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6. Hogsmeade




·≈· DAPHNE'S POV ·≈·


Sabato mattina mi svegliai prima del solito con un sorriso stampato in volto e le mani che mi fremevano dall'impazienza.

Era il grande giorno; avrei finalmente parlato con Calì.

Presa dall'euforia del momento non mi curai di Millicent e Pansy, entrambe ancora beatamente addormentate e iniziai a canticchiare un motivetto allegro.

Spostai le coperte e le tende del baldacchino, saltando fuori dal letto con una piroetta.

Non ero una "persona mattiniera"; il sabato e la domenica, infatti, li passavo sempre a dormire fino a tardi o a poltrire in sala comune. Quel giorno però dovevo riuscire ad essere perfetta per l'appuntamento con la mia futura cognata, quindi dovevo dedicare più tempo del solito alla mia beauty routine.

Recuperai dal baule tutto il necessario e poi mi chiusi in bagno.

Mi spogliai in pochi secondi, lasciando scivolare gli abiti a terra.

Mi presi qualche minuto per ammirare il mio riflesso allo specchio; ero sempre stata invidiata per il mio fisico snello, i fianchi stretti, la vita sottile e i seni piccoli e sodi. Tutte le ragazze che conoscevo avevano uno o più motivi per essere gelose di me.

C'era chi invidiava i miei capelli biondo grano, chi i miei occhi verdi, chi le lentiggini che ricoprivano il mio naso sottile alla francese, chi le labbra piene e rosee.

Una volta Millicent era entrata in bagno quando ero da poco uscita dalla doccia e a coprirmi avevo solo un asciugamano avvolto intorno al corpo; mi aveva squadrato con uno sguardo colmo di gelosia per lunghi secondi prima che le chiedessi di uscire.

Ero abituata agli sguardi delle altre studentesse di Hogwarts quando entravo nelle aule o in Sala Grande, tutte mi osservavano con odio e invidia. Tutte avrebbero voluto essere me.

Mi passai una mano tra i capelli, scompigliandoli leggermente, poi la feci scorrere lungo il mio corpo; partendo dal mio collo da cigno, fino alle mie cosce lattee e snelle.

Padma non aveva scampo. Avrebbe potuto combattere l'attrazione che c'era tra noi quanto voleva, ma prima o poi avrebbe ceduto al mio fascino, al mio corpo, alla mia mente.

Il mio sorriso si allargò, facendo comparire due piccole fossette agli angoli della mia bocca.

Entrai in doccia con una mezza piroetta, continuando a canticchiare.

Non mi ero propriamente preparato un discorso per quando sarei uscita con Calì, ero una brava improvvisatrice e sapevo che con il minimo sforzo sarei riuscita ad ottenere tutte le informazioni su Padma che volevo ottenere.

Il mio aspetto spesso ingannava. Potevo sembrare tanto angelica e fragile, ma sotto la mia aria da brava ragazza celavo una mente fredda e calcolatrice, nonché un cuore di ghiaccio e una lingua tagliente.

Avevo spesso sfruttato il mio aspetto per ottenere favori, o per uscire con i ragazzi più ambiti della scuola o della società magica. Da quando avevo però accettato il mio orientamento sessuale, avevo utilizzate certe connessioni solo per fare buon viso a cattivo gioco.

I miei genitori non sapevano nulla della mia omosessualità, così come non sapevano che avevo perso la mia verginità a quattordici anni con Nicolas Dumonde; non sapevano che avevo fumato, bevuto alcolici e in numerose occasioni ballato semi-nuda per ottenere soldi in cambio.

Non ero la ragazza perfetta che loro pensavano, che tutti pensavano.

La prima ragazza che avevo baciato era stata Eleanor Thorne, eravamo ad una festa di compleanno, eravamo entrambe ubriache e in vena di fare pazzie. Dopo quell'esperienza avevo dovuto affrontare una parte di me stessa che non avevo mai realizzato esistesse fino a quel momento.

Mi erano sempre piaciute altre ragazze, ma non avevo mai collegato quel sentimento a qualcosa di più che semplice curiosità.

A volte mi ritrovavo ad ammirare il modo in cui un'altra camminava, oppure si portava una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

Avevo sempre pensato che fosse normale, che capitasse a chiunque, poi avevo conosciuto Amanda Rogers.

Io e Amanda eravamo state amanti per qualche mese, prima che lei tornasse in America, nell'estate tra il quinto e il sesto anno. Lei aveva tre anni in più di me, ci eravamo conosciute ad un matrimonio di amici di famiglia e per fuggire alla noia di quell'evento mi aveva proposto di chiuderci da qualche parte con una bottiglia di vino.

Se fino a quel momento avevo avuto dei dubbi sulla mia sessualità, Amanda riuscì in una semplice serata a farmi capire cosa volessi davvero.

Era stata la mia prima relazione seria; con lei avevo scoperto un lato nuovo di me stessa, un lato che temevo non sarei mai riuscita a far emergere completamente.

Con lei era stato tutto facile: i baci, le carezze, le confidenze.

Anche lei veniva da una benestante famiglia che la voleva sposata a qualche ricco mago Purosangue, avevamo vite simili a centinaia di chilometri di distanza; confidarmi con lei era stato fin troppo facile.

Bastavano pochi sguardi per capirsi, poche parole per rafforzare il forte legame che già ci univa.

Quando era partita avevo pianto segretamente per giorni. Ogni sera per una settimana mi ero chiusa in camera, avevo nascosto il viso contro il cuscino e avevo riempito quest'ultimo di lacrime fino ad addormentarmi per la stanchezza.

Il tempo aveva guarito il mio cuore ferito, rendendolo un po' più duro, un po' più impenetrabile.

Una volta finita la doccia avvolsi i miei capelli in un asciugamano color pervinca e il mio corpo in un accappatoio bianco. Massaggiai il mio corpo con una crema idratante e frizionai i miei capelli.

Non mi truccai molto; quel tanto che bastava per nascondere il piccolo brufolo che avevo sul mento e le occhiaie. Poi applicai il mascara e un filo di lucida labbra.

Tornai in camera con addosso solo l'asciugamano e, sempre canticchiando, cercai nel baule ai piedi del mio letto qualcosa di carino da indossare per l'uscita ad Hogsmeade.

Selezionai con cura un semplice completo intimo color panna e poi disposi sul letto diversi outfit.

Sbirciai le mie compagne di stanza e il sorriso mi si allargò alla vista di Millicent, la testa ricoperta di bigodini e la bocca spalancata nel sonno. Pansy dormiva in modo più aristocratico, con le labbra a formare una piccola ed elegante "o" e i capelli raccolti in una treccia. Era da quando era ricominciata la scuola che non la vedevo così serena.

Io e Pansy non avevamo mai veramente avuto un rapporto di amicizia. Fin dal primo anno avevamo instaurato una relazione a metà strada tra una latente rivalità e una stabile coalizione d'interesse quando c'era da sminuire qualche Tassorosso o Grifondoro. Avrei voluto che le cose fossero diverse tra me e Pansy, ma ero terrorizzata all'idea di fare il primo passo, così continuavo a rimandare.

Scelsi con cura un gonna nera a ruota che mi arrivava poco sopra il ginocchio, collant scuri e una camicetta azzurra, che richiamava il colore dei miei occhi.

Indossai il mio cappotto pesante dal taglio elegante color grigio topo e presi la mia borsetta incantata, dentro alla quale potevo riporre tutti gli oggetti che volevo senza modificare la forma e il peso della borsa.

Una volta in Sala Grande mangiai in fretta, per paura di arrivare in ritardo all'appuntamento, rischiando di scottarmi col caffè bollente. Accanto a me un sonnolento Draco Malfoy scrutava la sala con sguardo annoiato.

«Augurami buona fortuna», gli dissi, sorridendo a trentadue denti, mentre aggiungevo dello zucchero al caffè.

«Per cosa?», chiese, aggrottando le sopracciglia.

«L'uscita con Calì», gli ricordai.

«Oh».

Indispettita, osservai l'espressione impassibile del biondo. Odiavo non ottenere quello che volevo.

«Allora? Non mi auguri buona fortuna?»

«E per cosa? Per andare a parlare con quella tonta di Calì? Non ne hai bisogno».

Mi chiesi se le sue parole potessero essere interpretate come un complimento e, nel dubbio, scossi la testa e sorrisi. «La Granger questa mattina sembra stanca. Dovresti smettere di tenerla sveglia fino alle quattro di mattina, Draco», disse Blaise, sedendosi nel posto libero accanto al biondo.

Quest'ultimo sorrise maliziosamente: «Chi ti dice che sia io a tenerla sveglia fino a quell'ora e non il contrario?»

«Certi dettagli puoi tenerteli per te? É già traumatico immaginarti andare a letto con lei, meno mi racconti meglio è», borbottò Zabini, servendosi una generosa porzione di uova strapazzate.

«Sei solo invidioso perché la Lovegood non te le da».

Le spalle del moro s'irrigidirono: «Il fatto che io non parli di certe cose non vuol dire che non accadano».

«Certo, amico», commentò sarcasticamente Malfoy, ridendo sotto i baffi.

Non potei fare a meno di sorridere a mia volta; sentirli battibeccare mi metteva sempre di ottimo umore.

«Ora devo andare, a dopo», dissi, alzandomi in piedi.

Nel giro di pochi secondi ero all'ingresso di Hogwarts, dove mi sarei dovuta incontrare con Calì.

Ero in anticipo di tre minuti, e cercavo in tutti i modi di non mostrare il mio nervosismo.

Malfoy aveva ragione, Calì era facile da gestire, eppure non riuscivo a liberarmi dall'ansia.

In quel momento sentii dei passi alle mie spalle e, convinta che fosse la Grifondoro, mi voltai con un sorriso in volto.

Davanti a me un'impassibile Padma Patil, mi salutò con un frettoloso gesto del capo e una smorfia di circostanza che probabilmente sarebbe dovuta essere un sorriso.

«Mia sorella sta male, mi ha chiesto di venire a informarti che non potrà venire ad Hogsmeade con te oggi», detto ciò mi superò, diretta verso la strada che portava al villaggio.

Calì mi aveva scaricato.

Socchiusi le labbra dallo sconcerto per qualche secondo, poi i miei occhi si focalizzarono sulla silhouette di Padma che si allontanava a passo sostenuto e all'improvviso non ero più infastidita.

L'assenza di Calì poteva giocare a mio vantaggio, quella era la scusa perfetta per attaccare bottone con la Corvonero.

Senza pensarci seguii Padma, raggiungendola in pochi passi: «É un vero peccato, che cos'ha?»

«Febbre», rispose sbrigativa la ragazza, guardandomi con quello che mi sembrava sospetto.

«É tanto grave?»

«Si riprenderà in un paio giorni, non c'è da preoccuparsi».

«Anche tu diretta ad Hogsmeade?», domandai, anche se la risposta era palese, continuando a mantenere il passo sostenuto della ragazza.

«Sì».

Strinsi le labbra, infastidita. Possibile che non potesse rispondermi con frasi articolate, invece di usare solo monosillabi?

«Devi fare molti acquisti?»

Padma si fermò di colpo in mezzo al sentiero deserto e io feci lo stesso, aggrottando le sopracciglia alla vista dell'espressione accigliata della ragazza.

«Cosa vuoi, Greengrass?», disse con un tono di voce mortalmente serio e gli occhi scuri fissi nei miei.

Un brivido mi corse lungo la schiena.

Quello era il momento che avevo aspettato e temuto per lungo tempo, dovevo usare le parole giuste, altrimenti mi sarei giocata ogni possibilità che avevo con lei.

Aprii bocca, poi la richiusi, mordendomi il labbro inferiore.

«Non mi piace giocare, Greengrass, e non mi piace perdere tempo».

«Chi ti dice che io stia giocando?»

La Corvonero mi studiò per qualche secondo, poi scosse la testa, il fantasma di un sorriso a incurvarle le labbra: «Non sono stupida, vedo il modo in cui mi guardi. Quello che non capisco e il perché; perché continuare a tormentarmi? Il resto di Hogwarts è andato oltre, tu invece sembri esser rimasta indietro. La gente ha smesso di spettegolare alle mie spalle, perché non puoi farlo anche tu?»

Rimasi impassibile, ma dentro di me si susseguivano pensieri confusi. Davvero percepiva il mio interesse nei suoi confronti come un tormento? Un tormento? Avrebbe dovuto essermi riconoscente per le attenzioni che le dedicavo.

«Il fatto che io sia gay non dovrebbe essere motivo di scherno, quindi gradirei che la smettessi», aggiunse, utilizzando il linguaggio forbito che mi aspettavo da una Corvonero come lei.

«Quindi sei davvero gay?», le chiesi, avvicinandomi di un passo e muovendo leggermente il capo di lato, pronta a studiare ogni sua minima reazione.

Nel volto di Parma lessi un misto di insofferenza e timore.

«Cosa importa? Che differenza fa? Che io lo sia o non lo sia non può scalfire in nessun modo la tua vita perfetta, quindi smettila di tormentarmi», disse con tono spazientito, stringendosi maggiormente nel cappotto nero.

«Rispondimi», dissi, semplicemente, mantenendo il mio tono di voce il più neutro possibile.

Non volevo espormi troppo, per paura che la faccenda potesse ritorcermisi contro.

I suoi occhi scuri si assottigliarono leggermente e le sue labbra piene ed invitanti si arcuarono in una smorfia: «Cosa vuoi, Greengrass?» ripetè per la seconda volta da quando quella conversazione era iniziata.

«Sapere la verità», risposi, assottigliando ancora un po' la distanza tra di noi.

Eravamo a un meno di un metro di distanza, potevo sentire con più chiarezza il suo profumo agrumato e vedere meglio i cerchietti dorati che aveva ai lobi delle orecchie.

«Va bene», disse con tono esasperato la mora, portandosi una mano tra i capelli, scompigliandoli.

La voglia che avevo di passare a mia volta le dita in quella chioma perfettamente liscia e color d'ebano, mi fece fare un altro passo verso di lei.

«Sì, sono gay», confessò Padma: «Ora mi lascerai in pace una volta per tutte?»

«No».

La Corvonero mi guardò con occhi stralunati per qualche secondo, e fece per aprire la bocca, ma la precedetti.

«Ora è il mio turno», dissi, sorridendo appena.

«Il tuo turno? Di cosa stai parlando?»

«Il mio turno di dire la verità», specificai: «Anche io sono gay».

Padma socchiuse le labbra dallo stupore e un silenzio pesante calò tra di noi.

Non riuscii a resistere e spostai lo sguardo su quelle labbra piene leggermente aperte e la voglia di cancellare le distanze e poggiare le mia bocca sulla sua divenne quasi insopportabile.

«É uno scherzo?», chiese Padma con tono fin troppo serio.

«No, non lo è».

«Vuoi dirmi che tutti gli sguardi e gli occhiolini e... Vuoi dirmi che sei interessata a me?»

Arrossii leggermente; non mi ero aspettata una domanda così diretta.

«Sì».

Le labbra di Parma tremarono leggermente, poi sorrise e scosse la testa, distogliendo lo sguardo: «Te lo devo concedere, sei un'ottima attrice, ma sono dell'idea che dovresti trovare un modo più costruttivo di passare il tuo tempo. Prendermi in giro per la mia omosessualità non va più di moda. Ora devo andare, ti auguro una buona giornata».

Detto ciò non mi lasciò nemmeno il tempo di controbattere e continuò imperterrita lungo il sentiero che portava ad Hogsmeade.

Feci per seguirla, poi mi bloccai sui miei passi. Ad un tratto mi era passata la voglia di fare shopping e tutto quello che volevo era raggomitolarmi di fronte al camino e osservare le fiamme avvolgere il legno e consumarlo fino a renderlo cenere. Così presi la strada opposta, diretta alla sala comune Serpeverde.





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Ciao a tutti e buona Pasqua!

É la prima volta che provo a mettermi nei panni di Daphne e non sono sicura di esserci propriamente riuscita, diciamo che c'è ampio margine di miglioramento, ma spero comunque che il capitolo vi sia piaciuto!

Daphne in questo capitolo confessa a Padma la sua omosessualità, ma quest'ultima essendo abituata a scherzi simili pensa che sia tutta una messa in scena e non da credito alle parole della Serpeverde.

Riuscirà Daphne a farle cambiare idea?

Fatemi sapere cosa ne pensate!

Un bacio,

LazySoul_EFP

P.s. Per chi fosse interessato/a, ho una pagina Instagram (LazySoul_EFP) dedicata alla scrittura e lettura. È ancora un work in progress, ma mi piacerebbe renderla una pagina di scambi di idee e letture.

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