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-Tesoro?!- la voce di mio padre mi arriva dal piano terra. È triste e roca.

-Dimmi papà...- apro del tutto la porta di camera mia e gli vado in contro al piano di sotto.

So già cosa sta per dirmi, il suo tono è inequivocabile. Ho una gran paura, e vorrei scappare lontano per non sentire e per non dover vivere questo momento.

-Siediti...- dice battendo la mano sul divano affianco a se. Tremante e con il cuore che batte velocissimo obbedisco.

-Ho parlato con i dottori..- annuncia. So bene per esperienza che in casa quando si incomincia una frase con quelle parole non c'è niente di buono in arrivo. Mio padre prende fiato più volte, e si asciuga continuamente le lacrime che gli scorrono sul viso.

-Dicono che...che...che secondo loro non supera la notte...dicono che se vogliamo salutarla e passare gli ultimi istanti con lei...ora è il momento giusto- si soffia il naso e poi si passa nuovamente il fazzoletto sulle guance arrossate -Io...io vorrei che tu fossi al mio fianco in tutto questo, perché non sono sicuro di riuscirci da solo-

A mia volta imito mio padre e mi pulisco le lacrime dalle guance con le mani, poi le passo sui jeans e prendo la grande mano di mio padre tra le mie -Ci sono stata fino ad ora papà, e ci sarò fino alla fine...- dico con voce tremante.

In verità non vorrei assistere alla morte di mia madre, però non voglio neanche vivere per il resto dei miei giorni con il rimorso di non averla salutata, di non averla vista un ultima volta prima che se ne vada.

Negli ultimi due anni mia madre ha dovuto sopportare un doloroso calvario. Le hanno diagnosticato un tumore al seno, che anche dopo operazioni, chemioterapia e cure varie ha resistito, e lentamente si è fatto largo in tutto il suo corpo rendendola debole e irriconoscibile.

L'ultimo mese lo ha passato ricoverata in ospedale; io sono andata a trovarla ogni giorno. È un grande dolore doverle dire addio, ma almeno so che dopo starà meglio.

-Mi cambio e andiamo. Ok?-

-Ok tesoro...grazie- mio padre mi fa un flebile sorriso prima di lasciarmi andare le mani.

Salgo in camera senza fretta, mi chiudo la porta alle spalle e scelgo dei vestiti dall'armadio.

Opto per una maglia nera semplice e un paio di jeans troppo stretti a qui sono troppo affezionata per separarmi.

Mi vesto senza fretta e quando sono pronta vado in bagno, mi pettino i capelli un infinitá di volte, e poi mi faccio una coda alta.

Scendo al piano di sotto e mi fermo alla scarpiera dove recupero le mie ballerine nere, le indosso e vado da mio padre che mi sta aspettando in salotto seduto sul divano nell'esatto punto in qui l'ho lasciato.

È un duro colpo per lui perdere la mamma. Si conoscono dal liceo, e hanno fatto anche l'Università insieme, poi si sono sposati e hanno avuto me.

Una sera mi ha confessato che mai avrebbe pensato ad una fine così, che se fosse possibile prenderebbe lui il posto della mamma.

Ma il destino così non vuole, e ora tutto quello che ho è una madre che mi sta lasciando e un padre che è distrutto dal dolore.

-Sono pronta...- dico sulla soglia della stanza. La mia voce sembra riscuotendo da chissà quale pensiero mentre si alza e viene verso di me.

-Allora andiamo...- lo seguo fuori di casa e aspetto mentre chiude a chiave la porta, poi insieme andiamo alla macchina e percorriamo quei 7 km che ci separano dalla mamma nel più totale silenzio.

Quando papà ha parcheggiato la macchina scendiamo, e io non posso fare a meno di aggrapparmi al suo braccio.

È più forte di me, un po' è perché ho paura degli ospedali, e un po' è perché mi manca sempre il coraggio di avvicinarmi alla stanza della mamma e vederla in quello stato.

Attaccata a tutte quelle macchine, che fanno rumori strani e che nonostante tutto la tengono ancora in vita.

Quando manca qualche passo per entrare mi fermo di colpo. È molto dura. Quell'aria così piena di dolore...l'odore delle medicine...e le espressioni dispiaciute delle infermiere sono terrificanti.

Con un sospiro entro nella stanza, e faccio di tutto per non guardarla. Faccio vagare il mio sguardo sui mobili asettici della stanza, mi avvicino piano alla finestra e guardo fuori le macchine passare in strada e i pedoni che passano tranquilli ignari di quello che succede dentro queste mura.

-Tesoro...- sento la voce di mio padre chiamarmi delicatamente alle mie spalle

-Tesoro...- ripete dolcemente, ma io non mi muovo. Non mi voglio girare.

Sento la sedia su qui è seduto mio padre scricchiolare, e poi dei leggeri passi avvicinarsi a me e fermarsi al mio fianco.

-Tesoro...- mio padre mi posa una mano sulla spalla e mi fa girare verso di lui applicando una leggera pressione.

-Tutto bene?- chiede guardandomi dritto negli occhi. Incredibile come sembra si siano capovolti i ruoli nel giro di pochi istanti, prima era lui quello teso e triste mentre io sembravo indifferente. Ho cercato di esserlo anche guardando in faccia la realtà, ma adesso proprio non ce la faccio.

-No..- rispondo lasciando finalmente andare le lacrime che da qualche ora ormai cerco di nascondere.

Poso la testa sulla spalla di mio padre e mi lascio cullare dalle sue braccia.

-Lo so tesoro...è dura, ma insieme c'è la faremo ok?- tra un singhiozzo e l'altro faccio un lieve cenno con il capo, ma non mi muovo. Ho il terrore di vederla...

Resto appoggiata alla spalla di mio padre per quello che sembra un tempo infinito. Poi prendendomi coraggio mi stacco da lui e gli faccio un debole sorriso.

Tenendo lo sguardo basso sulle mie scarpe mi avvicino al letto e mi siedo sulla sedia che poco tempo prima occupava mio padre, ed in fine finalmente mi decido ad alzare il volto.

I lunghi capelli mori di mia madre non ci sono più, e al loro posto c'è un semplice berrettino di lana rosso, il suo colore preferito. Il volto è pallido e le guance sono scarne.

Indossa una camicia da notte rosa a maniche corte  che a comprato assieme a me all'inizio della malattia; le braccia magre sono posate sul letto e le dita delle mani ormai sono quasi uno scheletro.

Con mano tremante prendo la sua tra le mie e mi godo il suo tocco seppur gelido e incosciente.

-Salve signor Bellini...- il dottore che segue mia madre dall'inizio della sua malattia entra nella stanza -mi fa piacere vedervi qui- prende la cartellina in fondo al letto e gli da un occhiata.

-Ho fatto il possibile per lei...- scuote la testa mentre contina ad osservare i fogli -Ma a quanto pare non era abbastanza...-

-Non si preoccupi dottore, lo sappiamo...piuttosto, mi dica qualcosa di più su mia moglie...- sussurra mio padre.

-Come le ho già detto al telefono prima...non credo che supererà la notte. Il respiro è affaticato, e il cuore sta rallentando il suo battito...è anche entrata in un coma irreversibile...- Rimette la cartellina al suo posto -Statale vicini, e se avete bisogno schiacciate il pulsante sulla testata- fa un sorriso di circostanza e poi con passo indeciso esce dalla stanza lasciandoci soli.

Mio padre prende una sedia posta sotto al tavolino vicino alla finestra e si avvicina al letto. Posiziona la sedia nel lato opposto al mio e si siede, prende la mano della mamma e in un completo silenzio aspettiamo.

Non mi va di fare discorsi inutili su quanto le voglio bene o di quanto mi mancherà, lei lo sa. Qualche mese fa ne abbiamo parlato.

Io e mio padre passiamo diverse ore seduti su quelle sedie scomode ad aspettare. Quando sono arrivata in ospedale prima pensavo che ci sarebbe voluto poco, e ora invece mi rendo conto che potrebbero dover passare ancora diverse ore.

E se il dottore si sbagliare? E se mia madre supera la notte? In fondo il dottore e solo un uomo, no? Non un essere divinizato che predice il futuro.

A cena ne io ne mio padre mangiamo niente, ci limitiamo a stare seduti vicino alla mamma o a camminare per il corridoio giusto per arrivare alla macchinetta del caffè.

Osservo costantemente mia madre, e ancora mi sembra irreale che ci stia lasciando. Mi sento completamente vuota e stanca.

Per due anni interi i dottori ci hanno dato solo false speranze, e ora io e mio padre ci troviamo con un pugno di mosche.

Purtroppo a notte fonda si avvera quello che aveva preannunciato il dottore: mia madre si spegne definitivamente.

Mi viene da pensare che almeno ha smesso di soffrire.

Il rientro a casa è tremendo. Guardare le stanze che lei stessa ha arredato sempre con tanto amore e pensare che non ci metterà più piede mi provoca un doloroso buco nel petto.

Nei giorni successivi per casa nostra c'è un viavai continuo di persone venuti per fare le condoglianze a me e a mio padre, e solo dopo il funerale troviamo un po di pace.

-Tesoro?- mio padre bussa alla porta della mia camera. Sto dividendo i vestiti della mamma, e mi prendo le sue camice preferite. Quella a quadri scozzesi rossa e nera in flanella, quella nera, le sue tutte ancora impregnate del suo profumo...

-Vieni...- rispondo fermandomi un momento di fare quel lavoro.

Lui entra nella stanza e si va sedere sul letto, nell'unico posto libero.

-Ti devo parlare di una cosa molto importante- annuncia facendomi prendere un colpo.

-Dimmi...-

-Non qui...andiamo in sala- si alza ed esce mentre io lo seguo.

Entriamo in sala e ci sediamo sul divano. Ormai questo è il nostro posto delle confessioni. Quando abbiamo qualcosa da dirci veniamo su questo divano.

-Non so come dirtelo...è difficile...- mio padre si mette una mano tra i capelli e sospira.

-Papà, stai male?- un altra malattia non riuscirei a sopportarla.

-No no, è che....tua madre e io...non...non ti abbiamo mai detto una cosa. Veramente era lei a non volertela dire, diceva che ci avresti odiato e che non ci avresti mai perdonato una cosa simile. Mi aveva fatto promettere che non te lo avrei detto neanche dopo la sua...morte, ma io non ci riesco. Se dovesse succedere qualcosa anche a me tu saresti sola. E io non voglio-

-Papà mi sto spaventando...-Non so se sono pronta a sentire quello di cui mi deve parlare.

-Quando sei nata tu...eravamo giovani io e tua madre. Ci volevamo bene...ma c'erano dei problemi economici....- sul suo viso compare un sorriso, e per me è come se fosse un raggio di sole in una giornata di pioggia. Porta un po di gioia nel mio cuore -...e noi abbiamo dovuto prendere una decise importantissima e dolorosa- prende un respiro profondo e dice la cosa che meno mi sarei aspettata di sentire da lui -Abbiamo devuto dare in adozione due bambini-

Questa frase ha un effetto strano su di me. In un primo momento fisso mio pare senza capire, poi quando la sua frase viene lentamente assimilata dal mio cervello e mi rendo conto di cosa abbia appena detto, incomincia a mancarmi l'aria.

Mi alzo dal divano e vado alla finestra. Respiro l'aria fresca e quando mi sembra che tutto sia tornato alla normalità torno a sedermi affianco a mio padre.

-Quindi...- la mia voce trema -Quindi io ho due fratelli più grandi...- affermo incredula
-No, non più grandi. Gemelli- è pure peggio. Rimango per un po' di minuti in completo silenzio cercando di capire la situazione in cui mi trovo.

Come è possibile che io abbia sofferto fino ad ora per la mancanza di un fratello, e loro non mi abbiano mai detto che invece ne avevo ben due.

Oltre ai problemi economici sono stati egoisti. Hanno preferito vedermi soffrire piuttosto che darmi una gioia.

Mio padre si alza e va a prendere una cartelletta dentro al mobile nell'angolo della sala. Poi torna a sedersi al mio fianco e me la porge.

-Mentre tua mamma era in ospedale io...ho fatto fare delle ricerche- mi porge la cartellina -e ho scoperto dove abitano...- prendo la cartellina dalle sue mani e la apro con mani tremanti.

Al suo interno non ci sono molti fogli, in realtà solo due. Sul primo c'è addirittura una foto, e per quello che vedo, il ragazzo raffigurato un po' mi somiglia. Si chiama Marcus Holm e vive a Stoccolma.

Passo al secondo foglio, su qui però non c'è foto; l'altro ragazzo si chiama Adam Bowen e vive in Texas.

-Trovali...e crea un buon rapporto con loro, come è giusto che sia- mio padre si alza ed esce dalla stanza lasciandomi li con le uniche informazioni che abbiamo sui miei fratelli.

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