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18. Tell me a tale


Appoggiata con la schiena alla porta del bagno sentivo fin troppo chiaramente le mani tremare.

Come mi era venuto in mente di fargli quella stupida proposta?

Strinsi forte le dita a pugno, così da bloccarne il tremore e presi un profondo respiro nel tentativo di calmarmi e di schiarirmi le idee.

Feci i pochi passi necessari e mi fermai davanti al lavandino ma non alzai lo sguardo: non avevo il coraggio di guardare il mio riflesso allo specchio.

Continuavo a pensare alla nostra conversazione e a quanto mi ero sentita male quando mi aveva detto che era stata una ragazza (proprio come avevo temuto) a regalargli il libro delle fiabe.

Ero gelosa, gelosa, gelosa!

Aprii il rubinetto e mi sciacquai il volto con dell'acqua fredda, nel vano tentativo di darmi una calmata.

Avrei voluto spazzolarmi i denti, ma ovviamente nel bagno di Malfoy non c'era un comune spazzolino da denti babbano, ma una confezione di pastiglie Sorriso Smagliante 24h, così mi accontentai di prenderne una e di sentirla sciogliere in bocca in meno di due secondi.

Se i miei genitori fossero venuti a conoscenza di certe pastiglie probabilmente ci sarebbero rimasti male...

Abbassai la tazza del gabinetto e mi sedetti, appoggiando i gomiti sulle ginocchia, mentre le mani mi sosteneva il volto. Guardavo senza vederla davvero la parete davanti a me, mentre nella mia testa un guazzabuglio di pensieri non mi davano pace.

Gli avevo parlato del galeone e lui non sembrava averne fatto parola con nessuno.

Forse avevo fatto bene a fidarmi di lui, forse non avrebbe fatto la spia, forse saremmo riusciti ad uccidere il Signore Oscuro, forse Malfoy mi amava davvero, forse anche io l'amavo davvero, forse saremmo riusciti a salvarci...

Forse, forse, forse!

Io volevo certezze, non dubbi!

Volevo aprire un libro e trovare tutto quello che c'era da sapere scritto nero su bianco.

Sarei dovuta morire? Sarei stata di nuovo tradita da Malfoy? Avrei rivisto i miei amici? Harry e Ron si sarebbero salvati? E Ginny? E Luna? E il mio amore? Che ne sarebbe stato del mio amore?

Andava bene tutto, avrei sopportato tutto. A me bastava sapere, così da potermi liberare di tutte le incertezze.

L'unica colonna solida della mia vita si stava sgretolando: la mia mente, la mia brillante mente su cui avevo fatto affidamento per anni ora non mi sembrava più così infallibile come un tempo.

Lanciai uno sguardo vacuo alla doccia; non avevo la forza di spogliarmi e lavarmi, in quel momento volevo unicamente cadere in un sonno nero privo di sogni e svegliarmi solo alla fine di quella guerra.

Mi sarebbe piaciuto essere la Bella Addormentata nel Bosco, incosciente nel mio letto in attesa del bacio del vero amore. Una volta sveglia sarebbero stati gli occhi di ghiaccio di Malfoy ad accogliermi?

Sospirai, accarezzandomi con le dita fredde le labbra, ricordando i troppi baci che Draco mi aveva rubato con o senza il mio permesso.

Se avessi potuto scegliere il mio principe azzurro avrei scelto lui, anche se era una decisione sciocca e illogica per molti versi.

Mi alzai e con passi titubanti tornai davanti al lavandino, dove alzai alla fine lo sguardo, incontrando il mio riflesso.

Il mio aspetta era sempre sciupato, anche se era tutto il giorno che mangiavo come se non ci fosse stato un domani. I capelli erano spettinati e sfibrati e le occhiaie sotto agli occhi profonde e scure.

In quel momento avrei preso volentieri un po' di quella crema dall'odore disgustoso che si metteva Lavanda Brown prima di andare a dormire e che le rendeva la pelle morbida e lucente.

Mi passai una mano tra i capelli, nel tentativo di sistemarmi e osservai con occhio critico la mia tenuta nient'affatto femminile, rimpiangendo per l'ennesima volta la perdita della mia bacchetta che in una situazione simile mi avrebbe permesso di darmi una sistemata.

Sfiorai con le dita uno dei lividi che avevo all'altezza della clavicola destra, desiderando di poterlo far sparire e, solo in quell'istante, mi resi conto di quello che stavo facendo o, meglio, ciò che avrei fatto se solo ne avessi avuti i mezzi: mi stavo facendo bella per Malfoy.

Risi di me stessa e di quella parte della mia mente che continuava ad analizzare il mio aspetto nei minimi dettagli, sottolineandone i difetti e la loro gravità.

Diedi le spalle allo specchio e appoggiai la mano sulla maniglia della porta del bagno.

Una volta uscita come mi sarei comportata? Sarei riuscita a rimanere seria e composta dopo aver pensato a Malfoy come ad un principe azzurro? Sarei riuscita a guardarlo in faccia anche se sapevo quanto il mio aspetto fosse sciupato e sgradevole?

Scossi la testa nel tentativo di fare piazza pulita di tutti quei pensieri insidiosi e aprii la porta, uscendo dal bagno.

Mi aspettavo di trovarmi Malfoy subito davanti, magari con le braccia conserte, pronto a riprendermi per esser stata troppo a lungo nel suo bagno, invece lui non c'era.

O almeno c'era, ma non dove me lo sarei aspettato.

Draco era seduto sul bordo del letto, la schiena incurvata in avanti e tra le mani aveva il libro di fiabe, che stava leggendo.

Non alzò lo sguardo quando mi avvicinai, ma allungò silenziosamente una mano, sino ad afferrarmi per la vita e stringermi contro di sé.

«Vuoi che ti legga una fiaba per farti addormentare?», chiese, sollevando alla fine i suoi occhi verso i miei.

Sorrisi alle sue parole e gli baciai la fronte: «Certo che sì!»

Liberandomi dalla sua presa intorno alla vita mi coricai sul letto, sotto le coperte verde-argento che sapevano di lui e del suo bagnoschiuma.

«Pronta, puoi iniziare», gli dissi.

«Torno subito», mi disse, dirigendosi con quattro falcate verso il bagno: «Tu non ti addormentare».

Di nuovo sola sperai che tornasse presto, temevo di addormentarmi da un momento all'altro, ma volevo sentirlo raccontarmi una storia, quindi m'imposi di rimanere sveglia.

Le coperte erano calde e il materasso morbido, dettagli che, dopo una settimana di scomodità e privazioni facevano la differenza. Affondai il viso contro il cuscino ed inspirai a fondo l'odore di Malfoy misto a quello di lenzuola pulite.

Accarezzai l'idea di mettermi a saltare sul letto, per intavolare una battaglia di cuscini contro il furetto appena fosse uscito dal bagno, ma la abbandonai subito.

Ero troppo stanca per fare qualsiasi cosa, anche rigirarmi nel letto era un'impresa titanica.

La porta del bagno si aprì e ne uscì Malfoy, con un'espressione vagamente inespressiva, quasi non sapesse se sorridere o meno.

«Comoda?», mi chiese, avvicinandosi con passo cadenzato, fino a fermarsi al mio fianco.

Mi scrutò per qualche istante poi tirò fuori dall'armadio una coperta di lana: «Freddo?»

«Sto bene, grazie» risposi, lusingata dalle sue piccole attenzioni nei miei confronti.

«Allora, pronta?» domandò, coricandosi accanto a me, senza mettersi però sotto le coperte.

«Sì, raccontami una fiaba», lo incitai, voltandomi sul fianco verso di lui.

Malfoy si sporse fino ad afferrare il libro delle Fiabe di Beda il Bardo e iniziò a sfogliarlo: «Ce n'è una in particolare che vorresti sentire?»

Dato che avevo letto solo le prime due fiabe e che non conoscevo affatto il libro non sapevo cosa dirgli.

«Per me è indifferente», ammisi, sorridendo.

Lo vidi sfogliare a lungo il libricino, indeciso: «Non so quale scegliere», ammise, aggrottando le sopracciglia.

Mi morsi il labbro inferiore prima di pensare ad una soluzione: «Perché non te ne inventi una?»

Vidi lo stupore colorargli gli zigomi di un rosa tenue: «Io?», chiuse il libro e lo appoggiò sul comodino, mentre si passava una mano tra i capelli: «Devo inventarne una?»

Rimase per alcuni istanti con lo sguardo perso nel vuoto, prima di sorridere appena: «Va bene»

Si voltò sul fianco, così da potermi guardare comodamente in viso ed iniziò a raccontare: «C'era una volta un giovane mago che non aveva mai conosciuto la libertà... erano sempre stati i suoi genitori, una strega e un mago molto importanti nel mondo magico, a dirgli cosa fare e cosa non fare.»

Si zittì per qualche istante, seguendo con le dita gli arabeschi delle coperte verde-argento, poi riprese a parlare: «Solo a scuola il giovane mago riusciva a prendere le proprie decisioni, giuste o sbagliate che fossero, senza che nessuno gli dicesse nulla. Tutti avevano paura dei genitori del giovane mago e per questo gli permettevano a volte di non rispettare le regole.»

Sorrisi appena, capendo che stava parlando di se stesso e incitandolo ad andare avanti: «Nessuno gli diceva niente?»

«Certo che no! Nessuno! Tranne...», mi sorrise e afferrò la mia mano tra le sue, così da poterla stringere a piacimento: «Tranne una giovane Mezzababbana che non riusciva a tenere la boccaccia chiusa e aveva sempre qualcosa da ridire sul comportamento del giovane mago. Lui, deciso a vendicarsi dell'impertinenza di quella saccentina so-tutto-io, decise di fargliela pagare. Un giorno, armato di tanta pazienza, andò in biblioteca a cercare un libro di incantesimi, alla ricerca di qualcosa da poter utilizzare contro di lei, in modo da farla stare zitta una volta per tutte», un'espressione di sofferenze gli attraversò il viso, come se un pensiero molesto lo avesse colpito senza preavviso: «Voleva sfogliare dei volumi in santa pace, ma si rese conto che seduta al tavolo e addormentata c'era proprio lei, la Mezzababbana. Avrebbe dovuto voltarsi e andarsene, oppure farle un incantesimo per vendicarsi della sua insolenza... ma non ci riuscì».

Aggrottai le sopracciglia alle sue parole, chiedendomi dove volesse arrivare.

«Le guardava la bocca e non poteva fare a meno di pensare che avesse delle labbra stupende e carnose: labbra da baciare e un viso così dolce... la saccentina so-tutto-io era una bella ragazza e lui non se ne era mai reso conto».

Sbarrai gli occhi e socchiusi le labbra, pronta a chiedergli se si stava inventando quella storia o stesse ricordando un evento reale, ma lui mi precedette: «Non mi interrompere, alla fine potrai chiedere tutto quello che vorrai, ma ora fammi finire, ok?»

Annuii.

La stanza cadde in un silenzio imbarazzante per pochi minuti, poi alla fine lui prese un respiro profondo e tornò a raccontare.

«E se per vendicarsi di lei le avesse dato un bacio? In fondo nessuno l'avrebbe mai saputo, la sua reputazione non ne avrebbe risentito e... voleva così tanto assaggiare quelle labbra, non aveva mai baciato una ragazza ed era certo che quelle labbra fossero vergini quanto le sue».

Socchiusi le labbra per lo stupore, ma non riuscii a dire nulla.

«La baciò, saggiando le sua labbra. Erano morbide e sapevano di biscotti al limone».

Sorrisi involontariamente, pensando a quanto amassi quei biscotti immersi nel succo di zucca o nel tè.

«Avrebbe voluto baciarla per sempre, ma aveva paura che qualcuno lo vedesse, così corse il più lontano possibile dalla biblioteca... Una volta in camera sua cercò di mettere in ordine i suoi pensieri confusi e contrastanti, ma tutto quello cui riusciva a pensare erano quelle labbra e a quanto gli era piaciuto baciarle...»

Un pesante silenzio cadde nella stanza, interrotto solo dai nostri respiri.

«La morale è: mai baciare una ragazza per vendicarsi di lei», sussurrò, guardandomi con quello sguardo pieno di desiderio che mi faceva sempre accelerare il battito cardiaco.

«Non ti sei inventato nulla, vero?», gli chiesi.

Mi sentivo come sull'orlo di un dirupo, pronta a lasciarmi cadere nel vuoto.

«No, non ho inventato nulla».

E quelle parole mi fecero cadere dal dirupo: giù, giù, sempre più giù. I polmoni faticavano a respirare e il cuore era schiacciato dalla pressione della caduta.

«Quando?», riuscii a sussurrare, mentre le sue mani, ancora aggrappate alla mia, allentavano appena la presa.

«Ultimo giorno di scuola del terzo anno», disse, fissando i suoi grandi e tristi occhi grigio-azzurri nei miei.

Avrei dovuto essere furiosa: mi aveva rubato il mio primo bacio senza chiedermi il permesso, ma non ci riuscivo.

Ero contenta, contenta di avergli dato, anche se inconsciamente, il mio primo bacio, contenta di aver ricevuto a mia volta il suo primo bacio.

Eppure non riuscivo a parlare, dentro di me continuavo a provare quella fastidiosa sensazione di vuoto: continuavo a cadere e cadere...

Malfoy si alzò dal letto allontanandosi da me e dandomi le spalle.

Non poter vedere l'espressione sul suo viso mi rendeva inquieta.

Si era pentito di avermi confessato quella sua vendetta? Forse il mio silenzio continuato l'aveva messo in imbarazzo, in fondo al suo posto avrei gradito un commento. Qualsiasi commento sarebbe stato meglio del silenzio.

Si spogliò davanti a me, indossando una maglietta nera col logo dei "Rolling Wizards" come pigiama e un paio di boxer grigi.

Rimase a lungo a piegare i vestiti e qualcosa mi suggeriva che lo stesse facendo perché aveva paura di voltarsi nuovamente verso di me, oppure perché voleva lasciarmi del tempo per elaborare quello che aveva detto.

Ciò che più mi stupiva era che dall'inizio del quarto anno il suo comportamento nei miei confronti non era cambiato rispetto a prima in nessun modo: aveva continuato ad insultarmi e a prendersi gioco di me e dei miei amici.

Ma perché? Se il bacio gli era piaciuto, se mi aveva trovata bella, perché aveva continuato a tenermi a distanza? Perché aveva continuato ad insultarmi?

Una volta che finì di piegare gli abiti si voltò verso di me e tornò verso il letto.

I suoi occhi guardavano ovunque, tranne nei miei e io non sapevo cosa fare.

Si coricò sotto le coperte, dandomi le spalle.

«Buona notte», mormorò e poi non disse più nulla.

Spense la luce e tutto si fece buio.

Non sopportavo quella sensazione di smarrimento che il suo ignorarmi mi causava, avrei voluto urlargli di girarsi e di dirmi che cosa gli stava succedendo.

Perché non mi parlava?

Mi morsi il labbro, forte prima di superare quei pochi centimetri che ci separavano e di avvolgerlo in un goffo abbraccio.

Affondai il viso contro la sua nuca, inspirando ed espirando l'odore muschiato della sua pelle.

«Perché l'anno dopo hai continuato ad insultarmi? Perché hai ideato quella stupida scommessa solo un mese fa? Avresti potuto baciarmi molto prima se solo avessi voluto...»

Non rispose subito, ma sentii le sue mani accarezzare il braccio con cui gli avvolgevo la vita.

«Non sono coraggioso, Granger. Questo ormai dovresti averlo capito», continuava a darmi le spalle, ma potevo quasi immaginarmi il suo sorriso amaro: «Ti ho dato quel bacio solo perché dormivi, fossi stata sveglia ti avrei insultata e basta... Davvero non capisci perché non ho provato a baciarti il quarto o il quinto anno?»

«No», gli dissi, sollevandomi così da poter sbirciare oltre la sua spalla la sua espressione.

Proprio come mi immaginavo i suoi lineamenti erano distorti in un sorriso triste, amaro che somigliava più ad una smorfia che ad un sorriso.

«Volevo dimenticare tutto, Granger: il tuo sapore, le tue labbra... gli ultimi due anni ti ho insultata ad ogni occasione proprio per esorcizzare quella piccola ma insistente parte di me che ti voleva ancora, che ti voleva di più. Negli ultimi due anni ho cercato in tutti i modi di dimenticarti e ci sono stati dei momenti in cui pensavo di avercela fatta, di essere guarito... per poi scoprire invece che i sogni c'erano ancora e che il ricordo di quel bacio era più forte che mai...»

Non riuscii a trattenermi e interruppi il suo discorso con una domanda: «Sogni?»

«Eri il mio incubo ricorrente», ammise.

Non era proprio ciò in cui speravo: insomma essere un incubo ricorrente non sembrava poi una cosa molto carina...

«Nei miei sogni, Granger, eravamo soli: io e te. Nessuno a giudicarci, nessuno ad imporci una maschera, nessuno a fermarci. A volte ci baciavamo soltanto, altre volte la stanza in cui ci trovavamo era provvista di letto: un letto con le coperte bordeaux, e tu ti trovavi nel mezzo, nuda e tutta per me. A volte i sogni erano anche gradevoli, altre volte erano una tortura...»

Rimanemmo in silenzio per alcuni lunghi istanti, persi nei nostri pensieri.

Sapevo fin dall'inizio che quello che ci legava era una scommessa, non mi sarei dovuta sentire triste solo perché avevo avuto la conferma che non era stato l'amore a farlo avvicinare a me.

Potevo però essere alla stesso tempo delusa e lusingata dal suo desiderio?

«Tocca a me raccontarti una fiaba».

Quelle parole sfuggirono dalle mie labbra, prima che le potessi soppesare adeguatamente, ma non mi pentii di averle pronunciate.

«C'era una volta una ragazzina che aveva scoperto di avere dei poteri magici. Era felice di essere una strega, ma sapeva che non sarebbe stato facile per lei imparare tutto ciò che gli altri ragazzi nati nel mondo magico già sapevano, così durante la lunga estate precedente all'inizio della scuola la ragazzina studiò e studiò, cercando di imparare più cose possibili. E poi arrivò il giorno della partenza, salutò i suoi genitori, salì sul treno e si infilò nel primo scomparto vuoto, dove trovò un giovane ragazzo paffutello che le fece vedere il suo rospo da compagnia».

«Ed è così che la fanciulla s'innamorò del giovane Paciock?», m'interruppe lui, voltandosi verso di me con un sorriso sarcastico in volto.

«No», dissi: «E fu così che il rospo sfuggì dalle mani del ragazzino, che chiese aiuto alla giovane strega per ritrovare il fuggiasco».

Mi bloccai per pochi istanti, ripesando alla scena e a quanto era stato buffo vedere Oscar saltellare via, mentre Neville lo guardava con uno sguardo vacuo e allucinato.

«La giovane strega, mentre cercava il rospo s'imbatté in un altro giovane mago...» gli occhi di Malfoy a quelle parole incontrarono i miei e un luccichio di sorpresa sembrò animarli: «Non pensavo...», iniziò a dire, prima di interrompersi e di scuotere la testa: «Lascia perdere, vai avanti».

«Quel giovane mago era così bello», dissi, arrossendo, mentre il sorriso di Malfoy si allargava sempre di più: «La giovane strega gli chiese aiuto e lui le insegnò un incantesimo che l'avrebbe aiutata nella ricerca. Non parlarono molto, ma quelle poche parole bastarono ad illuderla di aver trovato un amico...»

Il sorriso di Malfoy scomparve, sostituito da una smorfia.

«Anche se i due giovani finirono in Case diverse, lei continuava a pensare che lui un giorno l'avrebbe salutata di nuovo, che le avrebbe parlato di nuovo», avvicinai ulteriormente il viso al suo e sussurrai: «Lei si era presa una cotta davvero terribile per lui, sai?»

Non riuscii a dire altro perché mi baciò, premendo con forza le sue labbra sulle mie per lunghi istanti paradisiaci.

«Davvero, Granger?» mi chiese, interrompendo il bacio: «Ma se mi hai detto di aver avuto una cotta per Potter... quante cotte hai avuto, mmh?»

«Non ci crederai ma capisco quando quello in cui spero è davvero un caso disperato e tu lo eri. Sapevo che non mi avresti più parlato e avresti continuato ad ignorarmi: sei stato tu col tuo insulto al secondo anno a farmi aprire gli occhi».

Mi accarezzò la guancia, piano, prima di sorridermi timidamente: «Ero un bambino davvero stupido e crudele».

«Eri?», chiesi, sollevando un sopracciglio.

«Ora sono un ragazzo stupido e crudele, non un bambino», specificò, dandomi un altro bacio.

Ridemmo per alcuni istanti, prima che ci perdessimo entrambi nei nostri pensieri.

Avrei voluto dirgli che la cotta non mi era affatto passata, ma che era tornata più potente di prima e che si era trasformata in un affetto così forte da sconfinare nell'amore, ma non ci riuscii, terrorizzata dal pensiero che le mie parole potessero spezzare il delicato equilibrio che si era creato tra noi.

«Buona notte, Draco», furono le uniche parole che riuscii a pronunciare.

«Buona notte, Hermione».

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大家好!
Cosa ne pensate di questo capitolo? Vi è piaciuto? 😁
Anche voi, come me, vorreste un Draco che vi racconta la storia della buona notte? ❤️
Mi raccomando, commentate numerosi! 😉
Un bacione,
LazySoul_EFP

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