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28. After midnight


Avevo sempre pensato che prima o poi la vita mi avrebbe giocato uno scherzo peggiore degli altri ed ora mi trovavo in quella stanza buia, con il ragazzo più incoerente e scostante del mondo; il ragazzo che amavo e colui contro cui avrei dovuto combattere.
Era lì il bivio, proprio davanti a me.
Potevo abbassare la bacchetta e fidarmi di lui, oppure intavolare una battaglia che non sarei mai riuscita a vincere contro di lui... o forse sì? Sarei riuscita a combattere seriamente o avrei finito coll'arrendermi?
«State per attaccare la scuola», dissi certa di aver ragione ed impedendogli di distogliere lo sguardo, afferrandogli con una mano delle ciocche di capelli.
Volevo che mi guardasse negli occhi per poter cercare di distinguere la menzogna dalla verità.
«La scuola è già sotto attacco», sussurrò, piano: «È per questo che te ne devi andare, immediatamente».
Sbarrai gli occhi, scuotendo con forza il capo.
Non sarei fuggita, se c'era una guerra da combattere l'avrei combattuta.
«Non me ne vado».
Vidi il suo viso indurirsi alle mie parole: «Vattene al sicuro da qualche parte, Granger, se no ti legherò qui dentro».
Assottigliai lo sguardo: «Io non prendo ordini da nessuno, Malfoy!»
Sulle sue labbra comparve un piccolo ghigno compiaciuto: «Peccato che a causa della scommessa tu possa, anzi debba, proprio prendere ordini da me, Granger».
Strinsi la mia presa nei suoi capelli e avvicinai ulteriormente il suo viso al mio: «Non farlo, Malfoy».
«Fare cosa?»
«Trattarmi come una bambina, non lo sono», dissi, mentre con la mano libera affondavo ulteriormente la bacchetta contro il petto del Serpeverde.
«Voglio solo proteggerti», disse con un filo di voce, anche se quel suono sembrò rimbombarmi nella testa per secondi interi.
Era sincero, lo potevo vedere dai suoi occhi limpidi che cercavano di immergersi ulteriormente nei miei.
Un pensiero improvviso mi attraversò la mente, facendomi perdere un battito cardiaco: "E se questo fosse stato il nostro ultimo momento insieme?"
Ero certa che stesse pensando lo stesso, perché ad un tratto nei suoi occhi vi lessi la malinconia che sicuramente si trovava anche nei miei.
Con la bacchetta ancora salda nel mio pugno lo abbracciai, passando un braccio intorno alle sue spalle e uno a circondargli la vita, stringendolo forte contro di me ed affondando il viso contro la sua clavicola, inspirando a fondo il suo odore ed immaginando di avere tutto il tempo che desideravo per poter imprimermi quel momento nella mente.
Lo sentii racchiudermi a sua volta tra le sue braccia e nascondere il volto tra i miei ricci.
«Non me ne andrò. Non ho intenzione di fuggire», gli dissi, non pensando a quanto avrei voluto prenderlo per mano e correre via, lontano, con lui.
Non potevamo, anche se sarebbe stato il modo perfetto per rimanere insieme.
«Lo so, ci dovevo provare, anche se ero certo che non mi avresti mai ascoltato».
«Dovrei andare a dare l'allarme, invece di stare qui, abbracciata col nemico».
«Il nemico, eh?», sussurrò, cominciando a baciarmi piano la pelle sensibile del collo.
«Non avrei mai dovuto accettare quella stupida scommessa», sussurrai, stringendo la presa delle dita intorno al tessuto pregiato della sua camicia e chiedendomi vagamente se non avesse freddo.
Le sue dita si insinuarono, ghiacciate, contro la pelle bollente della mia schiena e considerai l'idea di mandare tutto al diavolo e di fuggire davvero con lui.
Mi spinse delicatamente contro la cattedra alle nostre spalle e, nell'istante in cui il mio sedere entrò in contatto con il legno le sue labbra trovarono le mie.
Incredibile come in un istante la mia razionalità potesse essere spazzata via e rimpiazzata da una voglia inarrestabile di continuare all'infinito a baciarlo.
Avrei dovuto tenere le distanze, continuare a puntargli contro la bacchetta, dare ascolto alla vocina petulante nella mia mente che continuava a dirmi di correre via e di lasciarlo lì, invece di aumentare la stretta delle mie mani su di lui e di lasciare alle sue dita il permesso di esplorare ogni centimetro della mia pelle.
«Non c'è tempo», lo sentii sussurrare, ma sembrava che fosse impossibile per lui allontanarsi, quanto lo era per me.
L'unico suonò che riuscì a farci allontanare e prendere le distanze fu il suono cupo della campana di Hogwarts che segnava con un tono macabro e cadenzato dodici rintocchi.
Dong.
Ci allontanammo appena, entrambi titubanti ed allo stesso tempo preoccupati che quella fosse l'ultima volta insieme.
Dong.
«Non farti ammazzare», disse, nello stesso momento in cui io gli raccomandavo di stare attento.
Dong.
Sorridemmo.
Dong.
Sentivo bloccate in gola le parole che avrei voluto dirgli anche sei sere prima e, ancora una volta, non riuscii a pronunciarle.
Dong.
Quando le sue mani abbandonarono il mio corpo capii quanto tutto fosse sbagliato.
Dong.
La guerra era sbagliata.
Dong.
Io e lui eravamo sbagliati, l'uno per l'altra.
Dong.
Presi le distanze dal suo corpo, per poi tornare tra le sue braccia per un ultimo bacio.
Dong.
Dovevo andare a cercare i miei amici e lui doveva iniziare una battaglia con altri Mangiamorte.
Dong.
Uscimmo dalla stanza e andammo ognuno per la propria strada che, ancora una volta, non combaciavano.
Dong.
Non mi girai indietro, certa che se l'avessi fatto non sarei più riuscita ad andarmene.
Dong.
Più mi allontanavo più sapevo che il mio cuore era rimasto in quella stanza, insieme a quello di Malfoy.
E ancora una volta mi pentii di non esser riuscita a dirgli: «Ti amo».

***

Quando arrivai all'ufficio del Preside avevo il fiatone. Entrai nella stanza di corsa, pronta a riferire tutto quello che potevo a Silente, quando mi resi conto che nell'ufficio non vi era nessuno.
Uscii, non capendo cosa stesse succedendo e, ad un tratto da una finestra scorsi una luce verdognola.
Spalancai gli occhi alla vista del Marcio Nero, ben visibile nella notte, proprio sopra la Torre di Astronomia e non persi tempo a pensare, cominciando a correre in quella direzione.
Nel tragitto mi ritrovai nel bel mezzo di uno scontro tra alcuni membri dell'Ordine e professori contro Mangiamorte, incappucciati e non.
Aiutai a disarmare alcuni dei nemici, ma non mi trattenni a lungo, disperata di non vedere Harry da nessuna parte, mentre Ron e Ginny erano schierati con gli altri.
Corsi fino alla Torre di Astronomia, arrivando col fiatone e un fortissimo dolore alla milza a causa dello sforzo.
All'interno ci trovai Harry che, si sporgeva oltre i bastioni.
«Harry!», lo chiamai, correndo verso di lui e afferrandogli il braccio, facendolo voltare verso di me.
Il volto del mio migliore amico sembrava stravolto, sia per la stanchezza sia per un qualche tormento interiore.
«Stai bene? Cosa sta succedendo? Dov'è Silente? E Lumacorno? Il ricordo...»
«È morto», disse lui, fissando un punto della torre in tralice, come se potesse vedere davanti a sé una persona in carne ed ossa invece del nulla che ci circondava.
«Lumacorno?!», chiesi sconvolta: «Come ha fatto a...?»
«Silente», sussurrò Harry con un filo di voce, incontrando i miei occhi sbarrati e permettendomi di vedere il suo sguardo spento e apatico.
«Silente ha ucciso Lumacorno?»
Era surreale quella situazione, quindi ero pronta a tutto.
Sì, a tutto, tranne ciò che mi disse: «Silente... è morto».
Mi appoggiai traballante alla parete accanto a me con una mano, così da non perdere l'equilibrio e incominciai a respirare a fondo, nel vano tentativo di non mettermi a piangere, non in un momento così delicato.
Non dovevo lasciarmi abbattere dalle emozioni, la notte non era ancora terminata ed avevo bisogno di tutta la mia forza.
«Raccontami tutto», sussurrai, mentre la mia mente si ostinava a classificare tutto come un brutto incubo.
«Questo pomeriggio sono riuscito a prendere il ricordo di Lumacorno. Devo dire che grazie alla Felix è stato abbastanza semplice, è bastato dirgli di mia madre, che doveva darmi quel ricordo così che potessi sconfiggere Voldemort, se no il sacrificio di mia madre sarebbe stato vano. Appena me l'ha consegnato sono andato nell'ufficio di Silente che era pronto, quasi mi stesse aspettando. Abbiamo guardato il ricordo e abbiamo scoperto cos'è che rende Voldemort immortale: ha spezzato la sua anima in sette ed ogni pezzo lo ha inserito all'interno di sette diversi oggetti. Formando così sette Horcrux. Silente pensava di averne individuato uno, così siamo andati a cercarlo. Siamo entrati in una caverna, ma per recuperare l'Horcrux Silente ha dovuto bere da un bacile, ma quell'acqua era stregata e poi... Hermione è stato terribile, c'erano Inferius ovunque ed è stato un miracolo che siamo riusciti a fuggire!»
Continuavo a fissarlo, notando come sembrasse essersi rianimato in parte dall'apatia, anche se nei suoi occhi continuava ad esserci quella scintilla di rassegnazione che non avevo mai visto.
«Quando siamo tornati c'era il Marchio Nero sulla scuola e ci siamo fatti dare delle scope da Rosmerta per venire qua e poi... dopo poco è arrivato Nott che ha disarmato Silente e, se il Preside non mi avesse pietrificato sotto il mantello dell'invisibilità avrei potuto fare qualcosa, avrei potuto...»
Ci fu una lunga pausa, in cui entrambi ci concentrammo sul suono che proveniva dai pieni di sotto, sulle urla, sui rumori di oggetti che si rompevano e corpi che cadevano a terra.
La mia mente faticava a rendersi conto di quello che stava succedendo, si opponeva al pensiero di Silente morto, convinta che non potesse essere vero eppure, allo stesso tempo, sapevo che le parole di Harry erano dolorosamente vere.
«Piton l'ha ucciso», sussurrò Harry, prima di stringere con forza la bacchetta tra le mani e di avviarsi verso la porta della Torre.
«Dove stai andando?», gli chiesi, seguendolo, stupendomi che le mie gambe avessero smesso di tremare e fossero tornate a sostenere del tutto il mio peso.
«A vendicare Silente», disse, con quella luce combattiva negli occhi che per anni avevo visto sul suo viso e che spesso era causata dalla sua testardaggine che lo portava ad un soffio dalla morte, faccia a faccia con Voldemort.
«Aspettami!», gridai, correndogli dietro, mentre insieme cominciammo a scendere le rampe di scale, arrivando al corridoio dove si stava scatenando il putiferio.
Tra tutte le persone che c'erano persi presto di vista Harry, finendo col ritrovarmi nel mezzo della mischia a dare una mano, sperando che il mio migliore amico se la cavasse anche quella volta.
Quando però vidi la Parkinson che correva fuori dal castello la seguii, curiosa di sapere dove stesse andando e di capire perché non fosse andata ad informare Silente di ciò che stava accadendo prima che fosse troppo tardi.
Silente morto... no, ancora non ci potevo credere era tutto troppo surreale...
Appena uscii mi resi conto di quanto di notte la temperatura si stesse abbassando, mano a mano che l'inverno si avvicinava e mi strinsi nel mantello mentre raggiungevo la Parkinson e la facevo voltare verso di me.
«Avresti dovuto dirlo a Silente! Perché non l'hai fatto?!», le urlai contro, furiosa come non mai.
«Non potevo, Granger!»
La afferrai per una spalla, dandole un breve scossone, nel vano tentativo di farla ragionare: «Sapevi che sarebbero arrivati i Mangiamorte, dovevi dirgli della profezia della Cooman...»
«Non c'è nessuna profezia, Granger!», esclamò la Parkinson.
E per l'ennesima volta quella notte mi si gelò il sangue nelle vene per la sorpresa.
«Che cosa? Ma allora, come...?», chiesi, confusa, lasciando la presa sulla sua spalla.
«Lo sapevo perché Theo me l'aveva detto».
I miei occhi si sbarrarono ulteriormente.
Nott aveva detto tutto alla Parkinson, ma perché?
Perché lei non era andata dal Preside?
Vidi nei suoi occhi comparire lo stesso sguardo che dovevo aver avuto io pochi minuti prima in quella stanza, con Malfoy.
«Non potevo tradirlo, Granger... sarebbe stato in pericolo e... non avrei potuto sopportarlo perché...»
«Lo ami», sussurrai con un filo di voce, sconvolta di esserci arrivata dopo così tanto tempo.
Avrei dovuto capirlo già da quella mattina, quando si ostinava a non volermi dire perché non avremmo dovuto informare la McGranitt. Era già lì quello sguardo, lo sguardo di una ragazza che avrebbe fatto di tutto per il ragazzo che amava. Lo stesso sguardo che avevo io per Malfoy.
«Il Signore Oscuro l'avrebbe ucciso se non fosse riuscito a far entrare i Mangiamorte ad Hogwarts».
«Ma allora perché l'hai detto a me?»
«Perché ero certa che avresti capito. In fondo siamo entrambe innamorate della persona sbagliata».
Rimanemmo a lungo a fissarci, prima che un urlo familiare mi facesse voltare nella direzione della capanna di Hagrid.
Riconobbi subito la figura del Mezzogigante che combatteva contro alcuni Mangiamorte e poi, lì vicino Harry stava rincorrendo Piton e altre figure, urlando.
Una delle sagome era Nott, mentre quelle accanto erano irriconoscibili dato che sul capo portavano un mantello, mi chiesi se anche Malfoy fosse tra loro.
Lanciai uno sguardo veloce alla Parkinson, prima di correre verso il mio migliore amico.
Quando lo raggiunsi le figure si erano già allontanate verso i cancelli di Hogwarts, lasciandoci soli.
«Harry!», lo chiamai, appena lo raggiunsi, controllando che non avesse nulla di rotto.
«Dobbiamo tornare al castello Hermione! Stanno per arrivare altri Mangiamorte!»
Incominciammo a correre con Hagrid accanto, fino a quando non scorgemmo un gruppo consistente di persone ai piedi della Torre di Astronomia.
Sapevo cosa stavano guardando, sapevo il motivo per cui stavano piangendo, disperati, eppure non potei fare a meno di avvicinarmi anche io.
Avevo bisogno di vedere coi miei occhi ciò che mi aveva raccontato Harry, solo così avrei potuto realizzare davvero ciò che era successo.
A terra, in mezzo all'erba che era rischiarata appena dal Marchio Nero in cielo, che conferiva a tutto un'aspetto maggiormente spettrale, vi era il corpo privo di vita dell'uomo più potente, saggio e buono che avessi mai incontrato, indossava uno dei suoi lunghi abiti grigio topo, gli occhiali erano a terra, rotti, mentre capelli e barba erano sparsi disordinatamente intorno al suo volto pallido.
Aveva gli occhi chiusi e sul volto un'espressione serena.
Non riuscii a trattenere le lacrime e mi lasciai circondare dalle braccia di Harry che col passare degli anni erano sempre state il mio porto sicuro.
Vitius sollevò con un incantesimo di Lievitazione il corpo di Silente, trasportandolo all'interno del castello, seguito da tutte le persone che si erano raccolte intorno a lui.
La battaglia sembrava essersi interrotta, ma Harry continuava a dire a tutti quelli che incontravamo di aver sentito che i Mangiamorte sarebbero tornati coi rinforzi e che quindi dovevamo tenerci pronti.
Presto fummo raggiunti anche da Ginny, Luna e Ron che, con tono affannoso ci riferirono che la McGranitt era in Infermeria e che aveva dato ordine di raggiungerla.
Durante il tragitto Ginny ci disse che l'unico ad essere stato ferito gravemente era stato suo fratello Bill, che era stato morso da Greyback, mentre Neville era stato solo colpito di striscio da uno Schiantesimo e che quindi era svenuto, ma che presto si sarebbe ripreso. L'unico a morire, oltre a Silente, era stato un Mangiamorte.
Arrivati in Infermeria Lupin, Tonks, la McGranitt e anche la Brown ci vennero incontro.
Inutile dire che Lavanda saltò letteralmente addosso a Ron, mentre Lupin ispezionava Harry dalla testa ai piedi alla ricerca di ferite.
Sui visi di tutti si poteva scorgere quella stanchezza tipica di chi ha dato il meglio di sé in battaglia e ne è consapevole. La McGranitt aveva addirittura i capelli scompigliati, cosa che le dava un'aria meno fredda e granitica del solito.
Harry chiese nel dettaglio cosa era successo a Bill, prima di raccontare ciò che aveva detto a me, tralasciando il particolare sugli Horcrux.
Ascoltai attentamente il racconto della serata di tutti, ricostruendola istante dopo istante e dandomi della stupida per essere rimasta in quella stanza con Malfoy così a lungo, se fossi uscita prima probabilmente avrei potuto aiutare di più...
Si sentì un forte clangore metallico.
Ron corse alla finestra per controllare cosa fosse successo, quando si voltò verso di noi era pallido come un lenzuolo: «Il cancello è aperto e stanno entrando altri Mangiamorte».



*****

NOTE (27/06/20):

Non mi sembra di aver trovato temi particolarmente problematici in questo capitolo, ma nel caso voi doveste notare qualcosa, fatemelo sapere.

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