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23. Rival

Correvo.
Sogno o realtà?
Non lo sapevo.
L'unica cosa certa era il dolore alle gambe ed ai polmoni per lo sforzo di andare più veloce.
Perché dovevo arrivare in quella stanza prima che...
Prima che... cosa?
Non sapevo neanche quello.
E tutta l'insicurezza che sentivo mi spinse a credere che fosse tutto un sogno, solo quello.
Svoltai l'angolo e mi resi conto di essere davanti alla porta dell'ufficio di Silente.
Vi entrai senza dover dire la parola d'ordine e quello fu un particolare che non mi sfuggì e pur nell'incoscienza mi convinsi che fosse tutto frutto della mia immaginazione.
Appena entrai vidi Harry che si sporgeva verso la balaustra della torre e gridava.
Non riuscivo a capire più nulla eppure, guardandomi attentamente intorno mi accorsi che non c'era ciò che stavo cercando, qualsiasi cosa essa fosse.
Feci dietro front e mi ritrovai di nuovo a correre, eppure la sensazione era quella di volare, sentivo l'aria contro il viso il mantello sferzato dal vento gelido della notte e potevo anche sentire le piume di Fierobecco sotto di me.
Ma per quanto quella sensazione fosse reale in realtà stavo semplicemente correndo per i corridoi bui e silenziosi di una Hogwarts completamente addormentata.
Svoltato l'angolo intravidi una figura vestita di nero con capelli chiari e un pensiero mi attraversò la mente: "Draco, devo trovare Draco".
Ma quando raggiunsi quell'uomo mi accorsi di non sapere chi fosse ed ormai era troppo tardi.
Incontrai degli occhi grigio-azzurri tremendamente familiari e totalmente impassibili che mi fecero male; molto più di quello che provai quando l'Avada Kedavra pronunciato da quelle labbra mi colpì al petto.
Gridai.
Mi sollevai immediatamente a sedere, stringendo convulsamente le coperte tra le dita. 
Osservavo la parete di fronte a me con occhi spiritati mentre le ultime immagini del sogno scivolavano via, lasciandomi dentro un'unica consapevolezza: Draco mi aveva ucciso.
Inspirai a fondo, nel vano tentativo di racimolare un po' di autocontrollo e lentamente riuscii ad allentare la presa delle mie mani tra le coperte.
Mi voltai verso la parte del letto occupata da Malfoy e la trovai vuota.
Aggrottai immediatamente le sopracciglia chiedendomi dove potesse essere finito.
Gli ultimi istanti del sogno sembravano impressi a fuoco nella mia mente ancora mezza addormentata,  l'unico ricordo maledettamente chiaro era l'espressione sul viso di Malfoy, i suoi occhi chiari così pieni di odio, i lineamenti rigidi ed affilati, le labbra strette in una linea severa e quello sguardo indifferente e schifato che spesso gli avevo visto rivolgermi.
Faceva male ricordare quegli occhi e sapere con certezza che presto o tardi gli avrei rivisti anche nella vita reale.
Dovevo smetterla di illudermi, lui stava fingendo, se no non si sarebbe spiegato il suo cambiamento radicale nei miei confronti. Ma la domanda da un milione di galeoni era: cosa l'aveva spinto a farmi innamorare di lui?
Una scommessa? Come quella che aveva proposto a Blaise Zabini?
Un ordine? Lord Voldemort voleva che un suo fidato "soldatino" avvicinasse la migliore amica di Harry Potter?
Noia? Il sesto anno era troppo monotono e conquistare il cuore di una mezzosangue poteva essere un passatempo adeguato per un borioso, arrogante, altezzoso, figlio di papà?
Amore?
No, non dovevo continuare ad illudermi, anche se...
E se fossi stata io quella ragazza? Quella di cui Malfoy era innamorato da due anni?
Mi lasciai ricadere tra le coperte, affondando il naso contro il cuscino ed inebriandomi dell'odore di Malfoy misto al mio.
Avrei voluto averlo accanto per potergli parlare, così da poter occupare la mia mente con altro ed evitare di rivivere le terribili sensazioni causate dall'incubo, ma lui non c'era.
Dov'era finito?
Mi sarei dovuta preoccupare?
Alzai il viso, allungando il collo per vedere se vi era qualcosa sui comodini ai lati del letto, ma non vi scorsi nessuna lettera o biglietto che sarebbe potuto essere indirizzato a me.
Subito dopo la preoccupazione arrivò l'irritazione ed infine la rabbia.
Mi aveva lasciata sola, come la prima volta che avevamo dormito insieme, senza dirmi nulla.
Strinsi forte le dita intorno alle coperte, prima di spostarle con un movimento secco, esponendo il mio corpo al freddo della stanza.
Tremai una sola volta mentre scendevo dal letto e cercavo i miei vestiti, trovando solo i miei jeans e non il maglioncino azzurro.
Sbuffai, lanciando malcelate maledizioni a quello stupido furetto, prima di aprire un cassetto e di tirarne fuori una sua camicia bianca, sulla quale erano ricamate sul polsino, in una scrittura elegante, le lettere: D.M.
Borbottai qualcosa sul suo essere schifosamente ricco, prima di indossarla e di apprezzarne il tessuto pregiato che sfiorava la mia pelle.
Ma il momento di non odio che nutrii nei suoi confronti evaporò quando misi a fuoco, dall'altra parte della stanza, il suo calderone e provai una rabbia cieca.
Come ogni volta, appena superavo il momento di paura era l'ira a prendere il suo posto e, in quel momento, quando ormai avevo scampato il pericolo di essere rimasta incinta (grazie alla Pozione del Giorno Dopo) non potevo fare a meno di inveire contro di lui per il rischio che avevamo corso.
"Stupido furetto pervertito!"
Misi le scarpe ai piedi e trovai nella tasca dei pantaloni un codino che avevo dato per disperso da settimane, facendomi una veloce coda per raccogliere i miei capelli ribelli.
Appoggiai la mano alla maniglia della porta quando un pensiero mi attraversò la mente: "E se, non trovandomi a letto, quando torna si preoccupa?"
Inutile, per quanto volessi ricambiargli la moneta, mi ritrovai a cercare un foglio di pergamena per scrivergli che me ne ero andata:

"Malfoy, son dovuta tornare in stanza per recuperare i miei libri. Ci vediamo a lezione.
Hermione Granger"

Annuii distrattamente, rendendomi conto che l'orologio segnava le sei del mattino, prima di aggiungere poche parole al messaggio:

"P.S. Spero che non sia successo nulla di grave e che tu stia bene"

Lasciai il biglietto sul suo comodino in bella vista e, guardandomi intorno, sperando di scorgere all'ultimo istante il mio maglioncino azzurro, uscii dalla stanza.
Nella sala comune di Serpeverde non c'era ancora nessuno.
"Meno male, almeno non rischio spiacevoli incontri!"
Avevo appena formulato il pensiero, che da una poltroncina in penombra si alzò la magra e pallida figura di Pansy Parkinson in tenuta notturna, con addosso quindi una sottile camicia da notte coperta da una vestaglia altrettanto leggera e impalpabile.
Aveva gli occhi scuri arrossati e quel particolare mi fece pensare che avesse pianto, oppure fumato.
Davanti a quello sguardo mi sentii per un istante senza protezione, come se la bacchetta nella tasca posteriore dei jeans non ci fosse stata.
«Buongiorno, Granger, a cosa devo il piacere di vederti?»
La sua voce tagliente ed aspra mi fece storcere naso e bocca per il fastidio.
"Chi diavolo si credeva di essere?!"
Le lanciai uno sguardo altezzoso ed annoiato: «Buongiorno, Parkinson. Scusami, ma sono di fretta».
«Vuoi inseguire il tuo "amato"?»
Le sue parole mi fecero sussultare.
Cosa voleva dire quella frase? L'aveva visto passare?
Beh, di sicuro sapeva che Malfoy non era più in camera sua.
«Perché? Sai per caso dov'è andato?», tentai di apparire il più distaccata possibile, ma la mia domanda smascherava chiaramente il mio desiderio di conoscenza.
«Certo che no, l'ho semplicemente visto correre via dalla sua stanza, come se fosse stato inseguito da degli Schiopodi Sparacoda. È stato un caso che l'abbia visto. Ero venuta qua in sala perché non riuscivo a dormire in camera. Non mi aspettavo certo di assistere e di essere disturbata da un via vai simile di gente...», fece un gesto scocciato con la mano, mentre si appoggiava col sedere al bracciolo della sedia su cui era stata seduta fino a pochi minuti prima.
Rendendomi conto che non avrei potuto avere importanti informazioni da lei la salutai: «Bene, allora ci vediamo, Parkinson».
Feci pochi passi verso la porta della sala comune, ma la mingherlina figura della ragazza si parò tra me e la mia unica via d'uscita.
«Tutto quello che pensi di poter fare è inutile», sussurrò lei, talmente piano che mi chiesi se avesse voluto essere sentita o meno...
Aggrottai le sopracciglia: «Potrei sapere di cosa stai parlando?», dissi spaesata ed allo stesso tempo irritata dal suo comportamento.
I suoi occhi s'infiammarono: «Per quanto tu ti sforzi non sarà mai tuo. Lui non è in grado di "affezionarsi". Hai mai avuto un gatto selvatico, Granger? Sai quant'è difficile fare in modo che si fidi di te? Quanti mesi hai bisogno per poter accarezzare il suo pelo senza che ti graffi a sangue?»
Inutile fingere, anche se fu proprio ciò che feci, le sue parole avevano aperto una ferita non del tutto rimarginata: «Non sapevo fossi un'esperta di gatti, Parkinson».
Un ghigno irriverente spuntò sul suo volto: «Oh, fidati, ne so molto più di te, soprattutto su un certo individuo che sembra amarti alla follia prima e poi ti abbandona come un calzino vecchio dopo».
Assottigliai lo sguardo: «Forse stiamo parlando di persone diverse».
«Ah sì? Perché io ero certa stessimo parlando di Draco Malfoy, il mio probabile futuro marito, figlio di Narcissa Black e di Lucius Malfoy. Tu di chi stavi parlando?»
«Io stavo parlando di Draco, non di Malfoy», sibilai, anzi forse sarebbe più corretto dire che ringhiai.
«È bello illudersi, Granger, e so che lui è molto bravo a lasciarti credere di star vivendo una bella fiaba. Quando ti schiaccerà come uno scarafaggio e distruggerà quel tuo cuoricino che pompa sangue impuro sarò lì a guardare».
«Ed è questo che gli hai detto in Sala Grande ieri sera? Ti sei lamentata del suo comportamento nei tuoi confronti?»
Vidi dolore nei suoi occhi e non potei non provare pietà per lei.
In fondo eravamo simili, entrambe innamorate di un ragazzo che sembrava essere un mistero più che una persona.
Il fatto che fosse lo stesso ragazzo però rendeva il rapporto tra noi due teso e poco vivibile.
«Ti preoccupi della concorrenza, Mezzosangue?», chiese con tono aspro, ma nel suo viso vi erano ancora tracce del suo dolore.
«Tu no, Parkinson? Sai, perché non sembrava che la discussione con Malfoy dopo cena riguardasse quante persone invitare al matrimonio...»
Fece un gesto stizzito con la mano e intuii di aver colpito un nervo scoperto, quando iniziò a parlare, dicendomi molto più di quanto mi sarei mai aspettata: «Beh, sarai contenta di sapere che parlavamo del suo sconsiderevole comportamento nei tuoi confronti, Mezzosangue. Di quanto sia scandaloso per me, sapere che lui se la fa con una sporca Natababbana come te, senza provare nemmeno a nasconderlo! Le persone parlano, Granger, e presto più persone di quante dovrebbero sapranno della vostra relazione. Mio padre per esempio, che si aspetta di ricevere il rinnovo del contratto matrimoniale tra me e Malfoy tra qualche mese e che, se dovesse venire a sapere di ciò che sta succedendo, mi incolperebbe di non essere abbastanza attraente da tenermi un ragazzo come si deve. Inoltre, Lucius Malfoy finirebbe col diseredare Draco se venisse a sapere della vostra relazione... diciamo che questi due esempi sono quelli più preoccupanti, non credi anche tu? Eppure Draco ha fatto finta di niente, dicendo che non era mio compito preoccuparmi. Il punto è che lo è invece! È un mio diritto! », si puntò con forza il dito al petto, tanto che provai dolore per lei: «Avrei dovuto tirargli quello schiaffo tanto tempo fa, quando per esempio pretendeva che fossi il suo giocattolino sessuale, oppure quando calpestava la mia dignità baciando altre ragazze e portandosele a letto fingendo che io non esistessi e non me ne accorgessi. È stato liberatorio picchiarlo, anche se me ne pento», l'ultima frase la sussurrò soltanto, stringendosi nella sua vestaglia leggera e tirando su col naso: «Tu non puoi capire, Granger. Tu non hai come padre un uomo che ti vuole vendere al migliore offerente senza pensare ai tuoi sentimenti. Non hai una madre che organizza il giorno delle tue nozze da quando ti ha messo al mondo e che ti ha detto chiaramente di fare qualsiasi cosa, qualsiasi, il tuo futuro marito chiedesse senza opporti. Tu sei libera, pronta a fare le tue scelte. Sono certa che sia questo che piace tanto a Draco di te» i suoi occhi cominciavano a diventare lucidi e le sue labbra tremavano, ma nell'insieme sembrava così controllata che per qualche istante invidiai la sia compostezza: «Non mi sposerà. Lo so che non lo farà. E i miei genitori andranno nel panico, per poi vendermi ad un altro, ovviamente meno facoltoso e ricco di Draco, dato che non sono più vergine e per noi ragazze esserlo è importante. Daphne lo è ancora, come anche sua sorella, Astoria... e tu, Granger? Lo sei? O ha rovinato anche te?»
Strinsi forte le labbra, senza distogliere lo sguardo e vidi la Parkinson sgranare gli occhi: «Non ci credo... ha usato anche te».
L'espressione della Serpeverde era così dispiaciuta e contrita che ebbi paura di esser stata davvero presa in giro da Malfoy per tutto il tempo, prima di riscuotermi e dirmi che non poteva essere vero, che tra di noi ci doveva essere qualcosa di più.
Rimanemmo in silenzio a lungo, prima che le lacrime, che la Parkinson aveva provato a trattenere, le rigassero il viso: «Non sarò più un problema, so perdere con stile, Granger, e so che questo è il momento di arrendersi. Draco non sarà mai mio, spero che almeno tu riesca a mettergli il guinzaglio, si merita di innamorarsi di una Sanguesporco che non potrà mai avere in moglie. O almeno non finché suo padre avrà fiato nei polmoni».
Non disse altro e scomparve in un corridoio senza voltarsi.
Non riuscii a rimanere impassibile a lungo e dopo pochi istanti percepii chiaramente una sensazione di malessere che mi stringeva lo stomaco e una smorfia nacque sul mio viso.
Chiusi gli occhi, abbassando il volto a terra e lasciai che una sola lacrima scivolasse lungo il viso, asciugandosi a metà strada tra la guancia e la mandibola.
Ero certa che avesse mentito, o almeno, una parte di me lo era.
Malfoy non poteva essere così crudele come l'aveva definito, allo stesso modo in cui i genitori della Parkinson non potevano essere così "barbari"!
E poi quei discorsi sul mettere un guinzaglio a Draco e farlo innamorare di me? Non avevano senso! Perché avrebbe dovuto volere che io legassi Malfoy a me così profondamente? In fondo, anche se Draco mi aveva detto che avrebbe trovato il modo di rompere il contratto era comunque ubriaco ed ero certa che non l'avrebbe fatto. Perché avrebbe dovuto? Per me? Io ero solo il suo nuovo giocattolo, non valevo niente per lui! Probabilmente ero una scommessa fatta con Blaise. Cosa avevano messo in palio? Un'altra bottiglia di Firewiskey? Venti galeoni?
Strinsi forte le mani a pugno, mentre allontanavo da me tutti quegli acidi pensieri, nati a causa dello stress e dalla preoccupazione di non sapere dove Draco fosse finito e dalle parole mezze deliranti della Parkinson.
Perché quella Serpeverde mi aveva detto che non sarebbe stata più mia rivale?
Non aveva senso!
Le pareti della sala comune sembravano restringersi e soffocarmi, così decisi di uscire da quel luogo verde-argento.
Avevo bisogno di camminare e di schiarirmi le idee... anzi, ciò che necessitavo davvero era non pensare a nulla.
Così mentre percorrevo le scale e i corridoi che mi portarono davanti alla Signora Grassa mi concentrai su tutto, tranne la questione Malfoy; ripassandomi le lezioni della giornata e organizzandomi i futuri compiti extra da fare.
Arrivata all'ingresso della sala comune di Grifondoro mi resi però conto che la donna dalla grande mole raffigurata nel quadro sembrava essere preoccupata per qualcosa, mentre mi fissava in ansia.
«Signora Grassa, tutto a posto?», chiesi con tono titubante, constatando quanto le sue labbra tremassero per l'apprensione e le mani stritolassero con poca grazia un fazzoletto bianco ricamato.
«Signorina Granger! Non hai saputo?»
Aggrottai le sopracciglia, certa di non voler sapere ciò che quella donna mi stava per dire: «Saputo cosa? Cos'è successo?»
«Quindi davvero non ha saputo? Essendo suoi amici pensavo che l'avessero informata!»
La mia preoccupazione aumentò ulteriormente mentre frustrata guardavo la Signora Grassa: «Mi può dire di cosa sta parlando?!»
« Violet... ricordi la mia amica, vero? Quella signora tanto cara... essere un quadro di Hogwarts può essere noioso a volte e non avere un amica con cui parlare potrebbe trasformarsi in un inferno! Per fortuna che c'è lei a tenermi compagnia! Te l'ho detto che durante le vacanze estive ci siamo ubriacate con una tinozza di vino andato a male? Beh, più che ubriacate possiamo dire che ci siamo intossicate! Non la smettevamo più di vomitare e se Sir Cadogan non avesse trovato una soluzione grazie alle sue conoscenze pressappoco illimitate saremmo ancora in uno stato davvero pietoso! Ma nulla può battere quella volta in cui...»
«Signora Grassa!», la interruppi, mentre muovevo per il nervosismo il piede a terra: «Può arrivare al punto per favore? Che cos'è successo che dovrei sapere?»
«Oh, sì!», si riscosse la donna, portandosi la mano alla fronte: «Che sbadata, mi sono lasciata prendere la mano... comunque Violet mi ha detto che il signor Potter ed il signor Weasley sono stati accompagnati dalla McGranitt e Madama Chips in infermeria!»
Sbarrai gli occhi a quella parole: «Cosa?!», esclamai, ma la mia domanda non era stata posta per ottenere una risposta, il mio era stato uno sfogo momentaneo, prima di incominciare a correre verso l'infermeria.
«Mi faccia avere notizie!», mi urlò dietro la Signora Grassa, prima che scomparissi dietro l'angolo.


*****

NOTE (27/06/20):

Non mi sembra di aver trovato temi particolarmente problematici in questo capitolo, ma nel caso voi doveste notare qualcosa, fatemelo sapere.

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