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26. Handcuffs, Love and Peace

(Draco's point of view)


Liquidai Breedy e osservai spaesato quella pergamena sigillata.

Pensavo che mio padre si fosse arreso, che avesse deciso di lasciarmi in pace... perché complicare ulteriormente le cose? Eravamo in guerra, possibile che lui non riuscisse comunque a pensare ad altro che alla discendenza?

Il rumore di una porta sbattuta mi fece alzare lo sguardo: Hermione era scomparsa oltre la porta del bagno.

«Perfetto», mormorai, lasciandomi cadere a peso morto sul letto: «Ci mancava solo la Granger gelosa», mi lamentai, stringendo con rabbia quello stupido elenco. Una minima parte della mia mente era vagamente soddisfatta del comportamento di Hermione; il fatto che si fosse chiusa in bagno voleva dire che non mi era indifferente e che quindi potevo supporre che lei tenesse a me quanto io tenevo a lei. Il resto della mia mente era concentrato nel trovare una strategia per risolvere tutto quel pasticcio.

Al momento non potevo dire a mio padre di andare a quel paese, potevo solo provare a farlo ragionare, dimostrandogli come fosse controproducente cercare una moglie in quel frangente.

Senza pensarci aprii il sigillo della pergamena e ci trovai elencati nomi e nomi di ragazze, alcune mai sentite nominare, altre invece le conoscevo vagamente; come per esempio Astoria Greengrass, la sorellina di Daphne.

Sospirai e piegai il foglio in tante parti, per poi aprire il cassetto del comodino e dimenticarmi dell'esistenza di quell'elenco per il resto dei miei giorni.

Nel cassetto però trovai qualcosa di particolarmente interessante: «Guarda, guarda», sussurrai, tirando fuori le manette che avevo utilizzato tempo prima per legare Hermione al letto.

Un sorrisetto malizioso mi sfigurò i lineamenti, mentre con gli occhi che luccicavano dall'impazienza tiravo fuori quell'oggetto babbano e lo nascondevo sotto il cuscino.

Avevo comprato quelle manette in un negozio di articoli simili a Madrid, quando con Blaise avevamo intrapreso il nostro tour della Spagna. La prima e unica volta che le avevo usate era stato con la Granger e non vedevo l'ora di replicare, sperando questa volta di non ritrovarmi Zabini in mezzo ai piedi.

Chiusi il cassetto, lasciandovi all'interno l'inutile elenco speditomi da mio padre e mi alzai, avvicinandomi al bagno, da cui non sentivo provenire alcun suono. Strano.

Bussai appena: «Hermione? Stai bene?», chiesi, preoccupato che si fosse sinceramente sentita male. Nella mia mente comparvero gli scenari più terrificanti: era svenuta? Era caduta e si era fratturata qualcosa? Si era tagliata con... qualcosa?

Presi un profondo respiro, cercando di ridurre l'ansia che mi attanagliava il petto e provai nuovamente a bussare.

La porta si aprì di scatto e ne uscì una Hermione particolarmente furiosa, con le labbra arricciate in una smorfia e i capelli che assomigliavano ad una criniera intorno al suo volto di grifona pronta all'attacco.

Provai a metterle una ciocca di capelli dietro all'orecchio destro, ma mi beccai una sberla sulla mano e un'occhiataccia.

Ero ancora davanti alla porta e le bloccavo l'uscita. Sapevo che stavo rischiando grosso; quando era arrabbiata era sì un bello spettacolo, ma pericoloso: come ammirare una tigre nella foresta che si prepara ad attaccare la sua preda, anche se fossi proprio tu la preda, non potresti comunque fare a meno di rimanere a fissare la maestosità ed eleganza di quell'animale, fino a quando non sarebbe stato troppo tardi.

«Spostati», disse tra i denti, come se mi stesse insultando con quella semplice richiesta.

Era stupenda quando si arrabbiava, uno spettacolo della natura, ed era mia.

Mia e solo mia.

Non potei fare a meno di sorridere, compiaciuto e di fare un passo verso di lei, per baciarla.

Mi beccai una sberla sulla guancia, neanche troppo dolorosa, forse un avvertimento, o forse aveva sbagliato l'intensità del colpo, fatto sta che non ascoltai la sottile vocina nella mia testa che mi diceva di lasciarle un po' di spazio e di tempo per calmarsi e sbollire la rabbia, e le afferrai il viso con entrambe le mani, costringendola a guardarmi negli occhi.

Era forte, ma non quanto me e per quanto cercasse di liberarsi non ci riuscì, così – forse per ripicca – affondò con forza le dita nelle mie braccia, facendomi sentire le unghie attraverso il tessuto della camicia e del golfino che indossavo.

Aveva il viso stravolto dalla rabbia, ma nei suoi occhi, anche se cercava di nasconderlo, c'era una punta di dolore e gelosia che mi fece sorridere nuovamente: «Dovresti ormai sapere che quando fai la gattina gelosa mi ecciti», sussurrai contro le sue labbra, rubandole un veloce bacio a stampo.

Cercò di liberarsi dalla mia presa, attanagliandomi con una mano i capelli e tirando con forza. In risposta strinsi maggiormente la mia stretta sul suo viso, vedendo comparire sui suoi occhi involontarie lacrime di dolore.

«Mi fai male», disse tra i denti, strattonando con forza i miei capelli e colpendomi al petto con la mano libera.

«Anche tu», mormorai, prima di lasciarla andare e di essere lasciato libero a mia volta dalle sue grinfie.

Rimanemmo a fissarci per pochi secondi, poi vidi emozioni contrastanti rincorrersi nei suoi occhi, l'istante dopo mi era letteralmente saltata addosso e le sua labbra erano premute con forza contro le mie. Risposi al bacio con altrettanta disperazione e rabbia, stringendo tra le dita grosse manciate dei suoi capelli, che tirai per tenerla vicina.

«Ti odio», disse tra le mie labbra, e mi chiesi come fossi riuscito a comprenderla, considerando che le nostre bocche erano premute con forza le une sulle altre.

Sorrisi, mordendole il labbro inferiore: «Sei solo gelosa», sussurrai contro le sue labbra, mentre la trascinavo con poca grazia verso il letto. In risposta ricevetti un pugno piuttosto forte all'altezza dello stomaco, che mi fece ridere: «Combattiva fino alla fine, eh, micetta?».

La lasciai cadere sul letto e sollevai le sue mani verso la testiera del letto, mentre la schiacciavo contro il materasso con il mio peso.

Nel giro di pochi minuti eravamo già stati interrotti due volte; prima dalla Lovegood, poi da Breedy, ma questa volta sarei riuscito nel mio intento, anche perché lei non avrebbe potuto sfuggirmi.

Le morsi delicatamente la spalla attraverso la maglia che indossava e poi il collo, dove iniziai a succhiare la sua pelle, nell'intento di lasciarle un succhiotto.

Sentirla fremere sotto di me mi causò un dolore lancinante all'altezza dell'inguine, dove qualcuno sembrava impaziente di mettersi all'opera. Ignorai il desiderio folle di affrettare le cose e strinsi entrambi i polsi nella morsa di una sola mano, mentre l'altra afferrava sotto il cuscino le manette.

Abbandonai il suo collo solo il tempo necessario per chiudere il metallo intorno alla tenera carne dei polsi ed assicurarlo alla testiera in ottone del letto.

Abbassai lo sguardo ed incontrai il suo; aveva gli occhi appannati dall'eccitazione e le labbra socchiuse.

Le diedi un bacio dolce e lento, mente sentivo le sue cosce stringersi intorno alla mia vita: «Voglio toccarti», disse, muovendo lentamente i fianchi contro i miei, facendomi fremere.

«Dopo», le dissi, prima di sciogliermi dalla sua stretta, scendendo dal letto.

La osservai mentre seguiva ogni mio movimento, forse chiedendosi dove stessi andando.

Imperturbai la stanza, poi controllai che fosse chiusa a chiave la porta e tornai verso il letto, dove feci un incantesimo contraccettivo. Lasciai la bacchetta sul comodino e iniziai a spogliarmi, partendo dal golfino e poi la camicia.

Gli occhi di Hermione non si persero un solo movimento, sembravano implorarmi di liberarla: «Vorresti toccarmi?», le chiesi, sporgendomi verso di lei, lasciandole un bacio in fronte ed inspirando a fondo l'odore dei suoi capelli.

Aprì bocca, come per dire qualcosa, ma la richiuse subito.

«Vuoi giocare al gioco del silenzio?», le chiesi, mentre mi sfilavo la cintura e aprivo la patta dei pantaloni; il suo sguardo si abbassò, seguendo le mie dita.

Sorrisi e salii sul letto, sedendomi a cavalcioni su di lei, facendo però attenzione a non pesarle troppo. Tirai su la sua maglietta, coprendole il viso in modo che non potesse vedere cosa stessi facendo. Sentii chiaramente il suo respiro farsi più corto ed ammirai il modo sensuale in cui il suo petto si alzava e abbassava, mettendo ulteriormente in mostra il seno nudo di fronte a me.

Abbassai il volto ed iniziai a baciare ogni centimetro del suo petto, godendo della sensazione di calore contro le labbra e la morbidezza della sua pelle.

«Draco», gemette, spezzando il silenzio, mentre tentava inutilmente di muovere i polsi e liberarsi, allungai una mano, per bloccare i suoi movimenti: «Non farlo, rischi solo di farti male», sussurrai, mordendole piano un capezzolo.

«Voglio guardarti, voglio toccarti», sussurrò, muovendo una gamba, in modo da appoggiarla sul mio fianco e stringermi a sé.

Smisi di torturarle il petto ed iniziai ad abbassarle i pantaloni e l'intimo verso il basso, godendomi la vista del suo corpo nudo.

«Vuoi guardarmi?», le chiesi, iniziando ad accarezzare lentamente le sue cosce, allargandole sempre di più, così da potermici posizionare in mezzo.

«Sì», disse, tirando le braccia, come se avesse voluto stringermi.

Anche se quel gioco mi stava divertendo particolarmente, volevo che mi guardasse, volevo che mi toccasse e graffiasse la mia schiena nel momento di massimo godimento. Mi allungai verso la bacchetta sul comodino e feci evanescere la sua maglietta e gli ultimi indumenti che indossavo, così da essere finalmente pelle contro pelle.

I suoi occhi cercarono subito i miei: «Liberami», ordinò, minacciandomi con lo sguardo, anche se non mi ci volle molto per capire che il vero problema era il suo imbarazzo: si sentiva troppo esposta in quella posizione e voleva riguadagnare terreno e fare l'amore con me alla pari.

La baciai dolcemente e annuii: «Tra poco», le promisi, riempiendo di baci la sua gola, le spalle, l'incavo tra i seni e l'ombelico. Mi aspettavo altri gemiti o mormorii di piacere, ma tutto quello che ottenni furono le sue risate: «Basta», disse, contorcendosi nel tentativo di sfuggire alle mie labbra: «Mi fai il solletico», ammise, boccheggiando alla ricerca di aria.

Fu un duro colpo per il mio orgoglio, ma non lo diedi a vedere e scesi semplicemente con le labbra più in basso, facendola sussultare e fremere, ma non per il solletico questa volta.

«Draco», gemette, gettando indietro la testa e muovendo nuovamente le braccia imprigionate dalle manette, mentre cercava di venire più vicino alle mie labbra con il bacino.

Quando m'implorò nuovamente di liberarla non riuscii a resistere oltre e con un incantesimo aprii le manette che le costringevano i polsi alla testiera del letto.

«Grazie», sussurrò, prima di immergere le dita tra i miei capelli e di avvicinare le mie labbra alle sue.

Ci baciammo per pochi secondi, assaporando le rispettive bocche come se fosse stata la prima volta. Fu lei nuovamente ad interrompere il silenzio: «Ora fai l'amore con me», mormorò, intrecciando le sue gambe alle mie.

Non me lo feci ripetere due volte ed entrai dentro di lei, sentendola gemere forte ed affondare le unghie nella pelle della mia schiena. Iniziai a muovermi piano, portando lentamente entrambi verso il piacere e godendomi le mani di Hermione che, dopo esser state costrette lontano dal mio corpo dalle manette, non la smettevano di vagare sulla mia pelle con una dolcezza indescrivibile.

Non distolsi lo sguardo dai suoi occhi nemmeno per un istante, affascinato dalla loro espressività e dal modo in cui li socchiudeva a mano a mano che il piacere diventava sempre più intenso.

Dopo l'amplesso non parlammo per parecchi minuti, coricati vicini e persi ognuno nei propri pensieri. La prima a sollevarsi fu Hermione che, appoggiando una mano sul mio petto si sporse verso di me, lasciandomi un veloce bacio sul mento e poi sulle labbra.

Quel semplice gesto mi causò una fitta al petto: volevo svegliarmi accanto a lei per il resto della mia vita, godendomi semplici azioni come il bacio che mi aveva appena regalato per sempre.

Le accarezzai i capelli, le cui punte mi sfioravano la pelle, facendomi il solletico, e le diedi a mia volta un bacio sulle labbra.

Hermione aprì la bocca, ma poi la richiuse, fissando gli occhi altrove; aveva il viso contratto in una triste espressione e non mi ci volle molto per capire che stava ancora pensando allo stupido elenco che mio padre mi aveva fatto portare da Breedy.

Le accarezzai la guancia, muovendole il capo in modo da incontrare di nuovo le sue iridi scure: «Pensi davvero che ti lascerei andare senza oppormi e combattere?», le chiesi con un filo di voce, scrutando la sua espressione corrucciata distendersi appena.

«Non hai detto nulla, pensavo...», iniziò, ma non le lasciai finire la frase, sfregandole col pollice le labbra gonfie per i baci che le avevo dato e rubato: «Eppure sai che...»

Incredibile, continuavo a dimostrarglielo in tutti i modi possibile che quello che provavo per lei non era una semplice cotta, eppure non riuscivo a tradurre a parole i miei sentimenti.

"Sei patetico, Draco, patetico", mi dissi, mordendomi il labbro inferiore: "Non riesci neanche a dirle ti amo".

«Lo so, Draco», mormorò, appoggiando la fronte contro la mia: «Non c'è bisogno di dirlo, lo so e tu sai che per me è lo stesso».

Annuii, sfregando il naso contro il suo, beandomi della calda e morbida sensazione dei suoi seni premuti contro il mio petto e delle sue mani che mi accarezzavano il viso dolcemente.

«Un giorno riuscirò a dirtelo», sussurrai, cercando di convincere non solo lei, ma me per primo.

Lei scosse il capo: «Solitamente sono un'accanita sostenitrice delle parole, ma in questo caso preferisco che mi dimostri ciò che provi, invece di dirmelo. Voglio leggerlo nei tuoi occhi, in ogni tuo gesto, non ho bisogno anche di sentirtelo dire, non al momento almeno».

Sorrisi e chiusi gli occhi, beandomi della calma del momento, prima di accarezzarle piano la schiena.

Sentii provenire dal suo addome un brontolio sospetto e non riuscii a trattenere una risata: «Hai fame?», le chiesi, vedendola diventare istantaneamente rossa in viso: «Sì», ammise, sollevandosi a sedere e poi in piedi.

La vista del suo corpo nudo che si muoveva per la stanza alla ricerca di qualcosa da indossare era qualcosa di maledettamente eccitante, ma avevo anche io fame e mi servivano energie, dato che le ultime rimastemi le avevo consumate facendo l'amore con lei.

Presi le manette, nascoste sotto il cuscino e me le rigirai tra le mani.

«La prossima volta sarò io a legarti», il tono malizioso della sua voce mi fece sorridere.

Alzai lo sguardo per incontrare il suo: «Non vedo l'ora».

Si morse il labbro, afferrò la mia camicia da terra e la indossò, sembrava stesse già pregustando la sua futura rivincita.

«Questo pomeriggio rimani con me?», chiese, cambiando argomento, mentre mi porgeva un paio di mutante e dei pantaloni scuri che aveva trovato nel mio armadio.

Il modo normale, quasi automatico, con cui mi passò i vestiti mi fece sorridere: «Sì, non ho altri impegni per la giornata».

Senza preavviso il suo volto si illuminò, diventando quasi raggiante: «Possiamo sentire i miei amici allora, e poi pensare ad un piano...», disse, avvicinandosi al comodino, giocherellando col suo galeone incantato: «Con Luna questa mattina abbiamo pensato a dove potrebbe trovarsi il diadema di Corvonero e ci è venuta in mente una persona che potrebbe saperne qualcosa», continuò, lanciandomi una veloce occhiata.

Incuriosito ed ammirato le chiesi chi fosse questa persona, la vidi arrossire alla mia domanda: «La Dama Grigia», sussurrò: «Luna sperava di andare di persona ad interrogarla», aggiunse, mordendosi il labbro inferiore: «Siamo entrambe stanche di rimanere chiuse tra quattro mura, sai?», disse con tono casuale, facendomi assottigliare lo sguardo: «Vorrei anche io contribuire alle ricerche in qualche modo... inoltre ci servirebbe un volume che tratti del serpentese, dobbiamo trovare il modo per scendere di nuovo nella Camera dei Segreti per prendere una delle zanne del basilisco, che servirebbe a distruggere gli Horcrux che riusciamo a recuperare...»

Alzai una mano, zittendola: «Troppe informazioni, inoltre ho smesso di ascoltarti dopo che hai detto di voler "contribuire alle ricerche"», ammisi con un filo di voce: «Vuoi farti ammazzare, Hermione?»

Il suo volto si arrossò di colpo: «Certo che no!», esclamò, facendo un veloce e brusco gesto con la mano.

«Allora spiegami come faresti a "contribuire alle ricerche" senza farti vedere dalle decine e centinaia di Mangiamorte che girano quotidianamente all'interno di ogni singolo corridoio di Hogwarts!», esclamai, alzandomi in piedi ed iniziando a vestirmi con movimenti secchi e frettolosi.

Andava tutto bene; avevamo appena fatto l'amore, ero rilassato, felice ed appagato. Possibile che lei dovesse sempre trovare il modo di irritarmi e farmi preoccupare con poche frasi?

«Esiste la pozione Polisucco», disse, risentita per il mio tono di voce aspro.

«E di chi vorresti prendere le sembianze?», chiesi, passandomi le mani tra i capelli ed abbassando il viso, per nasconderle l'espressione corrucciata e preoccupata.

«Non lo so», ammise, appoggiando una mano sulla mia spalla tesa: «Era solo un'idea, Malfoy. Io...»

Sollevai di scatto il viso, facendola sussultare: «Adesso sono tornato Malfoy, Granger?», chiesi con un tono di voce aspro. Mi feriva quando cercava di prendere le distanze appellandomi col mio cognome, invece di usare il mio nome.

Si inginocchiò di fronte a me, prendendomi il viso tra le mani e costringendomi a guardarla negli occhi: «Era solo un'idea, Draco... Non potrai tenermi nascosta qua dentro per sempre. Sono consapevole del pericolo, ma ho bisogno di fare qualcosa che non sia girarmi i pollici ogni giorno, sperando di vederti tornare e che non ti succeda nulla di male».

Avevo esagerato, sapevo di essermi appena comportato da serpe egoista ed esageratamente protettiva, ma l'dea di lasciarla girare per il castello da sola mi metteva addosso una strana e dolorosa sensazione d'inadeguatezza e impotenza.

Presi due profondi respiri ed annuii: «Ho esagerato», ammisi, passandomi nuovamente le dita tra i capelli, per poi coprire le sue mani, che si trovavano ancora contro le mia guance: «Ci penseremo, va bene?»

Un dolce sorriso comparve sul suo viso, facendo sciogliere il nodo doloroso che mi stringeva all'altezza dello stomaco: «Grazie», mormorò, lasciandomi un breve e dolce bacio sulle labbra.

«Mangiamo?», proposi, in modo da cambiare argomento ed avere un po' di tempo per capire perché l'amore dovesse essere così complicato.

Hermione annuì: «Certo».

Dopo aver chiamato Breedy chiedendogli il pranzo ci sedemmo entrambi a tavola, l'uno di fronte all'altra, aspettando che l'elfo tornasse.

«Dovremmo pensare ad un modo per sottrarre a tua zia la Coppa», disse lei, tamburellando con le dita sul tavolo: «Dove pensi che la possa aver nascosta?»

Scossi la testa: «Non ne ho la più pallida idea, forse era meglio se la teneva alla Grincott, ad Hogwarts potrebbe averla nascosta ovunque», ragionai, incrociando le braccia al petto, pensieroso.

Un sonoro "pop" ci fece voltare entrambi verso Breedy, che stava facendo lievitare una decina di vassoi colmi di cibo. Con attenzione ne adagiò un paio sul tavolo e fece un breve inchino: «Buon appetito», disse, per poi scomparire con la stessa velocità con cui era comparso.

Hermione ed io iniziammo a mangiare con calma e in silenzio; non era però una situazione imbarazzante, ma pacifica e rilassante.

«Temo che Blaise sia innamorato della Lovegood», dissi con tono pensieroso, mentre tagliavo un pezzo di carne nel mio piatto.

Sentii un suono strozzato e, alzando lo sguardo, la vidi sbarrare gli occhi e battersi ripetutamente il petto, come se qualcosa le fosse andato di traverso. Mi alzai di scatto e le diedi qualche colpo sulla schiena, provando ad aiutarla: «Hermione? Stai bene?»

Mi fece un vago gesto con la mano e si riempì il bicchiere d'acqua bevendone un lungo sorso. Assistetti con sollievo al cambio repentino del suo colorito, che da rosso pomodoro tornò ad un normale rosa incarnato.

«Scusa», disse, tossendo appena: «Mi hai colto alla sprovvista», ammise, riprendendo a respirare normalmente.

Tornai al mio posto, continuando a guardarla, preoccupato che potesse avere un altro attacco simile.

«Te l'ha detto Zabini?», chiese curiosa, senza distogliere lo sguardo dal mio.

«Beh, lui ha detto di "volerla stringere e portarsela a letto", ma da come ne parlava... non so... mi ricordava come gli parlavo di te qualche anno fa, quando pensavo che fossi solo una brutta ossessione e che saresti passata con un po' di forza di volontà», ammisi, vedendola arrossire nuovamente, questa volta però non era sul punto di soffocare.

«Anche Luna è attratta da lui», disse, tornando a puntare i riflettori su di loro e non su noi due.

Sorrisi: «Speriamo che lo faccia penare un po' prima di cedere, allora, non vorrei che il mio migliore amico spezzasse il cuore alla tua amica...», ammisi, rubando dal suo piatto una patata arrosto.

Lei mi lanciò una veloce occhiata di rimprovero, poi sorrise: «Fatico ancora a credere di esser stata il tuo sogno proibito per anni», mormorò.

Risposi con una smorfia imbarazzata: «Come mai?», le chiesi.

«Il primo anno avevo una cotta per te, te l'ho detto», sussurrò, avvicinando il capo, come se mi stesse rivelando il segreto più imbarazzante di tutti: «Ti ricordi?»

Sorrisi, ripensando alla sera prima, quando me ne aveva parlato

«Ricordo», dissi, avvicinando a mia volta il capo al suo.

«Stavo pensando che, se solo... se solo non ci fossero differenze come il sangue, la casa di appartenenza, eccetera, forse tu ed io...», sussurrò, lasciando in sospeso la frase, mentre i suoi occhi si velavano di tristezza.

«Avremmo potuto avere più tempo per stare insieme», l'aiutai, appoggiando la mano sulla sua guancia, sentendo le sue dita stringere il mio polso.

Lei annui, piano, mordendosi il labbro inferiore e poi sospirò: «Meglio tardi che mai».

Sentii una fitta dolorosa al petto pensando a quanto dolore mi sarei risparmiato se il mondo magico in cui vivevamo fosse stato più tollerante nei miei e suoi confronti.

Volevo per i miei figli un mondo migliore, un mondo che avrei combattuto per creare, un mondo in cui io ed Hermione saremmo potuti stare insieme senza pregiudizi, cattiverie e minacce.



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Alleluia! Sono riuscita ad aggiornare!

Se, e ripeto se, tutto va come deve, dovrei riuscire a postare un altro capitolo entro domenica, solo che la storia si sta complicando sempre di più e devo decidere come svilupparla e non è facile, ho qualche idea, ma dato che in realtà la storia è come se si stesse scrivendo da sola, non so nemmeno io come andrà a finire.

Nel frattempo spero che questo capitolo vi sia piaciuto, i nostri protagonisti hanno fatto la pace, Hermione ha cominciato ad accennare a Draco il suo desiderio di uscire da camera sua e rendersi utile, Draco si è opposto, ma sappiamo bene che Hermione non si arrenderà facilmente ;)

Il prossimo capitolo ancora non so su chi sarà, probabilmente sarà dal punto di vista di Hermione o di Pansy... ancora devo decidere.

Un abbraccio e, nel caso non riuscissi a postare prima del 15, vi auguro anche un Buon Ferragosto! ❤️

LazySoul_EFP



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