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Epilogo


Uno scrittore una volta disse, quando una luce si spegne tutto diventa molto più buio di quello che poteva essere se non non ci fosse mai stata.

Quando ero piccolo, avevo una fobia per il buio, temevo quello che non potevo vedere, temevo l'oscurità della notte, ricordo che mia madre mi dava una piccola lampadina ricaricabile, mi teneva al sicuro per un paio di ore, e poi si spegneva.
Il buio che si generava in quel momento era molto più scuro di quello che c'era prima della lampadina, perché mi abituavo alla luce confortevole che mi teneva al sicuro, mi proteggeva dall'affrontare le mie paure, e nel momento in cui si scaricava quelle tornavano, più forti di prima.

Ed ora, un'altra lampadina si è spenta.
La mia.

Quando perdi qualcosa, cerchi con tutte le tue forze di spingere quel vuoto nelle parti più remote del tuo cervello, cerchi di non pensarci, di evitare i posti che ti ricorderanno cosa ti manca, cerchi di spostare sempre il tuo pensiero su qualcosa di stupido, così da poter ridere e non piangere.

O almeno questa è la mia tecnica.

Ogni volta che mi viene da pensare a Mahinete e tutto quello che è successo io sposto la mia mente su qualcosa di stupido, qualcosa che non mi faccia male e che sia impossibile da connettere alla ragazza dai capelli fluorescenti.

Un piccolo esempio ridicolo è quando sono tornato da quell'inferno di viaggio, e la prima cosa che ho fatto, istintivamente, è stato guardare l'entrata dell'appartamento, come ho fatto un milione di volte, ogni volta che arrivavo a casa, solo che quella volta, invece di vedere il solito divano, la solita televisione ho rivisto tutto con gli occhi pieni di lei.

Non ho visto il mio divano, ho visto lei seduta a ridere con Calum su quel divano, seduta proprio sul posto a sinistra il suo preferito, mentre urlava al ragazzo nella sua lingua di spostare le sue armi quando giocavano alla playstation, e ho sentito la sua risata echeggiare nella stanza, le sue urla e per quasi un secondo ho percepito il suo profumo, ma era più come se il mio naso cercasse quel determinato odore, e non riuscisse a trovarlo.

E la televisione non era più solo un oggetto tecnologico, no, era l'oggetto con cui lei urlava e inveiva i primi giorni in cui è arrivata quando pensava ci fossero piccole persone dentro, e riuscivo a vederla, la sua sagoma, proprio accanto alla televisione, mentre dava dei pugni per romperla, ma non appena sbattevo gli occhi lei non c'era più e la realtà tornava.

La realtà in cui lei non sarebbe mai tornata da quel viaggio.

E sono caduto a terra, per la prima volta dopo ore di volo in cui ho trattenuto il dolore e le lacrime, sono esploso in un pianto disperato, le lacrime scorrevano sulle mie guance, il mio petto bruciava come se qualcuno mi stesse accoltellando e la testa pulsava mentre rilasciavo tutto il dolore che avevo trattenuto per un giorno intero cercando di fingermi forte.

Ricordo le mani di Rebecca mentre mi sollevano il volto preoccupata, ricordo di aver guardato i suoi occhi marroni e aver pensato che magari, in una realtà alternativa, o in una versione diversa, qui davanti a me non ci sarebbero stati quegli occhi marroni della mia migliore amica, ma un paio di occhi nocciola che non ho mai avuto l'occasione di guardare e memorizzare per sempre.

Ricordo di aver pianto così tanto tra le mani di Rebecca, ricordo di aver sentito le braccia di Calum avvolgersi attorno a me mentre mi dava conforto, ricordo di aver visto Luke commuoversi e ricordo Michael rimanere in piedi, immobile mentre io lasciavo andare tutto il mio dolore.

Dolore che non può essere spiegato a parole, dolore che proviene dall'ingiustizia più grande, l'ingiustizia in cui pensi di non poter mai trovare l'amore della tua vita, o una persona perfetta per te, una persona che ti capisce, che ti fa ridere, con cui i silenzi sono confortevoli, con cui non ti vergogni di essere te stesso, qualcuno che è proprio come te e giusto per te.
E pensi di non trovarlo mai, e quando lo trovi, e ti ci innamori, pensando nella tua testa che magari è quella giusta, è quella con cui diventerò anziano, quella con cui creerò piccole bestioline simili a noi, proprio quando quel piccolo meccanismo di pensare al futuro di voi due parte, allora lì la vita decide di togliertelo, per sempre.

Perché alla fine è quello che è successo, e mentre piangevo non potevo fare altro che pensare a quanto facesse male sapere che al mondo ci sono così tante coppie sbagliate o distrutte che hanno comunque la possibilità di vedersi ogni giorno, di stare insieme per sempre se vogliono, mentre noi, che potevamo essere così veri e mai sbagliati, non abbiamo avuto neanche l'occasione di provarci.

E a quel punto non sentivo neanche la mancanza di lei, sentivo la mancanza di quello che poteva essere stato il nostro futuro.
La mancanza della speranza che il suo sorriso mi aveva dato, la fiducia che si era creata ora era infranta e tutto era tornato come se lei non fosse mai esistita, come fossi solo io a questo mondo, da solo, di nuovo.

E ricordo che mentre piangevo e i miei amici erano attorno a me cercando di farmi smettere e dirmi che andrà tutto bene, proprio in quell'istante ho sentito la cosa più strana che potesse succedere al momento.

"If you like Pina Coladas, and getting caught in the rain"

Ricordo che tutti quanti ci girammo verso Michael, il quale era ancora in piedi alla porta, che guardava l'appartamento, le lacrime scorrevano sul suo volto e i suoi pugni erano serrati, eppure, invece di lamentarsi, stava cantando la canzone più stupida mai esistita.

If you're not into yoga, if you have half a brain
If you like making love at midnight, in the dunes of the cape

Ricordo che smise nel momento in cui si accorse che tutti quanti noi lo stavamo guardando come se fosse pazzo e ricordo anche che fece il primo sorriso tra noi, dopo quello che era successo, e alzò le spalle divertito per poi dire queste esatte parole.
"Quando sono triste o quando un ricordo che non voglio torna, inizio a cantare la canzone più stupida che conosco, e poi non riesco più a pensare al dolore ma solo alla canzone"

E poi ricominciò a cantare sorridendo, e io feci quello che mai mi sarei aspettato di fare, ho cominciato a cantare anche io, a squarciagola mentre Rebecca e Calum ridevano e Luke continuava a guardarci come se fossimo fuori di testa, ricordo che Michael mi prese per mano, mi alzò da terra e mi appoggio una mano attorno alla spalla, senza mai smettere, neanche per un secondo, di cantare quella canzone.

E da quel giorno ho usato quella tecnica, che per quanto stupida potesse sembrare ogni volta che qualcuno stava male o per piangere  allora si metteva a cantare, non una canzone triste o profonda, quell'esatta canzone, urlando, era impossibile continuare a essere tristi, ti veniva da ridere, perché non la cantavi mai da solo, non appeni iniziavi c'era sempre qualcuno accanto a te o attorno che la cantava.

E ho cantato in doccia quando mi sono ricordato della volta in cui l'abbiamo restaurata e ho sentito Rebecca dalla sua stanza cantare insieme a me, ho cantato quando ho rivisto la mia tesi, ho cantato le prime notti che cercavo di addormentarmi nel mio letto e continuavo a sentire il suo russare nel mio cervello, ho cantato ogni volta che passavo davanti al ristorante giapponese, ho cantato specialmente, così forte da perdere la voce, quando Puru ha cominciato a sentire la mancanza della sua padrona, di notte si metteva sul cornicione in camera di Michael, proprio dove stava sempre lei, e emetteva una specie di richiamo guardando le stelle, come se potesse chiamarla o avere una risposta.

Abbiamo cantato tutti quelle notti.

La verità però è che per quanto si provi a spostare un pensiero quello non sparisce mai, non sparisce e ti tormenta sempre, puoi evitarlo, puoi correre via, puoi addirittura cercare di addormentarti per non vivere quel pensiero, ma prima o poi ti trova, e non c'è canzone che possa salvarti dal vivere quel dolore e quel tormento.

"Sei sicuro di voler andare tu? L'altra volta hai preso venti zucchine, solo perché erano in sconto, abbiamo dovuto mangiare zucchine ogni giorno per una settimana" Si lamenta Rebecca mentre alza la testa dai libri di storia che sta studiando mentre Calum cerca di insegnarle come fare uno schema mnemonico.
Ormai vive qui, dividono la stanza, stanno cercando una casa solo per loro, ormai sono passati due mesi da quel viaggio, la vita per quanto difficile sia, sta tornando sulle sue tracce per tutti.
Luke è diventato il capo settore del reparto scientifico di biologia marina, Michael sta per iniziare a esibirsi in un locale molto famoso, Calum e Rebecca sono forse la coppia più smielata e dolce che io conosca, e io vado avanti, non ho finito la tesi, non sto cercando di finirla, ma sto pensando a me stesso, ogni giorno è successo se non piango o non la penso, cerco di tornare quello che ero prima.

"Niente zucchine, messaggio ricevuto okay?" Dico sorridendo per poi uscire di casa e fare le scale lentamente mentre nella mia testa mi ripeto la lista della spesa che mi hanno elencato, continuo a pensarla finché una voce mi richiama.
"Ashton" Mi blocco sulle scale e guardo davanti a me vedendo la signora Martin alla porta mentre mi sorride dolcemente, come ha sempre fatto ogni volta che mi vedeva.

"Salve signora Martin" La saluto cordialmente e lei mi blocca di nuovo.

"Quasi più di un mese che non ci vediamo, come stai?" Chiede preoccupata ed io mi mordo il labbro per poi fingere un sorriso.
"Respiro e cammino, posso andare avanti per anni" Rispondo scherzosamente e lei sorride leggermente per poi inspirare a fondo.
"Devo farti vedere una cosa" Mi dice prima di entrare nel suo appartamento aspettandosi che io faccia lo stesso, ma io scuoto immediatamente la testa.

"No, devo andare al supermercato è urgente" Dico inventandomi una scusa e la donna si volta verso di me con un sopracciglio alzato poco convinta.
"Cosa devi prendere di così urgente figliolo?" Chiede ed io deglutisco mentre scorgo dietro di lei la serra, serra che ho evitato per un mese, serra che mi ha sempre fatto sentire meno solo, ma che ora potrebbe distruggermi, era il nostro posto.

"Emh, il p-p- pane, sì devo prendere il pane, arrivederci" Dico voltandomi scappando ma la donna mi richiama facendomi irrigidire ogni muscolo.
"Ashton, lei mi ha lasciato qualcosa da dare a te" Rimango immobile a guardare l'uscita dell'edificio, è proprio lì davanti, posso scappare da questa situazione e poi intonare quella canzone per strada finché dimenticherò queste parole, posso fare così, è la miglior soluzione.

"Lei avrebbe voluto che tu l'avessi" Dice la signora Martin distruggendo ogni mia voglia di scappare, perché per quanto spaventato io sia di rivivere anche solo un momento di lei e soffrire, non posso fare altro che fare quello che vuole, l'ho sempre fatto, mi ha sempre comandato, dalle piccole richieste e quando all'ultimo mi ha detto di andarmene.

Inspiro profondamente per poi girarmi verso la signora anziana la quale sorride prima di aprire la porta completamente e lasciarmi entrare, guardo il suo appartamento pieno di cose strane che sinceramente neanche io conosco, guardo poi la serra, proprio davanti a me, il posto in cui per la prima volta ho visto Mahinete sorridere veramente, so che mi ha mentito, ma so anche che quel momento era vero.

"Prima che tutto succedesse, lei è venuta da me, una mattina e mi ha lasciato una cosa, mi ha detto chiaramente di non aprirla e di darla solo a te, quando sarebbe stato il momento, nel caso lei non fosse tornata da dove stava andando" Dice la signora Martin per poi aprire un cassetto della sua credenza e prendere un libro.
Strizzo gli occhi confuso cercando di capire che libro sia per poi riconoscerlo e sentire la fitta più grande da quando se ne è andata.
Non è un libro, è un dizionario, quello che le avevo regalato quando volevo farle piacere, uno dei primi regali che le feci, una delle prime volte in cui mi accorsi di amarla.

"I-io non posso, non riesco, mi dispiace" Dico cercando di uscire dall'appartamento, non posso ferirmi così, non posso farmi del male solo per la curiosità, sono quasi fuori da questo buco nero, non posso tornare indietro.

"Il dolore non passerà mai finché non lo affronti, non puoi scappare per sempre" Mi ferma la signora Martin ed io mi mordo il labbro così forte da poter sentire il sangue sulla lingua per poi girarmi di nuovo verso di lei.
"E se quello mi riportasse all'inizio? A quando non potevo smettere di piangere? E se dovessi ricominciare da capo?" Chiedo impaurito e la donna sorride leggermente.
"E se invece ti aiutasse a chiudere la scatola per sempre?" Propone lei ed io rimango in silenzio.

"Okay, solo dieci minuti" Dico afferrando il dizionario e andando nella serra, nella nostra postazione, quella in cui mi parlò di lei, quella in cui osservammo Puru saltare da albero ad albero.
Abbasso lo sguardo sul dizionario ed inspiro profondamente mentre mi siedo, mi guardo attorno, alcuni fiori sono sbocciati mostrandomi i loro colori più accesi mentre alcuni sono ancora nascosti trai loro petali, aspettando il momento giusto per sbocciare.

Il profumo di questa serra è dolce e soffice, ti porta a pensare ai ricordi più nascosti del tuo passato, ti porta a pensare alle cose belle che hai vissuto e a dimenticarti di quelle brutte, lo ha sempre fatto.
Eppure oggi, non ci sono molti ricordi del mio passato che vedo, solo uno.

"Ashton, puoi farcela, lei lo farebbe" Inspiro di nuovo rilasciando l'aria poi con un sospiro prima di aprire il dizionario e notare proprio nella prima pagina, un testo, un testo scritto a mano, con una penna nera, ben evidente e ben calcato.

Inspiro più forte ancora combattendo la voglia di chiudere quel libro, per poi iniziare a leggere.

Ciao Ashton,

Se stai leggendo questa pagina probabilmente è perché io non sono lì, forse sono tornata da dove sono venuta, forse mi hanno presa degli scienziati o forse ho fatto qualcosa di stupido, ma questo non importa, perché in ogni caso qualunque cosa sia successa, le parole che voglio dirti rimarranno tali, lo scrivo qui, in questo dizionario, perché so che di persona non avrei il tempo o forse il coraggio di dirtele.

Ah, tra parentesi, io non so scrivere non me lo hanno mai insegnato, sto solo dicendo cosa scrivere alla signora Martin, però le parole sono le mie.

Smetto di leggere sorridendo per poi voltarmi vedendo la signora Martin fuori dalla serra la quale mi volge un breve e significativo sorriso, come se mi stesse dicendo, puoi farcela, sono qui se ti servo.

E allora continuo.

Ti conosco abbastanza da sapere che non sei bravo ad andare avanti, esistono persone resilienti, persone che le puoi quasi uccidere e loro si rialzano più forti di prima, mi dispiace dirti che tu non sei uno di loro, io lo sono.
Tu sei quel tipo di persona che cade facilmente, per quanto ci provi a rimanere in piedi, tu cadi al primo soffio di vento, e non ti rialzi facilmente, anzi se devo essere sincera ancora non ti sei rialzato.

Quando sono arrivata nella vostra vita, tu eri già a terra, e io non ti avevo ancora fatto del male, non so per quanto tempo sei stato in quella condizione, ma ti posso dire una cosa, tu eri in quella condizione perché non volevi cambiare.

Preferivi stare per terra che fare lo sforzo di alzarti, è più comodo rimanere seduti, o sdraiati, più comodo che fare la fatica di rimettersi in piedi.

Mi hai raccontato che da quando hai iniziato l'università e il vivere da solo ti sei sentito come se avessi perso una parte di te, come se il nuovo te non ti piacesse, come se ti odiassi, perché la versione di te che ora hai non è quella che avevi.
Mi hai raccontato di come tutti sono cambiati nei tuoi confronti, di come anche i tuoi migliori amici continuino a cambiare di come fossero facili le cose quando eri più giovane, di come vorresti tornare indietro.

Stronzate.

Mi fermo dal leggere, sembra quasi che questa sia una lettera di insulti per me, non quello che mi aspettavo, mi aspettavo più qualcosa di romantico e amorevole, non qualcosa come: hey sei un fallito.

Se vuoi vivere una vita senza mia cambiare, senza mai volere provare qualcosa di nuovo, allora che senso ha Ashton?

Perché fatti dire una cosa, non sono le persone che cambiano, non è la città che ti fa sentire solo, non sono i tuoi amici diversi, tu sei diverso, tu sei cambiato.
Ma la verità, quella assoluta, è che cambiare non è altro che crescere.

Non devi aver paura di crescere, è normale, tutti lo fanno, ci sono persone che crescono e scoprono nuovi interessi, persone che riscoprono una parte di sé e persone che capiscono di aver sbagliato.
So che sei una persona scientifica, vivi di esempi, dunque lasciati guidare attraverso alcuni esempi attorno a te.

Michael, scommetto che quando era più giovane era un ragazzo timido, arrogante e introverso, lo è ancora, specialmente con me, ma la gente cresce, e quando cresci maggior parte delle volte scopri il vero te, e il vero Michael non è quello che va a lavorare di notte al museo, il vero Michael si chiama Lily. E crescere significa accettare chi sei, non cresci se scappi da quel che sei, crescendo ti migliori, e Michael ha raggiunto la suo versione migliore, e continuerà a farlo, perché al contrario tuo non ha paura di vivere la sua crescita, la sua evoluzione.

Altro esempio?

Rebecca e Calum, nel passato le cose tra loro due non erano giuste, quando si è giovani si fanno tanti errori, si fanno scelte sbagliate e confuse, per loro la scelta più giusta, nelle loro teste, era dividersi, perché in quel momento non erano fatti per stare insieme, erano persone diverse.
Sono ancora gli stessi ora, semplicemente sono cresciuti, si sono evoluti, e se una cosa prima non riusciva a rimanere nella tua vita, magari crescendo ti accorgi che ne hai bisogno, non vuol dire che sei ipocrita o cambiato, semplicemente i tuoi bisogni si sono evoluti insieme a te.

Crescere è un sinonimo di evoluzione, è vero ci sono persone che crescendo rovinano tutto, è uno dei rischi, a volte evolvendoti diventi una persona che nel vostor mondo è definita stronza, ma maggior parte delle volte crescere è giusto, è naturale, non puoi combatterlo Ashton.

So che hai paura, so che questo nuovo mondo ti spaventa l'idea di diventare adulto, l'idea di perdere le cose del passato come gli amici o piccoli oggetti che ti tengono ancorato ai bei ricordi come la tua città natale, ma se rimani ancorato a quei ricordi e non vuoi crescere allora la tua vita non sarà completamente vissuta.

Ho passato la mia intera esistenza a aspettare di poter cambiare, a credere in un futuro migliore per me, al contrario tuo volevo seppellire il mio passato, perchè non ho mai avuto il dono della crescita e dell'evoluzione, la mia vita è stato dominata da una persona cattiva e non ho mai avuto la possibilità di cambiare, fino ad oggi.

Bisogno avere coraggio in questa vita, senza di esso non si vive l'esperienza vera.

Fa paura diventare grandi, diventare qualcuno che non si è, ma il punto è che non cambi, dentro sei ancora tu Ashton, sei sempre tu.

Perderai persone, vivrai dolori, magari ti spezzeranno il cuore, ti ritroverai molto solo, ti perderai, non avrai soldi per il mese e magari non incontrerai mai nessuno simile ai tuoi vecchi amici.
Queste sono possibilità.

Ma ti rivelo altre possibilità, crescendo, forse ti innamorerai, forse creerai una famiglia, forse diventerai lo scienziato più bravo di tutti, forse incontrerai amici migliori di quelli che hai e forse chi lo sa, ci rincontreremo.

Vivere la vita temendo quello che sarà, e vivere il cambiamento e la crescita come cosa negativa è la cosa peggiore che ti puoi fare, l'unico modo per viverla è seguire il flusso, fare quello che succede, non importa la percentuale di successo o fallimento, l'importante è provarci.

Cambierai così tanto nella tua vita Ashton, ma dentro di te non cambierà niente, sarai sempre lo stesso.

Lo stesso ragazzo che amo.

Lo so, forse non te lo dirò mai dal vivo, ma credo di amarti.

Credo di amare i tuoi atti gentili, il tuo sorriso, il tuo voler sempre scoprire di più, il tuo rimuginare sui fatti un milione di volte, il tuo modo di camminare impacciato e curvo, la tua cucina, sto imparando ad apprezzarla, il tuo modo di trattare le persone con rispetto e gentilezza ogni volta e come nonostante tu sia spaventato da tutto, non sei spaventato da me.

Sei un bravo ragazzo Ashton, mi hai sentire a casa ogni giorno in cui ero con te, mi hai dato una famiglia, qualcosa che non avevo mai avuto e mi hai accolto senza pregiudizi o odio, nonostante tutto quello che ho fatto nel passato e tutte le bugie che ti ho detto, ti sei semplicemente mostrato a braccia aperte verso di me.

E io ti ho usato.

Mi dispiace per quello che ti ho fatto, non pensavo nella vita avrei avuto l'occasione di innamorarmi, invece ho incontrato te, il mio opposto, e ho voluto cambiare.

Ecco perchè ti sto dicendo addio.

Perchè a volte bisogna fare grandi sacrifici per coloro che ami, tante persone che amavano me sono morte e si sono sacrificate, forse è il mio turno di farlo, per te.

Non riuscirò mai a ringraziarti abbastanza per ogni momento insieme, per avermi dato così tanto fiducia e amore, sia a me che Puru, a proposito, trattalo come se fosse un fratello, perchè per me lo era e sempre lo sarà, so che con te si sentirà a casa proprio come con me.

Non so quanto tempo ho ancora per finire questa lettera, ma voglio usare il tempo rimasto per augurarti la migliore vita che tu possa avere, piena di esperienze, amore amicizie e successi, anche se avrai un po' di fallimenti, so che andrà tutto bene.

Non dimenticarti di non temere quello che verrà e chi diventerai, perchè per quanto le persone possano scendere dal treno della tua vita, quante possano salire, ricordati che quello che sei dentro rimane e il tuo cuore rimarrà sempre lo stesso.
Come il mio cuore rimarrà sempre tuo.

Vivi per entrambi se tutto andrà male come penso, dunque non aver paura, non sentirti solo, perchè io non lo farei e tu hai l'obbligo di vivere una vita degna anche di me.

Ricordati che hai una famiglia al tuo fianco quando ti sentirai solo, ricordati che la tua casa è dove sono le persone che ami non una città natale e ricordati che la vita non è facile e di non cadere e rimanere a terra, rialzati sempre, come hai fatto per te, ti sei rialzato per rialzare me.

Ti amo e ti amerò per sempre.
Per quanto sia stata luminosa nella mia vita, devo ammettere che tu hai illuminato maggior parte di essa indicandomi cosa fare per cambiare, grazie.

Mahinete.



Hey Everybody

Dopo quasi un anno di capitoli e riformulazione di questa storia, sono riuscita a finirla come volevo e anche se non avrà molto successo sono felice del suo finale perchè è quello che volevo dire.

Questo libro, per quanto abbia una trama per niente reale, l'ho scritto nel momento in cui ne avevo più bisogno, quando ho iniziato l'università, quando mi sentita sola, lontana dai miei amici e la famiglia, completamente persa.

Non volevo scrivere perchè quello che scrivevo non era bello quanto quello che avevo scritto nel passato, mi ero convinta di essere cambiata, e che la perdita dei miei amici e del mio essere sempre felice fosse perchè ero cambiata e non ero più me.

Poi una persona è entrata nella mia vita dal nulla, proprio nel momento, in cui stavo più male e volevo piangere e stare a letto, perchè troppo spaventata dal fallire e dal fatto che la persona che ero non mi piaceva più, proprio in quel momento questa persona mi ha insegnato a capire cosa significa crescere, cosa significa diventare adulti.

Una specie di Mahinete per il mio Ashton.

Non sto dicendo che non ho più paura o che non sono più triste e sono una palla di felicità ambulante, quello che imparato scrivendo questa storia e accettando quella che sono è che crescere è normale, fa paura, fa male perchè crescere comporta la perdita di persone e punti stabili, ma allo stesso le tue necessità cambiano e trovi nuovi punti stabili nella tua vita.
Un po' come ho fatto io.

Spero che questa storia possa servire a qualcuno nella mia situazione e se non servirà a nessuno allora leggetela come la storia fantasy che è, andrà bene comunque.

Grazie per essere rimasti così tanto con me e aver continuato a credere in me e leggere le mie storie, mi piace pensare che stiamo crescendo insieme.

Ci vediamo alla prossima storia.
Rebecca.

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