mio fianco gelido, senza rivolgermi neppure un cenno. Dedussi che ce l'avesse ancora con me.
Dopo quella "passeggiata" da incubo arrivammo alla locanda e Jasmine vi si precipitò dentro, urlando a gran voce a tutti che ero ritornata.
Io feci per entrare a mia volta, ma venni trattenuta per un braccio da Chris.
Mi voltai verso di lui con sguardo interrogativo, scossa da un fremito.
"Stai bene?" mi chiese. Mi sembrò di scorgere una punta di preoccupazione nei suoi occhi, sempre indecifrabili.
"Sì..." risposi, scuotendo la testa. "Senti..."
"Mi dispiace," dicemmo contemporaneamente. Allora scoppiammo a ridere. E in quel preciso istante mi sembrò che tutta la tensione accumulata nella giornata scorresse via da me, facendomi sentire incredibilmente più leggera e tranquilla.
"Okay. Ecco... mi dispiace per le parole che ti ho detto. Sono stato uno stronzo," si scusò lui passandosi le mani fra i capelli, con un sorriso dispiaciuto.
"No, tu... non lo so, magari avevi ragione. Onestamente non so spiegare il mio comportamento di questi giorni, ma di certo avevi tutti i motivi per prendertela con me. È stato infantile scappare via in quel modo e, per la storia del diario, davvero, sono stata una deficiente," chiesi scusa di rimando, guardandomi la punta delle dita dei piedi, seminascoste dai sandali dorati.
"No, sappi che non penso quello che ho detto. Ero solo arrabbiato. Sono convinto che ci sia una spiegazione se hai agito così. Io... mi fido di te," confessò, mangiucchiandosi il labbro inferiore. Ma il suo imbarazzo era nulla in confronto al mio.
"Chris..." mormorai, a corto di parole.
"E volevo anche dirti che, proprio per questo, non ho rivelato agli altri il tuo piccolo segreto sul libretto e lo Shidashi," affermò, sorridendomi.
"Cosa??!" gracchiai io incredula. Ero convinta che non avrebbe taciuto, a maggior ragione dopo che io me ne ero corsa via come una furia. E invece...
"Non ho fatto la spia. Tranquilla, gli altri non ti odieranno: basterà fingere di trovare quel libro la prossima volta che andiamo in biblioteca e..."
"No, aspetta... Ti ringrazio, di cuore, davvero. Però, adesso devo dire la verità, devo essere sincera con gli altri," lo interruppi, facendomi coraggio nel prendere una decisione giusta, una volta tanto.
Lui rimase con la bocca ancora aperta, per finire la frase. Poi la chiuse, incurvando le labbra all'insù. Sembrava soddisfatto della mia risposta, come se in fondo ci avesse sperato fin dall'inizio. Fece anche per dirmi qualcosa, ma venne bloccato dal ciclone Alysha, che mi si avventò contro, abbracciandomi.
"Kate! Per tutti i Mondi, mi hai fatto preoccupare!" esclamò, mentre io presa di sorpresa barcollavo.
"Aly, anche io sono felice di vederti, ma mi stai strozzando così," le risposi ridendo. Mi lasciai cullare dalla sua stretta, era veramente bello sapere che ci fossero persone che si preoccupavano per me.
"Te lo meriteresti!" mi ringhiò scherzosamente nell'orecchio, per poi liberarmi dal suo forte abbraccio.
A quel punto notai che erano arrivati anche tutti gli altri ragazzi, con un visibile sollievo dipinto sul volto. Sorrisi a tutti, sentendomi in colpa per averli fatti preoccupare per nulla. Mi veniva voglia di sprofondare, non mi piaceva stare al centro dell'attenzione. Mio malgrado, ci sarei dovuta ancora rimanere, perché era arrivato il momento di prendermi le mie responsabilità. Ma prima...
"Ragazzi, ecco, io... dovrei dirvi una cosa. Una cosa piuttosto importante. Però prima, scusatemi, ma avrei davvero bisogno di un bagno, perché in questo momento mi sento sporca come non mai. Vi prometto che subito dopo vi parlerò."
Mentre pronunciavo quelle parole mi venne spontaneo cercare gli occhi di Chris, per ricavarne forza. Quando lo vidi impercettibilmente annuire mi sentii più sicura e con un sorriso mi congedai dagli altri, per raggiungere il bagno, dove mi attendeva una confortevole vasca.
Ero rimasta scombussolata dalla giornata trascorsa: prima la litigata con Chris, poi la visione di quel quartiere così povero e degradato, dove avevo incontrato una ragazza a dir poco singolare che mi aveva aperto gli occhi su nuove realtà. E per finire quel dialogo sospetto, indecifrabile e per non dire inquietante tra Chris e Jasmine. Ma chi diamine era questo Lui? E soprattutto cosa c'entrava con il mio amico d'infanzia?
In quel momento oltre alle domande che mi perseguitavano riguardo a me stessa e sul mio passato, se ne erano aggiunte delle altre: quanta oscurità poteva nascondere un mondo così immacolato all'apparenza e chi diamine era in verità Christopher O'Connor?
ANGOLO AUTRICE:
Salve a tutti!
Ammetto che questo è uno dei miei capitoli preferiti in assoluto, oltre che uno dei più lunghi. Perché il mio preferito? Perché succede veramente di tutto!
Ripercorriamo un attimo gli aspetti principali.
Intanto vediamo Kate, che zitta zitta si ruba un libro dalla super biblioteca di Zentor e lo tiene nascosto a tutti, pur essendo fondamentale per le loro ricerche. Quindi, mentre lei se ne sta tra le morbide lenzuola della locanda di Lorrcai a leggere, fingendo una strana malattia, i suoi compagni continuano a sgobbare tra i libri, cercando quello che in realtà lei ha già trovato. Non molto carina, vero?
In effetti, Chris, che da vecchia volpe quale è si rende conto dell'inganno, non prende molto bene la cosa, inveendole contro le peggio cose. Chi avrà ragione? C'è davvero qualche motivo strano dietro al comportamento di Kate, o Chris ha centrato il punto prima della diretta interessata?
In ogni caso, anche lui si è fatto prendere un po' la mano, provocando una risposta isterica, e diciamolo, anche piuttosto infantile, nella ragazza, che come una furia se ne corre via.
Arriviamo quindi nei sobborghi di Zentor, che Kate, da brava principessina viziata non sa neppure cosa siano. Con l'incontro con Dabhei la giovane fata verrà a conoscenza dell'altro lato della medaglia di Candor. Forse per il momento potrà sembrare una scena un po' scollegata dal resto, ma nel piano generale della saga di Majesten in realtà si rivelerà essere estremamente rilevante.
Per concludere questa breve analisi arriviamo alla scena spiata tra Jas e Chris. Su questo non voglio dire nulla, se non che porta degli indizi importanti per capire il personaggio.
Alla fine Kate sembra essere pronta a prendersi le sue responsabilità, e vi aspetto con il prossimo aggiornamento per scoprire come reagiranno tutti gli altri al suo comportamento discutibile! Alla prossima!
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