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23. Interrogatory


{Draco's point of view}

Dopo mezz'ora di colloquio con Severus Piton nel suo studio, dove ripetei il mio desiderio di diventare medimago e la volontà di impegnarmi seriamente, uscii dalla porta con i mano una mezza dozzina di volumi che il professore di pozioni mi consigliava di studiare attentamente.
Non era intenzionato a dare loro un'occhiata prima di sera, dato che doveva ancora vedermi con Blaise e poi con i miei genitori, quindi rimpicciolii i tomi con un semplice incantesimo e li riposi in tasca.
Ero piuttosto soddisfatto di ciò che mi aveva detto Piton a proposito della mia naturale predisposizione nei confronti degli studi pozionistici e sperai che dopo un po' di impegno e molto studio, di ottenere il titolo di medimago che tanto agognavo.
Quando ne avevo parlato con Hermione poco prima e lei mi aveva detto che aveva intenzione di trovare un noioso lavoro al Ministero come impiegata, all'inizio non ci avevo creduto. Da lei mi sarei aspettato un desiderio diverso, considerando la sua bravura nel parare il sedere ai suoi due amici e la sua conoscenza eccezionale per qualsiasi cosa, avevo temuto che mi dicesse di voler intraprendere la carriera di Auror.
Stranamente ero rassicurato da ciò che aveva detto, forse perché in questo modo la sua vita non sarebbe stato sul filo del rasoio ogni singolo giorno per combattere i cattivi...
Che strano pensare a certe cose quando si è parte dei cattivi...
Non potei fare a meno di immaginare un possibile scenario futuro: lei che tornava a casa dopo una noiosa giornata spesa dietro una scrivania, io che la raggiungevo a casa nostra poco dopo, raccontandole della stressante giornata al San Mungo. Poi avremmo mangiato cena insieme, parlando dei piani per il week end, per esempio andare a fare un picnic, o visitare qualche cittadina magica. Dopo cena avrei allungato la mano per stringere la sua e invitarla ad andare in camera da letto, dove l'avrei spogliata piano e fatto l'amore con lei, a meno che a cena non avessimo litigato; in tal caso avremo risolto tutto con del sesso riparatore in cucina, probabilmente sul tavolo ancora apparecchiato, per poi andare a dormire ridendo della nostra impulsività adolescenziale.
Era buffo riuscire ad immaginare ogni cosa e sapere che sarebbe potuta essere la realtà nel giro di qualche anno.
Strinse la bacchetta tra le dita, sentendo dei passi avvicinarsi, e mi voltai per vedere chi avesse interrotto i miei sogni ad occhi aperti.
Mia zia, Bellatrix Lestrange, camminava cinque passi dietro di me, sfoggiando il suo solito sorriso da pazza furiosa.
Indossava uno dei suoi tanti abiti neri, stretti e scollati mentre i capelli erano sciolti ed aggrovigliati in ricci che apparivano come cespugli di rovi che ricadevano lungo la sua schiena.
«Nipote», mi chiamò con la sua vocetta stridula e fastidiosa, avvicinandosi a me, tanto da afferrarmi il braccio: «Sei occupato?»
Pensai di mentirle per togliermela dei piedi e poter raggiungere Blaise, per chiedergli se fosse riuscito senza problemi a portare Luna da Hermione.
Alla fine però optai per la verità: «Nulla che non possa essere prorogato», dissi, sorridendole come potei, e di sicuro il mio non fu un gran sorriso.
«Perfetto, perché vorrei che tu mi aiutassi ad interrogare un tuo vecchio professore recentemente ritrovato da Greyback... Forse ne sa qualcosa a proposito di Potter e del suo nascondiglio segreto!», il tono esaltato della sua vocetta mi fece drizzare i peli delle braccia e chiesi a Merlino perché mia zia avesse dovuto incontrare proprio me e non qualcun altro.
«Certo, zia», le dissi, chiedendomi a chi si riferisse, anche se, a pensarci bene, forse aveva un'idea su chi fosse.
Seguii Bellatrix Lestrange lungo numerosi corridoi dei sotterranei, prima di entrare nella sua personale sala delle torture.
Seduto su una sedia, legato da alcune corde incantate, c'era proprio colui che mi ha aspettato di vedere: Horace Lumacorno, con una stupida espressione spaventata sul viso.
Mia zia ed io non indossavamo le consuete maschere da Mangiamorte e potei vedere negli occhi del prigioniero che aveva riconosciuto entrambi.
Avrei voluto dire a Bellatrix Lestrange che da quel misero individuo non avrebbe ricavato nulla di interessante che potesse usare contro Potter, ma perché essere io la causa della sua collera o fastidio? Era meglio che lo scoprissi da sola e se la prendesse poi col professore.
Probabilmente Hermione non sarebbe stata fiera di certi pensieri, ma in fondo era stata lei a dirmi di non mettermi inutilmente in pericolo, e io stavo semplicemente seguendo il suo suggerimento.
«Inizio io, Draco, ti dispiace?»
Rimasi stupito dalla sua domanda, chiedendomi se stesse scherzando. Pensava davvero che avrei voluto iniziare io l'interrogatorio?
Feci un semplice gesto con la testa, per farle capire che aveva il via libera.
Il sorriso di mia zia si allargò ulteriormente: «Professor Lumacorno, da quanto tempo che non ci si vede... Si ricorda di me?»
Spostai lo sguardo da Bellatrix al prigioniero, che deglutiva rumorosamente mentre rivoli di sudore scivolavano lungo le sue tempie e il collo.
«Certo, s-signorina Black... Oh! Volevo, volevo dire signora Lestrange».
La voce del professor Lumacorno non mi era mai sembrata tanto spaventata e stridula. Non riuscivo a provare altro che disprezzo per quell'uomo, anche se sapevo di non essere molto più coraggioso di lui. Probabilmente in una situazione simile non sarei riuscito nemmeno a spiccicare parola per il terrore, perché, diciamocelo, mia zia non si potrebbe proprio definire una persona rassicurante...
«Sa, professore, ricordo chiaramente che il mio primo anno ad Hogwarts lei mi ha messo in punizione per aver copiato il compito di un mio compagno di classe», la voce di mia zia sembrava calma, quel tipo di calma che solitamente precede la tempesta.
Gli occhietti acquosi del professore sembravano enormi, rispetto al solito e non lasciavano il viso apparentemente sereno di mia zia.
«Si ricorda?», domandò Bellatrix Lestrange, passandosi una mano tra i capelli ribelli con nonchalance.
«R-ricordo, sì», mormorò con un filo di voce l'uomo.
«E non è minimamente pentito?», chiese mia zia, avvicinandosi lentamente al professore, che ora aveva l'aspetto di un topolino con le spalle al muro.
«Io...», iniziò il prigioniero, prima di deglutire rumorosamente ancora una volta: «C-certo, sono mo-molto pentito».
Più che una risposta la sua sembrava un'altra domanda, ma mia zia non sembrò notarlo e sorrise, mostrando i denti gialli e poco curati, tipici di coloro che hanno passato anni della loro vita ad Azkaban.
«Mi fa piacere sentirglielo dire».
Nella stanza calò un silenzio di tomba, interrotto soltanto dal deglutire del professore e il rumore dei tacchi contro il pavimento, ad ogni passo di Bellatrix Lestrange verso il prigioniero.
«Ora, sarebbe così gentile da dirmi il nascondiglio di Potter?»
Aggrottai le sopracciglia; mia zia, la temuta pluriomicida, Bellatrix Lestrange, aveva appena chiesto cortesemente qualcosa?
Ero per caso finito in un altro universo? Un universo parallelo dove tutto era il contrario di tutto?
«Io... Io non l-lo so...», balbettò Horace Lumacorno, con un'espressione allibita. Mi chiesi se fosse stupito per il comportamento  umano di mia zia o magari per il fatto che Bellatrix Lestrange gli avesse posto proprio l'unica domanda a cui mai avrebbe saputo rispondere...
«Peccato...», sussurrò mia zia, girando intorno al prigioniero, come un predatore che intimorisce ulteriormente la preda senza via di scampo: «Crucio!»
Un lampo di luce colpì il corpo flaccido dell'uomo, che cominciò a contorcersi e a chiedere pietà.
Le urla erano atroci, tanto da farmi sentire in colpa; non avevo mai amato quel professore, ma in quel momento avrei voluto con tutto me stesso fare qualcosa per aiutarlo, anche se non potevo. Se mi fossi mosso in soccorso di quell'uomo la mia copertura sarebbe saltata e non avrei potuto salvare Hermione...
Hermione, chissà se stava bene. Starle lontano mi metteva sempre in ansia, anche se in effetti non la vedevo da quanto? Un'oretta?
Merlino, sembravano secoli...
Ad un certo punto, non saprei dire quanto tempo fosse passato, Bellatrix Lestrange iniziò a ridere, poi sciolse l'incantesimo.
Il professore Lumacorno era senza fiato e continuava ad avere un'espressione di totale sofferenza in viso.
«Ora, le è per caso venuto in mente qualcosa che potrebbe essere utile alla sottoscritta per scovare Potter e i suoi amichetti?», chiese mia zia, con un tono di voce aspro e sprezzante: «Non vorrà per caso fare la fine di alcuni dei suoi studenti, troppo orgogliosi per rispondere a delle semplici domande...»
A quelle parole non potei fare a meno di stringere con forza i denti e assottigliare lo sguardo. Era ovvio che si stesse riferendo a Hermione e Luna ed il pensiero che la mia ragazza fosse stata torturata in quella stessa stanza per giorni non era affatto piacevole.
«Studenti? C-che studenti?», questa volta la voce di Horace Lumacorno era a malapena udibile.
«Luna Lovegood, Colin Canon ed Hermione Granger, per esempio...»
Aggrottai le sopracciglia: Colin Canon? Non sapevo fosse stato rinchiuso anche quel ragazzino strambo che faceva foto a destra e a manca, altrimenti...
No, probabilmente non ci sarebbe stato nessun altrimenti... Cosa avrei potuto fare? Era già strano che Luna ed Hermione fossero "morte" lo stesso giorno... Per lui non avrei potuto fare molto...
«La Granger!», esclamò con un filo di voce Lumacorno, scuotendo sconsolato il capo.
«Era solo una sporca Mezzosangue, professore, nessuna grande perdita», ribatté mia zia, sorridendo da orecchio a orecchio.
Vidi negli occhi di Horace Lumacorno una tristezza che mi lasciò basito.
«Era una grande studentessa, la migliore del suo corso... », gli occhi del professore si puntarono nei miei, trasmettendomi con chiarezza quanto gli dessi ribrezzo.
Avrei voluto dirgli che il sentimento era reciproco, ma mi trattenni, dimostrandomi superiore a quello sguardo che sembrava volermi dare la colpa di tutto quanto era accaduto, compresa la "scomparsa" di Hermione.
«Sì, si risparmi le lodi», disse seccata mia zia, puntando nuovamente la bacchetta contro il prigioniero: «Legilimens!»
Il professore sbarrò gli occhi e poi li chiuse di scatto.
Percepivo che tra mia zia e il prigioniero era in corso una vera e propria lotta mentale e mi chiesi chi stesse avendo la meglio e cosa Bellatrix sarebbe riuscita a scoprire dai pensieri di Lumacorno.
Dopo un paio di minuti vidi mia zia chiudere gli occhi e fare una terribile smorfia.
Studiando attentamente i suoi lineamenti notai come fosse più pallida del solito e sembrava avere anche un tic al naso, che storceva ogni quattro secondi.
«Bene, bene, bene... Quindi Potter sa...», sussurrò mia zia, con un tono di voce aspro.
Anche Lumacorno era pallido e sembrava pure deluso, probabilmente pensava di riuscire a gestire meglio una sua ex alunna...
«Sì», disse Lumacorno: «Harry sta cercando gli Horcrux».
A quelle parole diventai all'improvviso molto più attento alla conversazione.
«Grazie per l'aiuto, professore, la farò chiamare se avrò ancora bisogno di lei...», disse mia zia, mentre si dirigeva con fare pensoso verso la sua scrivania, giocherellando con la bacchetta: «Ah, Draco, ti dispiacerebbe andare da tuo padre e dirgli che ho bisogno di parlargli?»
Ero deluso dal fatto che non avessero detto nulla d'interessante, ma cercai di non lasciare trapelare nulla e annuii: «Certo, zia».
Uscii dalla stanza con uno strano peso sul cuore, forse causato dall'apprensione che, malgrado l'antipatia, provavo nei confronti di Lumacorno.
Mi incamminai verso le stanze dei miei genitori, dove speravo di trovarli più sereni rispetto al giorno precedente, salutando gli altri Mangiamorte che incontravo lungo la strada.
Ero quasi arrivato, quando qualcuno mi afferrò il braccio e mi fece entrare in uno dei tanti ripostigli per le scope della scuola.
Appena mi voltai, riconobbi Blaise.
«Amico, dove diavolo eri finito? Dovevamo incontrarci più di quaranta minuti fa! Hai idea di quanto mi sono preoccupato?», esclamò in un soffio di voce, per evitare che da fuori ci sentissero.
«Mi dispiace, ma ho incontrato per strada mia zia, che mi ha chiesto di accompagnarla... Sai com'è Bellatrix Lestrange... Se vuoi sopravvivere tendenzialmente non le dici di no, sempre che tu tenga alla tua vita, ovviamente...», dissi, appoggiandomi ad una delle pareti, sospirando.
Blaise annuì: «Va bene, sei perdonato».
«Luna l'hai portata da Hermione?», gli chiesi.
«Sì... Ah, a proposito, quando siamo arrivati in camera tua c'era Daphne che minacciava la tua ragazza con la bacchetta... Pensavo che avresti voluto saperlo...», disse Blaise, con tono casuale, come se stesse parlando del tempo o dei compiti assegnati dalla McGranitt per il week end.
«Cosa?!», esclamai, staccandomi di colpo dalla parete ed allungando la mano verso la maniglia della porta.
Avrei trovato Daphne e le avrei parlato chiaramente, dicendole che  non si doveva permettere mai più di trattare a quel modo Hermione, altrimenti...
Blaise mi fermò, appoggiandomi una mano sulla spalla: «Hey, Draco, rilassati! Hai tutto il tempo del mondo per prendere Daphne a calci, ora ho bisogno di chiederti una cosa», fece una breve pausa per accertarsi di avere la mia attenzione, poi proseguì: «Quando vuoi portarti a letto una ragazza con la quale non vuoi impegnarti, anche se lei è la tipica brava ragazza che non la dà via per nulla, come fai?»
Ero distratto da altri pensieri, ma capii subito a cosa alludesse e non potei non sbarrare gli occhi per la meraviglia: «Vuoi portarti a letto la Lovegood?!»
Blaise fece una strana smorfia: «Non è quello che ho detto io, ma fingiamo che sia vero... Cosa mi consiglieresti?»
Ero sconvolto, no di più: ero basito e non riuscivo a spiccicare parola.
«E per quale motivo sei all'improvviso interessato alla piccola e stramba Luna Lovegood? Cos'è successo?»
Sembrava si sentisse a disagio e non la smetteva di mordersi il labbro inferiore.
Restammo per un po' in silenzio, io in attesa che lui parlasse e lui concentrato mentre pensava ad una risposta.
«Il fatto è che mi piace! No, non è vero! Non mi piace poi tanto... Solo che... Insomma lei è così... L'altro giorno sono entrato in bagno e lei era in biancheria intima e... Merlino! Non faccio altro che pensare a lei e a quanto era bella e... Per non parlare del suo sorriso!»
Mi confondevo sempre di più, a mano a mano che andava avanti con quel suo discorso sconclusionato, e, nel profondo dentro di me, sapevo che il mio amico era spacciato. Non gli avevo mai visto gli occhi brillare così tanto, neanche quando stava insieme a Soledad.
«Il fatto è che... Ho paura di non piacerle in quel senso, temo che non voglia quello che voglio io...»
«E tu cosa vuoi?», lo interruppi, sperando che non dicesse: "Portarmela a letto", altrimenti ce ne sarebbe voluto di tempo per fargli capire che in realtà era innamorato!
«Voglio stringerla», sussurrò, guardandomi in modo strano: «Vorrei abbracciarla e baciarla e sentirla ridere e...»
«Proteggerla», gli suggerii e lui sorrise: «Sì! Proteggerla! Lei è così piccola e fragile e...»
«Dolce?», chiesi, sapendo già di ottenere una risposta positiva.
«Esatto!», esclamò, mentre gesticolava come un pazzo: «E poi ieri sera! Ieri sera avevo mal di testa e lei era così premurosa, gentile... Le ho parlato di Soledad e faceva male, ma meno... Non so come spiegarlo, ma lei è diversa».
Sorrisi: «Amico, benvenuto nel club delle persone innamorate», gli dissi allungando la mano, invitandolo a stringerla.
Non ottenni però il risultato sperato, dato che la sua espressione cambiò repentinamente: «Non sono innamorato».
Sospirai e gli diedi una pacca sulla spalla: «Che strano, non avrei mai pensato che si sarebbero invertiti i ruoli, eppure eccoci qua», gli dissi, facendo comparire sul suo viso una smorfia infastidita: «Un tempo, anni fa, mi dissi che dovevo agire, dovevo dire alla ragazza che mi piaceva ciò che provavo, invitarla al ballo e fregarmene di tutto e di tutti. Io ti ho dato ascolto dopo anni e spero che tu non sia lento quanto me nell'ammettere la sconfitta. Ora inizierà il periodo del rifiuto, dove tu penserai di volere solo del buon sesso e nient'altro, ma presto o tardi, capirai che avevo ragione e che sei perdutamente innamorato, o comunque sulla via per esserlo, e verrai con la coda tra le gambe a dirmi che avevo ragione».
Blaise sembrava furioso e mi guardava come se mi volesse uccidere con un'occhiata, provò a parlare ancora, ma io lo interruppi, sollevando la mano: «No, non ringraziarmi, amico. Ora, se non ti dispiace devo andare da mio padre a riferirgli un messaggio di mia zia. Tu intanto pensa a quello che ho detto. A dopo!»
Non gli lasciai il tempo di dire altro e uscii dallo stanzino delle scope, dirigendomi con passo spedito verso le stanze dei miei genitori.
Trovai nel piccolo salotto improvvisato solo mio padre, che beveva da un calice ormai mezzo vuoto.
«Padre, Bellatrix Lestrange mi ha detto di riferirti che vuole parlarti al più presto nelle sue stanze».
L'uomo sussultò appena e mi lanciò uno sguardo indagatore: «Ti ha detto il motivo?»
«Ha interrogato il professore Horace Lumacorno che sapeva degli Horcrux e ne aveva parlato ad Harry Potter, penso che ti voglia parlare di questo», gli risposi, appoggiandomi ad una delle poltroncine nella stanza.
«Va bene, grazie figliolo», si alzò in piedi e fece per uscire, quando lo bloccai, appoggiando la mano sul suo braccio: «Dov'è mia madre?»
«Non saprei. Ha detto che aveva bisogno di pensare ed è scomparsa», mi rispose, con una nota d'ilarità nella voce: «Quando t'innamorerai figliolo imparerai a non fare caso a certe stranezze...», disse, prima di uscire dalla porta, lasciandomi solo.
Sorrisi alle parole di mio padre, chiedendomi che espressione avrebbe fatto una volta che gli avessi confidato il nome della donna che avevo intenzione di sposare.
Erano passate poco più di due ore da quando avevo lasciato sola Hermione e volevo andare ad assicurarmi che stesse bene e che Daphne non le avesse fatto male o l'avesse offesa in qualche modo.
Scendendo nei sotterranei non potevo fare a meno di pensare a quello che Blaise mi aveva detto e alla situazione assurda in cui ci trovavamo.
Non avrei mai pensato che Blaise finisse nella stessa trappola in cui ero finito io stesso anni prima e, malgrado la serietà della situazione, non potevo fare a meno di sorridere.
Perso nei miei pensieri andai a sbattere contro una persona, mi girai per vedere chi fossi e mi ritrovai di fronte la mia migliore amica.
«Daphne!», esclamai, afferrandole il braccio e trascinandomela dietro, verso i nostri dormitori: «Guarda te che fortuna! Stavo giusto cercando te!»
Vidi chiaramente spuntare sul suo viso un'espressione preoccupata, che ben si abbinava con la mia rabbia non poi tanto celata.
«Hey, Draco», disse lei, con un tono di voce flebile: «Come va?»
Le lanciai un'occhiata assassina, mentre lei provava a liberarsi dalla mia stretta sul suo braccio.
«Dobbiamo parlare, Daphne, del tuo comportamento», le dissi, spintonandola poco garbatamente all'interno dei dormitori, dove non c'era nessuno: «Forse pensavo che fosse ovvio, ed è per questo che non te ne ho parlato prima, ma gradirei che tu non minacciassi la mia ragazza, soprattutto ora che è ancora debole e priva di bacchetta. Puoi sfidarla a duello quando poi sarà in grado di mandarti col sedere per aria, chiaro?»
Daphne fece una smorfia e distolse lo sguardo per qualche secondo, poi tornò a guardarmi: «Volevo solo accertarmi che non ti stesse prendendo in giro», disse con tono pacato: «Scusa se ero preoccupata»
Sorrisi: «Eri? Ora non lo sei più? Ah, scuse accettate comunque».
Lei mi fece una linguaccia: «Sì, non lo sono più e sai perché?»
Storsi il naso, cercando di imitare la sua espressione impertinente: «No, perché?»
«Perché ho avuto la prova che anche lei è pazza di te quanto tu lo sei di lei...»
Sorrisi e le baciai la fronte: «E la mia parola non ti bastava?», le scompigliai i capelli e lasciai il suo braccio.
«No, volevo esserne sicura», ribatté, facendomi la linguaccia.
Il rapporto che avevo con Daphne era diverso rispetto a quello che avevo con Blaise, forse perché con lei avevo passato la mia infanzia, mentre con Zabini avevamo riallacciato i rapporti solo al terzo anno di scuola.
Ero comunque affezionato ad entrambi e volevo il meglio per loro.
«Ti consiglio di andare a cercare Blaise, ha problemi di cuore», le dissi, sorridendo.
«Pensa ancora a quella troia spagnola?», chiede Daphne, con un tono indignato: «Vado a tirargli un paio di calci nel sedere per farlo rinsavire».
Stava per andarsene quando si voltò ancora una volta: «Ah, comunque, volevo dirti che la Granger ha un corpo che merita», mi fece l'occhiolino e scomparve oltre il ritratto della sala comune di Serpeverde, lasciandomi solo.
Sorrisi alle sue parole e mi diressi con passo spedito verso la mia camera da letto.
Non bussai prima di entrare, anche perché in fondo quella era la mia stanza e sorrisi alla vista di Hermione che, seduta sul mio letto stava chiacchierando con Luna.
Sorrisi: «Hey, ragaz...», il mio saluto rimase sospeso, mentre sbarravo gli occhi, rendendomi conto che quella non era affatto la Lovegood.
«Madre?», chiesi, sconvolto, fissando i miei occhi su entrambe le donne nella stanza.
Oh, Merlino, quella sì che era una situazione che avrei voluto rimandare di almeno mezzo decennio.

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Ciao! :)
Chiedo perdono per averci messo tanto a pubblicare, spero non ci siano errori (non ho tempo di rileggerlo dato che devo andare a lezione 😅).
Ringrazio di cuore tutti coloro che hanno commentato e fatto brillare centinaia e centinaia di stelline: grazie, davvero ❤️
Un abbraccio,
LazySoul_EFP

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